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Autore: Lotiel    10/05/2014    3 recensioni
(Sequel di "Dopo la Pioggia")
Erano passati poco più di due anni da quella triste notte. Dmìtrij lo aveva lasciato al porto di Tokyo agonizzante e aveva saputo poco dopo che era morto.
L’assassina si trovava in una delle zone più belle di Kyoto, sulle rive dello stagno che accoglie il Tempio del Padiglione d’Oro, con i suoi meravigliosi giardini.

REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 6
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10 - Cuore


Mosca
 
La testa le faceva male e ancora era intontita dal sonnifero che le aveva regalato quelle ore di sonno inaspettate. Reila mosse appena il capo da una parte all’altra e si rese conto, con un po’ di ritardo, di essere ammanettata al letto dove stava riposando, tirando semplicemente la mano verso di lei. Aprì leggermente gli occhi e si accorse della troppa luce all’interno dell’ambiente, come un neon puntato direttamente sui suoi occhi.
Tirò con più forza le manette che la tenevano bloccata, facendo un rumore fastidioso anche alle sue orecchie. Era stata legata solo da una mano.
Si tirò a sedere e cercò in tutti i modi di liberarsi. Le avevano tolto anche i ferretti dai capelli e rimaneva solo con il suo tailleur con cui era arrivata da Natasha. Anche la sua fida compagna era sparita.
Sgranò gli occhi improvvisamente, come se tutti gli avvenimenti le fossero ritornati come un lampo di luce nella testa.
Dmìtrij.
Era il suo il volto che aveva visto appena era stata aperta la porta? Erano suoi gli occhi che aveva scorto e che si era sorpresa di vedere tanto che il suo cuore in quel momento aveva perso un battito?
Prese a respirare con un po’ di fatica, un peso invisibile le si era posato sul petto senza permetterle di prendere aria.
L’avevano lasciata sola lì, senza nulla, se non un bicchiere di acqua di fianco, sul comodino. Lo guardò ma non lo prese, avendo paura che ci fosse qualche strana droga per farla parlare, ma dopotutto non era lei ad avere qualcosa da dire.
Reila cominciò a guardarsi attorno, capire se era ancora nel luogo dove era arrivata con la russa oppure in un altro posto, ma si accorse solo in quel momento che non aveva visto nulla dell’appartamento se non quegli occhi.
Un respiro profondo. Non doveva assolutamente farsi prendere dal panico, ma era decisamente il panico a prendere pian piano piede dentro di lei, lasciandole intendere che quella era solo l’inizio della sua partita.
Un altro profondo respiro prima di socchiudere gli occhi e buttarsi sul letto, guardando il soffitto. Doveva solo attendere. Nella vita aveva imparato anche quello. Saper attendere il nemico.
Sentiva dentro di lei che comunque tutto era destinato a succedere e per quanto avesse voluto quell’incontro, adesso sentiva che forse aveva fatto un tremendo errore e proprio in quel momento, quando i suoi pensieri si spostarono sui suoi ricordi, che comparve un sorriso malinconico sulle labbra rosse e così Reila si riaddormentò.
 
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La guardava. Non poteva farne a meno. Voleva ricordare quando si addormentava tra le sue braccia e non la lasciava mai da sola. Sentiva un profondo vuoto che aveva lui stesso voluto e questo non poteva che fargli ancora più male.
Dmìtrij era lì, seduto accanto al letto dove Reila riposava e sentiva una profonda ferita al petto, trasmessa anche dal sorriso con cui la donna si era abbandonata, come se avesse intuito a cosa pensava quando si era addormentava.
Reila fece qualche movimento e l’uomo si alzò di scatto dalla sedia, portandosi verso la penombra. Lei sicuramente non aveva dimenticato ciò che le aveva fatto e questo era il prezzo che lui avrebbe dovuto pagare per tutta la vita.
L’uomo passò una mano tra la capigliatura cresciuta dall’ultima volta. La barba era di tre o quattro giorni e non aveva voglia di farla, quell’aspetto gli conferiva almeno una piccola copertura quando usciva. Nessuno doveva sapere che era vivo. Tranne lei alla quale avrebbe dovuto chiedere un altro favore.
Il problema era vedere se Reila avrebbe accettato.
 
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Lo sguardo dell’assassina si aprì appena, lasciando che le ombre prendessero pian piano forma nella sua mente. Sbatté più e più volte le palpebre per assicurarsi una buona visuale con la luce che filtrava dalla finestra chiusa. Almeno poteva ben capire che la notte era trascorsa. La luce al neon era stata spenta.
Quando si svegliò ebbe l’impulso di alzarsi e diede uno strattone secco alle manette che la serravano al baldacchino del letto. Non fece neanche in tempo a vedere la sagoma vicino alla porta, poggiata a questa, che il cuore se ne accorse prima. Difatti aveva preso a battere a ritmo serrato e il respiro si era fatto più pressante e veloce.
Reila aveva aperto la bocca senza però riuscire a dire il suo nome, tanto la sua vista l’aveva sconvolta. Non pensava neanche di essere sveglia e avrebbe faticato un po’ per avere una concezione distaccata dalla situazione.
Dmìtrij sospirò, prendendo un rapido respiro e buttando fuori l’aria rumorosamente. Si avvicinò alla donna e lei, di rimando, si spostò verso dietro, anche se bloccata dalla manetta. Gli occhi dell’assassina erano chiusi in una fessura, voleva fargli percepire che non aveva paura di lui e che non lo temeva, ma che gli voleva stare il più lontano possibile.
Lui si soffermò a qualche passo da lei e si bloccò. Sarà stato quello sguardo che gli aveva lasciato, un guanto di sfida che non avrebbe dovuto raccogliere e infatti fu proprio così che fece.
Dmìtrij si massaggio la mascella con una mano. Non sapeva cosa dire e qualsiasi cosa provasse a pensare gli moriva sulle labbra. Le preoccupazioni gli avevano conferito qualche altra ruga di espressione, rendendo il suo volto molto più affascinante di quanto già non fosse di suo.
Reila lo guardò. Lo osservò più attentamente di come non lo aveva mai visto e improvvisamente la bocca si stirò in un sorriso tirato e sardonico.
-Dunque è questa la faccia dei traditori.
La voce risuonò lenta e delicata, come se gli avesse appena detto che l’amava. Infine schioccò la lingua al palato e rimase in attesa. In attesa di quelle parole che avrebbe dovuto dirle e che invece tardarono ad arrivare.
-Ho bisogno del tuo aiuto.
Erano uscite così, poco prima di capire che non erano proprio le parole adatte all’occasione, ma era disperato e avrebbe tentato in tutti i modi di convincere la migliore assassina che avesse mai conosciuto.
-Diciamo che non sono proprio le parole che mi aspettavo.
Sempre quel sorriso sardonico e sempre quell’indifferenza sulla faccia che a Dmìtrij facevano più male di un proiettile nel petto.
Lo sguardo di Reila era ostile e non poteva essere altrimenti, anche perché stava resistendo con tutta se stessa per non cadere nuovamente in quella trappola. Ma non sarebbe stato facile, non per lei.
L’uomo invece rimase per qualche istante impassibile, ma non somigliava neanche alla metà del Dmìtrij che lei ricordava.
-Reila, ho bisogno assolutamente del tuo aiuto.
La donna non riusciva a capacitarsi che glielo stesse chiedendo di nuovo e non riusciva a credere a quello che stava sentendo. Come se nulla fosse successo. Il volto si piegò leggermente sul lato.
-Perché?
Non era rivolto all’aiuto chiesto, ma ad un motivo molto più pericoloso.
-Ho bisogno che tu uccida qualcuno per me.
Reila cercò di trattenere una risata, ma proprio non ce la fece. Scoppiò in una risata, buttando la testa indietro e sdraiandosi, come poteva, sul letto a baldacchino dove era stata ammanettata.
L’uomo la guardò. Si sarebbe aspettato qualsiasi comportamento, ma non questo. Non se lo aspettava proprio.
Infatti l‘uomo rimase solo a guardarla, perché il quel gesto era racchiuso tutto l’odio che provava per lui. Per quell’essere che le aveva reso la vita un inferno. Solo che lui non lo sapeva.
Reila si riprese poco dopo, resistendo a stento ad asciugarsi una lacrima che le era scivolata sulla guancia. L’angolo della bocca si inclino verso l’alto, lasciando quel sapore amaro in bocca all’uomo che le stava di fronte.
-Che strano, anch’io vorrei uccidere qualcuno e guarda caso lo farei esclusivamente per me stessa.
Le parole erano risuonate con una certa malizia mista al veleno della peggior specie. Reila lo stava fissando e non poteva fare altro che nutrirsi di quelle sue paure, dei suoi dubbi e di ciò che lui stava pensando per  rispondere alla sua provocazione.
Passò qualche istante e il silenzio intorno a loro diventò sempre più pesante. Sempre più stretto, tanto da far annaspare l’aria ad entrambi.
Dmìtrij si sentiva in un vicolo cieco e tutto il potere che aveva su di lei, lo aveva perso ormai da tempo. Doveva solo giocare d’astuzia e cercare di convincerla. Si avvicinò a lei e le mostrò la chiave per aprire la manetta.
-Non voglio tenerti prigioniera.
-Hai perso il diritto di dirmi ciò che devo fare e molto più di tenermi legata a te.
Le parole erano state sputate e la donna si fece solo più distante da lui, come se ci fosse un muro insormontabile tra i due che impediva ad entrambi di vedersi veramente.
L’uomo giocherellava con quella stessa chiave, come se avesse voluto farle credere che non l’avrebbe mai liberata. Non fino a quando non gli avrebbe detto sì, supplicandolo di tenerla con sé.
Ma Reila aveva altri programmi, altre cose da seguire che stare ad ascoltarlo. Anche se il suo cuore non smetteva un attimo di palpitarle nel petto, le sue parole non tradivano ciò che le suggeriva la testa. Non cedere in nessun modo e in nessun caso.
-Presto ti spiegherò tutto, ma adesso devi aiutarmi.
Lui era esasperato da quel comportamento e aveva cominciato a fare avanti e indietro nella stanza accarezzandosi i capelli e prendendo rapidi respiri. Capì subito che con la donna il gioco della chiave non avrebbe funzionato.
Dmìtrij fissò lo sguardo in quello di Reila e a grandi passi le si avvicinò, afferrandola per il volto con una mano e stringendole la mandibola, ma senza esercitare forza.
Voleva guardarla negli occhi, cercare di capire se davvero nel suo cuore non c’era più posto per lui. Se davvero quella donna si era trasformata in una vipera che sputava veleno.
La mano dell’uomo tremava e lei se ne rese conto.
-Hai paura.
Era stata lei a parlare che non aveva accennato a liberarsi dalla sua presa, affrontandolo a viso aperto. Aveva allargato gli occhi e lo aveva deriso con la sola espressione del volto. Dmìtrij non riusciva assolutamente a reagire a quella chiara provocazione.
-Se sei così sprezzante verso di me con le parole, perché il tuo cuore sta per esplodere?
E detto questo l’uomo fece un mezzo sorriso, lo sprezzante di sempre, quello della Gioconda che deride tutti con il suo mistero. Detto questo con la mano libera andò a sfiorare il petto di Reila che ebbe un sussulto non voluto. Il corpo la stava tradendo.
-Si arrenderà anche lui prima o poi.
Le parole di Reila risuonarono come un addio a quell’amore che l’aveva e la stava ancora divorando. Un amore malsano e ridicolo che il suo cuore si ostinava di tenere vivo.
-Tu non mi hai dimenticato.
Fu come uno schiaffo in pieno volto per Reila. La donna allargò gli occhi questa volta per la paura che lui potesse capire qualcosa. Cercava con tutti i mezzi di non fargli intendere nulla e cercava di rimanere attaccata al suo odio, perché quello le era rimasto verso quell’uomo. O così voleva far intendere e cercava di imprimersi nella testa.
-L’unico modo, Dmìtrij, sarà ucciderti con le mie stesse mani.
Reila fece scivolare quelle parole, calcando sul nome come a volerlo togliere definitivamente dalla sua testa e detto questo gli sputò addosso con astio. Lui non fece altro che lasciare la presa sulla sua faccia e pulirsi il volto con la manica della camicia, lasciando intravedere in quegli occhi di ghiaccio una consapevolezza diversa da quella con la quale era entrato nella stanza. Reila poteva cedergli ancora.
-Dunque deduco che tu non voglia aiutarmi?
In pochi istanti aveva riacquistato la sicurezza in se stesso. Aveva ritrovato l’arroganza che lei ricordava bene e sicuramente aveva trovato quel se stesso che lei odiava più di ogni altra cosa.
-Liberami.
Sibillina.
-Assolutamente no.
-Dmìtrij, non farmi pentire di non averti sparato un altro proiettile quel giorno.
Il sorriso dell’uomo si allargò con una nuova e ritrovata sicurezza e malizia.
-Voglio che tu lavori ancora per me.
-Spero che tu riesca ad uccidermi prima che io riesca a liberarmi.
Le parole di Reila erano cariche di sfida e di risentimento. Lo vide allontanarsi e aprire la porta della stanza. L’assassina aveva il fiatone corto e lo guardava in cagnesco. Aveva talmente tanta rabbia da non riuscire neanche a sfogarla. Poi Dmìtrij la guardò con un sorriso sghembo.
-Non ce ne sarà bisogno.
Reila prese un profondo respiro, prima di vederlo allontanare e quindi chiudere la porta dietro di sé. Nuovamente rimase da sola, ancora ammanettata al letto senza sapere cosa fare. Le sue certezze stavano crollando, ma non poteva farlo. Non dopo quello che lui le aveva fatto.
-Lasciami andare via da qui!
Lo gridò con tutto il fiato che aveva in gola e con le lacrime che le pungevano gli occhi, ma che si ostinava a trattenere. I polmoni anelavano più aria di quanto lei poteva respirarne in quel momento. Stava cedendo ad un momento di panico e cerco di tranquillizzarsi, capendo che quella non era assolutamente la via da seguire, ma quel sentimento che aveva cercato di celare con  tutta se stessa stava cominciando a divorarla dall’interno.
 
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Quando Dmìtrij aveva richiuso la porta dietro le proprie spalle, si era poggiato a questa prendendo un profondo respiro per calmare anche il suo cuore.
La stava nuovamente trattando come avrebbe voluto evitare, ma non riusciva a mostrarsi per quello che davvero era e quindi cercava di reprimere quel dolore, un filo spinato che gli stingeva il cuore facendolo sanguinare. L’aveva sentita urlare e c’era mancato poco che non si precipitasse all’interno per abbracciarla stretta a lui.
Non poteva cedere. Dopotutto doveva risolvere quel problema e poi forse avrebbe potuto dire tutto all’assassina. Alla donna che aveva sentito sempre sua.


yin yang vettore

Angolo dell'autrice


Siamo al decimo capitolo e la storia è ancora all'inizio. Finalmente è arrivato il momento dell'incontro tra Reila e Dmìtrij. Non so, ma il capitolo l'ho letto e riletto tante volte ma non riesce ancora a convincermi appieno. Però per un certo verso mi piace così il loro incontro. Uno scontro tra titani. Grazie per essere arrivati fino a qui e semplicemente se vi piace o anche se non vi piace, fatemi sapere cosa ne pensate. E ricordate ce lasciare recensioni aumenta l'autostima dell'autrice e del recensore. XD
Vi inviterei infine a leggere "Dopo la pioggia" per poter capire un po' meglio dell'intera vicenda. Infine vi ringrazio per chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate.  E vi indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata con  curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel  Scrittrice - Come pioggia sulla neve


   
 
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