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Autore: Smeralda Elesar    07/05/2014    2 recensioni
Com'è l'aldilà nell'universo di Saint Seiya? Dove vanno a finire le anime dei Saint eroicamente caduti in battaglia? Ed il "Paradiso dei Cavalieri" che viene citato tanto spesso, com'è in realtà?
Forse è diverso da come chiunque se lo aspetterebbe.
Ps: l'avviso OOC è per Shura.
Genere: Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Capricorn Shura, Gemini Saga, Pisces Aphrodite
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il Paradiso dei Cavalieri

 

 

 

Saga aprì gli occhi a fatica.

Era steso a terra e la sua guancia era schiacciata sul selciato freddo.

“Dove sono?”

Si chiese immediatamente.

Se quello era l’Inferno, di sicuro non era come lo aveva immaginato lui: niente anime dannate urlanti, niente spettri, niente demoni, niente mostri e chimere pronti ad assalirlo per fare a pezzi la sua anima da peccatore in una disumana ed eterna agonia.

Sembrava più una stradina della periferia di Atene, di sera, con un po’ di nebbia come accadeva spesso a novembre nella zona del Pireo.

I lampioni a vapori di mercurio gettavano una luce arancione che rendeva l’umidità nell’aria quasi fosforescente.

Saga si appoggiò al muro per alzarsi in piedi.

Guardò prima un lato della strada, poi l’altro.

Non c’era anima viva, ma alla sua sinistra la nebbia era più densa e fredda, e lui non era per niente sicuro di volerla affrontare, mentre alla sua destra era meno fitta, e poi in quella direzione gli sembrava di scorgere una luce intermittente, come un’insegna al neon.

Quella luce lo attirava, sentiva che era la promessa di un posto dove essere al sicuro.

“Forse lì c’è qualcuno. E magari mi spiegherà cosa dovrei fare adesso. Sono morto, no? Non dovrei arrivare all’Acheronte? E con il giudizio divino come la mettiamo?”

Seguì la luce senza scostarsi troppo dal muro, l’unico altro punto di riferimento certo che aveva, e poco dopo si trovò sotto l’insegna di… un bar.

Una cosa rettangolare, beige con la scritta marrone, che diceva “Il Paradiso dei Cavalieri”

“Ah, certo!” pensò Saga dopo l’iniziale attimo di sorpresa “Dopotutto diciamo sempre che ci ritroveremo qui, no?”

Entrò e ci mise un po’ ad abituarsi alla penombra che c’era all’interno.

L’arredamento era molto semplice, come in un bar decoroso ma modesto degli anni cinquanta o sessanta.

Il bancone era in legno scuro con il piano in granito, le pareti erano rivestite con pannelli di legno e lungo tutto un lato della sala correva un sedile, foderato di stoffa dello stesso verde del panno dei tavoli da biliardo; alcuni tavolini con le rispettive sedie erano accostati a quel lato del locale, mentre altri erano al centro.

C’erano delle persone che parlavano sedute ai tavoli, ma nessuno che Saga conoscesse.

Ed anche lì non c’era niente che desse l’idea di avere a che fare con il giudizio ultraterreno.

Stava giusto cominciando a chiedersi se non fosse il caso di uscire prima che qualcuno lo notasse, visto che era proprio davanti alla porta, quando una voce lo chiamò dal fondo del locale.

 

-Ehi, Saga! Da questa parte-

 

Una voce ed anche una mano agitata in aria da qualcuno che voleva indicargli la strada.

Ebbe uno strano sobbalzo quando si sentì chiamare, ed il pensiero che attraversò la sua mente fu “qualcuno si preoccupa per me”.

Si fece strada in fretta attraverso i tavoli, guidato dalla mano che ondeggiava, ed arrivò alla parete con il sedile al muro.

 

“Loro?!”

 

Pensò, mentre lo stupore più assoluto gli faceva sgranare gli occhi.

A quel tavolo c’erano Camus, Aphrodite e Death Mask.

Saga non sapeva se essere più sorpreso di vedere i suoi compagni morti seduti tranquilli al tavolino di un bar o del fatto che loro lo osservassero con un sorriso, come se fosse finalmente arrivato l’amico ritardatario e non l’uomo che li aveva mandati a morte.

Il proprietario della mano e del richiamo di prima era Death Mask, stravaccato a gambe larghe sul sedile imbottito, Aphrodite invece era su una sedia e teneva le gambe elegantemente accavallate in una posa un po’ civettuola.

Camus sedeva composto accanto ad Aphrodite e dei tre era l’unico a mantenere una posizione dignitosa.

Proprio come erano sempre stati in vita.

Saga provò una fitta di senso di colpa, ma nonostante questo si sentiva rassicurato a vedere delle facce conosciute.

 

-Ehm… salve… non ce l’avete con me?-

 

Chiese subito, per levarsi il pensiero.

 

-Naah…-

 

Fece Death Mask con un gesto di noncuranza.

 

- Neanche un pochino?-

 

Indagò ancora Saga, stavolta guardando Camus.

Il francese fece spallucce.

 

-Sai come si dice: oltre la morte non sopravvive il rancore. Dai, siediti-

 

Non appena Camus ebbe pronunciato quelle parole, Saga si sentì strano.

Fare parte di un gruppo.

Non essere più solo.

Chiacchiere tra amici per imbrogliare il vuoto, il freddo e la nebbia che c’erano là fuori.

Perché passassero oltre e lo lasciassero in pace.

Fece una breve pausa per guardarsi intorno, poi prese anche lui una sedia e si accomodò in mezzo alla compagnia, tra Death Mask e Camus.

 

-Com’è che sembrate tutti così rilassati, dopo morti?-

 

Si azzardò a chiedere.

Stavolta a rispondergli fu Aphrodite, che stava giocando con una ciocca di capelli color acquamarina.

 

-Per forza! Se non ti rilassi da morto quando ti rilassi?-

 

-Questo è vero-

 

Dovette convenire Saga.

In effetti anche lui cominciava a sentire la tensione scivolare via e cedere all’atmosfera di quel posto: la sensazione di essere completamente al sicuro lo accarezzava come qualcosa di caldo, invisibile ma decisamente concreto.

 

-Dai, ordina qualcosa!- lo spronò Death Mask con una gomitata -Lo sai che chi non beve in compagnia o è un ladro o è una spia. E poi questi due non sono ancora sbronzi e non sono divertenti, quindi vedi di ubriacarti e fare qualcosa di imbarazzante così io mi faccio due risate-

 

In condizioni normali Saga avrebbe gettato un’occhiata di disprezzo a Death Mask e alla sua rozzezza, invece in quel momento quasi sorrise.

Guardò i bicchieri nelle loro mani.

Death Mask stava bevendo un boccale di birra scura, di quella più amara probabilmente, e Saga si domandò come facesse un essere umano sano di mente a scegliere spontaneamente di bere quella roba.

Poi ricordò che Death Mask sano di mente non lo era mai stato.

Aphrodite aveva scelto del rhum scuro, quello dolce ma anche abbastanza forte, e la scelta di un sapore caraibico faceva contrasto con la sua provenienza dal Nord Europa.

Camus aveva un cocktail di whiskey e latte: dolce ma non troppo ed elegante ma non ostentato.

Saga ci pensò un po’ su.

“Metaxà”

Immediatamente un bicchiere comparve davanti a lui, pieno del liquido ambrato che aveva richiesto.

Suo malgrado Saga si trovò a sorridere come un bambino davanti al prestigio di un illusionista.

Lo prese e ne assaggiò un sorso, facendolo scorrere lentamente tra la lingua ed il palato.

Era buono: secco ma con un piacevole retrogusto zuccherino, ricordo dell’uva passa da cui proveniva.

Saga guardò i suoi compagni.

“E così siamo qua a bere assieme: quattro persone che non hanno nulla in comune se non il fatto di essere morte… Quattro?”

 

-Ma dov’è Shura?-

 

Domandò.

Camus si posò un dito sul mento, come se stesse pensando a qualcosa.

 

-Ah, sì, Shura… deve essere ancora da qualche parte a smaltire la ridarella. Non so, quando sono arrivato qui lui aveva già finito un mojito e rideva a crepapelle, ma non sono riuscito a cavargli di bocca una sola parola sensata per capire il motivo-

 

-Io ne so ancora meno-

 

Disse Aphrodite.

A questo punto si intromise Death Mask, con il suo ghigno storto da iena che punta la carogna nella savana.

 

-Eh! Io sono morto prima di voi e lo so cosa è successo-

 

-Bè, diccelo, no?-

 

Aphrodite era sempre stato curioso e propenso al pettegolezzo.

Il suddetto ghigno si allargò ancora di più.

 

-Se volete che ve lo conto, sono venti sacchi-

 

“Vuole essere pagato? Ma che se ne fa dei soldi, da morto?”

Si domandò Saga.

Subito si rispose da solo: non era una reale necessità ma piuttosto una di quelle cose che fanno così intimamente parte della natura di una persona che neanche la morte le cancella; se Death Mask non fosse stato un cinico assassino probabilmente sarebbe stato un cinico biscazziere, di quelli capaci di farti puntare tutto e di farti perdere tutto, e sempre con quel sorriso sghembo sulla faccia.

 

-Sei un essere ignobile!- protestò Camus oltraggiato -Noi non pagheremo mai per…-

 

Accanto a lui Aphrodite tirò velocemente fuori dalle tasche una manciata di monete e le posò sul tavolo davanti a Death Mask.

Evidentemente per lo svedese la curiosità era più forte della dignità in certi momenti.

 

-Grazie, zucchero. Comunque sono venti sacchi ciascuno: o pagate anche voi o la cosa la conto solo ad Aphrodite. In privato-

 

Camus e Saga si guardarono un attimo, valutando le opzioni: il Saint di Capricorn doveva essere ancora in preda al suo attacco convulso di risate e non c’erano molte possibilità che si riprendesse tanto presto per raccontare la cosa di persona, quindi, a meno di non rodersi il fegato per la curiosità ed in più per il sorrisetto soddisfatto di Aphrodite che diceva “io lo so e voi due no”, a loro non restava che pagare.

“Bah, al diavolo l’orgoglio! Tanto siamo morti!”

Annuirono e tirarono fuori dalle tasche anche loro il rispettivo mucchietto di monete.

Death Mask intascò e bevve un sorso di birra, decisamente soddisfatto.

 

 -Bene, adesso possiamo cominciare-

 

Si raddrizzò un po’ sullo schienale, tanto per darsi una parvenza di persona seria, e cominciò a raccontare le cose con quel talento tutto particolare che hanno gli italiani, specie i meridionali per tirare fuori una “contata” da qualunque cosa.

 

-Allora, dovete sapere che la povera capra celebrolesa ha combattuto contro il Saint di Draco. Il moccioso si doveva salvare e alla fine è toccato a Shura di finire polverizzato nello spazio…-

 

-Non mi sembra una cosa comica-

 

Lo interruppe Camus.

Non avrebbe dovuto farlo: mai, mai, interrompere un contastorie e soprattutto non per criticare quello che sta dicendo.

 

-Ehi, questa storia la racconto io, chiaro? Comunque, dicevo. Prima di finire in briciole, Shura, che non gli piaceva di comparire poco e schiattare subito, ha fatto una delle sue bricconate da canaglia spagnola-

 

-E che ha fatto?-

 

Chiese Aphrodite, che pendeva dalle labbra di Death Mask, oppure fingeva ad arte per solleticare la sua vanità.

 

-Ha dato a Shiryu la sua armatura! Oh, sì, ha impedito che il moccioso si spiaccicasse a terra come una nespola matura… ma vi immaginate schiantarvi dalla stratosfera con tutto quel peso supplementare addosso?-

 

-Accidenti!-

 

-E non è tanto questa la bricconata, figghioli! Sapete Excalibur? La lama che sta nel braccio del Saint di Capricorn?-

 

-Non avrà ceduto anche Excalibur?!-

 

Saltò su Saga, scandalizzato.

Death Mask lo guardò con un aria mezza di intesa e mezza di compatimento.

 

-Saga… ti ricordo che Excalibur è invisibile… -

 

Gli disse.

Si divertiva, il granchio, a far penzolare la risposta proprio sopra il suo naso e a non dargli nessun aiuto per afferrarla.

“Certo che Excalibur è invisibile: non è un oggetto comune!” cominciò a ragionare Saga “È puro Cosmo, affilato e preciso, ma invisibile all’occhio umano”

 

-E dai, Saga! Almeno tu arrivacci! Sennò mi crolla un mito!-

 

Ma Saga poteva solo masticare e rimasticare l’irritazione per non arrivare a capire una cosa proposta da Death Mask.

“Dove vuole andare a parare? Accidenti, a lui! Chi ha detto “Italiani, brava gente” non conosceva questo qui!”

 

Camus ed Aphrodite sembravano in alto mare almeno quanto lui.

Alla fine si arrese a domandare.

 

-E allora?-

 

Il sorriso di Death Mask si aprì ancora di più.

Ormai la sua faccia sembrava una di quelle melagrane che si sono spaccate perché troppo mature, tanto scoppiava di soddisfazione.

Decisamente, il momento in cui il più scaltro della compagnia si arrende e chiede la soluzione dell’enigma, quello è l’orgasmo di ogni bravo contastorie.

Death Mask si sporse verso di lui, godendosi gli ultimi attimi della curiosità che aveva suscitato.

 

- E allora Shura ha regalato a Shiryu una spada invisibile! Saga, lo vuoi capire? Ancora sta ridendo perché quello gli ha creduto!-

 

Ed anche Death Mask scoppiò in una risata sguaiata, da taverna.

Saga rimase a fissarlo sconcertato, poi spostò lo sguardo sugli altri due.

Aphrodite aveva un sorrisetto malizioso, di chi vuole fare finta che una cosa così rozza non lo diverta ma in realtà ha apprezzato, eccome se ha apprezzato.

Camus invece guardava Death Mask con un aria di dignitoso disappunto.

Evidentemente il defunto Saint dell’Acquario non solo non aveva apprezzato, ma proprio non aveva capito dove fosse il lato comico della vicenda.

Quanto a lui, la sua natura di Saint aveva avuto una vampata di indignazione per quella faccenda, eppure ancora più a fondo qualcos’altro si era risvegliato.

Prese un altro sorso di metaxà per ingannare il tempo ed analizzare le cose con freddezza e lucidità.

Una spada invisibile. E quello ci ha creduto.

Niente da fare: la sua mente si era impigliata in quel pensiero, e più ci girava attorno più l’indignazione evaporava per lasciare il posto a quell’altra cosa, quella che lo solleticava dentro come il formicolio dell’alcol del metaxà lungo l’esofago e alla bocca dello stomaco.

 

-Scusate, ma io non ho capito-

 

La voce di Camus lo fece vergognare di aver quasi ceduto.

Ecco, così si sarebbe dovuto comportare un Saint di Athena: la sua natura avrebbe dovuto essere più nobile e non fargli neanche capire certe bassezze.

 

-E dai, però! Cos’è, sei stato troppo in Siberia e ti si è congelato il cervello? O qualche volta ti è caduta la brocca dell’Acquario sulla testa?-

 

Death Mask ancora sghignazzava sena ritegno, e non solo per quella cosa vergognosa che aveva fatto Shura, ma anche per la possibilità di prendere in giro Camus che non l’aveva capita.

 

-Te lo spiego io. È così: guarda me- disse Aphrodite a Camus.

 

Si sporse verso di lui e gli tese la mano aperta, che il francese guardò con aria interrogativa.

 

-Camus, ti sto regalando dieci dracme invisibili-

 

La cosa che solleticava Saga era sempre più insistente.

Vide il viso di Camus farsi prima sorpreso, poi indagatore, e poi il lampo di comprensione negli occhi turchesi.

Camus aveva distolto in fretta lo sguardo, ma Saga era sicurissimo di avervi visto brillare per un attimo la stessa cosa che lui stava cercando di trattenere.

 

-Ma insomma… Shura ha davvero… e Shiryu crede che…-

 

Cercò di mettere insieme Camus, ma non riuscì a finire il discorso: gli scappò uno sbuffo strano, e poco dopo il signore dei ghiacci rideva.

Certo, con una mano sulla bocca e cercando di restare composto, ma stava indubbiamente ridendo.

“Accidenti, è vero che chi vede una persona che ride poi comincia a sua volta!”

Pensò Saga.

Cercò ancora di reprimere la risata in fondo allo stomaco ma ormai era impossibile.

“No, non posso! Andiamo, io sono un Saint della dea Athena!” Tentò disperatamente di convincere se stesso “Non posso davvero ridere perché Shura ha fatto finta di…”

Inciampò di nuovo in quel pensiero ed il suo contegno franò come un castello di sabbia troppo asciutto.

Alla fine la risata venne su spontanea, limpida e sincera, e lui vi si abbandonò completamente.

Non rideva così da un’eternità, ma in fondo era veramente un male?

Dopotutto ormai loro avevano fatto tutti la loro parte, nel bene e nel male, era anche ora che si togliessero di dosso tutto quel senso di responsabilità, no?

Magari ridere di quel che aveva fatto Shura non era corretto, ma sicuramente era umano, e Saga voleva ritrovare e riassaporare fino in fondo un po’ di umanità.

E poi… regalare una spada invisibile… e quell’altro che ci credeva!

Nessuno riusciva a calmarsi, o meglio, lui e Camus ogni tanto provavano a ricomporsi, ma poi Death Mask, implacabile, mimava con le labbra la parola “invisibile” e allora non c’era scampo.

Finalmente, dopo un bel po’ e dopo che ebbero capito che non dovevano guardare in faccia l’ex Saint del Cancro, riuscirono a riprendere il controllo.

 

-Però Shura ha compiuto un’azione disdicevole-

 

Provò a dire Camus, come se fino a quel momento la suddetta azione disdicevole non lo avesse fatto ridere fino alle lacrime.

 

-Sì, è così-

 

Approvò Saga.

Con il viso rosso di imbarazzo per essersi lasciato andare in quel modo e con il costato indolenzito per le risate.

Prese un bel respiro per eliminare le ultime tracce di quell’eccesso.

“Bè, adesso è passato, e comunque non è niente di grave. In fondo ci siamo solo sganasciati perché un nostro compagno ha approfittato della credulità di un ragazzino per giocargli lo scherzo più bastardo di tutta la storia del Santuario”

 

-Ma scusate, voi come fate a sapere cosa è successo dopo che siete morti?-

 

Chiese tanto per cambiare argomento.

Death Mask si sbatté una mano sulla fronte con fare teatrale.

 

-Maronnamaria, Saga! Ma tornare buono ti ha rincitrullito assai, eh! Guarda là sopra!-

 

Saga si girò e sopra il bancone vide un televisore vecchio modello in cui scorrevano le immagini di una sigla di chiusura.

“Ah! Gli episodi in TV…” Pensò Saga “Ovvio”

E bevve un altro sorso di metaxà.

 

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Cantuccio dell’Autore

 

Non chiedetemi il perché di questa cosa perché non ve lo saprei dire.

E poi, per carità, io Shiryu lo capisco: uno che ha visto il proverbiale asino che vola (Seiya) poi crede a tutto, no? *cerca una patetica scusa*

Vabbè, ho capito, passiamo alle note.

 

-L’idea di Shura che regala al Drago una spada invisibile e quindi in realtà non gli abbia dato un bel niente mi è venuta dai fumetti di Garfield: in una striscia, Garfield consegna ad Odie un premio invisibile alla creduloneria. Ed Odie ci crede! Sì: sono in balìa di un gatto grasso e cinico e di una capra spagnola. Rinchiudetemi pure.  

 

-La suddetta idea l’avevo già espressa in quella cosa ignobile che è la mia raccolta “Cose che non sapete su Saint Seiya” ed è anche il sottotitolo di un capitolo di “Guida alla comprensione e misteri di Saint Seiya – Le dodici case” di Kanondigemini96.

 

-Shura è sempre stato il bacchettone del Santuario e MAI avrebbe fatto una cosa del genere. L’avvertimento OOC è tutto per lui.

 

-“In una disumana ed eterna agonia” battuta del (bellissimo) film Constantine. Andate. A. Vederlo.

 

-Death Mask che sa le cose perché è morto prima. Pura e semplice tradizione popolare: non si dice sempre che i morti vegliano su di noi? Ecco, anche DM veglia, però a modo suo.

 

-Le “contate”. È vero: non è uno di quei cliché da film “Benvenuti al Nord”. Noi meridionali abbiamo quest’abitudine di “contare” le cose, non di raccontarle semplicemente, ma di imbastire un discorso di mezz’ora solo per dire “Sono sceso a comprare il pane”.

 

-Per l’atmosfera da bar ho ascoltato e riascoltato canzoni da bar : “il giocatore di biliardo” di Angelo Branduardi ed “il Riccardo” di Giorgio Gaber.

 

-Per il bicchiere che appare dal nulla, il film “The Prestige” (di cui ancora mi impressiona la scena del canarino O_O)

 

-“Italiani, brava gente” l’ha detto il regista Giuseppe de Santis  nel titolo dell’omonimo film. E no, non conosceva Death Mask.

 

-La nebbia che a sinistra è più minacciosa e a destra no. ‘azz! Ci sono cascata anche io nel vecchio e stravecchio stereotipo di “sinistro” nel senso di pericoloso… e senza accorgermene! Che i comunisti di tutto il mondo non me ne vogliano.

 

-“non era corretto, ma sicuramente era umano, e Saga voleva ritrovare e riassaporare fino in fondo un po’ di umanità” liberamente ispirato ad una battuta dell’”Eautontimorumenos” di Terenzio: “Sono umano, non reputo nessuna cosa umana a me estranea”.

 

Grazie per avere letto.

 

                                                        Makoto

   
 
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