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Autore: Faith Grace    12/05/2014    7 recensioni
{Au - malattie terminali, tematiche delicate, uso di droghe, tentato suicidio, prostituzione minorile}
Nella stanza di Roxas, poco sopra la marea di fotografie che sormontano la testata del suo letto, in mezzo al caos di frasi impresse sul muro con pittura nera, risaltano tre paroline bianche. Viva la Vida è un grido al mondo, un inno alla vita, una speranza perseverante. Viva la Vida è l'eco di tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di morire. E mentre Roxas combatte le sue battaglie, Axel cerca di salvarlo.
Act 1 - Knowing Roxas: the kid without fear (1-9)
Act 2 - Reminiscences about Xion: the sad girl with big bue eyes (10-11)
Act 3 - Xemnas' silent scream: shut your eyes and pull the trigger (12-20)
Act 4 - Veridis Quo: No Heroes Allowed (21~)
Genere: Angst, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Axel, Cloud, Roxas, Sephiroth, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Viva la Vida or Death and All His Friends'
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Viva la Vida
Nei capitoli precedenti
"Sabato vuoi uscire con me? Intendo uscire, uscire... ma se tu vuoi solo uscire va anche bene... oppure anche se non vuoi è okay... credo" vociferò imbarazzato il rosso abbassando lo sguardo, le guance appena imporporate di rosso e una mano e grattava febbrilmente dietro la nuca.
A quella visione davvero dolce e quasi buffa, Roxas non poté fare a meno di sorridere caldamente, questa volta il sorriso fu vero "Va bene. Sabato è perfetto"

Il biondo rispose di no con un cenno di diniego e si limitò a sospirare "Sono stanco di questa vita Axel... spesso mi chiedo perché tutto questo sia capitato a me. Probabilmente qualcuno mi odia proprio tanto"
Axel si girò su un lato e lo guardò serio poi con una mano andò ad accarezzare quei ciuffi dorati che odoravano di pesca.
"Ultimamente... sto facendo dei sogni strani"
"Che tipo di sogni?"
"Non lo so, non riesco a ricordarli bene. Mi sveglio nel cuore della notte sudato e con il cuore in gola... batte così forte che ho paura che mi possa scoppiare da un momento all'altro e...ora che non ho più un mezzo che possa tenerli monitorati sarebbe un bel problema"





#14. Winter's Love


I'll find the places where you hide
I'll be the dawn on your worst night
The only thing left in your life
Yeah I would kill for you, that's right

If that's what you wanted

I'll put your poison in my veins
They say the best love is insane, yeah
I'll light your fire till my last day
I'll let your fields burn around me, around me¹



Ridacchiai mentre, freneticamente, mi chiudevo alle spalle le ante dell'armadio e mi nascondevo tra le scatole e le coperte accuratamente riposte. Amavo giocare a nascondino con mia madre e mio fratello. La maggior parte delle volte vincevo io perché Sora non sapeva nascondersi così bene come me e quindi veniva trovato sempre per primo.
Come ogni volta rimasi in attesa per un po' prima di udire le voci ovattate di mia madre esultante per aver stanato Sora e quest'ultimo che rideva animatamente. Non passò molto tempo che un'anta fu aperta e io fui attaccato da un sottile raggio di luce. Trattenni a stento un gridolino e cercai di appiattirmi come meglio potei contro il fondo, a quanto pare il mio movimento non era però passato inosservato.
Chi è quel bel pulcino che si nasconde tra le coperte?” la voce allegra di mia madre solleticò le mie orecchie e io subito saltai fuori ridendo.
Woxy!” esclamò mio fratello saltellante.
Sì, è proprio Roxy” lei sorrise ad entrambi di noi e poi mi passò affettuosamente una mano tra i capelli “Ogni volta che ti nascondi sembra quasi che tu voglia sparire. Come devo fare con te, Roxas?”
È Coud!” la corressi sorridendole.
Cosa?”
È Coud” ripetei.
Cloud? Si, anche tuo padre sparisce sempre” ridacchiò ma io contrassi la fronte e scossi il capo.
No...io shono Coud, no Woxas”
Mia madre si inginocchiò davanti a me, la perplessità nei suoi occhi era facilmente leggibile anche per un bambino della mia età.
Tesoro, Cloud è il nome del tuo papà... tu ti chiami Roxas”
Io scossi di nuovo il capo, non capendo come mai lei mettesse in dubbio quello che per me era un dato di fatto.
Chi ti ha detto questa cosa?” mi chiese poi, lanciando intanto un'occhiata a Sora che era andato a giocare con le costruzioni, poi tornò di nuovo a concentrarsi su di me. Io però scrollai le spalle perché non avevo risposte alla sua domanda.
Siete molto simili, è vero, ma tu sei Roxas” mi disse “Non dar retta a chiunque ti abbia fatto credere una cosa del genere. Tu sei tu e nessun altro” fece una breve pausa “Avanti, ripeti «io sono Roxas»”
Io shono... Woxas”
Il sorriso tornò sulle sue labbra rosee e io fui di nuovo felice.
Ripeti di nuovo”
Io shono Woxas”
Bravissimo” esclamò gioiosa battendo le mani “Allora come ti chiami?”
Coud!”

Appoggiata su una mensola di cristallo nel salone svettava in bella mostra una fotografia che non potevo fare a meno di guardare ogni volta che ci passavo davanti. C'era mio padre, serio come sempre e molto più giovane, accanto a lui c'era Sephirot, aveva il volto rilassato e i suoi capelli argentei erano sempre uguali; e poi c'era un altro ragazzo che non avevo mai visto di persona, aveva i capelli neri, gli occhi azzurri e un ampio sorriso, sembrava il più vivace dei tre. Spesso mi ero chiesto di lui e tutto quello che sapevo era quello che mi ripeteva sempre mio padre «Zack Fair, il più nobile SOLDIER di prima classe». Ma io sapevo che il più forte era mio padre, da grande avrei voluto diventare SOLDIER proprio come lui.
Sei sicuro che vuoi andare fino in fondo in questa cosa?” la voce di mio padre mi fece sobbalzare, era in piedi vicino alla vetrata e accanto a lui c'era Sephiroth. Io mi acquattai più che potei sperando di risultare invisibile.
Non mi piace quello che sta facendo la Shinra, sono convinto che ci stanno nascondendo qualcosa di importante”
Non vuoi attendere il ritorno di Zack?”
No... non voglio coinvolgere anche voi”
È troppo rischioso... semmai ti scoprissero ti sbatterebbero davanti alla corte marziale”
Ci fu uno scambio di battute sottovoce che io non riuscii a captare e poi un breve silenzio che Sephiroth non tardò a spezzare.
Tu mi manchi, Cloud”
Ancora questa storia? Credevo di essere stato chiaro”
Mi avevi promesso che non mi avresti più lasciato, ma poi quella mattina quando ho aperto gli occhi il letto era vuoto”
Sephiroth... non ora”
Mi hai abbandonato”
Non sono stato mai legato a te... io ora ho Aerith e i bambini... mi sono creato una vita. È ora che tu ti metta l'anima in pace”
Mi sporsi appena dal mio nascondiglio dietro al divano, Sephiroth e mio padre erano pericolosamente vicini. Avevo paura che a breve sarebbero arrivati alle mani, giudicando dalle occhiate torve che si lanciavano, poi quest'ultimo sospirò, si passò una mano sugli occhi e andò a rinchiudersi come sempre nel suo ufficio.
Sephiroth rimase immobile per qualche minuto a fissare il paesaggio esterno, le mani rigide ai suoi fianchi e un'espressione illeggibile in volto.
Quando alzò gli occhi e si iniziò a incamminare nella mia direzione capii che non ero poi così bravo a nascondermi.

*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.



“Povera gente”
“Di che stai parlando?”
Roxas inarcò un sopracciglio dorato e lo guardò come se implicitamente gli stesse chiedendo “Mi stai prendendo in giro?”, ma sapendo che l'altro non era poi tanto perspicace decise di metterlo al corrente delle sue riflessioni.
“Hai visto com'è bella Times Square con tutte le insegne luminose, gli schermi televisivi e i cartelli giganti?”
Axel fissò lo sguardo sui grattacieli attorno a loro e annuì sorridente “È spettacolare!”
“Quegli aggeggi dovranno pur essere appesi da qualche parte, ti pare?” il biondo domandò girandosi verso il rosso mentre continuavano a camminare sul marciapiede affollato “Ci pensi a tutte quelle povere persone che non possono vedere la luce del sole perché le loro finestre sono perennemente oscurate dai cartelloni appesi contro il proprio edificio?... è davvero triste” mormorò infine, quasi sconsolato.
Axel si fermò di soppiatto e la cannula nasale di Roxas si tese all'improvvisa distanza che si era creata tra i due, perché il rosso si era offerto di portargli il carrellino dell'ossigeno e gli era del tutto passato di mente che così facendo avrebbe potuto quasi strozzare il suo Foxy Roxy. Ma non aveva potuto farci nulla se l'altro era così strano, così bizzarro, così fuori di testa, così... freak. Sì, nonostante il tempo scorresse, i loro rapporti si evolvevano e i loro caratteri si malleavano, Roxas rimaneva il solito scherzo della natura che aveva conosciuto poco più di un mese prima. Dopotutto come poteva, una persona normale, fare (o meglio, pensare) una constatazione simile proprio mentre stava girando nel grande e stupefacente parco giochi che era Manhattan?... no, solo una mente deviata come quella del suo biondo ne era capace.
“Ehm... okay” disse con voce strascicante ma al contempo idiota, proprio come si fa quando si è in presenza di un pazzo.
Roxas incrociò le braccia e gli lanciò un'occhiataccia “Cosa?”
“Niente niente” ridacchiò il rosso grattandosi la nuca nervosamente “Non ci avrei mai pensato ad una cosa simile”
“Certo, perché tutti pensano alle facciate... però per essere belle e splendenti le cose hanno anche dei lati oscuri”
Quelle parole furono dette con così tanta spontaneità che Axel si sentì quasi colpevole di avergli fatto tradurre in parole un concetto tanto ovvio. Quasi istintivamente contrasse la fronte e abbassò lo sguardo al suolo ripensando che quello che diceva Roxas non era del tutto sbagliato, seppur strano, lui aveva sempre ragione.
Il biondo si accorse del cambio d'umore del ragazzo e si affrettò subito a ripercorrere i suoi passi all'indietro e andò a stringere la sua mano.
“Non sminuire ciò che sei” gli sussurrò con dolcezza guardandolo dal basso e abbozzò un leggero sorrisetto “Tu sei fantastico, lo sai?”
Axel fece contatto visivo con il più piccolo, angosciato ancora da uno strano senso di disagio e inquietudine e aprì la bocca per dire qualcosa ma fu preceduto dall'altro che con la mano libera indicava la propria testa.
“E poi mi hai regalato il cappello a forma di Stregatto” aggiunse come se l'informazione racchiudesse un significato importante.
Il più grande lo guardò incredulo per una manciata di istanti e poi scoppiò in una risata “Piantala... sei inquietante con quel coso in testa!”
"Ma è fantastico! Credi di essere meglio tu con il cappello di Tigro?” ridacchiò Roxas riprendendo a camminare e l'altro fece altrettanto.
“Ehi, io sono unico e inimitabile proprio come lui” protestò fintamente offeso.
Da quando erano arrivati in centro Roxas l'aveva letteralmente trascinato ovunque, sebbene avesse l'aspetto fragilino era davvero instancabile, solo le tappe della mattina erano state Disney Store, M&M's World, Madame Tussauds, Lego Store, Nintendo World e Youtube Space NYC e non dava ancora segno di voler demordere. Era come se con quella piccola gita fuori casa volesse recuperare tutto il tempo perso durante gli anni passati e guadagnare il più possibile in vista di un futuro oscuro e tortuoso, dopotutto la sua esistenza era paragonabile a quella della debole fiammella di una candela, troppo delicata e instabile per bruciare anche in presenza del più flebile soffio d'aria. A quel pensiero Axel si sentiva come se tutti i suoi organi gli venissero letteralmente strappati dal corpo a mani nude e poi fatti essi stessi a pezzi con altrettanta brutalità, ma non appena vedeva il sorriso luminoso sulle labbra di Roxas subito si sentiva in paradiso, si sentiva felice come non mai e finché quel benessere sarebbe perdurato allora lui non avrebbe contestato nulla. L'unica cosa che desiderava era prolungare il più possibile quella beatitudine, forse per non rivivere ancora brutte esperienze come in passato... ma, dopotutto, chi vorrebbe? Lui non stava scappando dai problemi, voleva solo godere appieno di quella felicità fugace.
In quel momento si stavano incamminando verso gli MTV Studios, questa volta sotto impellente desiderio del rosso (perché “OmmiddiocisonoiColdplay! Devo avere assolutamente l'autografo!”), e non prestarono particolare attenzione all'ingente quantità di folla accalcata sotto l'edificio fin quando qualcuno non iniziò a chiamare il loro nome e da allora il caos fu totale.
Ehi quello è Axel Moore?”
Il figlio di Reno Turks?”
Axel ci concedi una foto?”
Dov'è? Io non lo vedo!”
Possibile che il ragazzino accanto a lui sia-”
Roxas Strife!”
Allora non è ancora morto?”
È vero che sei ancora in riabilitazione?”
Tuo padre non vuole rilasciare dichiarazioni su di te o sul resto”
Roxas parlaci”
Roxas vieni qui”
Roxas”
Roxas”
In un battito di occhi furono accerchiati da una calca di persone strillanti che si agitavano e dimenavano pur di raggiungerli il prima possibile, i giornalisti sguinzagliarono subito microfoni e telecamere e i fotografi apparvero alle loro spalle dal nulla. In tutto quel pandemonio improvviso Roxas si sentì oppresso, come se l'ossigeno non fosse più abbastanza e iniziò a sudar freddo mentre con la mano stringeva nervosamente quella del rosso. Quest'ultimo parve leggergli nel pensiero e subito iniziò a tirarlo con sé attraverso quella massa, mettendo a tracollo il carrellino, e fuggendo da quelle esplosioni di flash accecanti e voci confuse. Corsero fino ad arrivare pericolosamente al ciglio del marciapiede, dove Axel estrasse l'altro braccio per richiamare un taxi che arrivò pochi secondi dopo e intimò al conducente di portarli a Greenwich Village.
“Come ti senti?” domandò come di rito, portando l'attenzione sul biondo che aveva aiutato a sedersi sul sedile posteriore accanto a sé.
L'altro non rispose subito, continuò a respirare ancora a pieni polmoni per riprendere fiato. Il cuore gli martellava nel petto e non accennava a calmarsi, forse a causa dell'ansia o della paura improvvisa.
“È stato... quasi emozionante” annuì dopo un po' lanciando un'occhiata alla bombola dell'ossigeno che Axel custodiva sulle gambe, all'inizio questi credeva che stesse scherzando ma il suo tono non lasciava trasparire altro che serietà “Sembrava quasi di vivere un'avventura... tralasciando ovviamente quelle persone che cercavano di afferrarmi e inglobarmi nella mischia”
“Mi dispiace, Rox... avrei dovuto pensarci prima che lì potevamo incontrare un sacco di gente e che a te queste cose non fanno bene. Sono stato uno stupido... scusami” mormorò abbassando lo sguardo.
Roxas rimase in silenzio per un lungo istante, concentrato sulla figura dell'altro e poi gli picchiettò la guancia con un dito.
“Allora cosa si fa a Greenwich Village?”
Axel, incerto, si voltò di nuovo verso di lui chiedendosi perché l'altro non fosse arrabbiato per la sua sconsideratezza che avrebbe potuto essere fatale “Ah... non... non lo so. È il primo quartiere che mi è venuto in mente, dovrebbe essere abbastanza tranquillo lì”
Il più piccolo annuì e senza aggiungere altro si appoggiò al vetro del finestrino.
I hear Jerusalem bells are ringing, Roman Cavalry choirs are singing, be my mirror, my sword and shield, my missionaries in a foreign field...” iniziò a canticchiare a bassa voce non molto tempo dopo, richiamando così l'attenzione del rosso.
“Che stai facendo?”
"Canto, tu non volevi vedere i Coldplay?"
"Sì ma... non fa nulla"
“Ci hai mai fatto caso che nella canzone non appare mai il titolo?”
“Già... non riesco a capirne il significato”
“Anche io... ci ho provato un sacco di volte e alla fine quelle che sono rimaste sono solo mille congetture. Però secondo me se Viva la Vida si è accaparrata tutti quei dischi d'oro e di platino un motivo ci sarà”
“E tu ne cosa pensi?”
“Penso tante cose”
“Solo... dimmi l'ipotesi per te più plausibile”
Roxas appoggiò la nuca al poggiatesta e rimase a riflettere per un paio di minuti.
“Credo... credo che ci sono delle storie, degli eventi che non hanno spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti, eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono quelle storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo... la canzone lo dice, morto un re se ne fa un altro, no? Per quanto ti sforzi di fare una cosa non sarai mai abbastanza, dopo vieni comunque rimpiazzato” mormorò a bassa voce.
Axel inarcò un sopracciglio e assottigliò lo sguardo “Stai dicendo che il male in realtà non è male ma solo una constatazione dettata dal punto di vista? Cioè ad esempio se io sparo ad un uomo allora è giusto?”
“Non è giusto, Axel” sospirò il biondo socchiudendo gli occhi “Non giustifico questi atti e comunque non era quello che intendevo.... riprendiamo l'esempio di te che spari ad un uomo. Ovviamente la colpa è indiscutibilmente tua, eppure se... se ci fossero dei motivi per cui tu hai fatto una cosa del genere? Se per caso era per difendere qualcuno? Questo non tutti lo sapranno, volevi fare del bene eppure verrai sempre visto come un assassino... perché dopotutto è quello che saresti”
A quella domanda Axel aggrottò la fronte e rimase in silenzio, così lui decise di continuare dopo aver indugiato un breve istante “Ax... secondo te una persona è pazza se compie delle stragi per amore di qualcuno?”
“Secondo me si...”
“Già, anche secondo me”
Axel era sempre più perplesso.
Non era la prima volta che Roxas faceva discorsi privi di senso, o meglio apparentemente privi di senso. Sì, perché anche se all'inizio si chiedeva se fosse del tutto normale e/o avesse tutte le rotelle apposto, con il passare del tempo aveva capito che c'era una sorta di filo logico in quello che diceva, una filosofia proibita di cui solo lui era il sovrano. Il biondo sapeva di cosa stava parlando anche se l'argomento era sfuggente, più che altro quei pensieri sembravano ragionamenti che faceva con se stesso ma pronunciati ad alta voce. Questa era una delle tante cose che confermava che effettivamente c'era qualcosa di particolarmente oscuro nel suo passato, qualcosa di peccaminoso che non voleva che gli altri sapessero. Eppure tutto ciò non faceva che alimentare la sua ansia costante.
La loro conversazione morì lì e nessuno si azzardò a parlare finché non arrivarono a destinazione, dal momento che quella era la loro giornata decisero di spingere via tutti gli argomenti più delicati e concentrarsi su loro stessi. Dopo un veloce giro della zona constatarono che non c'erano attrazioni particolari e così, dopo un veloce pranzo (in cui Roxas, a detta di Axel, avrebbe dovuto sforzarsi a mangiare un po' di più), si dedicarono all'antiquariato. Era un passatempo noioso e da vecchi però avevano notato che molta gente affollava quei localini particolari, soprattutto le librerie, e decisero quindi di dare un'occhiata.
Entrarono in un negozietto gestito da una ragazza dai tratti asiatici che li accolse con un gran sorriso e disse loro che se avevano bisogno potevano chiedere aiuto a lei, i due annuirono e presero a vagare... più che altro Roxas era interessato all'acquisto di un nuovo libro, il rosso invece girava tra gli scaffali senza realmente guardare nulla in particolare. I libri non erano la sua passione e non era una novità, si stava semplicemente limitando a seguire il suo biondino preferito finché non rimase colpito dai versi di una poesia trovata mentre sfogliava un volume a caso.

Chi crederà ai miei versi nei tempi che verranno
se straripassero dei tuoi meriti più eletti?
Eppure anche il cielo sa che son come una tomba
che cela la tua vita e poco dicon dei tuoi pregi.
Se potessi scrivere la bellezza dei tuoi occhi
e in nuove rime enumerare ogni tua grazia,
l'età a venir direbbe: "Questo poeta mente,
tali tocchi divini mai dipinsero volti umani".
Così i miei scritti ingialliti dal passar del tempo,
verrebbero derisi qual ciarle menzognere
e le tue sincere lodi chiamate furor poetico
e rime affettate di una vecchia cantilena:
ma se a quel tempo vivesse un figlio tuo,
due volte tu vivresti, in lui e nelle mie rime

" Wow” commentò poi a bassa voce dopo aver letto quel breve componimento.
Shakespeare, giusto?” fece Roxas che si era avvicinato, attratto dalla voce dell'altro, e ora aveva appoggiato il capo al suo braccio, portando il peso su una gamba.
“Uhm... pare di sì” mormorò questi controllando l'autore sulla copertina.
“Ti piace la poesia?”
“Sì... sì, non è male”
“Sai che è dedicata ad un uomo?” Roxas gli rivolse un sorrisetto malizioso.
“Ma che dici!” sbottò l'altro incredulo “Non è possibile”
“Oh, sì che è possibile... non sai che Shakespeare era omosessuale?”
Axel, che di letteratura – come ben saprete – non se ne intendeva niente, stentò a crederci e incollò di nuovo il suo sguardo sul libro come a volere che esso gli desse conferma della cosa.
“La letteratura pullula di autori di queste tendenze” Roxas pronunciò ridacchiando mentre enfatizzava il tutto con un gesto teatrale della mano e poi tornò a guardare lo scaffale su cui era concentrato prima “Forse se l'avessi saputo a tempo debito ti saresti interessato di più allo studio e non avresti avuto quei brutti voti”
Axel preferì non rispondere alla sua frecciatina, rimase concentrato sulle pagine che seguivano, estasiato dalle parole che scorrevano sotto i suoi occhi. Quello Shakespeare era davvero interessante, la sua era indubbiamente una poesia d'amore però mai una volta aveva celebrato il suo sentimentalismo. Era così distaccato, come se si fosse arreso all'evidenza di quanto fosse scontata una manifestazione plateale, eppure celate tra quelle parole riusciva a scorgere qualcosa di privato ed estremamente passionale. Cambiò pagina e arrivò a quello che era segnato come Sonetto XVIII.


Dovrei paragonarti a un giorno d'estate?
Tu sei ben più raggiante e mite:
venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
e il corso dell'estate ha vita troppo breve:
talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo
e spesso il suo volto d'oro si rabbuia
e ogni bello talvolta da beltà si stacca,
spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire
né perdere possesso del bello che tu hai;
né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
perché al tempo contrasterai la tua eternità:
finché ci sarà un respiro od occhi per vedere
questi versi avranno luce e ti daranno vita.

Trattenne a stento uno strano bisogno di liberare quelle lacrime che stavano bussando alle porte dei suoi occhi, quella poesia era stato per lui come il colpo di grazia ma si rimproverò di non scoppiare a piangere come una ragazzina, che figura ci avrebbe fatto?
Rispetto alla precedente poesia, questa era forse un pochino più esplicita ma traspariva un forte senso di malinconia dettato dal passare del tempo.
Certo che la vita è proprio una figlia di puttana, prima ti regala le cose più belle del mondo e poi te le strappa con la stessa forza e velocità con cui te le ha propinate, proprio come se tu fossi l'ultimo dei peccatori. Quando alzò lo sguardo davanti a sé, individuò la figura di Roxas che stava sfogliando delle illustrazioni ad acquerelli e, se la sua forza di volontà aveva avuto la meglio sulle lacrime, non riuscì proprio a trattenere il desiderio spasmodico di abbracciarlo e affondare il volto nei suoi capelli dorati dall'odore di pesca.
Roxas non disse nulla quando si ritrovò improvvisamente e inspiegabilmente premuto contro il cappotto caldo dell'altro. Il loro rapporto dopotutto era fatto così, spesso rimanevano abbracciati in silenzio senza che nessuno dei due pronunciasse parola per ore, spesso avevano pensato di essere diversi dalle altre coppie ma non se ne erano mai lamentati, la loro era una necessità incontrollabile di sentire anche solo la presenza dell'altro accanto a sé, le parole erano superflue e i gesti erano il loro barlume di speranza.
Axel sapeva che l'estate del biondo sarebbe stata eterna e per questo avrebbe fatto qualsiasi cosa per far sì che non sarebbe mai sfiorita.

Nonostante le proteste dell'altro, Roxas decise di regalargli quella copia dei Sonetti di Shakespeare, dicendogli anche che non avrebbe dovuto leggere il libro dall'inizio alla fine ma aprirlo a caso, quando ne sentiva il bisogno, e leggere la poesia che si ritrovava davanti perché quelli sarebbero stati i versi che lo avrebbero accompagnato.
Non si trattennero ancora in giro per i negozi, quando arrivarono davanti ad un teatro optarono entrambi per un musical, giusto per rilassarsi un po', e furono più che felici di constatare che a breve sarebbe andato in scena il Re Leone. Passarono il resto del pomeriggio tra risate e abbracci silenziosi e prima che se ne accorgessero il tramonto aveva tinto di rosso il freddo cielo di Novembre, e, mentre Axel si ripeteva sempre di non voler tornare tardi per non incappare nell'ira divina dei genitori del biondo, si erano ritrovati in uno dei tanti Starbucks davanti ad una bibita calda.
“Non so neanche io come Dem abbia fatto a convincermi, sta di fatto che mio padre è venuto a sapere della nostra scappatella tramite i giornali!” esclamò Axel mentre raccontava delle avventure che aveva vissuto assieme al suo scapestrato Mullet-man “Ricordo ancora quei titoli come se fossero ieri «due sportivi ubriachi a New York» oppure il «tour culturale dei night club di Axel e Demyx»
Roxas rideva di cuore al pensiero del rosso ubriaco fradicio che girava come un'idiota per le strade della città “Eri così ubriaco?”
“Ero totalmente distrutto! Non mi ricordo assolutamente nulla, il mio unico ricordo sono questi bad boys che mi sono ritrovato il giorno dopo” asserì puntandosi i tatuaggi sotto gli occhi con orgoglio e soddisfazione.
“Certo che sei proprio idiota, i fotografi hanno fatto bene ad immortalarti in quello stato... forse dovrei andare a cercarne qualcuna su internet” mormorò il biondo prendendo un sorso dalla sua cioccolata calda e quella constatazione fece scattare qualcosa nella mente dell'altro.
“A proposito, è una mia impressione oppure quella gente sotto gli Studios sembrava conoscerti?”
“Ho avuto modo di farmi conoscere
"Wow Roxy è una celebrità? Chi se lo aspettava!"
"Non quanto te, non sono un tipo da riflettori"
“Però parlavano di riabilitazione... riabilitazione da cosa?”
"Axel... basta così" si oscurò improvvisamente.
"Ma-"
Non ricevette più risposte a riguardo nonostante continuasse più volte a chiedergli il motivo, se avesse magari fatto qualcosa in particolare tipo partecipare a qualche serata di beneficenza, campagna pubblicitaria o se fosse stato protagonista di uno scandalo. Niente, il biondo era stato sempre evasivo, si era degnato solo di rendergli noto cose che a quanto pare sapevano tutti tranne lui come ad esempio che suo padre era un exSoldier e attualmente occupato a dirigere il patrimonio di famiglia mentre sua madre era una nota stilista che però lavorava solo quando le andava, per non togliere troppo tempo alla famiglia.
“Allora lei è quella Aerith Gainsborough che si vede spesso alle sfilate? Ecco perché aveva una faccia familiare”
“Non dirmi che guardi le sfilate” il biondo soffocò una risata e per poco l'altro non divenne paonazzo.
“N-no! Che dici! È Kairi che è fissata” sbottò incrociando le braccia al petto nella speranza di difendere l'offesa del suo amor proprio.
“Senti un po' Ax... per quale motivo porti il cognome di tua madre?" cambiò totalmente argomento "Ho sempre voluto chiedertelo ma avevo paura che potessi risultare scortese o invasivo”
Axel rimase più che sorpreso da quella domanda, senza quasi accorgersene serrò la stretta sulla tazza davanti a sé e si specchiò nella bevanda nera.
“Beh... è una decisione che abbiamo preso io e mio padre qualche anno fa dopo la sua morte...”
Roxas lo scrutò attento e mise la sua mano su quella dell'altro incitandolo a parlare con un cenno del capo.
“Sto bene, non preoccuparti” gli assicurò il rosso ma lui fece spallucce e lo guardò con espressione neutra.
“Non riceverai commiserazione da parte mia per la tua perdita” ribadì con dolcezza stringendo la mano nella sua “Odio gli sguardi di pietà della gente, anche io li ricevo sempre... so come ti senti”
Axel ammorbidì lo sguardo e portò la mano dell'altro all'altezza del suo volto e delicatamente iniziò a baciargli uno ad uno i polpastrelli fino a risalire al polso e infine al braccio. Era spettacolare come Roxas riuscisse sempre a comprendere anche i pensieri inespressi delle persone e dire sempre le cose al momento giusto.
Abbozzò un sorriso carico di dolcezza e si portò la mano del biondo alla guancia “Mia madre ha fatto tante opere di bene in passato, ha sempre combattuto contro i forti che volevano piegare i più deboli, e anche quando si è ammalata ha continuato il suo lavoro”
“Lo so... ho letto una biografia su di lei” sussurrò Roxas rispondendo al suo sorriso “Doveva essere una persona fantastica...”
“Lo era... peccato che se ne sia andata quando ero ancora troppo piccolo per conoscerla e capire tutte le sue ragioni”
Roxas rimase a fissarlo con espressione pensierosa per lunghi minuti mentre Axel aveva iniziato a giocherellare con la sua tazza, il tempo sembrava non voler scorrere più mentre il silenzio era ancora calato tra di loro, inibendo qualsiasi tipo di contatto verbale.
Un giorno.
Forse un giorno tutti avrebbero avuto le risposte che tanto agognavano e i loro cuori sarebbero tornati a vivere dopo quel lungo sonno in cui erano immersi.
… anche Elena Moore era una dei presenti il giorno della strage di Sephiroth.
"Axel?"
"Dimmi Rox"
"Io odiavo Xion"
Axel fissò perplesso il ragazzo per una buona manciata di secondi, chiedendosi se quell'argomento avesse qualcosa a che fare con quello di cui stavano parlando prima, però era sollevato sia dal fatto che Roxas si fosse finalmente deciso di dirgli qualcosa riguardo a quella misteriosa ragazzina, e sia perché non povava qualcos'altro per lei.
"Credevo che l'amassi" sussurrò incrociando le braccia e piegando il capo di lato.
"È così" annuì il biondo "O meglio, anche io credevo che fosse così. Io amavo e odiavo Xion alla stessa maniera"
"Vuoi parlarmene?"
Roxas scosse il capo e rimase in silenzio.
"Rox...parlami di Xion" Axel si perse in un sospiro e l'altro contrasse la fronte "Non intendo la sua storia... parlami di lei, dei suoi hobby... di Xion"
Axel si stupì delle proprie parole, proprio come lo fu Roxas. In un primo momento lo vedeva sempre scrutare un punto indefinito del tavolo, immerso in chissà quale riflessione, poi con incertezza alzò in capo e di nuovo fece contatto visivo con lui. La bocca era semiaperta e si apriva e chiudeva continuamente, come se stesse cercando di formulare una frase di senso compiuto e con le dita aveva una ciocca della propria frangia con cui aveva preso a giocherellare nervosamente.
La cannula sibilò impercettibilmente quando sospirò pesantemente con il naso.
"Xion... era una ragazza davvero carina. Era sempre gentile e premurosa, ed era bravissima in matematica, sono sicuro che sarebbe piaciuta anche a te se l'avessi conosciuta" iniziò a dire con un leggero sorriso che andava ad increspargli le labbra "Le piacevano le fragole... le piacevano tantissimo. Ogni giorno dopo scuola andavamo sempre al Coffee Labs Roaster e lei puntualmente prendeva un milkshake alla fragola... e in estate faceva la marmellata in casa. Diceva che nella sua vita c'erano solo tre cose di cui non poteva fare a meno: le fragole, la lettura e me..."
Axel si sporse sul tavolo e appoggiò il gomiti sulla superfice legnosa, era sempre più interessato nonostante covasse quell'insaziabile gelosia nei confronti della ragazzina e la cosa gli faceva venire l'amaro in bocca perché non era una cosa su cui competere dal momento che era deceduta.
"Credo che lei provasse per me quello che io provo per te"
"Quindi non ricambiavi i suoi sentimenti?"
Roxas scosse il capo "Ero attratto da lei però il mio non era neanche lontanamente amore, credevo che lo fosse, me ne ero convinto ma in realtà il mio era solo bisogno di essere accettato da qualcuno"
"Che cosa intendi dire?"
"Io non giudicavo Xion per quello che faceva... lei per me era Xion e basta come per lei io ero solo Roxas... non c'erano diversità tra noi, non c'erano barriere" Roxas si fermò un momento e inspirò profondamente, stringendo convulsamente i pugni sul tavolo "Io e lei eravamo uguali per questo la odiavo. Ogni volta che mi specchiavo nei suoi occhi rivedevo me stesso, le mie paure, i miei dubbi, le mie illusioni. Lei era lo specchio della mia anima, era tutto quello da cui stavo fuggendo... lei era un altro me... per questo quando mi ha lasciato è come se avessi perso una parte del mio cuore"
"Roxas..." sussurrò Axel prendendo le mani del biondo nelle sue per rassicurarlo, e abbozzò un sorriso di incoraggiamento.
"Xion era una supernova incantevole ed elegante ma estremamente pericolosa. Emetteva tanta energia da riuscire a legarti indissolubilmente a lei ma alla fine, proprio come una supernova, era destinata ad esplodere e la sua onda d'urto era talmente devastante da radere al suolo ogni forma di vita che entrava in contatto con lei. Nonostante questo però io tenevo a lei più di ogni altra cosa. Quando se ne è andata Xion era sempre con me, anche quando volevo dimenticarla, quando incontravo altri volti, altri nomi… senza rendermene conto la cercavo negli occhi di altre ragazze. Ero stanco di lei. La mia memoria era esausta, non mi sopportava più, mi giocava dei brutti scherzi, mi confondeva. Mi incitava a separarmi da quel fantasma dalla pelle diafana, ad allontanarmi da quella stagione d’amore interrotta brutalmente. Ma io non ce la facevo, anche contro la mia volontà, rimanevano impressi nella mia mente quegli ultimi istanti di una felicità senza pari... Con Xion l'amore sapeva di malattia e anche di morte... la sua bellezza era la sua grazia e la sua sventura"

L'oscurità era ormai scesa da tempo e anche l'ora di cena era passata da un bel pezzo, ma nessuno dei due parve badarci tanto perché era sabato e il sabato potevano anche fare più tardi senza avere rimorsi, tuttavia dal momento che erano usciti dalla mattina presto la stanchezza si stava facendo sentire e quindi deliberarono di fare un ultimo giro a piedi fino a Times Square dove Axel aveva parcheggiato la macchina – da lì poi ci avrebbero messo una quarantina di minuti a raggiungere casa.
Causa forse la stanchezza o il fatto che fosse buio e non si distinguevano del tutto le strade, dopo una buona mezz'oretta di cammino erano finiti in una zona della città a loro sconosciuta. I lampioni si erano fatti sempre più radi e le persone per strada iniziavano a decimarsi sempre di più. Era come se la metropoli si fosse spenta per lasciare spazio ad una vera e propria città fantasma.
“Sai Ax... questa non mi sembra Broadway...”
“Ma dove diavolo siamo?” pronunciò il rosso stringendo si la sciarpa al collo, sebbene fosse stata una giornata relativamente calda per gli standard di Novembre, la sera diventava sempre più pungente “Forse abbiamo sbagliato strada... che dici, torniamo indietro?”
Il biondo lo guardò dal basso e fece per assentire ma uno scintillio in lontananza catturò la sua attenzione, avevano tutta l'aria di essere delle recinzioni metalliche.
Non ebbe neanche il tempo di chiedere cosa ci facesse una cosa del genere in mezzo alla città, che le sue gambe iniziarono a muoversi senza aspettare alcun comando del cervello, e, a nulla valsero i richiami di Axel, la sua volontà sembrava improvvisamente finalizzata solamente a raggiungere quel luogo a lui sconosciuto. Un forte senso di inquietudine attanagliava il suo petto.
“Rox non devi allontanarti così di soppiatto, è pericoloso!” lo rimproverò Axel una volta che lo ebbe raggiunto e bastarono queste parole per riscuoterlo dal suo stato di semi-trance.
“È meglio tornare indietro”
“No, aspetta!” esclamò invece il biondo, preso da un senso di panico all'idea di lasciare quel luogo “Io... io... credo di sapere dove siamo” continuò con gravità.
“Ebbene?” Axel inarcò un sopracciglio, dubbioso dal suo strano comportamento e lanciò un'occhiata all'ambiente. Oltre la barricata non c'era altro che desolazione, e solo in quel preciso istante si accorse delle macerie e dei palazzi semidistrutti, c'erano quelli che un tempo dovevano essere giardinetti ma che ora si mostravano come appezzamenti di erba incolti, e un po' più lontano c'era anche un parco giochi ormai abbandonato.
“Rox... cosa stiamo facendo qui?”
Ma il biondo non gli rispose, aveva lo sguardo fisso davanti a sé, atto probabilmente a scrutare i più piccoli dettagli dello scenario inquietante che si stagliava loro davanti.
Roxas non riusciva a spiegarselo, non ci era mai stato lì ma sapeva con certezza che quello era un luogo molto importante per qualcuno. Tutto ad un tratto gli sembrava di udire delle voci soffuse, voci di donne, uomini e bambini che vorticavano nell'aria e si mescolavano ai rumori del traffico e dei clacson, il mondo attorno a lui era come ritornato alla vita e rivedeva i fantasmi di quelle persone che popolavano il quartiere. Niente più era distrutto, non esistevano le macerie e l'abbandono, era tutto ritornato al suo antico splendore.
E in fondo a tutto svettava l'imponente grattacielo della Shinra, polo vitale della zona.
Ormai non aveva più dubbi, quello era il luogo di cui tanto aveva dibattuto con suo padre in passato e dove moltissime persone ci avevano rimesso la vita a causa della follia di un pazzo. Quello che non capiva è come mai quell'ambiente risultasse a lui tanto familiare, era come se stesse guardando attraverso gli occhi di qualcuno.
Il suo sguardo fu poi rapito da una presenza al centro del parco giochi. Vi era una giovane donna vestita in un lungo abito bianco dalle ricche decorazioni dorate, la sua pelle era diafana come la prima neve di Dicembre, i suoi capelli erano biondi e luminosi, e se ne stava lì, immobile, con il suo sguardo acquamarina posato su Roxas.
Questi strizzò gli occhi per mettere a fuoco la figura e trattenne il respiro, sentendo una sensazione indefinibile alla bocca dello stomaco. Voleva chiederle cosa ci facesse in mezzo a quella desolazione, perché stava da sola e cos'era tutta quella malinconia che lo stava assalendo così all'improvviso ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

Non dimenticare, Roxas”

Aprì di scatto gli occhi e finalmente ricordò come si respirava.
Le vie respiratorie gli bruciavano come se avesse trattenuto il fiato per immergersi sott'acqua per un tempo infinito, la vista ci mise qualche secondo per adattarsi alla scarsa luce, e, mentre, nella testa una miriade di piccole esplosioni intracraniche si susseguivano a ritmo incessante, riconobbe il volto apprensivo di Axel a pochi centimetri dal suo. Vedeva chiaramente il panico risplendere nei suoi occhi smeraldini e le sue labbra che si muovevano veloci, gli stava parlando eppure non lo sentiva, o meglio non riusciva a connettere il suono al vero significato delle parole.
“Mi... gira un po' la testa” sussurrò il più piccolo accorgendosi di essere aggrappato al corpo dell'altro “Possiamo... possiamo tornare a casa?”
Il rosso accennò un assenso del capo senza fare ulteriori commenti, gli sistemò a tracolla la bombola dell'ossigeno e poi se lo caricò sulle spalle.
Era successo tutto nel giro di un paio di minuti, Roxas aveva smesso di rispondergli e, con gli occhi ancora incollati su un punto indefinito, oltre la recinzioni, aveva iniziato a barcollare e se non ci fosse stato lui ad afferrarlo sarebbe sicuramente crollato rovinosamente al suolo. Probabilmente il suo corpo era ancora troppo debole per sostenere una gita fuori casa per un'intera giornata.
Lanciò un'occhiata al cielo stellato sopra di loro e cacciò un sospiro sconsolato mentre ripercorreva i loro passi a ritroso, ritrovandosi non molto tempo dopo sulla strada illuminata, adesso però era insorto un altro inconveniente.
“Ehi, Rox, ci sei ancora?”
“Hm?” fu il flebile mugugno che udì dall'altro.
“C'è un problemino...” pronunciò con cautela sentendo il biondo appoggiare il mento sulla sua spalla.
“Ti hanno fregato la macchina?”
“Uh.. non sia mai!”
“Allora sono arrivati gli alieni sulla Terra”
“Non ancora”
“E allora cosa?”
Il rosso gli indicò con un pollice l'ingorgo infinito che aveva totalmente bloccato l'ampia strada. Lui inarcò le sopracciglia in risposta ma sapendo che non avrebbe potuto vederlo espresse a parole il suo pensiero.
“Quindi?”
Axel si ritrovò di nuovo a sospirare.
“È il traffico del sabato sera, si riversa tutto tra Times Square e zone limitrofe...”
“Che... che cosa vorresti dirmi?” ebbe quasi paura a domandare l'altro, ora era quasi completamente sveglio.
“Che siamo fottuti”
“Non è possibile, Ax! Non vorrai mica dirmi che rimarremo imbottigliati nel traffico fino a domani mattina?!”
“Pessima scelta quella di parcheggiare l'auto in centro...”
Roxas non voleva assolutamente credere alle proprie orecchie, come diavolo avevano fatto a non pensarci prima? Il traffico di New York il sabato sera era un qualcosa di apocalittico, per questo molta gente preferiva parcheggiarla da qualche parte e poi muoversi a piedi o con la metropolitana.
“Ax, che facciamo adesso? Cavolo che idioti che siamo stati...senti secondo te potremo prendere qualche treno per raggiungere Tarrytown? Fare i senzatetto con il freddo di Novembre non mi sembra saggio...”
Ma il più grande aveva smesso di ascoltarlo da un pezzo, aveva iniziato a pensare ad un piano B dal momento in cui aveva intercettato l'autobus che avrebbe dovuto portarli a Times Square imbottigliato in mezzo alle altre macchine.
“Roxy per caso nello zaino porta ossigeno hai tutte le medicine che ti servono?” chiese sovrastando le sue chiacchiere frenetiche, l'altro si zittì per un'istante.
“Cos...? S-sì perché? Cosa c'entra ora?”
“Forse ho trovato un'alternativa”

Chissà perché non aveva ancora pensato ad una soluzione del genere, lui che era sempre tanto preciso e puntuale, e quando il rosso gliel'aveva proposto non aveva potuto rifiutare – anche perché così sarebbe stato molto più semplice raggiungere la mostra d'arte di Naminé a Chelsea il giorno dopo. E così, dopo qualche fermata di metropolitana, si erano ritrovati sull'altra sponda di New York, ai piedi di un elegante palazzo dai mattoni rossi di stile europeo, con le finestre a volta e i cornicioni finemente intarsiati. Era proprio l'opposto del moderno grattacielo sulla Quinta strada di Manhattan in cui viveva lui un tempo.
L'usciere sotto al portico del palazzo salutò animatamente Axel e rivolse un cenno al biondo semiaddormentato sulle sue spalle e subito li accompagnò all'ingresso dell'ascensore, aprendo per loro tutte le porte.
Durante tutto quel tragitto Roxas non aveva prestato particolare attenzione perché il sonno si era quasi esclusivamente appropriato di lui, quello che però non poté fare a meno di incantarlo fu la vista davanti a sé prima ancora che Axel potesse accendere le luci di casa.
Davanti a loro, due grandi porte scorrevoli di vetro regalavano una vista mozzafiato sul mare e i grattacieli illuminati di Manhattan.
“Ti piace?” domandò il più grande raggiungendo l'altro che intanto era sceso dalla sua schiena ed era fuggito fuori al balconcino per ammirare esterrefatto il panorama.
“È bellissimo” sussurrò quest'ultimo affondando il mento nelle braccia ancora coperte dal pesante cappotto e appoggiate sulla ringhiera di marmo.
Il silenzio scese di nuovo, sacro, tra i due mentre Axel andava ad abbracciarlo da dietro, con la guancia tra i capelli dorati, com'era solito fare nei momenti di tenerezza, le mani accarezzavano con dolcezza il busto esile dell'altro, e attorno a loro l'ambiente si impregnava delle note dense di passione di Elton John.
Roxas, trasportato dal momento di affettività da cui erano stati conquistati, si girò e gettò le braccia dietro al collo del rosso per avvicinarlo più a sé e posargli un casto bacio sulle labbra, che fu prontamente ricambiato.
"Perché non mi avevi mai detto che avevi una casa così bella a Heights?" sorrise teneramente allontanandosi di poco.
"Non pensavo che fosse un fattore rilevante"
Roxas rise al solletico che gli aveva procurato l'altro baciandolo sulla punta del naso.
"Promettimi che questo posto sarà complice delle nostre fughe d'amore"
“Sta rischiando seriamente di farmi innamorare ancora più di lei, signor Strife” gli sussurrò Axel a fior di labbra, specchiandosi in quegli occhi sempre freddi e distaccati, pronti a sondare i misteri più oscuri che si annidano nell'animo umano, pronti a spogliarti di ogni convinzione, quegli occhi sempre così riflessivi e malinconici eppure adesso carichi d'amore.
L'amore è nell'aria stasera” sorrise il biondo accarezzandogli una guancia e stringendosi forte a lui.

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Stringevo convulsamente quella mano troppo grande nelle mie nella speranza di ricevere una risposta. Ricordo che stavo cantilenando qualcosa in preda al panico mentre le lacrime scendevano calde e incontrollate sulle mie guance. Volevo che aprisse gli occhi e che tutto quello che stava succedendo fosse solo un gioco, volevo che si rialzasse e mi abbracciasse forte, volevo che non ci fossero quelle urla attorno, volevo che tutto finisse, volevo...
Mamma...” soffocai un singulto e mi strinsi di più al suo corpo privo di sensi.
Fui improvvisamente sollevato da una forza a me troppo conosciuta e il mio viso fu premuto contro una superficie calda e morbida.
Stai tranquillo, Cloud” sapevo già a chi apparteneva quella voce vellutata e fin troppo calma “Andrà tutto bene”
No! Lasciami andare” tentai di divincolarmi e dimenarmi alla meglio, ma la sua forza era come di mille volte superiore alla mia, dopotutto, secondo mio padre, lui era uno dei migliori soldati al mondo “Voglio la mamma... perché non apre gli occhi?... mamma!” piagnucolai alzando questa volta la voce, non sopportando l'idea di essere stato separato da lei.
Lei non tornerà, Cloud. E sai di chi è la colpa?” mi chiese bloccandomi il mento con una mano e i suoi freddi occhi felini si specchiarono nei miei “Di tuo padre. Se lui non mi avesse abbandonato ora non sarei stato costretto a fare tutto questo. Lo avrei reso felice, saremo stati tutti più felici” lo vidi contrarre il volto e il suo tono si inasprì d'un tratto “Adesso però ho te. Saremo soli e felici... però... però devo prima togliere di mezzo anche lui”
Serrai gli occhi nella speranza di alienarmi dal mondo e ritornare a quel pomeriggio prima, quando io e mia madre stavamo preparando assieme una torta.

Che diavolo hai fatto? Sephiroth... tu-”
Una voce sconosciuta mi riportò alla realtà e quando aprii gli occhi potei ben leggere la paura e l'agitazione inondare gli zaffiri che stavano fronteggiando Sephiroth.
Non so come o quando ero stato lasciato andare e avevo sfruttato l'occasione per schiacciare di nuovo il mio corpo contro quello inerme di mia madre.
Che cazzo ci fai tu qui? Dov'è lui?”
Le urla di Sephiroth in risposta mi spaventarono a tal punto che sentii le lacrime pizzicarmi ancora agli angoli degli occhi ma non riuscii a trattenerle più di tanto, scoppiai di nuovo a piangere quando lo vidi estrarre di nuovo la sua lunga spada. Non capivo cosa stava succedendo, quel gioco non mi stava più piacendo. Volevo che mia madre si svegliasse e iniziasse a ridere e prendermi in giro perché i bambini grandi non piangevano.
Non solo lui ti ha strappato dalle mani la donna che hai sempre amato, ma non si è degnato neanche di mostrarsi e venire a salvarla nel momento di bisogno... Come fai a considerarlo ancora un amico?”
Amare una persona significa essere felici solo per il fatto che essa è felice. Non tutti al mondo siamo così egoisti, Sephiroth, è questa la caratteristica che contraddistingue me da uno come te”
Il tuo altruismo mi fa salire l'acido, Zack Fair”
Un commento sprezzante e poi il suono metallico delle spade che sferzavano l'aria e si incrociavano.
Avevo il volto affondato nei capelli castani di mia madre ma quando riaprii gli occhi, dopo un tempo che a me parve infinito, alzai il viso e l'unica cosa che vidi fu un'immensa cascata cremisi e un corpo afflosciarsi a terra, in lontananza il volto sconvolto di mio padre.
Cloud, tu sei...il mio lascito vivente... Il mio onore, i miei sogni... sono tuoi ora”
Zack no!”
Di Sephiroth non c'era più alcuna traccia.

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Roxas si svegliò con le proprie urla che gli fracassavano i timpani.
Infinite goccioline di sudore imperlavano le sue tempie pulsanti e le mani, anch'esse sudate, stringevano convulsamente la coperta appoggiata sul suo corpo tremante. Il cuore batteva così forte che sembrava volesse scoppiargli in petto e il respiro si faceva sempre più affaticato via via che acquistava maggior coscienza di sé.
Era successo un'altra volta.
Ancora una volta aveva sognato qualcosa, immagini frammentate e volti sfocati turbinavano vorticosamente nella sua testa, ma come sempre non ricordava nulla. A dire il vero non ricordava neanche di essersi addormentato e ora che vagava con lo sguardo attorno a sé riconobbe l'ambiente in cui si trovava come la vecchia stanza di Axel. Oh, era appena comparso anche il rosso.
“Rox!” esclamò preoccupato quest'ultimo sbattendo la porta aperta, catapultandosi verso il letto dove giaceva il proprio ragazzo e afferrò la sua mano“Non ti senti bene?”
Il biondo lo guardò con occhi spalancati, ancora un po' frastornato.
“Cos'è successo?” proferì con un fil di voce stupendosi di essere ancora così scosso.
Axel lo studiò velocemente per accertarsi che fosse tutto apposto e poi parlò di nuovo “Vuoi che chiami i tuoi genitori o un'ambulanza?”
Ma l'altro lo fermò ancorando la propria mano sul suo polso e lo pregò tacitamente di non lasciarlo. Prese profonde boccate d'aria per regolarizzare il proprio battito cardiaco e si fece passare le pillole appoggiate sul comodino, ci mise una decina di minuti per riprendersi dallo shock iniziale ma quando si sentì meglio abbozzò un debole sorriso, che però crollò quando vide l'espressione dell'altro.
“Cosa... cosa è successo?” ripeté di nuovo, questa volta con un tono più udibile.
Axel era rimasto tutto il tempo immobile, in paziente attesa di un cenno dell'altro.
“Hai iniziato a strillare e dimenarti nel sonno, chiamavi sempre tua madre...” rispose mordendosi un labbro “Io ero andato a dormire nella stanza degli ospiti... quando ho sentito le tue urla sono subito corso qui”
“Mia madre?” domandò Roxas aggrottando le sopracciglia dorate quando l'altro confermò con un cenno del capo. Questo era strano, perché mai doveva chiamare sua madre? Non voleva di certo passare per un bambino che aveva paura di stare lontano da casa, chissà che brutta figura ci aveva fatto.
“Sarà stato un brutto sogno...” offrì Axel ammorbidendo l'espressione e scompigliandogli i capelli “Ti senti meglio adesso?”
“S-sì... mi dispiace averti svegliato... e fatto preoccupare” mormorò l'altro addolorato.
“Non preoccuparti, l'importante è che tu stia bene. Vuoi un po' di latte caldo?"
Il biondo però scosse il capo, Axel sorrise e gli lasciò un bacio sulla fronte.
"Allora torna a dormire, domani ci aspetta la mostra di Naminé, sarebbe poco carino da parte tua se di addormentassi davanti ai suoi quadri” ridacchiò Axel alzandosi.
“No, aspetta!”
“Che cosa c'è?”
“Rimani” Roxas si alzò sui gomiti e puntò lo sguardo verso il più grande.
“Roxy... non credo che sia il caso, devi riposare”
“Per piacere, rimani con me” lo interruppe prima che potesse dire altro “Io... voglio stare qui a letto con te... non intendo fare sesso... solo... solo dormire. Insieme, sotto le coperte, nel tuo letto. Con le mie mani sul tuo petto e le tue braccia attorno a me. Con la finestra socchiusa, così fa freddo e noi dobbiamo raggomitolarci vicini e coccolarci. Senza parlare, addormentati, beatamente felici... ho bisogno di sentirti fisicamente accanto a me e protetto dal tuo amore”
Axel rimase imbambolato per quasi un intero minuto, inizialmente non aveva capito la sua richiesta – a dire il vero credeva che il sonno gli stesse giocando brutti scherzi. Lui era andato di proposito a dormire in un'altra stanza proprio per non far pensare male di sé al piccolo biondo. Pensava che fosse un ragazzino timido e con una rigida moralità, del tutto incompatibile con la sua precedente vivace vita sessuale, eppure ancora una volta era rimasto piacevolmente stupito dalla sua richiesta.
“Vado... vado a spegnere le luci”
Roxas annuì e sbadigliò in attesa del suo ritorno, il suo sguardo si posò su una figura in piedi nell'angolo più remoto della stanza.
“Eccomi qui, Roxy”
Axel ritornò quasi subito e scostò le coperte per infilarsi nel letto, le luci erano spente e non si riusciva a vedere bene ma notando che l'altro non gli aveva risposto, inarcò un sopracciglio interrogativo. Non era la prima volta che lo scorgeva a fissare il vuoto, a volte lo faceva anche per un tempo relativamente lungo quindi non si preoccupò più di tanto, solo si chiedeva se lo ascoltasse realmente in quei momenti. Prese il biondo tra le proprie braccia e iniziò ad accarezzargli la schiena mentre attendeva che il sonno si impossessasse nuovamente di loro.
Dal canto suo Roxas non poteva fare a meno di fissare quella silenziosa presenza, era inquietato al saperla lì immobile, relegata in un angolino, con il suo sguardo posato su di sé, ma al tempo stesso si sentiva rassicurato proprio come se fosse sua madre a vegliare su di lui.
“Mi farai compagnia finché non mi sarò addormentato?” spezzò il silenzio che era alternato solo ai profondi respiri del corpo accanto al suo, anche se la sua domanda non aveva un destinatario in particolare.
“Ma certo. Ci sono io qui per te, Roxy”

Non preoccuparti, una madre premurosa vigila sempre sull'incolumità dei propri figli”




·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•


¹ Troverò il posto in cui ti nascondi
Sarò l’alba della tua notte peggiore
L’unica cosa che hai lasciato in una vita
Ucciderei per te, è sicuro
Se è questo che vuoi
Metterò il tuo veleno nelle mie vene
Dicono che l’amore migliore è pazzo
Accenderò il tuo fuoco fino al mio ultimo giorno
Lascerò i campi bruciare intorno a me, intorno a me
[
One Republic - What You Wanted]

   
 
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