Capitolo 10
Caleb esce
dall'Animus e si accorge subito che qualcosa non
va.
Non è
solo.
Vede un uomo
chinato su di lui.
Cerca di
alzarsi, ma i muscoli non gli rispondono.
-Sveglia,
sveglia! Non credo che ci abbiano mai presentato.
Non in questa era, almeno-
Caleb mette a
fuoco il volto sopra
di lui.
-Tu...-
Ha la bocca
impastata.
John, o Bartholomew
Roberts, che dir si voglia, gli mostra una siringa.
-Vorrei poterti
spiegare tutto questo, ma non abbiamo molto
tempo. Te lo dico in due parole: hai visto la mia cara Giunone. E per
un breve
attimo ho sperato che potesse incarnarsi nel tuo corpicino. Ma non ha
funzionato. E ora è di nuovo laggiù, alla deriva.
Oh, era splendida, a quel
tempo. Una razza di superbe, magnifiche creature. Sono stati loro a
crearvi. Non
lo sapevi? Voi eravate i loro esperimenti. Soltanto quello. E quello
dovevate
restare! Manca poco, spero. Il mondo è quasi pronto per il
suo ritorno! Fermo!
In attesa della seconda venuta!-
Caleb vorrebbe
tanto dirgli che è
pazzo, ma a parte il fatto che non ne è più tanto
sicuro non riesce nemmeno ad
articolare le parole... se continuano a drogarlo in questo modo oltre
che ad un
centro psichiatrico dovrà fare domanda anche ad un centro di
recupero per
tossicodipendenti.
Gli viene da
ridere, ma il rumore
di passi proveniente dal corridoio lo distrae.
-Uh... Oh-oh.
Eccoli là. Quei Templari. O magari gli
Assassini, stavolta. Idioti, tutti quanti.-
Caleb stringe
gli occhi quando il
liquido gli entra in circolo.
Brucia come
l'inferno.
-Ti invidio.
Voleva che fossi qui ad accoglierla. È stato un
suo esperimento a farmi rinascere in uno di... questi corpi.-
Lo sparo
interrompe il suo
blaterare, facendolo gemere di dolore.
-Tutti
giù!-
-Stenditi a
terra! Ora!-
Le urla delle
guardie urtano le
orecchie di Caleb, che si sente sempre più scivolare via.
Si sente un po'
come quando entra
nell'Animus all'inizio della sessione... sta andando alla deriva.
-Ha una pistola!-
-Guidami
nell'ombra, Amore! Sono il tuo strumento!-
-Getta la
pistola! Gettala!-
-Buttala a
terra!-
Lo sparo che
segue non può
raggiungere Caleb, che ormai è scivolato a terra.
-Libero! Libero!
Sentigli il polso!-
-Perde molto
sangue.-
-è in
stato di shock... dobbiamo
portarlo di sopra... via, via... fate spazio..-
Caleb si sente
fluttuare verso
l'alto.
Vorrebbe solo
poter rivedere Jo
ancora una volta... l'ultima volta.
Il bip cadenzato
dell'apparecchio
per il controllo dei parametri vitali ha un che di rassicurante.
Sa che cosa
significa.
Significa che
è ancora vivo.
Apre gli occhi e
fa un profondo respiro.
Niente tubo in
bocca.
Ha visto
abbastanza puntate di
Dottore House per sapere che anche quello è un buon segno.
Così
come il fatto di poter
muovere mani e piedi... poco, ma meglio che niente.
Si sente
stordito ed è sicuro di
non potersi mettere seduto senza vomitare, ma è vivo.
Caleb uno, John
zero.
-Signor Martin?
Mi sente signor
Martin? Caleb?-
La voce che lo
chiama non ha nulla
di famigliare.
Il viso di un
uomo entra nel suo
campo visivo.
Indossa un
camice bianco.
Il fatto che ci
metta qualche secondo
ad associarlo alla figura di un medico la dice lunga sul suo stato
mentale.
Peccato...
non è il dottor House.
Strizza gli
occhi infastidito
quando quello gli punta una luce dritta nelle pupille.
Ma che modi...
-Bentornato...
ci ha fatto
preoccupare un po', ma adesso è fuori pericolo... se se la
sente qui ce una
persona che vorrebbe tanto vederla...-
Caleb annuisce
soltanto, non
fidandosi della sua voce.
Jo raggiunge il
suo letto e si
siede accanto a lui.
-Caleb, amore...
come ti senti?-
La sua voce
vibra di lacrime
trattenute, ma Caleb non vuole che pianga... a giudicare dallo stato
dei suoi
occhi ha già pianto abbastanza.
La cosa lo
lusinga e lo rattrista.
-Sto bene...-
La sua voce e
roca, ma ferma, e
dice la verità... si sente meglio di cinque minuti prima, ed
è certo che starà
ancora meglio tra qualche ora... soprattutto se lei rimarrà
li con lui.
-è
tutto finito...- lo rassicura
lei.
Caleb sa che sta
mentendo... di
nuovo... ma non gliene fa una colpa questa volta... cosa altro potrebbe
dire
per rassicurarlo?
-Ti amo...-
Oh, si potrebbe
dire quello.
E potrebbe dire
che lo vuole
sposare, ma poi si rende conto che lui non glielo ha chiesto e che
quello
comunque non è il momento adatto per farlo...non potrebbe
mettersi in
ginocchio, tanto per cominciare.
Quest'ultimo
pensiero sconnesso
gli fa venire in mente che probabilmente è sotto morfina.
Fantastico.
-Anche io ti
amo...-
Ecco, per ora
può bastare... anche
perché gli occhi gli si chiudono e non riuscirà a
tenerli aperti ancora a
lungo.
Sente la mano di
Jo che passa tra
i suoi capelli e le sue labbra sulla fronte.
Sospira,
sereno... nelle orecchie
il rumore del mare.