Il
Paradiso dei Cavalieri
Saga
aprì gli occhi a fatica.
Era
steso a terra e la sua guancia era schiacciata sul selciato freddo.
“Dove
sono?”
Si
chiese immediatamente.
Se
quello era l’Inferno, di sicuro non era come lo aveva immaginato lui: niente
anime dannate urlanti, niente spettri, niente demoni, niente mostri e chimere
pronti ad assalirlo per fare a pezzi la sua anima da peccatore in una disumana
ed eterna agonia.
Sembrava
più una stradina della periferia di Atene, di sera, con un po’ di nebbia come
accadeva spesso a novembre nella zona del Pireo.
I
lampioni a vapori di mercurio gettavano una luce arancione che rendeva
l’umidità nell’aria quasi fosforescente.
Saga
si appoggiò al muro per alzarsi in piedi.
Guardò
prima un lato della strada, poi l’altro.
Non
c’era anima viva, ma alla sua sinistra la nebbia era più densa e fredda, e lui
non era per niente sicuro di volerla affrontare, mentre alla sua destra era
meno fitta, e poi in quella direzione gli sembrava di scorgere una luce intermittente,
come un’insegna al neon.
Quella
luce lo attirava, sentiva che era la promessa di un posto dove essere al
sicuro.
“Forse
lì c’è qualcuno. E magari mi spiegherà cosa dovrei fare adesso. Sono morto, no?
Non dovrei arrivare all’Acheronte? E con il giudizio divino come la mettiamo?”
Seguì
la luce senza scostarsi troppo dal muro, l’unico altro punto di riferimento
certo che aveva, e poco dopo si trovò sotto l’insegna di… un bar.
Una
cosa rettangolare, beige con la scritta marrone, che diceva “Il Paradiso dei
Cavalieri”
“Ah,
certo!” pensò Saga dopo l’iniziale attimo di sorpresa “Dopotutto diciamo sempre
che ci ritroveremo qui, no?”
Entrò
e ci mise un po’ ad abituarsi alla penombra che c’era all’interno.
L’arredamento
era molto semplice, come in un bar decoroso ma modesto degli anni cinquanta o
sessanta.
Il
bancone era in legno scuro con il piano in granito, le pareti erano rivestite
con pannelli di legno e lungo tutto un lato della sala correva un sedile,
foderato di stoffa dello stesso verde del panno dei tavoli da biliardo; alcuni
tavolini con le rispettive sedie erano accostati a quel lato del locale, mentre
altri erano al centro.
C’erano
delle persone che parlavano sedute ai tavoli, ma nessuno che Saga conoscesse.
Ed
anche lì non c’era niente che desse l’idea di avere a che fare con il giudizio
ultraterreno.
Stava
giusto cominciando a chiedersi se non fosse il caso di uscire prima che
qualcuno lo notasse, visto che era proprio davanti alla porta, quando una voce
lo chiamò dal fondo del locale.
-Ehi,
Saga! Da questa parte-
Una
voce ed anche una mano agitata in aria da qualcuno che voleva indicargli la
strada.
Ebbe
uno strano sobbalzo quando si sentì chiamare, ed il pensiero che attraversò la
sua mente fu “qualcuno si preoccupa per me”.
Si
fece strada in fretta attraverso i tavoli, guidato dalla mano che ondeggiava,
ed arrivò alla parete con il sedile al muro.
“Loro?!”
Pensò,
mentre lo stupore più assoluto gli faceva sgranare gli occhi.
A
quel tavolo c’erano Camus, Aphrodite e Death Mask.
Saga
non sapeva se essere più sorpreso di vedere i suoi compagni morti seduti tranquilli al tavolino di
un bar o del fatto che loro lo osservassero con un sorriso, come se fosse
finalmente arrivato l’amico ritardatario e non l’uomo che li aveva mandati a
morte.
Il
proprietario della mano e del richiamo di prima era Death Mask, stravaccato a
gambe larghe sul sedile imbottito, Aphrodite invece era su una sedia e teneva
le gambe elegantemente accavallate in una posa un po’ civettuola.
Camus
sedeva composto accanto ad Aphrodite e dei tre era l’unico a mantenere una
posizione dignitosa.
Proprio come erano sempre stati in
vita.
Saga
provò una fitta di senso di colpa, ma nonostante questo si sentiva rassicurato
a vedere delle facce conosciute.
-Ehm…
salve… non ce l’avete con me?-
Chiese
subito, per levarsi il pensiero.
-Naah…-
Fece
Death Mask con un gesto di noncuranza.
- Neanche
un pochino?-
Indagò
ancora Saga, stavolta guardando Camus.
Il
francese fece spallucce.
-Sai
come si dice: oltre la morte non sopravvive il rancore. Dai, siediti-
Non
appena Camus ebbe pronunciato quelle parole, Saga si sentì strano.
Fare parte di un gruppo.
Non essere più solo.
Chiacchiere tra amici per imbrogliare
il vuoto, il freddo e la nebbia che c’erano là fuori.
Perché passassero oltre e lo
lasciassero in pace.
Fece
una breve pausa per guardarsi intorno, poi prese anche lui una sedia e si
accomodò in mezzo alla compagnia, tra Death Mask e Camus.
-Com’è
che sembrate tutti così rilassati, dopo morti?-
Si
azzardò a chiedere.
Stavolta
a rispondergli fu Aphrodite, che stava giocando con una ciocca di capelli color
acquamarina.
-Per
forza! Se non ti rilassi da morto quando ti rilassi?-
-Questo
è vero-
Dovette
convenire Saga.
In
effetti anche lui cominciava a sentire la tensione scivolare via e cedere
all’atmosfera di quel posto: la sensazione di essere completamente al sicuro lo
accarezzava come qualcosa di caldo, invisibile ma decisamente concreto.
-Dai,
ordina qualcosa!- lo spronò Death Mask con una gomitata -Lo sai che chi non
beve in compagnia o è un ladro o è una spia. E poi questi due non sono ancora
sbronzi e non sono divertenti, quindi vedi di ubriacarti e fare qualcosa di
imbarazzante così io mi faccio due risate-
In
condizioni normali Saga avrebbe gettato un’occhiata di disprezzo a Death Mask e
alla sua rozzezza, invece in quel momento quasi sorrise.
Guardò
i bicchieri nelle loro mani.
Death
Mask stava bevendo un boccale di birra scura, di quella più amara probabilmente,
e Saga si domandò come facesse un essere umano sano di mente a scegliere
spontaneamente di bere quella roba.
Poi
ricordò che Death Mask sano di mente non lo era mai stato.
Aphrodite
aveva scelto del rhum scuro, quello dolce ma anche abbastanza forte, e la
scelta di un sapore caraibico faceva contrasto con la sua provenienza dal Nord
Europa.
Camus
aveva un cocktail di whiskey e latte: dolce ma non troppo ed elegante ma non
ostentato.
Saga
ci pensò un po’ su.
“Metaxà”
Immediatamente
un bicchiere comparve davanti a lui, pieno del liquido ambrato che aveva
richiesto.
Suo
malgrado Saga si trovò a sorridere come un bambino davanti al prestigio di un
illusionista.
Lo
prese e ne assaggiò un sorso, facendolo scorrere lentamente tra la lingua ed il
palato.
Era
buono: secco ma con un piacevole retrogusto zuccherino, ricordo dell’uva passa
da cui proveniva.
Saga
guardò i suoi compagni.
“E
così siamo qua a bere assieme: quattro persone che non hanno nulla in comune se
non il fatto di essere morte… Quattro?”
-Ma
dov’è Shura?-
Domandò.
Camus
si posò un dito sul mento, come se stesse pensando a qualcosa.
-Ah,
sì, Shura… deve essere ancora da qualche parte a smaltire la ridarella. Non so,
quando sono arrivato qui lui aveva già finito un mojito e rideva a crepapelle, ma
non sono riuscito a cavargli di bocca una sola parola sensata per capire il
motivo-
-Io
ne so ancora meno-
Disse
Aphrodite.
A
questo punto si intromise Death Mask, con il suo ghigno storto da iena che
punta la carogna nella savana.
-Eh!
Io sono morto prima di voi e lo so cosa è successo-
-Bè,
diccelo, no?-
Aphrodite
era sempre stato curioso e propenso al pettegolezzo.
Il
suddetto ghigno si allargò ancora di più.
-Se
volete che ve lo conto, sono venti sacchi-
“Vuole
essere pagato? Ma che se ne fa dei soldi, da morto?”
Si
domandò Saga.
Subito
si rispose da solo: non era una reale necessità ma piuttosto una di quelle cose
che fanno così intimamente parte della natura di una persona che neanche la
morte le cancella; se Death Mask non fosse stato un cinico assassino
probabilmente sarebbe stato un cinico biscazziere, di quelli capaci di farti
puntare tutto e di farti perdere tutto, e sempre con quel sorriso sghembo sulla
faccia.
-Sei
un essere ignobile!- protestò Camus oltraggiato -Noi non pagheremo mai per…-
Accanto
a lui Aphrodite tirò velocemente fuori dalle tasche una manciata di monete e le
posò sul tavolo davanti a Death Mask.
Evidentemente
per lo svedese la curiosità era più forte della dignità in certi momenti.
-Grazie,
zucchero. Comunque sono venti sacchi ciascuno:
o pagate anche voi o la cosa la conto solo ad Aphrodite. In privato-
Camus
e Saga si guardarono un attimo, valutando le opzioni: il Saint di Capricorn
doveva essere ancora in preda al suo attacco convulso di risate e non c’erano
molte possibilità che si riprendesse tanto presto per raccontare la cosa di
persona, quindi, a meno di non rodersi il fegato per la curiosità ed in più per
il sorrisetto soddisfatto di Aphrodite che diceva “io lo so e voi due no”, a
loro non restava che pagare.
“Bah,
al diavolo l’orgoglio! Tanto siamo morti!”
Annuirono
e tirarono fuori dalle tasche anche loro il rispettivo mucchietto di monete.
Death
Mask intascò e bevve un sorso di birra, decisamente soddisfatto.
-Bene, adesso possiamo cominciare-
Si
raddrizzò un po’ sullo schienale, tanto per darsi una parvenza di persona
seria, e cominciò a raccontare le cose con quel talento tutto particolare che
hanno gli italiani, specie i meridionali per tirare fuori una “contata” da
qualunque cosa.
-Allora,
dovete sapere che la povera capra celebrolesa ha combattuto contro il Saint di
Draco. Il moccioso si doveva salvare e alla fine è toccato a Shura di finire
polverizzato nello spazio…-
-Non
mi sembra una cosa comica-
Lo
interruppe Camus.
Non
avrebbe dovuto farlo: mai, mai, interrompere un contastorie e soprattutto non
per criticare quello che sta dicendo.
-Ehi,
questa storia la racconto io, chiaro? Comunque, dicevo. Prima di finire in
briciole, Shura, che non gli piaceva di comparire poco e schiattare subito, ha fatto
una delle sue bricconate da canaglia spagnola-
-E
che ha fatto?-
Chiese
Aphrodite, che pendeva dalle labbra di Death Mask, oppure fingeva ad arte per solleticare
la sua vanità.
-Ha
dato a Shiryu la sua armatura! Oh, sì, ha impedito che il moccioso si
spiaccicasse a terra come una nespola matura… ma vi immaginate schiantarvi dalla
stratosfera con tutto quel peso supplementare addosso?-
-Accidenti!-
-E
non è tanto questa la bricconata, figghioli! Sapete Excalibur? La lama che sta
nel braccio del Saint di Capricorn?-
-Non
avrà ceduto anche Excalibur?!-
Saltò
su Saga, scandalizzato.
Death
Mask lo guardò con un aria mezza di intesa e mezza di compatimento.
-Saga…
ti ricordo che Excalibur è invisibile… -
Gli
disse.
Si
divertiva, il granchio, a far penzolare la risposta proprio sopra il suo naso e
a non dargli nessun aiuto per afferrarla.
“Certo
che Excalibur è invisibile: non è un oggetto comune!” cominciò a ragionare Saga
“È puro Cosmo, affilato e preciso, ma invisibile all’occhio umano”
-E
dai, Saga! Almeno tu arrivacci! Sennò mi crolla un mito!-
Ma
Saga poteva solo masticare e rimasticare l’irritazione per non arrivare a
capire una cosa proposta da Death Mask.
“Dove
vuole andare a parare? Accidenti, a lui! Chi ha detto “Italiani, brava gente”
non conosceva questo qui!”
Camus
ed Aphrodite sembravano in alto mare almeno quanto lui.
Alla
fine si arrese a domandare.
-E
allora?-
Il
sorriso di Death Mask si aprì ancora di più.
Ormai
la sua faccia sembrava una di quelle melagrane che si sono spaccate perché
troppo mature, tanto scoppiava di soddisfazione.
Decisamente,
il momento in cui il più scaltro della compagnia si arrende e chiede la
soluzione dell’enigma, quello è l’orgasmo di ogni bravo contastorie.
Death
Mask si sporse verso di lui, godendosi gli ultimi attimi della curiosità che
aveva suscitato.
-
E allora Shura ha regalato a Shiryu una spada invisibile! Saga, lo vuoi capire? Ancora sta ridendo perché quello
gli ha creduto!-
Ed
anche Death Mask scoppiò in una risata sguaiata, da taverna.
Saga
rimase a fissarlo sconcertato, poi spostò lo sguardo sugli altri due.
Aphrodite
aveva un sorrisetto malizioso, di chi vuole fare finta che una cosa così rozza
non lo diverta ma in realtà ha apprezzato, eccome se ha apprezzato.
Camus
invece guardava Death Mask con un aria di dignitoso disappunto.
Evidentemente
il defunto Saint dell’Acquario non solo non aveva apprezzato, ma proprio non
aveva capito dove fosse il lato comico della vicenda.
Quanto
a lui, la sua natura di Saint aveva avuto una vampata di indignazione per
quella faccenda, eppure ancora più a fondo qualcos’altro si era risvegliato.
Prese
un altro sorso di metaxà per ingannare il tempo ed analizzare le cose con
freddezza e lucidità.
Una spada invisibile. E quello ci ha
creduto.
Niente
da fare: la sua mente si era impigliata in quel pensiero, e più ci girava
attorno più l’indignazione evaporava per lasciare il posto a quell’altra cosa,
quella che lo solleticava dentro come il formicolio dell’alcol del metaxà lungo
l’esofago e alla bocca dello stomaco.
-Scusate,
ma io non ho capito-
La
voce di Camus lo fece vergognare di aver quasi ceduto.
Ecco,
così si sarebbe dovuto comportare un Saint di Athena: la sua natura avrebbe
dovuto essere più nobile e non fargli neanche capire certe bassezze.
-E
dai, però! Cos’è, sei stato troppo in Siberia e ti si è congelato il cervello?
O qualche volta ti è caduta la brocca dell’Acquario sulla testa?-
Death
Mask ancora sghignazzava sena ritegno, e non solo per quella cosa vergognosa
che aveva fatto Shura, ma anche per la possibilità di prendere in giro Camus
che non l’aveva capita.
-Te
lo spiego io. È così: guarda me- disse Aphrodite a Camus.
Si
sporse verso di lui e gli tese la mano aperta, che il francese guardò con aria
interrogativa.
-Camus,
ti sto regalando dieci dracme invisibili-
La
cosa che solleticava Saga era sempre più insistente.
Vide
il viso di Camus farsi prima sorpreso, poi indagatore, e poi il lampo di
comprensione negli occhi turchesi.
Camus
aveva distolto in fretta lo sguardo, ma Saga era sicurissimo di avervi visto
brillare per un attimo la stessa cosa che lui stava cercando di trattenere.
-Ma
insomma… Shura ha davvero… e Shiryu crede che…-
Cercò
di mettere insieme Camus, ma non riuscì a finire il discorso: gli scappò uno
sbuffo strano, e poco dopo il signore dei ghiacci rideva.
Certo,
con una mano sulla bocca e cercando di restare composto, ma stava indubbiamente
ridendo.
“Accidenti,
è vero che chi vede una persona che ride poi comincia a sua volta!”
Pensò
Saga.
Cercò
ancora di reprimere la risata in fondo allo stomaco ma ormai era impossibile.
“No,
non posso! Andiamo, io sono un Saint della dea Athena!” Tentò disperatamente di
convincere se stesso “Non posso davvero ridere
perché Shura ha fatto finta di…”
Inciampò
di nuovo in quel pensiero ed il suo contegno franò come un castello di sabbia
troppo asciutto.
Alla
fine la risata venne su spontanea, limpida e sincera, e lui vi si abbandonò
completamente.
Non
rideva così da un’eternità, ma in fondo era veramente un male?
Dopotutto
ormai loro avevano fatto tutti la loro parte, nel bene e nel male, era anche
ora che si togliessero di dosso tutto quel senso di responsabilità, no?
Magari
ridere di quel che aveva fatto Shura non era corretto, ma sicuramente era
umano, e Saga voleva ritrovare e riassaporare fino in fondo un po’ di umanità.
E
poi… regalare una spada invisibile… e quell’altro che ci credeva!
Nessuno
riusciva a calmarsi, o meglio, lui e Camus ogni tanto provavano a ricomporsi,
ma poi Death Mask, implacabile, mimava con le labbra la parola “invisibile” e
allora non c’era scampo.
Finalmente,
dopo un bel po’ e dopo che ebbero capito che non dovevano guardare in faccia
l’ex Saint del Cancro, riuscirono a riprendere il controllo.
-Però
Shura ha compiuto un’azione disdicevole-
Provò
a dire Camus, come se fino a quel momento la suddetta azione disdicevole non lo
avesse fatto ridere fino alle lacrime.
-Sì,
è così-
Approvò
Saga.
Con
il viso rosso di imbarazzo per essersi lasciato andare in quel modo e con il
costato indolenzito per le risate.
Prese
un bel respiro per eliminare le ultime tracce di quell’eccesso.
“Bè,
adesso è passato, e comunque non è niente di grave. In fondo ci siamo solo
sganasciati perché un nostro compagno ha approfittato della credulità di un
ragazzino per giocargli lo scherzo più bastardo di tutta la storia del
Santuario”
-Ma
scusate, voi come fate a sapere cosa è successo dopo che siete morti?-
Chiese
tanto per cambiare argomento.
Death
Mask si sbatté una mano sulla fronte con fare teatrale.
-Maronnamaria,
Saga! Ma tornare buono ti ha rincitrullito assai, eh! Guarda là sopra!-
Saga
si girò e sopra il bancone vide un televisore vecchio modello in cui scorrevano
le immagini di una sigla di chiusura.
“Ah!
Gli episodi in TV…” Pensò Saga “Ovvio”
E
bevve un altro sorso di metaxà.
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Cantuccio
dell’Autore
Non
chiedetemi il perché di questa cosa perché non ve lo saprei dire.
E
poi, per carità, io Shiryu lo capisco: uno che ha visto il proverbiale asino
che vola (Seiya) poi crede a tutto, no? *cerca una patetica scusa*
Vabbè,
ho capito, passiamo alle note.
-L’idea
di Shura che regala al Drago una spada invisibile e quindi in realtà non gli
abbia dato un bel niente mi è venuta dai fumetti di Garfield: in una striscia,
Garfield consegna ad Odie un premio invisibile
alla creduloneria. Ed Odie ci crede! Sì: sono in balìa di un gatto grasso e
cinico e di una capra spagnola. Rinchiudetemi pure.
-La
suddetta idea l’avevo già espressa in quella cosa ignobile che è la mia
raccolta “Cose che non sapete su Saint Seiya”
ed è anche il sottotitolo di un capitolo di “Guida
alla comprensione e misteri di Saint Seiya – Le dodici case” di Kanondigemini96.
-Shura
è sempre stato il bacchettone del Santuario e MAI avrebbe fatto una cosa del
genere. L’avvertimento OOC è tutto per lui.
-“In
una disumana ed eterna agonia” battuta del (bellissimo) film Constantine.
Andate. A. Vederlo.
-Death
Mask che sa le cose perché è morto prima. Pura e semplice tradizione popolare:
non si dice sempre che i morti vegliano su di noi? Ecco, anche DM veglia, però
a modo suo.
-Le
“contate”. È vero: non è uno di quei cliché da film “Benvenuti al Nord”. Noi
meridionali abbiamo quest’abitudine di “contare” le cose, non di raccontarle
semplicemente, ma di imbastire un discorso di mezz’ora solo per dire “Sono
sceso a comprare il pane”.
-Per
l’atmosfera da bar ho ascoltato e riascoltato canzoni da bar : “il giocatore di
biliardo” di Angelo Branduardi ed “il Riccardo” di Giorgio Gaber.
-Per
il bicchiere che appare dal nulla, il film “The Prestige” (di cui ancora mi
impressiona la scena del canarino O_O)
-“Italiani,
brava gente” l’ha detto il regista Giuseppe de Santis nel titolo dell’omonimo film. E no, non
conosceva Death Mask.
-La
nebbia che a sinistra è più minacciosa e a destra no. ‘azz! Ci sono cascata
anche io nel vecchio e stravecchio stereotipo di “sinistro” nel senso di
pericoloso… e senza accorgermene! Che i comunisti di tutto il mondo non me ne
vogliano.
-“non
era corretto, ma sicuramente era umano, e Saga voleva ritrovare e riassaporare
fino in fondo un po’ di umanità” liberamente ispirato ad una battuta dell’”Eautontimorumenos”
di Terenzio: “Sono umano, non reputo nessuna cosa umana a me estranea”.
Grazie
per avere letto.
Makoto