Ciao :) Sono tornata! Allora, comincio col dire che finalmente posso pubblicare la kitten!Harry di cui avevo parlato in diversi "Angolo Autrice" prima di questo. Bè, questa è la storia! Che dire? Vediamo... Una novità rispetto al mio solito modo di scrivere è l'inserimento di un side!Pairing che , per chi non lo sapesse
P.s. Volete anche vou un cucciolo di Harry-gatto eh? eeeh?
I'll take you Home if you love my mistakes
Il camion su cui viaggiava Harry frenò improvvisamente, spedendo la gabbietta che lo conteneva a schiantarsi contro le pareti del veicolo. Il ragazzo emise un miagolio di dolore, per poi prendere a controllare se si fosse ferito, di nuovo. Lo sportellone del camion si aprì, rivelando Simon Cowell in tutta la sua austerità. “Tutto bene micetto?” domandò calcando con scherno l’ultima parola, per poi ridacchiare. Come se gli importasse veramente. Con gesti poco aggraziati, l’uomo riposizionò la gabbia nella posizione originaria, e la strattonò fino all’ esterno. Non si curò, ovviamente, di sollevarla per fargli raggiungere il suolo delicatamente, ma semplicemente continuò a spingere finché, ormai in equilibrio precario sul retro del camion, la sua cella non cadde. La colluttazione col terreno sabbioso fu dolorosa, ovviamente, ma Harry era abituato a subire di peggio. Simon, il proprietario del circo, continuò a strattonare la gabbia sino a raggiungere il retro del tendone, abbandonandolo lì. Insieme agli altri animali.
“Haz! Stai bene?” una voce calda e delle mani grandi lo riscossero dal sonno in cui il ragazzo era caduto. Due dita si intrufolarono tra le maglie della gabbia, accarezzandogli un orecchio peloso. Harry non aprì nemmeno gli occhi, beandosi del tocco, già consapevole di chi fosse. Perché, sì, Liam era l’unico a trattarlo in modo gentile in quel maledetto tendone. Liam, L’uomo Cannone, massiccio e ben piazzato, che si faceva sparare per metri e metri da un cannone, divertendo i più piccoli; Liam con i muscoli guizzanti sotto le sue scollate canottiere. Nessuno si sarebbe aspettato che un uomo all’ apparenza così grosso e forte avrebbe potuto celare in realtà uno spirito dolce e gentile, eppure così era. Liam vide gli occhi del più piccolo serrarsi e il suo respiro accelerare tentando di reprimere le lacrime. “Hey! Harry, no!” il ragazzo dai capelli quasi rasati gli si fece più vicino, per quanto quella maledetta gabbietta glielo permettesse, “Sai che tappa è questa? Bentley! Lo sai che significa? Che la prossima sarà Doncaster. E io ti prometto che sarà anche l’ ultima per te”. Il ragazzo in gabbia mosse un po’ le orecchie pelose, e arrotolò la coda (già, la coda!) attorno al polso dell’ amico. Liam era così fiducioso, diceva che a Doncaster abitava un vecchio amico d’infanzia, un certo Louis, e che lui li avrebbe aiutati. Anzi, avrebbe aiutato l’ibrido a scappare. Harry non era così speranzoso invece; perché mai uno sconosciuto avrebbe dovuto accoglierlo, aiutarlo, mettendo perfino se stesso a rischio? Ma Liam sembrava così sicuro… E poi, un po’ di speranza non ha mai ucciso nessuno, no? “Appena il circo sbarca a Doncaster” continuò l’uomo cannone lisciandogli la coda, “io lo chiamo. Lo invito qui e il resto sarà un gioco da ragazzi”. Harry miagolò soltanto e Liam strinse la presa contro la sua coda pelosa; “Te lo prometto, Haz”.
“Mamma, posso toccargli la coda?” chiese un bambino con gli occhioni grandi, riferendosi palesemente ad Harry a pochi passi da lui. Il ragazzo storse il naso, e la madre lo fece in modo molto più plateale, tirando il figlio per il braccio così da allontanarlo da Harry. “No. Potrebbe avere le pulci o i pidocchi” la donna tirò suo figlio verso la teca dei serpenti, ritenendola senza dubbio più appropriata. Tempo fa, Harry sarebbe stato ferito da quelle parole, ora come ora non poteva importargliene di meno. Da quando Simon l’aveva trovato, più di un anno fa, la sua vita era cambiata notevolmente. In peggio, ovviamente. Non che prima fosse tutta rose e fiori comunque… Sua madre lo abbandonò appena nato, non volendo quella cosa che per uno strano scherzo del destino aveva messo al mondo. I medici avevano dato la colpa ai farmaci, al vizio della madre di fumare anche in gravidanza e allo stress, ma diamine! Quel ragazzo aveva due orecchie pelose sulla testa e una coda che fluttuava nell’ aria! Gli anni successivi furono duri, Harry scappò dall’ orfanotrofio dov’era stato chiuso non riuscendo a sopportare di vedere gli altri bambini che venivano adottati mentre lui rimaneva lì, sempre. Visse per strada e grazie a Ben, un amichevole pizzaiolo, riusciva anche a mangiucchiare qualche prelibatezza di tanto in tanto. Fu quando aveva diciotto anni che Simon lo trovò, all’ inizio sembrava interessato ad offrirgli un lavoro. Un lavoro! A lui! Harry non riusciva a crederci, e forse sarebbe stato meglio se non l’ avesse fatto. Simon l’aveva illuso, il “Crave Circus” non era stato una manna dal cielo per lui, anzi. Niente paga, tanto per dirne una; Harry era un altro degli animali da mettere in mostra, niente di più. Non una persona, ma un animale. Veniva frustato se soffiava al pubblico (quel verso aggressivo tipico dei gatti, per intenderci), veniva picchiato se graffiava qualcuno con le sue unghie, corte ma comunque più acuminate e aguzze del normale. Portava segni, sulla schiena e sul petto che mai, aveva giurato a se stesso, avrebbe mostrato a qualcuno. E col trascorrere del tempo, anche lui aveva cominciato a considerarsi tale: un animale. Non parlava più, lo faceva ogni tanto e solo ed esclusivamente con Liam, se ne stava rannicchiato nella sua gabbia in silenzio ruotando la coda qua e là; alle percosse rispondeva col silenzio, per evitarne altre. Aveva cominciato a sentirsi un errore, uno scherzo della natura o, come diceva sempre Simon, un fenomeno da baraccone. Il ragazzo metà uomo, metà gatto. Harry chiuse gli occhi, e si impose di lasciar correre l’affermazione della signora, perché era pur sempre metà animale, ma era un gatto! Uno degli animali più puliti al mondo. La sua lingua ruvida e asciutta percorreva la sua coda e le sue ferite ogni sera, cercando di arginare il dolore. Strascicò un “Meow” stanco in direzione di una bambina che lo guardava affascinata, e tornò a tormentarsi coi suoi demoni interiori.
Il cellulare di Louis prese a squillare ad un orario davvero improponibile. Erano solo le 9:30 del suo giorno non lavorativo, e davvero doveva stare sulle palle a innumerevoli divinità, al Karma e forse anche a Morfeo perché… Andiamo! Era praticamente l’alba! Prese il cellulare che vibrava e squillava sul comodino promettendo a se stesso che se si fosse trattato di Zayn gli avrebbe segato le gambe (e non solo…). Sullo schermo del telefono campeggiava un numero sconosciuto, Louis grugnì in una lingua ignota (aramaico, forse?) e rispose. “Lou! Da quanto tempo! Sono Liam, ti disturbo per caso?” la mente annebbiata del ragazzo ci mise un po’ a processare quelle parole perché, ripeto, era l’alba! “Liam? Liam Payne? L’uomo cannone? Quel Liam?” domandò in risposta, era l’unico Liam che conosceva d’altronde. “Proprio quello!” ridacchiò l’amico dall’ altro lato della cornetta. Non si sentivano da quando, diversi anni prima il ragazzo aveva deciso di unirsi al circo, la vita all’ interno di una carovana ambulante rendeva difficile mantenere relazioni stabili. “Dio, Leeyum! Come stai?”, l’uomo cannone ridacchiò: era tipico di Louis ricordare un soprannome imbarazzante su di lui. “Dopo tutti questi anni lo ricordi ancora? Avevamo cinque anni Lou, cinque!” anche Louis si mise a ridere, e cominciò a chiacchierare allegramente con l’ amico ritrovato. Dopo una decina di minuti, Liam decise di giocarsi il tutto per tutto: “Siamo in città stasera! Ci resteremo per una settimana e posso rimediarti dei biglietti. Ti va di venire?” Louis non sapeva bene se accettare sarebbe stato sgarbato ma non vedeva l’amico da troppo tempo quindi non ci pensò due volte prima di garantire la sua presenza. “Ci porto Zayn e il suo ehm… compagno. Va bene?” domandò incerto; Liam rimase per un attimo a bocca aperta, ricordava il migliore amico di Louis ma non lo reputava uno da compagno, piuttosto uno da mille compagne. “Certo! Ho bisogno di parlarti di una cosa” fece vago Payne, prima di riagganciare.
“Ricordami perché l’abbiamo portato con noi” disse Louis esasperato di fronte alla gabbietta delle scimmie. “L’abbiamo portato perché si da il caso che sia il mio fidanzato, Lou!” gli rispose Zayn con aria accigliata. E ok, Louis voleva un bene dell’ anima a Zayn, però quella storia del fidanzato gli aveva letteralmente fottuto il cervello. La prova? Stava osservando con gli occhi a cuoricino un ragazzo dalla zazzera bionda intento a dare da mangiare noccioline a delle scimmie, che ovviamente, si rifiutavano di ingerirle. “Gli elefanti mangiano le noccioline, Niall. Non le scimmie” proruppe Louis, ma il ragazzo sembrava un bambino di sei anni per la prima volta al circo quindi non l’ascoltò per niente. Louis ogni tanto era geloso di lui, non nel senso che voleva essere il fidanzato di Zayn, oh no! Solo che Zayn Malik, (classe 93, mulatto, tatuato da testa a piedi con dei magnetici occhi color caramello fuso) era quasi un fratello per lui, condividevano tutto e sempre. Poi era arrivato Niall, irlandese, biondo (tinto anche se non lo ammetterebbe nemmeno sotto tortura), innocente e dal sorriso contagioso, e aveva cominciato a prendersi un po’ di Zayn. Ma a Louis andava bene così, nel profondo adorava quel ragazzino e il suo entusiasmo del tutto immotivato, nonostante preferisse di gran lunga punzecchiarlo in continuazione. Zayn e Niall avevano una relazione stabile, vivevano insieme da un anno e avevano anche un gatto, Louis rabbrividiva al solo pensiero, Mrs Fluffy. “Zay, possiamo toccare i serpenti? Dai, dai, dai!” chiese l’irlandese con gli occhi blu larghi larghi e il labbruccio all’infuori. Il moro gli stampò un lieve bacio sulla guancia: con lui proprio non riusciva a tenersi. “Ragazzi!” una voce li richiamò alle loro spalle. “Liam!” urlò Louis e corse ad abbracciarlo; si scambiarono qualche chiacchiera veloce e il maggiore introdusse poi Niall all’ amico. “State apprezzando l’esposizione d’animali?” domandò Liam; il “Crave Circus” era famoso in tutta l’Inghilterra perché prima dello spettacolo vero e proprio, metteva in mostra i propri animali, dando la possibilità agli spettatori di toccarli e cercare di nutrirli (e fallire. Sì, sentiti preso in causa Horan). “Allora Zayn” continuò Liam, dandogli una sonora pacca sulla spalla, “Vedo che ti sei sistemato, mh?”. Malik annuì, impercettibilmente; “Conviviamo da un anno e abbiamo anche un gatto! Mrs Fluffy! Dovresti vedere com’ è regale nel suo soffice pelo bianco” rispose Niall ridacchiando. “E tu, Lou?”; il maggiore alzò le spalle, “Vivo nel mio solito appartamentino, e faccio l’impiegato in un ufficio”. “Niente gatti?” azzardò Liam, “Oh no! Per carità, no”. Questo, forse poteva essere un problema.
Louis rimase per un po’ a fissarlo a bocca aperta perché… Bè, cosa era precisamente? Era un ragazzo? Ma, Dio, aveva le traveggole o quella era una coda?! L’avevano annunciato come “Harry, il mezzo uomo mezzo gatto” e Louis si aspettava una specie di clown travestito non questo. Il ragazzo se ne stava al centro del palco, muoveva pigramente la coda, sul suo volto un sorriso tirato, falso. Il suo numero consisteva in ben poco: muovere le orecchie, agitare la coda, seguire un gomitolo qua e là e fare il giocoliere con tre palle. Era bello, però. “Ha una coda come Mrs Fluffy!” bisbigliò Niall a Zayn, e Louis avrebbe voluto contraddirlo, perché il loro felino aveva una setosa coda bianca, mentre lui, Harry, aveva una coda marrone, striata da fasce lievemente più chiare esattamente come le orecchie pelose che facevano capolino sulla sua testa. E Louis non era un simpatizzante dei gatti, anzi. Graffiavano, perdevano pelo e rovinavano i mobili; però era bello Harry, si rese conto fissandolo. L’esibizione del ragazzo lo lasciò con l’amaro in bocca, ma la spiacevole sensazione fu presto sostituita dall’ ilarità di Liam, The Payne Train per l’occasione, che si faceva sparare in aria dal suo cannone. Per il resto, lo show proseguì tranquillo, Niall non faceva che indicare continuamente qualcosa e alla fine Louis aveva pregato Zayn di lasciarlo lì, ma il moro era stato irremovibile. A fine spettacolo, avevano aspettato Liam, e l’avevano ringraziato per i biglietti e la disponibilità (ovviamente l’avevano anche preso in giro per il suo nome d’arte). “Quel ragazzo” mormorò Louis, senza nemmeno rendersene conto, approfittando del fatto che la coppietta felice si fosse allontanata, “Harry. Non sembra felice”. Liam fissò il pavimento, “Non lo è”. “Lou, staremo qui una settimana ok?” gli ripeté l’amico, manco fosse un dettaglio di notevole importanza, “Poi saremo lontani. Una settimana... Ricordalo!”. Il maggiore lo guardò confuso, eppure non fece domande. Si salutarono, e si promisero di sentirsi presto. “È stato bellissimo” sentenziò Niall, saltellando sul sedile anteriore (già, da quando erano fidanzati a Louis toccavano pure i sedili posteriori) dell’ auto di Zayn. “Voglio andare anche a visitare uno zoo!” continuò gasato, mentre il suo ragazzo ridacchiava. “Dio, Lou! È Nick Grimshaw quello?” domandò Zayn frenando davanti all’ appartamento dell’ amico. Un ragazzo dal fisico alto e dinoccolato appostato sul balcone della casa opposta rispetto a quella di Louis, stava palesemente fissando in direzione delle sue finestre, forse cercando di capire se ci fosse o no qualcuno in casa. Il fatto che fosse dichiaratamente omosessuale, poi, non tranquillizzava affatto Louis, che temeva di ritrovarselo mezzo nudo in casa sua con intenzioni tutt’altro che caste. “Un giorno o l’altro lo denuncio, quel maniaco” sussurrò uscendo dall’ auto e salutando i suoi amici.
Harry correva, veloce. Ogni tanto si guardava alle spalle, ma gli sembrava di averlo seminato. Era stata la donna barbuta, quella stronza, a lanciare l’allarme. Liam l’aveva liberato come promesso, l’aveva abbracciato e gli aveva detto di badare a se stesso, poi si era rintanato nella sua camera per far in modo d’apparire completamente innocente. Harry sapeva la strada, Liam gliel’ aveva mostrata sul suo tecnologico cellulare, gliel’ aveva ripetuta fino alla nausea, doveva solo essere veloce. La donna barbuta l’aveva visto sgattaiolare via e aveva cominciato ad urlare; Simon si era ovviamente precipitato fuori munito di frusta (la sua migliore amica, a detta di Harry), e si era gettato al suo inseguimento. Harry correva disperato, sentì gli occhi lacrimare ma si impose di non piangere. Nel tentativo di guardare alle sue spalle se Simon fosse troppo vicino, fu ferito dalla sua frusta, che gli aprì uno squarcio, l’ennesimo, sul petto. Il ragazzo-micio allora decise di sfruttare le sue potenzialità e si accucciò a quattro zampe, aiutandosi con mani e piedi, correndo disperato e seminando il suo (non più) padrone. Quando la casa bianca e giallognola apparve al suo orizzonte, Harry faticò a crederci, ma era proprio quella. E non importava che fossero le due di notte, che stesse sudando, sanguinando e piangendo; la raggiunse con uno scatto, e cominciò a premere il campanello, e a graffiare il legno della porta con le sue unghiette. La vista ormai completamente appannata, il respiro mozzato e il sangue che continuava a sgorgare dalla ferita; quando un ragazzo aprì la porta con addosso il suo immacolato pigiama celeste, Harry fu solo in grado di miagolare un “Meow” stanco, prima di perdere i sensi.
“Liam James Payne! Mi spieghi perché cazzo c’è un mezzo gatto sul divano di casa mia!?” urlò Louis il mattino successivo, alle 6:30 circa, quando finalmente trovò la forza di chiamare l’amico per fargli la sua sfuriata. “Quindi è arrivato? È da te? Oh Signore, grazie!” sussurrò invece l’altro, ignorandolo completamente. “Lou devi proteggerlo! Devi tenerlo lì con te, almeno per questa settimana. Ti supplico! Lui è… L’avrebbe ucciso, Louis. L’avrebbe fatto a suon di frustate, e quelle gabbiette e… dannazione! È una persona non un animale” Liam nemmeno riusciva a filtrare le sue parole, era attraversato da un misto di speranza, agitazione e fiducia. “Credevo che il circo fosse… bello? Insomma una sorta di passione?” chiese Louis incerto; “Se lo scegli, come ho fatto io, è una vera vocazione; se sei costretto…” e non serviva che proseguisse, vero? “Simon metterà annunci, girerà per la città e i bassifondi; farà di tutto per trovarlo. Ti prego, almeno per questa settimana” continuò Liam in una sorta di litania. “D’accordo, d’accordo” sbuffò Louis riagganciando, ancora un po’ innervosito. Ok, molto più che un po’.
Louis si finse malato quel giorno, e si sorbì anche la lavata di testa del suo capo che gli rinfacciava il fatto che avrebbe potuto avvisarlo prima. Cosa gli toccava fare! Passò distrattamente dal salotto, prima di andare in cucina a preparare la colazione e vide il ragazzo, Harry si ricordò, rannicchiato in posizione fetale. Sbuffò quando si rese conto che stesse effettivamente valutando il suo grado di tenerezza, prese una coperta e gliela mise fin sopra le spalle. Controllò la ferita sul petto che gli aveva medicato mentre era addormentato: non pareva bisognosa di punti, qualsiasi cosa l’avesse colpito, l’aveva fatto solo di striscio. Si fermò ad osservarlo un po’, capelli ondulati sparsi sul tessuto panna del divano e un fisico snello, alto e muscoloso; orecchie e coda pelose. Aveva decisamente ragione la sera prima; era fottutamente bello. Si avvicinò di poco per posargli una mano sulla fronte e controllare se avesse la febbre, sentì il suo respiro tremulo sul suo collo e dovette quasi reprimere un brivido. E, Oh mio Dio!, si stava comportando come Nick Grimshaw! Inavvertitamente schiacciò una delle orecchie di Harry e quest’ultimo aprì gli occhi spaesato. Quando mise a fuoco una persona, decisamente troppo vicino a lui, soffiò e automaticamente si spinse all’ indietro, graffiando Louis con i suoi artigli in miniatura sul petto. “Hei, hei! Calmo” fece il ragazzo, massaggiandosi il torso che per fortuna Harry non aveva preso in pieno. Il riccio osservò il ragazzo di fronte a lui: basso, dal corpo formoso e i lineamenti gentili, profondi occhi azzurri e capelli castani sparati in tutte le direzioni. Il gattino si rannicchiò nell’ angolo più lontano del divano, portandosi le gambe al petto e circondandosi con la coda il corpo intero, quasi a creare uno scudo. “Sono Louis, l’amico di Liam. Sei al sicuro qui, stai tranquillo” cercò di calmarlo Louis. Adesso che era sveglio, poté ammirare meglio i suoi occhi: grandi, forse più del dovuto e verdi, di un verde innaturale con pagliuzze dorate intorno alla pupilla. Occhi felini. “Sei Harry, giusto?” continuò Louis sedendosi cauto sul divano; il ragazzo schizzò indietro, per mettere distanza tra i loro corpi. “Ascolta, se avessi voluto farti del male, avrei avuto tutto il tempo necessario mentre eri addormentato! Puoi fidarti di me. Sai… uhm, parlare?” tentò il maggiore. Harry annuì con un impercettibile “Meow”. “Ti va di fare colazione, mh?”; il riccio scosse la testa, abbassando le orecchie pelose. “Senti, hai bisogno di mangiare. La ferita che avevi sul petto… Hai perso molto sangue, quindi devi mettere sotto i denti qualcosa. Ti faccio il tuo piatto preferito! Omelette? Frittelle?” Harry lo fissava in silenzio, senza degnarlo di risposta, con l’insicurezza dipinta sul volto; “Croccantini?!”. Harry soffiò, e Louis alzò le mani in segno di resa, “Ok, ok. Un po’ di latte? Che ne dici?”; il piccolo annuì con aria affamata, miagolando già al pensiero del liquido caldo lungo la sua gola. “D’accordo allora” Louis fece per alzarsi, ma la coda pelosa di Harry si mosse velocemente, attorcigliandosi attorno al suo polso. Il maggiore lo guardò con fare interrogativo, ma notò che l’altro aveva le guance rosse e lo sguardo puntato sul suo stesso petto fasciato. Louis sorrise, “Oh! Non c’è di che” rispose muovendosi verso la cucina.
“Quindi tu hai un ragazzo per metà gatto con nessuna intenzione di parlarti in casa, e vorresti che io portassi la mia completamente gatta per farli socializzare?” riassunse Zayn, certo detta da lui e con voce così scettica non sembrava più un’idea così geniale; “Ti sei bevuto il cervello, Lou?”. Il maggiore si massaggiò il ponte del naso tra il pollice e l’indice prima di sussurrare “E allora cosa dovrei fare, Zay?”. Harry se ne stava a dormire placidamente sdraiato per terra, sotto la finestra, coi raggi del sole che gli baciavano il viso ed il corpo. Louis aveva intuito che i gatti amassero il sole, perché lui aveva a disposizione un letto matrimoniale ed un divano e quello preferiva il pavimento. Strani sti ragazzi-gatto eh. “Cerca di guadagnarti la sua fiducia con piccoli gesti” propose l’amico; “Gli ho già preparato del latte e, indovina?, non era avvelenato! Che altro dovrei fare?”. Zayn urlò uno stupido nelle sue orecchie prima di riattaccare. Bene, era al punto di partenza. Un miagolio lo distolse dal flusso dei suoi pensieri e, già, doveva abituarsi a sentire quel suono strano. “Ben svegliato” disse Louis rivolgendosi ad Harry, ma se prima il ragazzo giaceva tranquillo sotto la finestra, adesso si era rifugiato sotto il tavolo della cucina, il più lontano possibile dal vetro. Il ragazzo dagli occhi blu sfoggiò un’ espressione stranita, per lo meno finché non notò per strada un uomo con l’uniforme del circo che si guardava attorno, alla chiara ricerca di qualcosa. “Harry” lo richiamò frettoloso, “va tutto bene. Nessuno può farti del male qui. Nessuno può raggiungerti qui dentro”. Ma il riccio si raggomitolò a palla sotto il tavolo, facendo ancora della coda il suo scudo. “Ti prometto che nessuno ti torcerà più un capello” sussurrò Louis avvicinandosi, ma il più piccolo continuò ad ignorarlo. “Vieni fuori” tentò di nuovo, solo per ricevere un soffio offeso e rabbioso in risposta. “Ok, se la metti così, verrò io” sentenziò deciso, accovacciandosi e scivolando sotto il tavolo della cucina. Poteva sembrare una cosa davvero strana, a vederla così: due ragazzi (uno dei quali con la coda) sotto un tavolo a proteggersi da nulla apparentemente. “Liam mi ha pregato di proteggerti, e io lo farò. Non perché gli devo un favore o cosa… Certo, lui è un buon amico. Ma lo farò perché voglio farlo” le parole sorpresero Louis stesso più che Harry, e si rese conto che era vero. Voleva stargli vicino, aiutarlo, fargli scudo col suo corpo se necessario, giacché lui le aveva viste le cicatrici che Harry portava dietro la schiena o sul petto. Perché? Non lo sapeva nemmeno lui, perché sembrava così innocente, indifeso e dannatamente bello che anche solo pensare che qualcuno potesse rivolgergli ancora un tocco rude lo mandava in bestia. Harry piegò un orecchio verso il basso, e con aria interrogativa emise un miagolio sorpreso. “Proprio così, micetto. Quindi per questa settimana rimani qui a casa con me, ho dei bei giochi per la playstation e un sacco di dvd; ti allontani dalle finestre e non apri a nessuno mentre io sono a lavoro” Louis stava facendo un elenco lunghissimo, che Harry non ascoltava minimamente, perché l’aveva chiamato in quel modo. Nel modo in cui in segno dispregiativo lo chiamava Simon, ma non c’era nulla di offensivo nel tono usato dall’altro ragazzo, anzi. Era carico di un immotivato senso di protezione, quasi affetto oserebbe dire se non sapesse che fosse del tutto insensato anche solamente pensarlo. “Che ne dici?” concluse Louis, e il riccio non sapeva a cosa si stesse riferendo però non gli importava. Si schiarì la voce, e in modo tremulo, alternando un miagolio ad un colpo di tosse disse “Grazie, Louis”.
Roca. La voce di Harry era profonda e roca, e creava pelle d’oca. Louis non sapeva se fosse così perché non parlasse da troppo tempo, o se fosse il suo timbro originale, ma hei! Gli aveva rivolto la parola! Senza pensarci sollevò una mano schiacciandola sulla sua massa indefinita di ricci, sfiorando le orecchie pelose (erano davvero strane al tatto). Harry arrossì sorpreso e “Troppo presto?” mugugnò il maggiore, ritirando la mano ma lasciando una carezza distratta sui capelli del piccolo. Harry annuì, ma stava sorridendo, per la prima volta davvero con tanto di fossette e denti bianchi. E Louis nemmeno se le ricorda le motivazioni per cui prendere un gatto non gli è mai sembrata una buona idea.
Non che da quel momento in poi Harry sia diventato logorroico, anzi. Se ne stava lontano da Louis, rispondendo alle sue domande con lievi miagolii d’assenso oppure cenni del capo. La sera stessa, però, qualcosa cambiò. Avevano cenato insieme, o quasi, Louis non aveva fatto che riempire Harry di chiacchiere ma quest’ultimo si limitava ad ascoltare o a ridacchiare per gli aneddoti più divertenti sull’ infanzia del maggiore. “Vediamo un film? Lo scegli tu” propose il ragazzo dagli occhi azzurri, e l’ibrido ne fu così irrazionalmente felice. Non aveva scelto niente della sua vita, tutti avevano fatto scelte al posto suo e anche poter decidere uno stupidissimo film da guardare lo faceva sentire meglio. Se si aggiunge che si trovasse in una casa calda, accogliente, con un ragazzo che faceva di tutto per farlo aprire, che gli preparava la cena e si era accovacciato sotto un tavolo per lui… Bè, si sentiva decisamente coccolato e per una volta, una sola, nella sua vita intera si sentì bene, si sentì… A casa? Annuì in fretta e si precipitò nel salotto a frugare tra la pila di dvd, Louis sorrise intenerito alla scena. Quando Harry tornò in cucina, reggeva tra le mani la copertina contenente il film. Miagolò piano per richiamare l’attenzione di Louis, chinato sul lavello a lavare i piatti; “Oh, hai fatto?” domandò retorico, sapeva che il più piccolo non gli avrebbe risposto. “Vediamo un po’” fece avvicinandosi e asciugandosi contemporaneamente le mani su uno straccio; “Love actually! Ottima scelta!” gli sorrise incoraggiante, “vai pure sul divano, mh? Prendo una coperta e arrivo”. Ed in poco si trovarono rannicchiati sotto il piumone di Louis, a debita distanza ovviamente, ad osservare un film che entrambi avevano visto mille volte. “È così palese che lui si stia innamorando” commentò il maggiore a metà del film, riferendosi a David, il personaggio che aveva il ruolo di primo ministro. Harry fece un miagolio confuso, chiedendo tacitamente perché? “Andiamo! Non vedi come la guarda? Gli si illuminano gli occhi, e Natalie è davvero stupida a non capirlo” sbuffò il ragazzo dagli occhi azzurri. Il più piccolo si schiarì la gola, attirando su di sé l’attenzione di Louis, ormai dimentico del film, “Non è stupida. È lui che si tira continuamente indietro”. Il liscio sbarrò gli occhi sorpreso, stava parlando! Harry stava parlando con lui di un film, e sì aveva decisamente la voce roca. “Non difenderla, micio. Se la tira davvero troppo”; Harry storse il naso ribattendo: “Lo fa solo perché sa che è sbagliato. Lui è un primo ministro e lei è una domestica. Non le sembra vero che qualcuno possa interessarsi a lei, perché è la verità. Se sei inferiore nessuno si interessa a te”. Louis lo fissò interdetto, non era più tanto certo che stessero ancora parlando di Natalie e David “Harry tu-” tentò il maggiore, ma fu interrotto dalla repentina domanda dell’ altro, “Sei mai stato innamorato, Louis?”. Il maggiore fece un sorrisetto amaro, “Sì, ma della persona sbagliata”. Il più piccolo parve rendersi conto del cambio d’umore dell’ altro perché fece volare la sua coda davanti alla fronte del più grande, facendolo ridacchiare. “Vieni qui, Haz” mormorò Louis, e l’altro lo guardò con un sopracciglio alzato. “Cos’è non ti piace? Ho deciso che sarà il tuo nuovo soprannome” il ragazzo dagli occhi verdi ridacchiò, avvicinandosi e posando la coda sul grembo dell’ altro. “Io sono Natalie, Lou” sussurrò prima di poggiare la testa sulla sua spalla. Il liscio gli accarezzò la coda in silenzio, mordendosi il labbro inferiore per non rispondergli che “Io potrei benissimo essere il tuo David”.
Louis, da bravo padrone di casa qual’ era, aveva ceduto il suo letto matrimoniale ad Harry, sacrificandosi e dormendo sul divano. La sera precedente non sembrava poi una così cattiva idea, ma quando la schiena di Louis cominciò a mandargli fitte di dolore, capì che non sempre l’ospitalità è la scelta giusta. Si stiracchiò, e si grattò in modo poco delicato il sedere unicamente fasciato dai boxer. Raggiunse la sua camera per prendere dei vestiti puliti, ma rimase impalato sulla porta quando si rese conto che nel suo letto c’era un fagottino di coperte bianche e peli che respirava ad un ritmo regolare. Sorrise, e in punta di piedi si addentrò nella stanza cercando di non svegliare il riccio. Prese dei jeans ed una felpa, e quando fece per tornare indietro, l’anta dell’ armadio andò a colpire il suo piede nudo, facendolo bestemmiare sottovoce. “Meow?” Harry si era sollevato, si stava stropicciando teneramente un occhio con la mano e aveva le orecchie pelose rizzate. “Scusa, non volevo svegliarti” esordì il maggiore, il riccio però non lo ascoltava, anzi, dopo aver notato la seminudità dell’ altro, era arrossito e aveva nascosto la testa sotto il groviglio di coperte. Louis rise forte, sedendosi sul letto, e infilandosi così più agevolmente i jeans. “Puoi venire fuori adesso” gli disse una volta vestito, ed Harry fece sbucare uno dei suoi penetranti occhi felini, ancora cerchiati dal sonno. “Sto andando a lavoro, tornerò per pranzo. Cosa ti va di mangiare?” domandò il liscio, spostandosi verso il comodino ed estraendo dal cassetto il suo orologio da polso. “Tonno!” rispose Harry, così su due piedi, senza nemmeno pensarci perché era stanco della sbobba che Simon e il circo gli rifilava. Louis rise perché... Tonno? Era proprio un gatto! “D’accordo. Finché sono via, stai lontano dalle finestre e se suonano non rispondere a nessuno va bene?”; Harry miagolò in assenso, e Louis dopo avergli tirato per gioco la coda (facendolo soffiare) uscì di casa.
“Allora, com’ è la vita in un circo?” chiese Louis, seriamente interessato mentre seduto a tavola cercava con la forchetta e il coltello di vivisezionare il tonno arrosto che aveva preparato. Harry, dal canto suo, se ne infischiava delle buone maniere, e aveva affondato le mani nella prelibatezza, miagolando felice quando le sue papille gustative avevano riconosciuto il sapore tanto agognato. “Mh” mugugnò masticando, “Terribile se sei me”. “È vero quello che si dice sul fatto che droghino gli animali?” chiese il maggiore, “Se non fossero drogate, tu entreresti in una gabbia di tigri?”. “Ok, forse hai ragione” Harry gli sorrise vittorioso, con le labbra sporche, mostrando le fossette. “Smettila con quella roba” fece il minore imbronciandosi, indicando le posate che Louis si ostinava ad usare; “Non sono un cavernicolo, non uso le mani” fece spallucce il liscio. “Mi stai dando del cavernicolo?” Louis ridacchiò, e la coda di Harry gli colpì la nuca, “Hei!” si lamentò fintamente indignato. “È il metodo Styles. Cento per cento indicato se si tratta di pesce” il maggiore rise, e si arrese posando la forchetta e il coltello sul tavolo, guadagnandosi un miagolio felice. Diversi minuti dopo, mentre Louis lavava i piatti, il più piccolo giaceva allegro sul divano a pancia all’ aria muovendo le gambe aventi ed indietro, attorcigliando la sua stessa coda alle sue caviglie. “Lou” mugolò quando vide che l’altro era intenzionato ad ignorarlo ancora; “Mh?”. “Volevo fare una doccia stamattina ma… Mi sono reso conto di non avere vestiti” mise giù le gambe e si sedette composto sul sofà, visto che il padrone di casa stava arrivando; “Puoi prendere ciò che vuoi dal mio armadio, Haz. Se vuoi ti porto in qualche negozio carino e compriamo qual-” un soffio di rabbia lo interruppe. “C’è ancora il circo in giro” spiegò il riccio, “Non voglio che mi prendano di nuovo”. Louis annuì comprensivo, “Prendi tutto ciò che vuoi dal mio armadio allora, ok? Sempre che riesca ad andarti qualcosa”. Harry miagolò, mettendosi a pancia all’ aria e Louis ridacchiò “Certo che siete pigri voi gatti eh”. Quasi distrattamente, Louis fece passare la testa del mezzo gatto sulle sue cosce, ripensando alla mattinata, al lavoro da sbrigare ancora in ufficio e alla lavata di testa che gli aveva fatto il suo capo. Senza nemmeno accorgersene, aveva cominciato ad accarezzare i capelli di Harry, arricciando i suoi boccoli intorno alle dita, piegando i palmi delle mani a conchetta per accogliere le sue orecchie pelose e lasciarvi carezze distratte. Si rese conto di ciò che effettivamente stesse facendo solo quando un rumore gutturale graffiò la gola di Harry, facendogli vibrare il collo. Louis lo guardò sorpreso, con un sorriso divertito in volto, mentre Harry arrossì imbarazzatissimo e tirandosi a sedere, nascose il suo viso tra le mani. “Cosa… Cosa era quel suono?” chiese sornione il maggiore, “Niente. Niente”. Harry aprì uno spiraglio tra le sue dita mostrando gli occhioni verdi, e parte delle gote arrossate. “Mi stavi facendo le fusa, gattino?” continuò il liscio che non aveva la benché minima intenzione di cedere; “Ti odio, Lou” mormorò Harry, ma si lasciò abbracciare quando il maggiore gli si gettò addosso in una litania di CheCarinoCheCarino!
Louis gli aveva dato il permesso di fare quel che voleva mentre lui era a lavoro, anche giocare alla playstation. Harry aveva passato metà della mattinata a spulciare tra i giochi dell’ altro, senza preoccuparsi di rimetterli in ordine, poi era andato a farsi una doccia e aveva preso una delle felpe di Louis che pareva abbastanza larga. Quando il micio sentì la porta sbattere, si rese conto che forse aveva creato un po’ di disordine… E se Louis si fosse arrabbiato? Solo il pensiero lo faceva star male, perché era l’unica persona che lo faceva sentire bene, quasi amato. “Lou!” miagolò andandogli incontro in salotto; “Hei gattino” lo salutò il maggiore. “Uhm, qualcuno si è divertito stamattina” constatò Louis addentrandosi in salotto, “Sì, scusa. Metto a posto tra un attimo” come una furia passò correndogli di fianco, e il più grande fece appena in tempo a prenderlo dalla manica della maglia che indossava. “Hei, calma!” , solo allora Louis si rese conto che Harry stesse indossando quella che era a tutti gli effetti la sua felpa preferita (aveva lavato la soffitta per tre giorni, e poi sua madre gli aveva dato i soldi necessari per comprarla) e basta. Louis l’aveva comprata volutamente più grande perché adorava navigare nelle felpe, ma ad Harry stava in modo per lo più attillato (visto il suo fisico alto e slanciato), eppure era lunga abbastanza da coprirlo fino a metà coscia, nessun genere di pantaloni a nascondergli le gambe nude. Il maggiore arrossì un po’, messo a disagio da un corpo del genere, ma apprezzando anche la tenerezza disarmante del ragazzo. Harry gli sorrise, per poi voltarsi e andare a rassettare il caos lasciato in salotto, fu in quel momento che lo vide, e Louis avrebbe voluto urlare. Un buco, sulla sua felpa preferita! Un buco fatto intenzionalmente all’ altezza del sedere, per fare in modo che la coda di Harry fuoriuscisse, sventolando leggera. E stava davvero per farla, una di quelle sfuriate storiche che ti ricordi anche col passare degli anni, se non fosse che in quel momento Harry gli si avvicinò con i denti a mordere il labbro inferiore, e le mani a torturarsi tra loro. “Lou” cominciò incerto, fissando i suoi piedi nudi sul pavimento, “io non ho un telefono e… Ehm, ecco… Io vorrei sapere se potevi prestarmi il tuo per chiamare Liam. Non ho più avuto modo di sentirlo e vorrei, uhm… Ringraziarlo”. Il maggiore gli prese il mento tra l’indice e il pollice, facendogli alzare lo sguardo, una cascata di verde con tanto di pagliuzze gialle illuminò il viso di Louis. Ridacchiò, prima di poggiargli un innocente bacio sulla punta del naso, che fece arrossire oltremodo Harry; “È sul tavolo della cucina, puoi chiamare chi vuoi in qualsiasi momento”. Detto ciò, Louis si mise ai fornelli, lasciando ad Harry la sua privacy. Il riccio, comunque, comparve un quarto d’ora dopo, sorridendo. Abbracciò il maggiore da dietro, e gli riversò addosso una cascata di graziegraziegrazie. “Ti dispiace se domani sera vengono Niall e Zayn a cena?” domandò Louis nel bel mezzo del pranzo, e Harry si rabbuiò un po’. Ormai il liscio era abituato al suo essere e temeva che gli altri non l’avrebbero accettato, o peggio avrebbero spinto Louis lontano da lui. “Erano con me al circo quella sera… Non ti giudicheranno Haz se è questo di cui ti preoccupi” Harry allora annuì, rincuorato dal fatto che sapessero già con chi avessero a che fare.
Harry non lo sapeva bene il perché, ma Louis riusciva a tirargli fuori il meglio di sé. Riusciva a farlo ridere, a farlo parlare, a farlo star bene. La settimana in cui il circo sarebbe stato in città stava per volgere al termine, e Harry era un po’ spaventato che la fine di quei sette giorni, segnasse anche la fine di qualsiasi cosa ci fosse tra lui e il più grande. “Allora Manny la scimmia mi morse le dita, e io da allora non ho più provato a darle da mangiare” finì di raccontare a Louis, ridendo a più non posso, entrambi sdraiati sul letto matrimoniale. Il maggiore gli tirò un cuscino in faccia e “Sai che quasi ti preferivo quando non parlavi?” scherzò. Harry allora finse di prendersela, e gli attorcigliò la coda al collo, balzando su di lui fingendo di mordergli le guance. Louis rise forte, e prese ad accarezzargli le orecchie, facendolo scendere dal suo petto. “È tardi, Haz. Buonanotte” gli sussurrò, mentre quello già faceva le fusa. “Lou, ho sentito che c’è un temporale in arrivo… Non è che puoi restare a dormire con me?” chiese arrossendo, “Sai i gatti… Noi abbiamo paura di tuoni e lampi e… pioggia e quindi… se tu vuoi, se non ti va non importa cioè lo capis-“ ;“Va bene”. “Sì hai ragione, scusa non dovevo chiederlo. Facciamo finta che io non ti abbia detto nulla… Aspetta, va bene?” come sempre quando agitato il più piccolo aveva preso a farfugliare a ruota libera. “Ho detto va bene, Haz” ripeté il liscio, e per marcare il concetto si infilò sotto le coperte. Il riccio lo imitò subito dopo, e all’ inizio fu strano sentire qualcosa di peloso muoversi sotto le lenzuola, ma poi Louis si abituò anche alla coda di Harry. “Hei micio” lo richiamò dopo un po’ il maggiore. “La prossima volta, chiedimelo e basta, senza scuse. Perché la notte è stellata e ci sono trenta gradi fuori”. Il più piccolo arrossì furiosamente e schiacciò la sua faccia contro il petto di Louis, lasciandosi accarezzare, mormorando uno “Mhmh” d’assenso.
Quella sera, Harry aveva indossato un maglioncino verde bottiglia (che a detta di Louis si intonava perfettamente con i suoi occhi) e si era seduto composto sul divano aspettando l’arrivo degli amici di Louis. “Haz, non ti mangiano mica” commentò il più grande vedendolo così rigido. “Se non gli piaccio?” domandò invece insicuro; “Gli piacerai”. Il campanello suonò, costringendolo ad alzarsi, guardarsi intorno con aria agitata e sedersi ancora; Louis vedendolo scoppiò a ridere, si avvicinò a lasciargli un bacio affettuoso sulla guancia e corse ad aprire. “Lou!” lo salutò quello biondo, Niall gli aveva detto prima il maggiore. Quando li fece accomodare in casa, Harry voleva immergersi nel divano e diventare un tutt’ uno. “Tu devi essere Harry” fece una voce cristallina, e il micio sobbalzò. “Niall! Non spaventarmelo” lo rimproverò Louis, accettando la bottiglia di vino che Zayn gli stava porgendo. Il riccio esalò un miagolio lieve, e corse in cucina seguendo Louis, lasciando Niall con uno sguardo interdetto sul volto. “Va tutto bene, Haz” lo rassicurò quello, con una leggera carezza sul fianco, “adesso te li presento”. Le cena proseguì bene tutto sommato, Niall non faceva che riempire di domande Harry, che di tanto in tanto nascondeva la testa nell’ incavo del collo di Louis, per bearsi delle carezze e dei rimproveri (che il maggiore rivolgeva all’ amico) che ne derivavano. Zayn era più taciturno, ma gli aveva detto che adorava le striature sulla sua coda, quindi al riccio stava simpatico. Quando il campanello suonò, rimasero tutti un po’ interdetti perché effettivamente non stavano aspettando nessun altro. “Resta qui, intesi?” impose Louis ad Harry andando ad aprire. “Nick, ciao!” si sentì distintamente dalla cucina, e Zayn sbuffò mormorando “Ancora quel maniaco”. Nick si reggeva a stento allo stipite della porta di casa Tomlinson e puzzava di alcol. “Lou” mugolò avvicinandosi e posando una mano sulla sua spalla, Louis si scansò. “Ti serve qualcosa? Perché sono nel bel mezzo di una cena” lo interruppe. Il suo vicino di casa sbuffò, “Sempre impegnato, mh? Cosa devo fare per averti tutto per me una sera? Prendere un appuntamento forse?”. La mascella di Harry s’indurì a sentire quelle parole dalla cucina e strinse forte i pugni, Niall notandolo gli sorrise incoraggiante. “Nick, davvero, sarebbe meglio che tu andassi” sentenziò deciso il ragazzo dagli occhi blu. “Se mi dai un bacio me ne vado”, e oh andiamo! Era ovvio che Harry sarebbe stato geloso, ma soprattutto chi era i gatto tra i due? Lui o quella gatta morta di là che ci stava provando con Louis? Il riccio scattò in piedi pronto ad andare in salotto e urlare come una femminuccia isterica, ma Zayn lo bloccò. “Ci penso io” sussurrò, e si diresse verso il soggiorno; Harry sentì il mulatto dire qualcosa circa il fatto che lo stessero aspettando e che fosse diventato tutto freddo, e allora Louis colse la palla al balzo per mandare via Nick. Una volta tornato in cucina, il maggiore trovò il riccio quasi con gli occhi lucidi e Niall intento ad accarezzargli la schiena per tranquillizzarlo. “Cosa c’è micino?” domandò sedendosi affianco a lui, Harry scosse la testa ricacciando via le lacrime che stupidamente si stavano facendo strada per uscire. Il liscio gli indicò il suo grembo, ed Harry non se lo fece ripetere due volte, sedendosi in braccio al maggiore e godendo delle sue carezze delicate in quel punto preciso tra le sue orecchie. Quando la serata volse al termine, Harry si era addormentato tra le braccia del più grande, che l’aveva scortato nel letto e gli aveva lasciato un bacio sulla fronte. “Sembrate… Intimi” tentò Niall, vedendo Louis di ritorno dalla stanza da letto. “Vorrei vedere te a vivere con qualcuno giorno e notte. Per forza si diventa intimi” ribatté il liscio con una scrollata di spalle. “Sai che non intendeva in quel senso, Lou” lo redarguì Zayn; “Ok, noi… Sì, credo che lo siamo… Un po’?”. L’irlandese ridacchiò e lo salutarono prima di uscire.
Harry il giorno successivo si era alzato allegro come non mai. Perché? Oh bè, perché Louis aveva dormito con lui anche quella notte, nonostante lui fosse già addormentato e non gliel’ avesse chiesto. Lo sapeva perché l’altro lato del letto era sfatto, e abbandonato sul cuscino c’era il pigiama di Louis. Tentò di relegare nel profondo della sua mente il fatto che la settimana in cui il circo si tratteneva in città fosse quasi finita, non sapeva cosa sarebbe successo dopo. Dove sarebbe andato? Louis l’avrebbe voluto con sé? Tecnicamente Liam gli aveva chiesto di proteggerlo per il tempo di permanenza del tendone in città… Scosse la testa e fece volteggiare la coda nell’ aria, andando a farsi una doccia. La giornata trascorse con inesorabile lentezza, Harry non vedeva l’ora di vedere Louis, voleva abbracciarlo, bearsi delle sue coccole e non far niente in genere, perché anche non far nulla era speciale con lui. Per questo, quando all’ ora di pranzo il campanello suonò, non si insospettì: non pensò che Louis non aveva mai citofonato prima di allora, aprendo sempre con le chiavi, non pensò che il maggiore gli aveva ordinato di star lontano da porte e finestre. Aprì la porta, e si ritrovò davanti un ragazzo che decisamente non era Louis: alto, magro col fisico dinoccolato e i folti capelli neri. Lo riconobbe come Nick. Quest’ultimo di limitò a fissarlo allibito dopo aver notato le sue orecchie e la sua coda. Harry sbiancò, e con uno scatto secco chiuse la porta, imprecando sotto voce. Si raggomitolò sotto il tavolo della cucina, come il primo giorno, e lì rimase, imprecando, dandosi dello stupido e piangendo. Perché Nick l’avrebbe di sicuro detto a qualcuno, avrebbe chiamato il circo e lui sarebbe stato costretto di nuovo a quella vita miserabile, sarebbe stato costretto a vivere lontano da Louis. Louis che finalmente, aveva cominciato a fargli capire che lui fosse una persona e non un animale, che gli aveva rivelato di essere speciale, e che lo trattava come tutti gli altri, anzi, anche un po’ meglio a dirla tutta. Fu così che il maggiore lo trovò una volta rientrato, raggomitolato a palla sotto il tavolo con la coda a fare da scudo al suo corpo. Di nuovo. “Haz! Hei piccolo che succede?” si precipitò anche lui sotto il tavolo non appena percepì dei singhiozzi sommessi. “Lou” miagolò Harry ormai disperato, lasciandosi stringere dalle braccia forti dell’ altro. Il liscio gli prese il volto tra le mani, e asciugò con i pollici un po’ delle sue lacrime, ma quelle venivano in fretta rimpiazzate con delle nuove, più fresche e vivide. Louis si premette la testa di Harry sul petto, accarezzandogli i ricci e le orecchie, sussurrando una litania di “Va tutto bene”, “Ci sono qui io”, “Stai tranquillo, piccolo”. Non seppe bene per quanto tempo restarono in quella posizione, le sue labbra premuta contro la tempia del più piccolo, prima che tra singhiozzi alternati a miagolii tristi Harry gli raccontasse quello che era successo. “Potrebbe anche non dirlo a nessuno…” tentò Louis, e il più piccolo gli graffiò il polso con i suoi piccoli artigli, gli occhi pieni di rabbia “Davvero, Lou? Davvero? Tu terresti per te che un ragazzo con una cazzo di coda vive nella casa del tuo vicino? Eh?”. Il maggiore non reagì, lasciandolo sfogare; “Ti prometto che nessuno ti torcerà più un capello. D’accordo?”. Harry miagolò, e strinse la sua coda attorno al polso di Louis, il maggiore gli prese di nuovo il volto tra le mani e “Te lo giuro” sussurrò, a due millimetri dal suo viso. Harry aveva già chiuso gli occhi, perché a quella distanza scatta il bacio, è quasi certo che sia illegale tirarsi indietro ad una distanza così ravvicinata. Anche Louis, aveva chiuso gli occhi perché se era illegale lui di certo non voleva compiere tale crimine; si stava avvicinando, quando il cellulare prese a squillare nella tasca dei suoi jeans. Il riccio riaprì gli occhi, mettendo distanza tra di loro (con un certo rammarico a voler essere onesti) e Louis sbuffò prima di prendere il telefono, ma poi cominciò a tremare non appena il nome “Liam” comparve sullo schermo. “P-Pronto?” sussurrò tremante, mentre Harry di fronte a lui nascose il volte nell’ incavo del suo collo nel tentativo di inalare il suo profumo, che aveva il potere di calmarlo. “Louis! Cazzo! Porta via Harry da casa tua, ora. Stanno arrivando, Simon sta arrivando… Qualcuno li ha avvisati che lui si trova lì”, gli occhi azzurri del ragazzo si sgranarono, “Cerca di trattenerli… Almeno per cinque minuti. Ti prego Liam”. Harry si allarmò sin da subito, sentendo il tono così disperato di Louis, ma si limitò a fissarlo, ormai già consapevole che quella quasi settimana fosse stata una boccata d’aria frasca, ma che era arrivato il momento di tornare alla sua vita quella fatta di gabbie, fruste e spettacoli. Louis riattaccò e in men che non si dica telefonò a Zayn, gli spiegò in poche parole la questione e il suo amico si offrì di portare Harry a casa sua. “Anzi, facciamo uno scambio!” asserì il mulatto enigmatico, Louis non aveva tempo per tentare di capire cosa quelle parole significassero. “Ok, vieni fuori da qui” disse il liscio uscendo dal tavolo e portandosi dietro il riccio. “Zayn ti porta a casa sua e di Niall, così non ti troveranno quando verranno”, al riccio s’ accapponò la pelle “Stanno venendo qui?”; Louis annuì mesto. Prese la sua giacca e la mise sulle spalle di Harry, gli infilò un berretto di lana sulla testa per nascondergli le orecchie e gli ficcò la coda tra i pantaloni. “Solo per il percorso fino al vialetto” spiegò, “una volta a casa di Niall e Zayn potrai toglierla”. Il campanello suonò, e Louis quasi non ebbe un infarto. Guardò dallo spioncino e riconobbe il pakistano. “Vai. Vengo da te appena vanno via. Te lo giuro, piccolo” fece il maggiore aprendo la porta. Harry annuì e cominciò a seguire Zayn, ma la mano del liscio strinse prepotentemente il suo polso costringendolo a voltarsi. Harry emise un miagolio sorpreso, ed in un attimo le labbra del riccio furono catturate, completamente inglobate da quelle del più grande. La lingua di Harry era più ruvida e secca rispetto a quella di qualsiasi altra persona, sembrava quasi cartavetrata, ma aveva un sapore così buono che il maggiore fece fatica a staccarsene. “Fai attenzione, ti prego” gli sussurrò in un soffio, e Harry lo baciò di nuovo. Sembrava quasi impossibile, ormai, riuscire a staccarsi da lui ma era costretto a farlo. “Anche tu, Lou” bisbigliò prima di seguire Zayn e lasciarlo lì sulla porta.
Durante tutto il tragitto in auto, Harry tenne premute due dita sulle sue labbra, quasi a tentare di mantenere il sapore di Louis impresso lì, per sempre. Cercò in tutti i modi di non interpretarlo come un bacio d’addio, perché gliel’ aveva promesso che sarebbe andato tutto bene, e Louis le promesse le manteneva. Sempre. “Hei” lo richiamò Zayn, “tornerà a prenderti” e Harry semplicemente annuì, il cuore pesante e la testa posata contro il finestrino.
Quando il campanello suonò, Louis quasi sobbalzò. Non era ancora pronto, doveva farsi e rifarsi un discorso in testa prima di poterlo esporre, e se non gli avessero creduto? Scosse la testa, e si precipitò ad aprire perché farli aspettare troppo poteva destare sospetti… Ma anche aprire troppo in fretta? “Basta!” si impose mentalmente, aprendo. “Salve” proruppe una voce roca, proveniente da un uomo di mezza età con l’ intero corpo fasciato in un costume da circo di un rosso eccentrico; “Simon Cowell. Si domanderà perché sono qui! Le spiego subito, una nostra bestia è scappata dal circo e questo signore qui, dice di averla vista… Pensi un po’? Proprio nel suo appartamento!”. Solo allora Louis si rese conto della figura di Nick, alle spalle di Simon, e storse il naso riservandogli un’ occhiata di fuoco. Il ragazzo dagli occhi blu strinse forte i pugni, impedendosi di picchiare quella sottospecie di uomo che aveva davanti e che aveva osato chiamare Harry, il suo Harry, in quel modo brutale. “Non ho idea di cosa lei stia parlando” ribatté tranquillo, “Le do qualche indizio, mh?” fece Simon con quel sorrisino da prendere a sberle dipinto in faccia; “É una sorta di gatto, miagola, ha la coda… Perde pelo, fa le fusa lo sa cosa fanno i gatti, no? Ma è un ragazzo”. Louis sgranò gli occhi fingendosi impressionato “E lei crede che io tenga qui un ragazzo-gatto?”; “Se non è così non le dispiacerà farmi entrare”. Louis rise perché, “Lo sa che potrei denunciarla, sì? A lei e a quella faccia di cavallo là dietro?” Nick sobbalzò. “Confido nella sua benevolenza, oltre che nel fatto che domani sarò già in viaggio con la mia carovana verso Armthorpe” Louis stava quasi per sbattergli la porta in faccia, quando si sentì un miagolio netto provenire dal salotto. Simon lo guardò con aria accusatoria e con una spallata, mormorando un “Con permesso”, entrò in casa. Esattamente al centro del divano, in tutto il suo regale splendore, Mrs Fluffy stava lavando il suo candido pelo. Sollevò la coda, sorniona e scattò via dal divano, rifugiandosi sotto il tavolo della cucina (e davvero c’era forse una calamita-attira-gatti in quel punto!?). “Sa una cosa, signor Simon” pronunciò con voluto disprezzo Louis, “Quel ragazzo lì” disse indicando Nick, “Ieri si è presentato alla mia porta, ubriaco come una spugna. Non mi sorprende che il mio gatto gli sia parso umano. Quel che più mi sorprende è che lei, che immagino abbia tutta una serie di doveri ed impegni, perda tempo dietro un ciarlatano del genere”. Simon, imbarazzatissimo campò in aria delle scusa, lasciando casa Tomlinson, e quando Nick si avvicinò a Louis per parlargli, il ragazzo sollevò la mano in tono imperioso e disse “Sei una merda, Grimshaw”, prima di sbattergli la porta sul naso.
“Mi fa tenerezza” sussurrò Niall nell’ orecchio di Zayn, riferendosi al riccio che se ne stava in posizione fetale sul divano, la coda intorno al busto come a segnare un confine invalicabile. “Tra poco starà meglio” lo rassicurò il moro, e si avvicinò all’ ibrido, piegandosi sulle ginocchia per chiedergli “Ti va di bere o di mangiare qualcosa?”. Harry scosse la testa, e il luccichio di diverse lacrime si disperse sul divano quindi Zayn capì che era meglio lasciarlo solo. Niall sospirò, e il suo fidanzato gli lasciò un innocente bacio sulle labbra. Quando il campanello trillò, l’irlandese andò ad aprire felice, perché sapeva che sarebbe stato Louis, e sperava che avrebbe tirato su di morale il riccio. “Prendi questo essere demoniaco” esordì il maggiore, dandogli la gabbietta che conteneva Mrs Fluffy, e che lui teneva solo con la punta delle dita. “Non sai cosa ho dovuto fare per farla entrare lì dentro, preferisco mille volte il mio gatto” disse melodrammatico. “Lou?” sentì subito la vocina lieve, e arrocchita dalle lacrime che lo chiamava; “Hei, micetto”. “Lou!” Harry si sollevò dal divano e gli corse incontro, gettandosi tra le sue braccia. Louis lo sollevò senza problemi, leggero com’ era, prendendolo da sotto le cosce e facendogli incrociare le gambe dietro la sua schiena. “Perché piangi piccolo?” domandò lasciandogli un bacio sul naso, Harry scosse forte la testa, asciugandosi le lacrime col bordo del maglione di Louis che indossava. “Sei tornato” bisbigliò soltanto, “Te l’avevo promesso, no?” . Poi il micio fece congiungere le loro labbra di nuovo, e si goderono molto di più quel contatto, facendo scontrare le loro lingue, esaminando i loro palati, con le dita di Harry perse tra le ciocche lisce di Louis. “C’est l’amour” bisbigliò Niall, stretto contro il petto di Zayn, mentre Mrs Fluffy azzannava le sbarre della gabbietta, chiedendogli di tirarla fuori di lì.
Harry dormiva placidamente, il corpo fasciato dalla felpa preferita di Louis, che ormai gli aveva regalato. Il liscio gli lasciò un dolce bacio sulla punta del naso, prima di uscire dal letto e dirigersi in cucina per preparare la colazione. Si mise il grembiule e cominciò a preparare i pancakes per lui ed Harry. Era felice, Louis. Così, quasi in modo irrazionale, anche se una ragione c’era eccome ed era quel gomitolo di pelo che stava ancora russando sul suo letto. Due braccia mingherline gli cinsero i fianchi improvvisamente, e sentì una testa riccioluta posarsi sulla sua schiena. “Buongiorno Loulou” mormorò Harry schiacciando il suo nasco contro le scapole del maggiore. “Ciao, micetto” lo salutò l’altro. “Mi insegni a cucinare?” domandò il più piccolo posando il mento sulla spalla di Louis. “Proprio adesso? Perché io avevo altri piani per la mattinata” mormorò il ragazzo dagli occhi azzurri, girandosi nell’ abbraccio brandendo ancora la spatola per girare i pancakes. “Mmmh, tipo quali?” chiese innocentemente il riccio, e Louis gli lasciò un bacio dolce sulle labbra. “Tipo” un bacio, “Non fare niente tutto il giorno” un altro bacio, “perché è il mio giorno di riposo dal lavoro” ed un altro ancora. “Meow!” trillò felice Harry, mordicchiandogli il collo con i denti più aguzzi rispetto al normale, arrotolando la coda intorno al polso di Louis. E il maggiore l’aveva capito, che quello era il modo di Harry per essere un po’ debole, per regalargli un po’ delle sue insicurezze e aprirsi con lui, quindi non si tirò indietro e accarezzò dolcemente le orecchie pelose del piccolo, facendogli fare le fusa. Oggi era l’ultimo giorno della famosa settimana, la carovana di Simon era già partita, ma Harry non aveva più così tanta paura d’affrontare quella realtà, adesso. Finirono la colazione tra un bacio e l’altro, imboccandosi a vicenda e ridacchiando. “Lou” mormorò insicuro Harry, “La settimana è finita…”; “Lo so”. Il riccio gli sorrise, e il maggiore gli lasciò un altro bacio, l’ennesimo, all’ angolo della bocca; “Vieni, ti ho preso una cosa”. Il micio alzò le orecchie incuriosito e si lasciò trascinare da Louis fino alla camera da letto. “So che la settimana è finita e che… in un certo senso, puoi andare via quando vuoi adesso. Ma… Ecco io vorrei tanto che tu avessi questo. Poi, potrai scegliere qualsiasi cosa e davvero, me la farò andar bene” il ragazzo gli porse un pacchettino con tanto di carta rossa e fiocco dorato, e Harry piegò la testa incuriosito, facendo le feste con la coda. “Smettila, Haz! Mi fai vento” lo rimbeccò ridendo il liscio. Il più piccolo aprì il pacchetto, e i suoi occhi si riempirono di lacrime, non appena li riportò sulla figura di Louis. “È troppo eccentrico, forse? Scusa, lo sapevo dovevo prendere un braccialetto o qualche altra cosa. Non voglio che tu ti senta... un animale. Dio, ho fatto un casino vero?!” Harry rise perché da quando Louis era diventato così simile a lui? Lo zittì con un bacio, asserendo un convinto “È perfetto. Grazie Louis”. Poi gli mise la scatola tra le mani, e si voltò di spalle in modo che il maggiore potesse legarglielo dietro la nuca. “Ecco fatto”, quando si girò di nuovo, sul collo di Harry faceva bella mostra, appeso ad un filo rosso un ciondolo dalla forma rotonda, dorato, con un piccola incisione in corsivo: Louis. “Sembra tanto un collare” mormorò Harry giocando con il cerchietto su cui il nome del maggiore era in bella mostra; “Era quella l’ idea” ammise il maggiore arrossendo. “Ne ho sempre desiderato uno. Perché significa appartenenza e nessuno mi aveva mai voluto prima”, il liscio scostò le lenzuola sedendosi più vicino a lui e accarezzandogli dolcemente il viso. “Resta. Non andare via. Non adesso che potremmo uscire liberamente, mano nella mano, andare a comprarti vestiti nuovi, cercarti un lavoretto e fare tutte quelle cose che fanno le coppiette sdolcinate che io ho sempre odiato. Come Niall e Zayn!”. Il riccio si accoccolò sulle sue gambe, e gli lasciò un bacio dolce sul mento, “Solo se prometti di amarmi, sempre” bisbigliò arrossendo, “Anche quando ti graffierò l’armadio per farmi le unghie, anche quando troverai i peli della mia coda in giro per casa e quando darò fuoco alla cucina nel tentativo di farti delle omelette. Anche quando tossirò palle di pelo e inizierò a soffiarti se litigheremo”. “Sempre” proferì Louis convinto, “A partire da adesso” e così dicendo, fece stendere il corpo alto del riccio sotto il proprio. Harry prese a baciargli la carotide, mordicchiandogliela piano con i suoi denti aguzzi. Non c’era granché spazio per le parole, a voler essere onesti, perciò Louis si limitò a chiedergli il consenso con gli occhi, e il riccio a miagolare dolcemente in risposta. Il più grande prese a lasciare baci delicati su tutto il volto del micio, per poi sfilargli la sue felpa. Harry arrossì violentemente, e Louis gli morse il naso per gioco, facendolo ridere e imbronciare contemporaneamente. Il più piccolo continuò a lasciargli baci leggeri sulle labbra, aiutando il liscio a spogliarsi della sua maglietta. Quando, finalmente, Louis trovò spazio tra le gambe di Harry, una folta coda marrone gli solleticò il naso. Il maggiore rise, “E questa?” gli domandò prendendola tra le mani e accarezzandogliela, “Dove la mettiamo?”. Il suono gutturale della risata di Harry riempì la stanza, e il mezzo-gatto si protese per catturare di nuovo le labbra di Louis in una morsa. “Lo sai che sei bellissimo” proferì Louis, mentre scivolava pian piano dentro Harry, con la sua coda saldamente attorcigliata intorno al suo polso, “tutto nudo, tranne che per quel collare?”. Un miagolio leggero sfuggì alle labbra del piccolo, e “Lo sai che sei bellissimo sempre? Vestito, nudo, perfino in pigiama?” ribatté convinto. E Louis lo baciò ancora, alternando spinte a carezze gentili.
“Mi farai venire un’ irritazione sul polso” si lamentò Louis, quando la coda di Harry s’attorcigliò di nuovo su di lui. “Allora fai il bravo e torna a letto” mormorò il riccio, la faccia ancora schiacciata sul cuscino. “Sai che non posso, amore. Vado a lavoro. Ti lascio il pranzo nel microonde”, Harry si sollevò di scatto, gettandogli le braccia al collo e infischiandosene che i suoi nuovi boxer con le paperelle fossero ben visibili. “Mi hai chiamato amore, Loulou!” miagolò felice, baciandolo ovunque. Louis rise, e lo riportò sotto le coperte. “Sì, lo so. Lo so. Ci vediamo all’ ora di pranzo” il gattino aveva già gli occhi socchiusi e annuì vagamente, mentre Louis si piegava a lasciargli un bacio. Un bacio sulla fronte, uno sulle labbra e uno sulla targhetta sempre appesa al collo di Harry, col suo nome inciso sopra.
THE END