Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Ambros    18/05/2014    5 recensioni
[Surreal!Klaine] (Sì, l'ho appena inventato)
-“Non mi pare di averti nominato mio psicologo.” Borbotta Kurt, stringendosi le ginocchia al petto.
“Mi sto offrendo spontaneamente.” Ribatte l’altro con allegria. “È nel Manuale del Perfetto Cittadino, sai. Nella sezione Sospetti Suicidi.” Ammicca, e Kurt vorrebbe tanto che quella situazione surreale fosse soltanto un sogno. “Per l’ennesima volta.” Sbuffa. “Non mi sto su – ”
“Suicidando, sì, ho capito.” Lo interrompe l’altro con un gesto vago della mano. “Ma io sono comunque una persona sospettosa e sensibile, e se domani dovessi leggere sui giornali che un ragazzo si è suicidato lanciandosi sull’asfalto da venti metri di altezza, la mia coscienza da Perfetto Cittadino non mi lascerebbe in pace. Tanto vale che chiacchieri un po’ con me, quindi, no?”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sitting on the Edge - Until you popped up.



Kurt si accovaccia sull’asfalto e lascia che la tracolla si poggi accanto a lui; ne ha scelta una di pelle, vecchia e consumata, così da non doversene preoccupare. È la stessa che usa da cinque anni, per quanto si ricordi.
Si regge con una mano al basso sostegno di cemento che, assieme ad altri esattamente uguali, delimita la fine del cavalcavia, e si siede cosicché le sue gambe siano incrociate sull’asfalto di fronte a lui e il suo busto sia dietro la recinzione; e rimane semplicemente lì, a guardare il buio.
È tutto ovattato e soffice, nel buio, gli sembra quasi che non ci sia niente.
Gli alberi, le strade, i lampioni, i problemi, gli insulti, la morte, la vita.
Niente.
I ricordi, i sorrisi, gli sguardi, le lacrime, le parole, la fatica di sopravvivere ogni giorno.
Niente.
A Kurt piace così. Ogni tanto ha bisogno del niente che gli invade i polmoni e lo stomaco, facendolo sentire leggero come gli succede di rado.
L’aria fresca della notte gli passa tra i capelli, scompigliandoli un po’, e si stringe il cappotto attorno alle spalle per non sentire freddo.
Prende un fazzoletto dalla tracolla e se lo passa sul naso, lanciando un’occhiata all’orologio fine stretto attorno al polso: le 1.38. Nota con un certo grado di soddisfazione che è più presto del solito: magari riuscirà a tornare a casa in tempo per dormire qualche ora ed eviterà le domande insistenti di suo padre.
China la testa e il busto perché passino sotto la recinzione, stando bene attento perché la tracolla non cada, finché non si ritrova seduto sul bordo più esterno della strada, ad un metro scarso dal vuoto; non può fare a meno di sporgersi un po’ in avanti per osservare il buio e il profilo della strada che corre sotto di lui, sotto quel cavalcavia, e rimane ad osservarla quasi incantato.
Una corrente d’aria fredde lo investe dal basso, passando proprio sul suo viso, e gli fa scuotere un po’ il capo.
Prende di nuovo il fazzoletto dalla tracolla e se lo passa sul naso; la prossima volta dovrà coprirsi meglio, o rischierà di prendere la febbre.
Poggia i palmi delle mani sull’asfalto ruvido e si sporge un altro po’ in avanti, con un piccolo sorriso sulle labbra, che si sgretola in un’espressione impaurita e scettica quando sente una macchina inchiodare nella corsia opposta rispetto a quella a cui lui è più vicino: si volta con uno scatto, facendosi indietro, e la luce dei fari di una macchina scura di cui non riesce a distinguere il modello gli ferisce gli occhi, costringendolo a sollevare una mano di fronte al viso; qualche secondo dopo sente il rumore di una portiera che si apre con difficoltà, come se il guidatore stesse incespicando nel farlo, e può distinguere un’ombra che si muove concitatamente. Ha paura per qualche secondo, ma prende dei respiri profondi per calmarsi: cose del genere gli sono già successe, per quanto siano relativamente poche le macchine che passano di lì nel bel mezzo della notte.
L’ombra del guidatore si sposta di fronte ai fari, rendendogli impossibile distinguere i tratti del suo proprietario, e Kurt stringe istintivamente la presa attorno alla cinghia della tracolla, cominciando a pensare che dovrebbe alzarsi, per qualsiasi evenienza, ma una voce giovane e decisamente agitata lo distoglie dall’intento. “No, ehi! Non farlo, okay? Per favore, non c’è motivo per cui tu debba buttarti, sul serio! Qualsiasi problema tu abbia lo puoi risolvere! Ti darò una mano, se necessario, ma per favore, per favore, non – ”
Kurt alza gli occhi al cielo e scrolla le spalle, prima di tornare a guardare il buio di fronte a sé: sì, gli è successo altre volte. “Non voglio suicidarmi.” Interrompe quella voce con aria quasi annoiata, sistemando di nuovo la tracolla accanto a sé.
L’ombra di quello che, dalla voce, direbbe un ragazzo, si ferma e smette di gesticolare, visibilmente interdetta. “C-Come?” Balbetta. “N-Non ti vuoi suicidare?”
“No.” Si limita ad affermare Kurt con aria pacata.
“Oddio, meno male.” Sospira il ragazzo, passandosi una mano sul viso con aria decisamente sollevata. “Non so cosa avrei fatto se fosse stato così. Mi hai fatto prendere un colpo.” Dal rumore, Kurt deduce che si dev’essere appoggiato al cofano dell’auto: deve averlo davvero sconvolto. “Stavi andando piuttosto bene.” Lo rassicura sarcasticamente, voltandosi quel tanto che basta per rivolgergli un sorriso sardonico.
I fari gli rendono ancora impossibile distinguere i tratti esatti del suo volto, ma può intravedere dei capelli scuri e disordinati – probabilmente ricci – e una corporatura relativamente solida, per quanto accompagnata da una statura piuttosto bassa.
Il misterioso guidatore rimane in silenzio per qualche secondo, e incrocia le braccia sul petto: sta indossando solo una polo, deve star morendo di freddo. “Se non vuoi ucciderti” Gli chiede di nuovo, sospettoso. “Perché te ne stai seduto sul ciglio della strada?”
Kurt alza di nuovo gli occhi al cielo e distoglie lo sguardo da lui: di solito nessuno è così insistente. “C’è una bella vista.” Borbotta, sperando che se ne vada al più presto.
“Non stai solo cercando di convincermi ad andarmene, così poi potrai suicidarti in santa pace, vero?” Indaga il ragazzo, rivolgendogli uno sguardo inquisitorio che gli perfora praticamente la nuca.
Kurt sbuffa sonoramente. “Credi che sia stupido? Non mi ucciderei mai buttandomi sull’asfalto da venti metri di altezza!”
Il ragazzo boccheggia per qualche secondo, prima di avvicinarsi con passo incerto, affondando le mani nelle tasche dei jeans stretti e stringendosi nelle spalle – ora deve star davvero morendo di freddo. “Non è che così mi convinci ad andarmene.” Borbotta, accovacciandosi dalla parte opposta rispetto alla recinzione, probabilmente per essere ancora protetto dal solido cemento.
“Ti assicuro che non sto per suicidarmi.” Ribadisce Kurt, stavolta con maggior serietà. “Vengo qui quando ho bisogno di pensare. Quindi, puoi andare; non stai trasgredendo a nessun dovere del manuale del perfetto cittadino, tranquillo.”
“Pensare a cosa?” Gli chiede l’altro, sedendosi cautamente sull’asfalto, ignorando completamente il resto del discorso; Kurt lo fissa per qualche secondo con aria scioccata, voltandosi definitivamente verso di lui, e riesce finalmente a distinguere i suoi tratti: ha le labbra piene e il viso ben disegnato, i capelli ricci in disordine, i muscoli ben definiti sulle braccia scoperte e due occhi dal colore caldo e indefinibile, ma che gli sembra simile al caramello e alle foglie d’autunno. Una bella combinazione. Si perde in quella contemplazione così a lungo che, alla fine, l’altro ragazzo deve porgli di nuovo la domanda. “Pensare a cosa?” Ribadisce, sventolandogli una mano davanti al viso per riportarlo alla realtà.
“Non mi pare di averti nominato mio psicologo.” Borbotta Kurt, stringendosi le ginocchia al petto.
“Mi sto offrendo spontaneamente.” Ribatte l’altro con allegria. “È nel Manuale del Perfetto Cittadino, sai. Nella sezione Sospetti Suicidi.” Ammicca, e Kurt vorrebbe tanto che quella situazione surreale fosse soltanto un sogno. “Per l’ennesima volta.” Sbuffa. “Non mi sto su – ”
“Suicidando, sì, ho capito.” Lo interrompe l’altro con un gesto vago della mano. “Ma io sono comunque una persona sospettosa e sensibile, e se domani dovessi leggere sui giornali che un ragazzo si è suicidato lanciandosi sull’asfalto da venti metri di altezza, la mia coscienza da Perfetto Cittadino non mi lascerebbe in pace. Tanto vale che chiacchieri un po’ con me, quindi, no?”
Kurt lo squadra con aria scettica. “Sei un maniaco?” Gli chiede con aria seria, facendogli strabuzzare gli occhi. “Cos –?! Un maniaco?! Sul serio?!” Esclama, e sembra sinceramente offeso. “Ho la tua età!”
Kurt si stringe nelle spalle. “Non si sa mai.” E continua a scrutarlo con aria inquisitoria.
“No, no, non sono un maniaco. Per l’amor del cielo.” Borbotta quello, strofinandosi le mani sulle braccia nude.
“Meglio così.”
Rimangono in silenzio per qualche secondo, immersi nel buio ovattato della notte, i fari della macchina che illuminano l’asfalto dietro di loro.
“Quindi, a cosa stavi pensando?”
Kurt emette un verso esasperato. “Ma non ti arrendi mai?”
Lo sconosciuto si limita a scuotere il capo in un cenno di diniego con un sorriso sulle labbra.
“Nemmeno ci conosciamo!”
“In realtà, già ti conosco un sacco.” Ribatte l’altro con aria fiera. “So che non ti vuoi suicidare – a quanto dici tu, almeno –, so che la notte hai bisogno di pensare – forse perché non riesci a dormire – e per farlo vai a sederti sul bordo di un cavalcavia. Ah, e so anche che una volta un tizio si è fermato e ha cominciato ad importunarti perché aveva paura che ti saresti buttato!”
Kurt non può trattenere un sorriso a metà tra l’esasperato e il divertito mentre osserva l’espressione fiera dello sconosciuto, e pensa che è passato un po’ di tempo – un po’ troppo tempo, forse – dall’ultima volta che non è riuscito a trattenere un sorriso.
Il ragazzo gli sorride di rimando, visibilmente soddisfatto. “Quindi, ora che ti conosco, posso sapere a cosa hai bisogno di pensare che richieda una landa desolata, la solitudine e un finto suicidio?”
Kurt alza gli occhi al cielo, e sta per rispondere qualcos’altro di elusivo, quando la stanchezza di tutta la sua armatura un po’ lo blocca: che male ci sarebbe, a raccontarlo ad uno sconosciuto che non rivedrà mai più?   
“Ho iniziato a venire qui quando avevo tredici anni, subito dopo la morte di mia madre.” Parla velocemente, ma non gli sfugge la posa attenta che lo sconosciuto assume immediatamente. “Non riuscivo a dormire, e vagavo per casa mia quasi tutte le notti, ma dopo un po’ …” Scrolla le spalle. “Non so, credo di essermi annoiato. Così ho cominciato a uscire. E ho trovato questo posto: poco frequentato, non troppo lontano da casa mia. Praticamente perfetto. Mi aiuta a rilassarmi, credo. Sto qui un po’, poi torno a casa e riesco a dormire.” Gli rivolge un minuscolo sorriso. “Semplice.”
Lo sconosciuto lo osserva con attenzione, come se stesse davvero riflettendo sulle sue parole. “Ed è per questo che non dormi?” Gli chiede, con una delicatezza tutta particolare. “Per tua madre?”
“Mia madre. I problemi con i bulli. Sai, la sensazione di non farcela.” Snocciola, scrollando le spalle. “Le solite cose da adolescenti.”
“Non credi che parlarne con qualcuno sia più utile che con l’asfalto?” La gentilezza con cui pone quella domanda la rende meno impertinente, e Kurt non ne è davvero infastidito; se l’è chiesto anche lui un paio di volte. “Non trovo mai il modo. O la voglia, per quello che vale. Così è più semplice, no?”
“Forse.” Lo sconosciuto gli sorride lentamente. “Ma tentare non ti costa nulla. E stai andando bene, non ti pare?” Ammicca, parafrasando la frase che gli ha rivolto poco prima.
Kurt gli rivolge un gesto noncurante con la mano. “Tu non conti, sei uno sconosciuto. E non sono nemmeno totalmente sicuro di non starti sognando.”
Lui si mette a ridere, e Kurt non può fare a meno di pensare che abbia una bella risata. “Non stai sognando.” Gli assicura, ridacchiando ancora. “E, per la seconda volta, non siamo sconosciuti. Siamo grandi amici in fase di costruzione.”
Kurt ride – ride, era da una vita che non rideva così all’improvviso, come un’esplosione – perché quel ragazzo è completamente fuori di testa. “Sei pazzo, te l’hanno mai detto?”
Lui si limita a stringersi nelle spalle, lo guarda con quei suoi occhi dal colore rassicurante. “Oh, be’. Ho solo una mia genialità intrinseca che la maggior parte di voi comuni mortali non riesce a comprendere – povere menti infelici!” Si porta una mano alla fronte con fare teatrale.
Kurt inarca un sopracciglio con aria scettica. “Certo.” Commenta soltanto.
“Facciamo così.” Lo sconosciuto si alza in piedi spazzolandosi i jeans con le mani, e lancia un’occhiata dubbiosa al vuoto sotto il cavalcavia. “Ti offro un caffè. Io, uhm … Adorerei continuare a parlare con te, ma ho un po’ paura delle altezze, e qui …” Deglutisce, guardando di nuovo oltre la recinzione di cemento. “Siamo decisamente troppo in alto. Ma conosco questo posto aperto tutta la notte, fanno un ginseng buonissimo. Domani non c’è scuola, possiamo andare lì. Ti accompagno io.” Indica la macchina con un cenno del capo.
Kurt lo guarda con aria dubbiosa. “Sei sicuro di non essere un maniaco, uno psicopatico o uno schizofrenico, vero?”
Lo sconosciuto ridacchia e scuote la testa. “Sono sicuro.” Afferma con solennità, tendendogli una mano. “Coraggio. Potrebbe diventare il nostro appuntamento settimanale.”
“Ed ecco che ti eleggi di nuovo mio psicologo.” Commenta Kurt con una finta aria esasperata, ma afferra comunque la mano che l’altro gli sta tendendo dopo aver scavalcato la recinzione.
Lui si stringe nelle spalle. “Devo ottenere la spilla come Miglior Cittadino tra i Perfetti Cittadini. È un premio molto ambito.”
Kurt lo spinge leggermente su una spalla, e lo sconosciuto non lascia andare la sua mano. “Mi chiamo Blaine.” Gli dice, rivolgendogli un sorriso dolce.
Blaine. Lo sconosciuto si chiama Blaine.
“Kurt.” Risponde lui, senza esitare. “E ho uno spray al peperoncino nella tracolla.”
“Possiamo provare com’è nel ginseng!”






***
Note:
Bho.
Sinceramente, non so proprio cosa sia, questa cosa.
E' molto terribile?

Grazie comunque per aver letto.
Tanti baci e tante caramelle da un'autrice molto stanca. (:

 
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Ambros