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Autore: littlemoonstar    11/05/2014    0 recensioni
Il mio nome è Cappuccetto Rosso, ma in questo nuovo mondo mi chiamano solo Red.
E in questo mondo un tempo fatato cerco di sopravvivere ora dopo ora, cercando di capire cosa lo abbia ridotto in questo stato pietoso e deprimente.
Io sono Red, e vivo in un mondo pericoloso, in cui il vissero felici e contenti non ha più senso di esistere.
Sono una sopravvissuta, e questa è la mia storia.
 
[Capitolo 18]
Ed ora era lì, quella bestia che sempre avevo temuto. Di fronte ai miei occhi, così feroce da paralizzarmi. Riusciva a risvegliare le paure più recondite, i ricordi più dolorosi e macabri della mia infanzia. Era la mia debolezza, il centro di tutta la mia paura.
Era il Lupo cattivo, ed era pronto a mangiarmi di nuovo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14. Awakening. 






Era vivo. Ed era di fronte a me. La giacca di pelle era graffiata in qualche punto, gli stivali sporchi di terra e i capelli scompigliati sul viso. Ma l'avrei riconosciuto a chilometri di distanza.

Jim Hawkins. Pazzo, imprevedibile Jim, a cui avevo detto inconsciamente addio quando ci eravamo separati, ora era di fronte a me e non riusciva a distogliere lo sguardo.
E fu in quel momento che lasciai scorrere le emozioni, proprio come aveva detto Aurora. Le lasciai fluire all'esterno, senza bloccarmi. Avanzai di un passo, poi di un altro, ma l'emozione mi impediva di correre.
Così avanzai a tentoni fino a lui che, immobile, mi osservava con un'intensità quasi impossibile da reggere.
Avanzai ancora, in quel pochi metri che mi sembrarono chilometri. Respiravo a fatica, cercando di non perdere neanche un dettaglio della sua figura alla luce di quel sole aranciato, che lentamente si preparava a lasciare il posto alla notte. Non mi importava di niente attorno. Volevo solo raggiungerlo.
Eravamo ad un passo di distanza. Immobili. Io non riuscivo a piangere. Sapevo che non l'avrei fatto.
E poi accadde.
Jim aprì appena le braccia, ed io mi ci tuffai. Senza pensare, affondai il volto sul suo petto, e sentii le braccia di lui sorreggermi e poi circondarmi. La sua stretta era così salda che, anche se fossi caduta, ero sicura che mi avrebbe sostenuta.
Non sapevo perché si trovasse lì, o perché – forse – mi avesse raggiunta.
Ma in quel momento non mi importava.






La notte si preparava ad essere fredda. Filippo andò a rifornire la stalla, la chiuse per bene e diede da mangiare ai cavalli. Aurora preparò zuppa in abbondanza in modo da rifocillarci.

C'erano stanze a sufficienza per tutti, e dopo aver cenato ognuno di noi si coricò nella propria: Filippo e Aurora al piano di sopra, in quella più grande, Mulan nella stanza più piccola. Jim si offrì di dormire sul divano, mentre a me fu data la piccola depandance dietro la casa, collegata ad essa tramite una piccola porticina di legno intagliata a mano.
Aurora si congedò dopo avermi mostrato la stanza: il letto matrimoniale poggiava su un grande tappeto blu ed ecrù, affiancato da due pesanti comodini in legno. Diedi una rapida occhiata allo specchio e all'armadio, poi alla finestra e alle tende bianche. Andai a sedermi sul letto, alla luce della candela appena accesa, senza sapere cosa fare.
Dormire era fuori luogo, non ci sarei riuscita comunque. Così iniziai a contare le assi di legno che componevano il pavimento, ma lasciai perdere dopo la decima. Mi tolsi la mantella e gli stivali, poi il corpetto metallico e tutto l'armamentario. Aurora mi aveva lasciato una camicia da notte in tessuto leggero color panna, visto che le coperte sul letto erano così pesanti da far sudare al solo pensiero.
Finii di spogliarmi e la indossai: era morbida e delicata. Era tempo che non indossavo un indumento del genere. Mi spazzolai i capelli e sprimacciai il cuscino di piume morbide. Mi infilai sotto le coperte e provai a stendermi, ma i pensieri presero subito il sopravvento. Spostai il cuscino e mi misi a sedere, sbuffando.
Sentii un rumore di passi avvicinarsi alla porta. Il cuore mi batteva talmente forte che avevo paura si sentisse anche da fuori. La porta cigolò appena, e Jim apparve alla luce fioca della candela: aveva indosso solo i pantaloni e la camicia leggera.
« Non hai freddo? » mugugnai, pentendomi subito dopo della domanda. Ma che razza di idiota ero?
Lui sorrise dolcemente, scuotendo la testa. « Ero abituato alla neve. ».
Non avevamo parlato da quando l'avevo visto arrivare. Dal nostro abbraccio. Non c'era stato bisogno di dire nulla, eppure adesso sentivo un grande desiderio: quello di raccontargli tutto.
Quello che avevo passato e che avevo visto. E chiedere di lui, del suo viaggio, del perché fosse tornato.
Ma ero come bloccata, intirizzita da un freddo che sentivo solo dentro. Trattenevo il respiro, come in una lunga apnea. E alla fine espirai, ponendogli un'unica domanda.
« Perché sei qui? » glielo chiesi come una liberazione, lasciando fluire quelle poche parole di getto, senza filtri. Avevo bisogno di saperlo. Rimasi ad osservarlo mentre chinava la testa, gli occhi fissi sulle lunghe assi di legno invecchiato che ci dividevano. Sollevò lentamente lo sguardo, scuotendo la testa.
« Non lo so. ».
Mi ero preparata ad un lungo discorso, o a delle scuse anche banali. Ma quella risposta di certo mi lasciava interdetta. Avevo bisogno di sapere, conoscere almeno mezza verità. Ultimamente ero all'oscuro di molte, forse troppe cose. Avevo bisogno di sicurezze, di qualcosa di certo.
Il cuore mi stava scoppiando nel petto, e faceva decisamente più caldo adesso. Osservai il fisico allenato di Jim, lo cercai sotto gli abiti più leggeri. I muscoli delle braccia trasparivano attraverso la camicia in tessuto.
Avanzò di un passo, poi un altro, e alla fine si fermo. Mi fissava senza mai abbassare lo sguardo, con tanta intensità che alla fine fui costretta a distogliere lo sguardo. Mi ricordò il nostro primo incontro ad Agrabah.
E quel bacio nella baita, che tentavo invano di dimenticare. Perché, poi?
In effetti dovevo fare uno sforzo non indifferente per ricordare quel momento, ma non perché lo avessi rimosso. Anzi, il solo pensarci mi mozzava il fiato. Ma cercavo di contenerlo, come facevo sempre con ogni tipo di sensazione. Rischiavo di perdere il controllo di me stessa, e non poter più recuperare la mia integrità.
Ma piccoli stralci di memoria riuscivano ancora a sfuggire da quella gabbia d'acciaio che vi avevo costruito intorno. Lo ricordavo come un bacio passionale, inaspettato e talmente rapido da farmi perdere il controllo.
Jim mi guardava allo stesso modo in quel momento, ma nei suoi occhi non c'era la paura che avevo intravisto quella volta, quando pensavamo di morire entrambi per mano del lupo.
Adesso eravamo lì, da soli ma insieme, in un piccolo angolo di mondo momentaneamente in pace.
Sentii uno strano calore divampare in tutto il corpo e raggiungere le guance. Dio, stavo arrossendo. Mi sarei data della stupida più e più volte se non fossi stata impegnata a pensare alla sottilissima camicia che Aurora mi aveva dato per la notte.
Sottilissima e trasparente. Decisamente troppo.
Sollevai con un gesto automatico il lenzuolo per coprirmi, e Jim si lasciò sfuggire un sorriso attraverso l'espressione seria e concentrata. Vederlo sorridere mi rasserenava. Era come una conferma, un segno che stava bene.
« Smettila. » mi ammonì, con voce ferma e tremendamente sensuale. Deglutii a fatica.
Sensuale?
Avevo davvero pensato a lui in quel modo?
La mia mente improvvisamente si illuminò, rischiarandosi del tutto. Era diventata una tavola bianca, e tutto si faceva via via più chiaro. La sua voce, il suo corpo, i suoi occhi. C'era sempre una parte di me che li ricordava, anche nel periodo in cui ci eravamo allontanati. La distanza tra noi non aveva neppure scalfito quei ricordi, ricolmi di gioia e, adesso, di desiderio.
Si, perché quel bacio non era stato un caso: nonostante non me lo aspettassi, non mi ero ritratta. Non lo avevo respinto perché era ciò che volevo. E anche ora, mentre Jim si avvicinava a me, non volevo lasciarlo andare via da quella stanza.
Piegai appena le gambe e lasciai cadere il lenzuolo, finendo ginocchioni sul letto, le braccia abbandonate lungo i fianchi. Non mi importava. Quella notte eravamo soli, lui ed io.
Tutto il resto avrebbe smesso di esistere, anche se per poco tempo.
Sentivo gli occhi inumidirsi pian piano, ma sapevo che non avrei dato spazio alle lacrime di marchiare il mio volto. Non lo avrei permesso in un momento come quello.
Jim rimase in piedi affianco al letto, a pochi centimetri da me. Sentivo il suo respiro accelerato. Posai una mano sul suo petto e percepii i battiti rapidi del suo cuore.
« Perché sei qui? » ripetei, consapevole di aver già avuto la mia risposta. Ma adesso le cose erano cambiate.
Eravamo più vicini, quasi a contatto, e sapevo che la sua risposta sarebbe stata diversa.
Lasciò scivolare le mani grandi e forti sui miei capelli, fino a circondarmi in viso. Mi sollevai appena sulle gambe e lasciai che si avvicinasse a me. Quando percepii il calore delle sue labbra, mi sembrò quasi di essere tornata a casa. Come se fossimo stati lontani per troppo tempo, in un luogo oltre lo spazio.
Era una sensazione familiare, ma allo stesso tempo diversa: perché questa volta volevo quel bacio, lo aspettavo con impazienza, lo bramavo con il cuore. E mi resi conto che ogni centimetro del mio corpo desiderava Jim come mai prima.
Non sapevo che nome dare a quella sensazione, né al sentimento che provavo nei suoi confronti. Ma per una volta decisi di non pensare razionalmente, e fare fede al solo istinto che diceva ancora.
Sentivo le sue dita sulla mia pelle, intrecciate tra i miei capelli. Poi sulle spalle, e sul corpo. Di nuovo sui capelli, sempre più vicine. Mi mancò il respiro, così rallentai. Le mie labbra presero le distanze di appena qualche centimetro. E lui, oh, lui era così maledettamente vicino.
Aprì gli occhi, quei grandi specchi cristallini ricolmi di desiderio.
« Per te. » sussurrò, e il suo fiato caldo riempì i miei polmoni, rispondendo a quella domanda lasciata a mezz'aria. Dio, come lo volevo.
Non volevo davvero altro in quel momento.
« Bugiardo. » sibilai, e lo vidi sorridere ancora. Affondò entrambe le mani tra i miei capelli, e di nuovo mi baciò. Le nostre labbra si cercavano disperatamente, pochi istanti di lontananza ed eccole ancora lì a cercarsi ancora e ancora.
Lo trascinai lentamente verso di me, portandolo sul letto. Sentivo le sue gambe sfregare contro le lenzuola.
Cosa stavo facendo?
E perché mi sembrava tutto così maledettamente sbagliato?
Forse stavamo sbagliando. Ma non avevo intenzione di fermarmi.
Continuai a baciarlo sulle labbra, sulle palpebre e sul viso. Scesi sul collo, poi mi fermai. Il cuore batteva sempre più forte, ed io mi resi conto che non sapevo davvero cosa fare. Guardai Jim con l'espressione smarrita, e lui mi sorrise. Quel sorriso mi diede tutta la forza di cui avevo bisogno.
Mi lasciai cadere sul letto, tra le sue braccia, e lo osservai mentre si sfilava la camicia e i pantaloni lentamente, senza alcuna fretta. I muscoli erano ben delineati sul petto e sulle braccia, il fisico allenato e ben proporzionato. Mi tirai su e lo baciai ancora, come attratta da un'invisibile calamita che mi impediva di rimanere lontana da lui per più di qualche minuto.
Mi sfiorò le spalle con le mani forti, scendendo lungo le braccia, e a quel punto sollevò il delicato tessuto della camicia da notte candida, lasciandolo scivolare verso l'alto. Quando mi resi conto di essere completamente nuda di fronte a lui, il rossore sulle mie guance si fece più evidente, così tanto che era inutile provare a nasconderlo. Jim mi sfiorò una guancia e si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito, probabilmente a causa del mio imbarazzo. Eppure, nonostante la mia evidente fragilità in quel momento, non avevo paura.
E non ero nemmeno infastidita, perché per la prima volta sapevo di potermi fidare: quelle guance rosse, la fragilità che gli stavo mostrando facevano parte di un segreto che era solo nostro.
Nessun altro, all'infuori di quella stanza, l'avrebbe mai saputo.
Le labbra di Jim mi scivolarono sul collo, poi più giù fino all'incavo dei seni. Un lungo brivido mi attraversò la schiena. Mi bloccai, respirando piano, e lasciando che i suoi baci colmassero con il loro calore il vuoto che quei brividi avevano provocato.
Anche lui si fermò, oramai sopra di me. Sentivo la sua presenza ovunque sul mio corpo, oramai accaldato e pronto. Non ero mai stata così pronta come in quel momento.
I suoi capelli mi sfiorarono il viso, facendomi il solletico. Le lenzuola mi coprivano appena le gambe, lasciando il resto scoperto.
« Dio, come sei bella. ».
Lasciai che quelle parole rimanessero sospese nell'aria, come per farle durare più a lungo. Davvero?
Davvero l'aveva detto? Lui?
Ovviamente non risposi. Non c'era nulla da aggiungere ad una frase come quella. Lui si avvicinò di nuovo e ci baciammo ancora, e quei baci riempirono l'aria e si diffusero lungo le pareti.
Sentii le sue mani percorrere il mio corpo nella sua interezza, spalle, braccia, fianchi e gambe. Ed una volta arrivate lì fermarsi, e stringere appena la presa. Cercai di ricordarmi sempre di respirare, anche se in quel momento era facile dimenticarlo. Il calore che mi pervadeva si concentrò sulle gambe appena piegate, e sostenute dalla sua presa forte. Le mie ginocchia si scontravano appena con il suo corpo, senza alcuna forzatura. Chiusi gli occhi, inspirando profondamente, e quando li riaprii vidi solo il legno grezzo del soffitto. Il volto di Jim era affianco al mio, le sue labbra posate sul mio orecchio.
« Tutto bene? » mormorò, e quel sospiro accese un nuovo fuoco dentro di me. Annuii. Jim sollevò il capo, lo sguardo intenso su di me. Probabilmente voleva assicurarsi che avessi detto il vero.
E quando incrociai il suo sguardo capii che non avevo mentito. Non avevo paura, e stavo bene.
Andava tutto bene.
Ed io lo volevo. In quel momento, con tutta me stessa. Per tutta la notte.
E per la prima volta gli sorrisi. Un sorriso flebile, leggermente contratto dall'emozione.
Ma un sorriso. E lui rispose, sollevato dalla mia reazione, baciandomi ancora.
Chiusi gli occhi, assaporando quel momento e i piccoli gesti che lui mi concedeva. Il suo corpo a contatto con il mio, le mani forti che afferravano le mie gambe, il suo respiro veloce sul collo.
Le mie mani lo cercavano, sfioravano ogni parte di lui. Delicatamente, con dolcezza. Poi, quando il calore che mi pervadeva iniziò a concentrarsi tra le mie gambe, le mie unghie solcarono la sua schiena con forza.
Per aggrapparsi a lui, sorreggersi quando iniziò ad esplorare realmente il mio corpo. Era una strana sensazione, un dolore che era anche piacere. L'esplosione dentro di me non accennava ad arrestarsi, era un'energia continua che si rinnovava.
Un flebile gemito mi sfuggì quando lo sentii più forte dentro di me. Goccioline di sudore gli imperlavano il viso assieme ai capelli scompigliati, che gli davano un'aria sensuale e al tempo stesso selvaggia.
Lo sentivo vicinissimo a me, e in un istante diventammo una cosa sola, raggiungendo il culmine del piacere.
Recuperai il respiro perduto in silenzio, immobile sotto al suo corpo caldo. Jim abbandonò la testa nell'incavo del mio collo, respirando insieme a me. A poco a poco ci calmammo, ma nonostante tutto non avevo intenzione di separarmi da lui.
« Red... » sospirò lui sul mio collo, facendomi rabbrividire. Non riuscii a capire se mi stesse chiamando, o se stesse semplicemente dicendo il mio nome, come a voler dire qualcosa in merito a ciò che era appena accaduto.
Lasciò il mio nome sospeso nell'aria statica della stanza. Chiusi gli occhi e mi rilassai, riscaldandomi con il calore del suo corpo, e senza accorgermene caddi in un sonno profondo e sereno.








La luce del mattino trapelava appena attraverso le tende color panna, riscaldando la stanza con una luce tiepida e confortevole. Quando aprii gli occhi mi sentii leggermente stordita, e con il corpo quasi indolenzito.

Mi stiracchiai sotto le coperte, rendendomi conto che quella sensazione non aveva nulla di spiacevole. Era l'accenno di una stanchezza piacevole, che riportò alla memoria un ricordo ancora migliore.
Arrossii al solo pensiero, scoprendomi imbarazzata di fronte al mio corpo nudo sotto le pesanti coperte.
Poi mi voltai, e lo vidi: Jim dormiva ancora sotto le coperte, a petto nudo. Aveva addosso i pantaloni e dormiva su un fianco, verso di me. Proprio come nella grotta. Il viso era rilassato, i capelli a ciocche disordinate scendevano sugli occhi e sul naso. Aveva un'aria estremamente serena.
Mi avvicinai appena e rimasi ad osservarlo per qualche istante. Vederlo dormire così beatamente rilassava anche me. Così mi avvicinai un po' a lui e mi accoccolai nuovamente sotto le coperte,. Doveva essere molto presto, qualche altro minuto di sonno non mi avrebbe fatto male. Chiusi gli occhi e rimasi a contemplare il silenzio in quel letto che aveva visto così tanto quella notte.
In quel momento un fruscio debole accanto a me riuscì ad incuriosirmi, costringendomi ad aprire gli occhi.
Jim si era svegliato, ed i suoi occhi assonnati mi squadravano intensamente.
« Buongiorno. » azzardai, senza avvicinarmi. Lui esitò per qualche istante, poi mi sorrise. Allungò una mano verso il mio viso e mi sfiorò la guancia, in silenzio. Chiusi gli occhi e assaporai il suo tocco.
« Come ti senti? » mormorò, stiracchiandosi proprio come avevo fatto io. Sollevai gli occhi al cielo, meditabonda. Quelle domande mi mettevano sempre a disagio, costringendomi a pensare alla nostra notte.
« Molto bene. » sussurrai, sincera, a voce bassa. Jim sorrise ancora.
« Dobbiamo alzarci. » mugugnò lui, ma più che una constatazione sembrava una domanda. Ridacchiai.
« A quanto pare. » risposi, stirando le braccia. Mi misi a sedere, coprendomi con il lenzuolo. Alla luce del giorno anche le mie inibizioni erano tornate al loro vecchio splendore. Mi schiarii la voce.
« Ho saputo di tua madre da Mulan. Mi dispiace. » mormorai, rompendo nuovamente il silenzio. Non riuscivo a guardarlo, ma sapevo che anche il suo sguardo era perso da qualche parte nella stanza. Dopo qualche istante mi voltai verso di lui, che contemplava il soffitto con le mani intrecciate dietro la testa.
« Credevo fosse la volta buona. » rispose lui, senza distogliere lo sguardo. « Ma a quanto pare non era destino. Sono tornato ad Agrabah subito dopo. Jasmine e Aladdin erano ansiosi di sapere di te. ».
Il loro ricordo fu come un dolce boccone sul palato: sentii improvvisamente l'aroma di spezie e il vociare confuso del mercato di Agrabah, e la luce soffusa nel rifugio dei ribelli. Poi pensai che era lì che Jim ed io ci eravamo incontrati per la prima volta, e la mia mente si perse a ricordare ogni minimo particolare.
Jasmine ed Aladdin mi mancavano. Erano le persone per cui temevo di più, vista la situazione burrascosa nel loro regno. Ogni giorno c'erano battaglie e scontri fra ribelli che minacciavano le loro vite.
« Stanno combattendo valorosamente, e al momento non possono muoversi dal loro regno. La situazione è molto delicata. » proseguì lui, ed io annuii comprensiva. « Me ne sono andato sfruttando uno dei pochi momenti di pace. ».
Le sue spiegazioni concise non mi bastavano. Mi voltai verso di lui, arricciando il naso. Lui sorrise, probabilmente aveva capito dalla mia espressione di non avermi accontentata.
« Non basta? »
« E' che... » inspirai a fondo, abbandonandomi sul cuscino di morbide piume. « Sto cercando di capire...cosa è successo stanotte. ».
Ecco. L'avevo detto. Una bella doccia fredda così, all'improvviso.
Ma non potevo tenermelo dentro.
Non era una domanda banale, questo lo sapevamo entrambi. Ma non mi era mai capitata una cosa simile, e sinceramente al momento la mia mente era un fitto nodo di confusione. Perciò me lo meritavo.
Ah, fanculo.
« Okay, cancella tutto. Lascia perdere... » iniziai, mettendomi nuovamente seduta. Cercai la mi camicia da notte, ma non la trovai attorno a me. E dire che fino a poco fa Jim la stringeva tra le mani. Ma dove diavolo era?
« Red – »
« No, davvero. Lascia stare, ho solo bisogno di – »
« Red. » ripeté lui, e in pochi istanti mi ritrovai di nuovo stesa sul letto, circondata dal suo braccio che cercava di impedirmi qualsiasi mossa. Era chiaro che sarei riuscita a divincolarmi in tre secondi netti, ma lo lasciai fare. A quanto pare stava cercando di dirmi qualcosa, e la mia parlantina irritante glielo stava impedendo.
Quel contatto mi riportò alla mente i ricordi della notte che avevamo passato insieme: quei baci strappati l'uno all'altra, il desiderio che ci aveva consumati, il piacere che ci divorava...
Avvampai, cercando al contempo di rimuovere quei ricordi per darmi una calmata. Impossibile.
Jim era nuovamente sopra di me, il che mi impediva di muovermi. Il suo corpo riusciva a scaldarmi, e in pochi istanti mi calmai. In silenzio, aspettai che fosse lui a parlare.
« Sei felice? » mi chiese, sfruttando il silenzio.
« Eh? ».
« Sei felice, ora? In questo momento? Rispondi. » mi esortò lui, scostandomi una ciocca di capelli finita per sbaglio sul mio viso. Continuò a passare le dita tra i miei capelli con movimenti costanti, come se sapesse esattamente cosa fare. Come se lo facesse da una vita.
Chiusi gli occhi, e svuotai la mente. « Si. » sussurrai, con estrema sincerità. Lo ero davvero. Non pensavo al mio viaggio, al lupo, alla battaglia a cui stavamo per andare incontro.
In quel momento, tra quelle lenzuola, non avevo bisogno di altro. E sapevo che nessuno di noi avrebbe dato una risposta alla mia domanda: quello che era accaduto quella notte era semplicemente accaduto, senza una spiegazione né una risposta. Era successo, e con la nostra piena consapevolezza. Usciti da lì avremmo avuto altre priorità, ma quel momento ci aveva resi felici entrambi. Non era il momento di parlare delle implicazioni legate a ciò che era accaduto. Non ve ne era il tempo.
Mi era difficile pensarla in quel modo: non dare una spiegazione razionale, per me, era come lasciare una questione irrisolta, a metà. Ma per quel che mi riguardava, in quel momento non volevo essere razionale.
Accennai un sorriso, e lui fece lo stesso. Si avvicinò a me, sfiorandomi una guancia con le dita, e mi baciò delicatamente sulle labbra.
Rimanemmo in silenzio per qualche istante. Poi, lentamente, Jim si alzò e si rivestì. Io feci lo stesso, indossando anche il corpetto metallico e i pesanti stivali. Inspirai a fondo, ed indossai anche la mantella rossa, lasciando cadere il cappuccio sulla schiena. Ravvivai i capelli con le mani e sistemai il letto.
Varcammo la soglia della stanza insieme, e lentamente raggiungemmo la stanza principale. Si sentiva lontanamente un rumore di stoviglie, segno che qualcuno era già in piedi.
Jim, nel corridoio buio, mi tenne la mano per tutto il tempo.
Poi, non appena uscimmo alla luce della stanza, ci allontanammo appena, e le nostre mani si separarono.





 













Nb. Questo è uno dei miei capitoli preferiti, anche se ci ho lavorato molto a lungo dato che non ero mai contenta: correggevo, modificavo, e avevo paura di non esserne mai soddisfatta. Eppure eccoci qui, personalmente sono consapevole di quanto sia difficile descrivere una scena "piccante" come questa senza scadere nel banale o peggio nel volgare, perciò spero di aver fatto un buon lavoro, e che vi sia piaciuto.  Il titolo non fa riferimento a nessuna fiaba questa volta, bensì a una canzone che mi piace tantissimo, ovvero "Awakening" di Mae. Vi consiglio di ascoltarla, non ve ne pentirete! :-)
Un abbraccio,

L.



  
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