Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: saitou catcher    11/05/2014    8 recensioni
"Era buio, e sapeva solo questo.
Era buio, e non vedeva.
Era buio, e aveva paura."
One shot in cui Hans, in una cella nelle isole del sud, ripercorre la sua vita e gli eventi che lo hanno portato ad essere quello che è. Sconsigliata alle persone sensibili e che non amano deprimersi.
Leggete e recensite.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hans
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Less Than Just A Spare

“Che tutti gli uomini debbano essere fratelli è il sogno di chi non ha fratelli.”
 

Era buio, e sapeva solo questo.

Era buio, e non vedeva.

Era buio, e aveva paura.

Era buio, e non era solo, perché avvertiva forme striscianti muoversi ai limiti del suo campo visivo, avvertiva il loro fiato rancido sulla pelle, e tutti gli orrori che negli anni aveva messo a tacere tornavano d'improvviso a farsi sentire, forti come quando, bambino, si rannichiava tremando sotto le coperte, e aspettava battendo i denti che l'Uomo Nero sbucasse da sotto il letto per portarselo via, ghermendolo con i suoi neri e gelidi artigli.

Era buio, e faceva freddo, e il suono che i suoi denti facevano battendo spasmodicamente l'uno contro l'altro riempiva il buio denso come lo scorrere di un macabro orologio(tic tac tic tac tic tac), e lo assordava, riempendogli le orecchie e impedendogli di distinguere i suoni, il suono dell'acqua che filtrava tra le crepe del muro e gocciando formava un laghetto stantio, proprio vicino al suo giaciglio, il suono stridente che producevano le catene a ogni accenno di movimento, il suono di porte sbattute e passe ritmati, che gli confermavano che non era

(ma ci sei Hans?ci sei davvero?)

solo.

Era buio e faceva freddo, questo lo sapeva. Per il resto, tutto era un marasma confuso, un caos di sensazioni e pensieri che si accavvallavano nella sua mente, riproducendo lo stesso effetto di una banda di musicisti male accordati, e stridevano e rintronavano, e non gli lasciavano tregua.

Però ricordava.

Ricordava Elsa e la sua spada sollevata a colpirla.

Ricordava Anna e il suo sguardo colmo di disprezzo e, suo malgrado, di delusione.

Ricordava quel ridicolo ciambellano e la sua affermazione “Vedremo cosa penseranno i suoi fratelli del comportamento di questa canaglia”.

(cosa dovrebbero pensarne? Sanno a malapena che esisto)

Ricordava il lungo, spossante viaggio, da Arendelle fino al regno delle Isole del Sud. Dovevano aver messo qualcosa nel cibo, aveva pensato, perché non gli era mai capitato di soffrire così tanto il mal di mare. O forse era stata la consapevolezza di quello che l'aspettava a rivoltargli lo stomaco, come se espellendo tutto ciò che aveva dentro, potesse buttar fuori anche i suoi peccati e la consapevolezza di essi.

Ricordava anche il suo ritorno, ma questo era un ricordo più nebuloso, più lontano. Lo avevano trascinato in catene fino alla sala del trono, con tanta forza che i ceppi gli avevano segato i polsi, lasciando una striscia di pelle viva e sanguinante. Lo avevano portato fino ai piedi del trono, dove si era lasciato cadere, esausto, con il mondo che gli girava attorno e lì suo fratello maggiore, Klaus

(o era mio padre?non lo so, non ricordo, è tutto così confuso)

lo aveva colpito. Lo aveva sollevato in piedi e lo aveva colpito in volto, con tanta violenza che Hans, con la vista affollata di puntini neri, era caduto in avanti, sbattendo la tempia contro uno dei braccioli del trono. Gli si era aperta una ferita sulla fronte, e aveva iniziato a sanguinare, un rivolo caldo che scendeva lungo la guancia, e che adesso si era essicato, formando una crosta che gli ricopriva metà del volto come una grottesca maschera.

Poi Klaus aveva iniziato a parlare, e anche lì, le parole si erano perse, fluttuando via in una nebbia indistinta, in cui le parole gli arrivavano a tratti. Non era riuscito ad ascoltare, ma almeno una cosa la ricordava. Ricordava cosa gli aveva detto sua fratello, alla fine del discorso, prima che lo trascinassero via.

“Il tuo comportamento ti ha reso la vergogna della nostra famiglia” aveva sibilato Klaus. “Tu non sei mio fratello.”

Bella forza aveva pensato Hans, mentre lo facevano rialzare per condurlo sino alle prigioni. Lo sono mai stato?

 

Ricorda anche un'altra cella, buia, simile a questa, ma più stretta e angusta. Ricorda di aver cercato ansiosamente la luce, tastando il pavimento alla ricerca di una via di fuga. Ricorda di aver attacato l'orecchio alle assi, per captare i rumori al di sotto, e di aver sentito i singhiozzi di sua madre, e il borbottio irato di suo padre. Hans ha paura di suo padre, quasi come dell'Uomo Nero che teme possa spuntare ogni notte da sotto al letto, ma questa è una paura più sottile che non saprebbe spiegare nemmeno a se stesso.Ha paura, perché suo padre è arrabbiato e papà arrabbiato significa guai. Guai grossi.

Ricorda che non voleva colpire Klaus, che nella scala delle sue paure è appena un gradino sotto suo padre e l'Uomo Nero, ma stavolta non è proprio riuscito a trattenersi. Klaus non doveva colpire il suo cagnolino, no? Dopotutto, Klaus fa finta da due anni che lui non esista, e tutto sommato, a lui va bene così. Anche se a volte ha paura, paura di essere solo un parto della propria fantasia, quando chiama qualcuno e quello non si volta nemmeno a rispondere, e allora spunta quel pensiero, quel pensiero insidioso, che per quanto cerchi di respingerlo, fiorisce sempre ai margini della sua mente, come l'erbaccia in un campo di grano:

Ma ci sei, Hans? Ci sei davvero?

Ma lui sa che c'è, lui sa che esiste e per questo ha tanta paura, paura che possano fargli del male, come lui ne ha fatto a Klaus. E Hans ricorda di essersi sentito potente, nel momento in cui con un sasso ha colpito la tempia di suo fratello,quando l'ha visto cadere sulle ginocchia, e strillare come un agnello al macello, premendosi con la mano l'orecchio da cui usciva il sangue a fiotti. Ricorda di essersi sentito potente, per un unico, effimero attimo, prima che il sasso gli venisse strappato di mano e prima che sua madre arrivasse in lacrime, stringendo a sè Klaus come se fosse morto, gli occhi sgranati di panico e la voce stridente al suo orecchio “Cosa ti è saltato in mente?Potevi UCCIDERLO!”

Così smetterebbe di strappare le tende e urlare addosso al precettore, mamma. Non ti farei un favore?

 

Hans rabbrividì, cercando di ricacciare quel ricordo nei meandri della sua mente. Si rannicchiò su se stesso, il viso premuto contro il pavimento umido, dondolandosi avanti e indietro, per quanto glielo permettevano le catene, e canticchiando fra sè. Una canzone che risaliva dalla sua infanzia, che sapeva di sole, di sabbia, delle onde che si frangevano lente contro gli scogli, e che gli scivolavano addosso, avvolgendolo in un abbraccio fresco, di alghe essicate contro gli scogli, e odor di sole, odor di mare. E che ora, nel freddo dell'inverno che penetrava a fiotti dalla minuscola finestrella, gli evocava ricordi di ciocchi caldi lasciati a bruciare nel camino, odor di pigne e cioccolata calda.

Felicità.

Ma era mai stato veramente felice?

Forse solo una volta.

Quando sua madre era rimasta incinta per la quattordicesima volta.

Una disgrazia per tutti. Per sua madre, che tremava all'idea di un altro parto,di altre sofferenze, un altro bambino che lei non avrebbe nemmeno visto, se non in qualche occasione ufficiale. Per suo padre, che non aveva bisogno di un altro intoppo nella linea di successione. Per i suoi fratelli, che a malapena si sopportavano l'un l'altro. Una disgrazia per tutti, insomma, tranne che per lui.

Hans aveva sette anni, ma ricordava (ricordi ricordi solo ricordi), che aveva spiato sua madre, la dolce curva del ventre che lentamente si gonfiava, immaginando l'esserino chiuso lì dentro, un esserino che sarebbe stato solo suo. Perché Hans immaginava, sapeva, che i suoi fratelli avrebbero riservato al nuovo arrivato ne più ne meno lo stesso trattamento che era toccato a lui, e in segreto se ne rallegrava, perché ciò significava che quel piccolo non ancora nato lo avrebbe amato, e avrebbe amato solo lui. Sarebbero stati sempre soli, ma sarebbero stati soli insieme.

 

Era nata in una fredda nottata d'inverno, l'unica femmina in una nidiata di maschi*, e il suo pianto gracile e ansimante aveva raggiunto le orecchie di Hans, acquattato dietro la porta, in attesa di reclamare quanto era suo. Ma la sua gioia era stata presto stemperata dall'inquietudine, dai passi frettolosi di medici e levatrici, dal borbottio irato di suo padre, e dai sommessi singhiozzi di sua madre, esausta per la lunga notte passata in travaglio. Poi quando tutti se n'erano andati, lui era entrato in punta di piedi nella stanza allestita per la bambina, e fermandosi accanto alla culla, l'aveva guardata.

Non era come se l'era immaginata. Il fratellino della sua immaginazione era bello e perfetto.Questa neonata,invece, era tutt'altro che bella. Era piccola e gracile, e alla luce rossastra e irregolare della brace morente, Hans aveva potuto vedere le profonde occhiaie che segnavano la pelle della bambina, pallida come la neve accumulata sul davanzale, e il moto irregolare del suo piccolo petto produceva un fischio sibilante che non prometteva nulla di buono. Hans l'aveva guardata a lungo, e si era sentito deluso. Non era quello che si aspettava. Non era quello che voleva.

Era stato sul punto di girarle le spalle e andarsene, quando improvvisamente la neonata aveva aperto gli occhi. Sotto le palpebre simili a conchigliette, i suoi occhi erano di quell'azzurro acquoso tipico dei neonati, e vedendosi sola, sola e al buio

 

(sola ,sola e al buio come sono io)

 

la piccola aveva incominciato a piangere, e distinguendo la figura immobile di Hans nell'oscurità, aveva teso verso di lui le manine annaspanti, chiamandolo con voce gracidante.

Quel qualcosa nel cuore di Hans che lo riempiva di freddo, quella scorta di odio e amarezza troppo grande per un bambino così piccolo, si era come sciolta, e Hans aveva di colpo ritrovato dentro di sè l'attesa gioiosa e l'ansia che avevano caratterizzato la sua lunga attesa, quando la piccola era ancora solo un minuscolo uovo sotto il cuore di sua madre, e obbedendo più all'istinto che alla ragione, si era chinato e l'aveva presa in braccio. La piccola aveva continuato ad agitare la manine, tentando di aggrapparsi a lui, senza troppo successo. Hans l'aveva sentita fredda contro di sè, fredda come un pezzo di ghiaccio, e si era seduto accanto al fuoco per riscaldarla. L'aveva tenuta stretta a sè, premuta contro il proprio cuore,cercando di aggiungere il suo calore a quello della brace morente, e aveva trascorso così tutta la notte, cullandola goffamente, cantando sottovoce la ninnananna preferita della sua infanzia, quella che aveva il potere di scacciare l'Uomo Nero, e di fargli sognare un futuro diverso, un futuro migliore,per lui ,bambino abbandonato, meno di un risparmio, meno di niente per la sua stessa famiglia:


 

Do you wanna build a snowman?
Or ride our bikes around the halls

I think some company is overdue
I've started talking to
the pictures on the walls-
(Hang in there, Joan!)
It gets a little lonely
All these empty rooms,

Just watching the hours tick by-
(Tic-Tock, Tic-Tock, Tic-Tock, Tic-Tock, Tic-Tock)


Aveva continuato a cantare per tutta la notte, per quanto riusciva a ricordare, finché il fuoco non si era spento. Poi, quando nella stanza era calata nell'oscurità e non era rimasta più nemmeno una scintilla a trattenere il calore, aveva continuato a tenere stretta a sè la sorellina. Non si era accorto che non si muoveva. Quando il re e la regina erano entrati nella stanza, l'avevano trovato così immobile, seduto presso il caminetto, con un raggio di sole che entrando dalla finestra, andava a colpire direttamente il volto della piccola.Immobile, minuscola e bianca. Un piccolo pupazzo di neve che era stato troppo tempo vicino al fuoco.

 

E poi? E poi la vita continua. Ci sono cose che un principe deve imparare, anche se la sua stessa famiglia è a malapena consapevole della sua esistenza. A sorridere quando si vorrebbe solo prendere a pugni l'interlocutore, per esempio. Quella era un'arte che Hans aveva imparato piuttosto bene, e che gli era tornata utile, negli innumerevoli viaggi a scopo diplomatico in cui si era imbarcato per conto del re suo padre. Stabilire rapporti commerciali, consolidare alleanze, rinnovare il prestigio (ma fatemi il piacere!) delle Isole del Sud presso altri regni, in alcuni casi persino condurre le trattative matrimoniali per conto dei suoi fratelli.Milords e miladies, il principe Hans delle Isole del Sud. Ah, ma dunque avevano un altro figlio? Che buffo non lo sapevo! Guarda un po', nemmeno loro.

 

Nel corso degli anni, nella mente di Hans si era formato un obiettivo ben preciso: diventare re. Non sapeva bene nemmeno lui perché lo volesse. Sotto sotto, non era convinto che sarebbe stato un gran re. Ma voleva esserlo, lo voleva con tutto sé stesso, perché così avrebbe finalmente mostrato che lui era qualcuno, avrebbe fugato quel dannato dubbio che lo perseguitava sin dall'infanzia

 

(ci sei Hans?ci sei davvero?)

 

avrebbe dimostrato ai suoi fratelli, a sè stesso, al mondo, che lui valeva qualcosa. Che lui era più di un risparmio.

 

So I’m the extra button on a coat
In case another one comes loose
But if I have to be a button
Why can't I be a button that’s of use?
I may lack style and I may lack grace
And once in a while I might fall on my face
But this little button deserves a place in the sky
This button wants to fly

 

L'unico cuore di ghiaccio qui è il tuo”.

 

Hans sorrise, nel ricordare quella frase che Anna gli aveva rivolto con rancore, prima di allungargli un pugno, ben assestato e probabilmente ben meditato. Stranamente, non si era stupito troppo nell'accorgersi che il suo piano era fallito. Forse nemmeno lui aveva mai creduto troppo in sè stesso, forse in qualche modo si aspettava che finisse così, perché quando mai qualcosa che lui aveva tentato era andata a buon fine?

Lui era meno di niente. Lui era il risparmio. E questo non sarebbe mai cambiato, non poteva cambiarlo, perché la sua inferiorità gli pesava addosso come una maledizione, una nube nera e densa che gli si addensava sul capo e lo seguiva ovunque, precludendogli la vista dell'orizzizonte.

E tuttavia, qualcosa in Hans si era ribellava a quest'idea. Lui era più che niente; lui era qualcuno, e l'avrebbe dimostrato, e avrebbe dimostrato che loro si erano sbagliati, tutti si erano sbagliati, perché lui c'era,lui esisteva e un orizzonte, un orizzonte diverso, esisteva anche per lui. Bastava solo allungare la mano e prenderselo.

 

Così poco.

Mancava così poco alla meta.

Un colpo secco. Un solo colpo.Per riavere ciò che gli spettava. Hans aveva assaporato quel momento, l'aveva gustato in tutta la sua voluttà, mentre sollevava la spada su quella figura inerme, e dentro di sè, già si figurava il rumore di ossa infrante e gemiti di dolore, il sangue caldo che gli avrebbe bagnato le mani, suggellando il suo potere, rosso sulla neve bianca. Aveva indugiato, e quella era stata la sua rovina. Era bastato un istante, perché quella sciocca ragazzina si mettesse in mezzo, perché a rovinare i suoi piani fosse il grande assente della sua vita: l'amore fraterno.

Tua sorella è morta! Per colpa tua!

Hans aveva visto l'anima di Elsa, quell'anima che credeva fatta di ghiaccio e di neve, spezzarsi nei suoi occhi, prima che lei crollasse a terra, inerme come una bambola rotta, mostrandogli la schiena nuda e indifesa. Non avrebbe opposto resistenza. Ucciderla sarebbe stato facile. Forse, in fondo, Elsa non chiedeva altro.

Così poco. Mancava così poco alla meta.Eppure, Hans aveva esitato. Aveva esitato per un istante, serrando le dita sull'elsa della spada, perché qualcosa in lei gli ricordava la sua sorellina, morta di freddo tra le sue braccia. Era stato solo un attimo. Aveva udito il vento portargli l'eco degli scherni dei suoi fratelli, e allora la rabbia era sorta in lui, cancellando ogni altro sentimento. Si sarebbe preso quello che gli spettava di diritto. Sarebbe stato re.

Sarebbe stato qualcuno.

Aveva fallito.

Di nuovo.

Come sempre.

 

Anna si era sbagliata: il suo cuore non era di ghiaccio. Il suo cuore era un ammasso vivo e pulsante, di rabbia, di rimpianti, di amarezza, di veleno, un veleno che avrebbe potuto distruggere una città fino alle fondamenta, se solo lo avesse lasciato libero. E che invece rimaneva dentro di lui, a riempirgli la bocca del suo sapore amaro, a corrodergli le ossa e l'animo, a fargli marcire il cuore. Quel cuore che, in fondo, non aveva chiesto altro che amore.Quel cuore che ,adesso, non poteva offrire altro che odio.

Quel cuore che non era più nulla, se non cenere e sabbia nelle sue mani.

Hans aprì gli occhi, e arrivò alle sue orecchie otturate il rumore di passi lontani che si avvicinavano alla sua porta. Li sentì fermarsi, rumore di voce, il bagliore guizzante di una torcia al di là delle sbarre.Rimase disteso a terra, immobile, il volto contro il suolo, mentre le lacrime traboccavano, tracciando scie lente sul suo viso incrostato di sangue. Rimase immobile, perché, tutto sommato, il suo destino non gli interessava più.Il mondo aveva avuto ragione.

 

(Ci sei Hans? Ci sei davvero?)

 

I suoi fratelli avevano avuto ragione.

Lui era meno del risparmio.

Lui non era nessuno.

Lui non esisteva.

 

 

So I'll never be the heir

and I'm less than just a spare

 

Ben ritrovati, o beneamato popolo di EFP!

Sono felice di annunciarvi che ho finalmente visto Frozen per intero, e quindi mi considero ufficialmente autorizzata ad infestare questo fandom. Non è il primo lavoro che pubblico qui, ma è il primo che abbia un minimo di senso e cognizione di causa, quindi mi fate il piacere, oltre a leggere, di recensire;)?

Ho pensato di entrare nella psicologia del principe Hans( l'avevate capito? Ma che geni che siete!), che secondo me si meriterebbe un Oscar alla carriera per essere riuscito a celare fino alla fine la sua vera natura di emerito bastardo, per non dire peggio. Sinceramente, non sono troppo convinta di quello che ho tirato fuori, volevo che fosse una sorta di flusso di coscienza, però mi sembra che in certi punti abbia poco senso. Va bene, la smetto di fare autocritica e mi rimetto al giudizio di voi lettori.

Intendiamoci, l'intento di questa shot non era affatto quello di giustificare Hans: ognuno ha la responsabilità delle sue azioni, indipendentemente dal contesto in cui è cresciuto, ma non mi venite a dire che i fratelli di Hans erano buoni e cari, visto che lui è venuto su come un emerito sociopatico, e peggio.

Visto che sto pubblicando praticamente di nascosto, non offendetevi se non risponderò tempestivamente alle vostre recensioni. In ogni caso, meglio tardi che mai!

*la storia della sorellina di Hans è frutto della mia mente malata (e sadica), ma è specificato da qualche parte che i suoi fratelli sono solo maschi o potrebbe avere anche una sorella?

Catcher


 


 


 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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