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Autore: WishfulThinking    30/07/2008    18 recensioni
Non si era mai immaginato padre, Shikamaru: aveva pensato a una famiglia e a una moglie e a dei bambini, certo, ma…aveva pensato che avrebbe fatto tutto lei. Aveva pensato che fosse compito delle madri lavare, vestire e nutrire un bambino. Il papà c’era per giocare. Era stato così in casa sua: lui e suo padre ridevano parlando sottovoce dei modi autoritari di Yoshino, ma in fondo si sentivano persi ogni volta che anche solo rientravano in casa senza che lei ci fosse, insicuri sul cosa fare, come farlo, se sbagliare non sapendo. E lui si sentiva un po’ così, ora, si sentiva perso senza Ino; perso come forse si sentiva lei, in tutto quel bianco che la circondava. Sbuffò all’udire il pianto del bambino, un’altra volta: erano cinque mesi oggi che era nato; erano sette mesi che Ino non si svegliava. [Prima classificata al "Contest Maternità" indetto da Sweet Audy]
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi ha sempre affascinato la sua pancia

A Jacopo e Lorenzo, che mi fanno vivere ogni giorno la “cuginità

Alla mia Sakura, che maltratto in ogni fic

A tutte le persone che sono nella mia vita, e che non leggeranno mai questa fic.

 

 

 

Mi ha sempre affascinato la sua pancia.

Da quando eravamo piccoli e le alzavo la maglia, per farle il solletico e farla ridere. Dio, ho sempre adorato il suo sorriso, anche quando non lo avrei mai ammesso.

Quando le facevo solletico ed eravamo adolescenti, era solo per toccarla, per avere un qualche contatto con quel ventre che non era più carino, ma irriverentemente attraente.

E ora…ora non vedo l’ora di toccarle il ventre, mentre la vedo ridere. Le appoggio una mano sulla pancia e sorrido mentre lei mi guarda stupita e sorridente, ora che quel ventre è rigonfio del nostro amore.

 

Maternity leave

 

Una linea blu.

Una fottutissima linea blu.

Forse se inclina un po’ il bastoncino…

O forse semplicemente deve aspettare un altro po’.

Forse ci vuole più tempo.

Ma quale più tempo: Ino si ricorda benissimo di quando l’ha fatto con Sakura: la sua amica aveva saltato per mezza casa per un segnale chiaro la metà di quello che tiene in mano ora lei.

Cazzo.

Pensa.

Sakura si era lasciata andare a grida di gioia abbracciandola d’istinto e urlandole nell’orecchio quello che entrambe sapevano, mentre Ino ora se ne sta seduta per terra, il capo ciondolante di fianco a un water.

No, no, no. Non è vero, non è vero, non è vero…

Chiude gli occhi, frustrata, sentendo le lacrime salirle agli occhi. Stringe forte le palpebre per poi riaprirle, trovando sempre quella linea blu ad aspettarla.

Cazzo.

Cazzo!” impreca nervosa, sbattendo i piedi come quando era una bambina, piangendo e singhiozzando come se le avessero tolto il suo gioco preferito.

Non doveva andare così, diamine, non così!

Si era sempre sognata una casetta tutta sua, e un uomo che amava, e poi…poi un bambino. Poi.

Ino?” una voce incerta la chiama dal fondo delle scale mentre la ragazza avverte nettamente il suono della sua porta che si chiude. La bionda trattiene il respiro. In questo momento desidera solo scomparire.

Ino sei in casa?”

Vattene, hai già fatto abbastanza danni, pensa senza parlare.

Ino?” i passi di Shikamaru echeggiano per tutto il corridoio mentre sale le scale.

Vattene, vattene, vattene!

Ino, ci sei?”

Shikamaru la vede lì, senza neppure le forze di chiudere la porta nonostante non voglia davvero vederlo, con tutta se stessa, rannicchiata al suolo come quando erano piccoli e giocavano a nascondino. Solo che questa volta non freme per essere trovata. O forse no.

Ino?” sarà la quarantesima volta che la chiama nel giro di pochi minuti, e Ino si rimprovera mentre pensa che adora come lui dica il suo nome.

Ino” ripete lui, che sa l’effetto che le sue parole hanno su di lei, l’ha sempre saputo.

Si china accanto alla ragazza, la prende tra le braccia e la stringe a sé con una dolcezza smisurata, che in pochi sanno che possiede.

Che c’è, Ino?” domanda preoccupato, incerto su come muoversi.

“C’è che sono incinta! Del tuo bambino, Shikamaru!” e Shikamaru sa che dice la verità, lo sa come sa che prima di lui era vergine. Era vergine mentre raggiungevano l’estasi insieme, era vergine nonostante le malelingue le dessero della “facile”, era vergine malgrado lui credesse di non meritarlo, tutto quell’amore.

Urla la ragazza, liberandosi dalla sua presa e scappando in camera, rannicchiandosi sul letto e piangendo, sperando che lui non la raggiunga. Pregando che lo faccia.

Shikamaru rimane in bagno per un minuto buono, il test di gravidanza in mano e uno sguardo scioccato in volto.

Poi d’un tratto unisce le mani, fa combaciare le dita e pensa.

Pensa che non è così male.

 

Passa poco più di un mese, e sono sposi. Sposi che non si vedevano da sei anni, da quando il maestro era morto e Shikamaru si era trasferito a Suna. Sposi che si erano rivisti quando lui era tornato, la morte di Temari sulla coscienza e l’anima in pezzi, e lei li aveva raccolti uno a uno quei pezzi, li aveva cuciti insieme ritrovandovisi improvvisamente invischiata, senza apparente motivo, contro ogni evidente logica.

Sposi che avevano fatto l’amore la prima volta che si erano visti, che si erano amati come avevano sempre fatto senza mai dirselo, che in quella notte di amore avevano creato qualcosa, nel senso letterale della parola.

Quando si sposarono, Ino portava un abito bianco stile impero, per mascherare la rotondità che minacciava di spuntare sotto il suo seno. E Shikamaru era un uomo diverso, con un’espressione diversa. Forse, per la prima volta in vita sua, era davvero felice.

Si scambiarono gli anelli con pochi amici e i loro genitori a fare da testimoni, mentre le loro mani – entrambe le loro mani – sfioravano di continuo quel pancino appena protrudente, lo accarezzavano inavvertitamente mentre lo custodivano gelosamente.

 

Due mesi dopo Ino prova un dolore immenso, quando sente una fitta allo stomaco e contro ogni razionalità sa di cosa si tratta. Scalcia, urla e piange mentre nessuno le risponde, piange e prova di invocare un aiuto inutile, che non arriva.

Quando Shikamaru torna a casa, trova sua moglie in una pozza di sangue.

È morta. È assurdo ma è questo il primo pensiero che attraversa la mentre di Shikamaru, vedendo tutto quel sangue, e Ino in mezzo. La prende in braccio e corre in ospedale. E prega.

 

Prega per quaranta lunghi, lunghissimi giorni mentre nessuno riesce a fare niente per lei, se non toglierle dal ventre quel bambino e la speranza di averne un altro.

E lei è lì, stesa su un letto d’ospedale eppure bellissima, a respirare regolarmente senza aprire gli occhi. Mai.

Il quarantunesimo giorno lo chiamano al lavoro: Shizune arriva trafelata mentre se ne sta curvo su un rotolo di pergamena, addormentato dal poco sonno della sera prima. Perché quando va da Ino non dorme, la guarda tutto il tempo. La guarda e pensa a lei, al loro futuro, se ancora ce ne può essere uno, a quanto sarebbe stato amato quel bambino che ora ha la consistenza d’un sogno mancato.

“Shikamaru, svegliati, Shikamaru! Ti vogliono in ospedale!”.

Il ragazzo si alza, i suoi venticinque anni disponibili di nuovo a dargli tutte le energie che può richiedere la situazione, anche se ancora non sa di che si tratta.

Potrebbe essersi risvegliata. Potrebbe essere morta.

Fa appena in tempo a varcare la soglia dell’ospedale, dove tutti oramai lo conoscono, che Ayame lo trascina per un braccio verso la sala parto.

Che ironia.

Shikamaru non fa in tempo a chiedere spiegazioni che si ritrova davanti il volto pallido di Sakura, il suo sguardo supplichevole.

Non tenta nemmeno di parlare, vedendola stremata.

“Non c’è…abbastanza chakra” proclama la rosa, facendo una fatica tremenda a parlare.

Shikamaru le liscia i capelli e le fa segno di continuare.

“Voglio che viva, Shikamaru”sussurra mentre una lacrima le sfiora la guancia e il suo respiro si fa corto. “Voglio che questo bambino nasca e sia felice, per me e per suo padre. Tra poco lo vedrò…”.

Ino avrebbe pianto, si sarebbe dimenata e le avrebbe urlato tutta la sua frustrazione, ma Shikamaru se ne sta lì, ad ascoltarla.

Sa quanto dolore ha provato nell’apprendere della morte di Naruto, sa della sua disperazione nel figurarsi di crescere un bambino da sola; sa del suo dolore ora, a doversene separare.

“Voglio che lo cresciate tu e Ino” sussurra Sakura. “Si riprenderà” afferma convinta. E Shikamaru si ritrova a pensare quanto sia ironico che sia lei, quella che sta per morire, a tentare di consolare lui. Che seccatura le donne, hanno sempre ragione, sono sempre più forti.

“Si riprenderà” continua Sakura deglutendo a fatica “E sarete dei genitori meravigliosi per lui.

“Deve partorire ora, signorina Sakura, o non so se…” fa gentile Ayame, prendendo Shikamaru per mano, pronta a trascinarlo fuori dalla stanza.

“Lui resta” afferma la rosa mentre il medico entra “Sarà suo padre” afferma mentre Shikamaru le prende la mano.

E gli fa strano essere lì con la migliore amica di sua moglie, e gli fa strano aspettare questo bambino che non è suo ma che in qualche modo lo diventerà, e stringe gli occhi perché gli viene da piangere, perché non è giusto, perché dove sei Dio quando le cose sono così scompigliate. E incasinate. E senza senso.

Urla forte, Sakura, e di colpo Shikamaru è di nuovo in quella realtà che sa di lacrime e sangue, di nuovo lì, con una donna che non è sua moglie, ma che come sua moglie sta morendo.

La guarda mentre suda, si meraviglia in quanto impegno metta in quell’ultimo attimo d’amore prima della fine. E piange, Shikamaru, piange per sé e per lei e per quel bambino che non si sa se avrà una famiglia. Poi tra le urla strazianti di Sakura, una testa bionda, oltre il sangue e la placenta, fa capolino da dentro di lei e tutto per un secondo si ferma: il mondo smette di girare quando quel bambino viene alla luce e per un attimo tutto è bianco, ovunque.

Poi i parametri vitali di Sakura calano vertiginosamente, e i medici prendono il bambino e lo portano via.

Sorride anche ora, Sakura.

“Shikamaru…”.

Shh” lui le intima di tacere “Andrà bene, Sakura, andrà tutto bene”.

Starà benissimo con voi, non mi pento…”

“Sakura…”

“Non mi fiderei di nessun altro” afferma lei convinta. Poi deglutisce e aggiunge: “Vorrei tanto vederla. Ho ancora qualche ora, forse” sorride, e Shikamaru non ha mai visto nulla di più commuovente di una donna vicina alla morte e così vicina alla vita. Annuisce sapendo che non si può, e sapendo che non si può prende il letto mobile di Sakura e la muove in direzione della camera di Ino. Strana cosa, che fossero esattamente una sopra all’altra, con pochi metri a dividerle, con un filo sottile e imperituro ad unirle.

Quando finalmente arrivano, non visti da medici e infermieri, Sakura sorride. Ancora. Shikamaru si chiede come faccia, sapendo che deve andare. Shikamaru pensa che lui non ce la farebbe. Ma Sakura è una donna nel vero senso della parola. Sorride e prende la mano di Ino, coperta di tubicini.

Ino, tesoro…” comincia e, ora sì, le viene da piangere. Ma sorride.

“Sei ancora più bella di me” inarca leggermente le labbra, singhiozzando “Sarai una bellissima madre, un giorno. Perché io voglio che tu sopravviva, ci siamo intese? Io ora…io vado da Naruto adesso, ma tu devi restare qui perché Shikamaru è qui, e ti ama…”

È a questo punto che lui si allontana sentendo d’intrudersi in una conversazione troppo privata.

“Vedessi i suoi occhi mentre ti guarda: sono gli stessi che aveva al vostro matrimonio…Lo so che ora mi odierai, perché avevamo deciso di crescere i nostri figli insieme, e sarebbero diventati amici,e …La verità è che io sono sempre quella più debole, Ino. E che sarai tu a crescere i nostri figli, e cresceranno insieme. Avevamo ragione, dopotutto”.

“Signorina Sakura, non si può…” esclama Ayame, ma Shikamaru può vedere le lacrime che le annebbiano lo sguardo.

Shikamaru la trattiene ma non più di tanto, non vuole fare male al bambino che porta in braccio.

“Signorina Sakura…” ritenta l’infermiera mostrandole il fagotto.

Se lo guardo negli occhi non avrò più il coraggio di andare” sussurra lei.

Dallo a Shikamaru.” Mormora stremata. Poi continua a parlare all’amica mentre lei non la può udire: “Ino, se potessi vederlo. È così impacciato…ha così tanta paura…ha bisogno che tu gli dica cosa fare, come sempre. È una visione per cui vale la pena di svegliarsi, tesoro” conclude stanca, stanchissima.

“Posso stare qui?” chiede poi all’infermiera, che ora non ha il cuore di negarglielo.

Shikamaru si avvicina piano, e Sakura prende a cantare una melodia familiare al bambino che non la conosce, che non crescerà sotto il suo sguardo, che non la chiamerà mamma. Finché tutto, per un momento, non diventa bianco e il mondo smette di girare.

 

E bianche sono le notti che Shikamaru passa con un bimbo tra le braccia e una speranza nel cuore. La speranza che un giorno quel bambino possa avere una madre, una madre cui somiglia pur non avendo nessuna parentela. Che ironia, se avesse allegria in corpo riderebbe, ma non ride più da tempo. Culla quel bambino cantandogli canzoni che conosce appena, canzoni che sanno di lei, mentre lei sembra tanto lontana…mentre lei sembra dormire come il bambino che tiene tra le braccia.

Non si era mai immaginato padre, Shikamaru: aveva pensato a una famiglia e a una moglie e a dei bambini, certo, ma…aveva pensato che avrebbe fatto tutto lei. Aveva pensato che fosse compito delle madri lavare, vestire e nutrire un bambino. Il papà c’era per giocare. Era stato così in casa sua: lui e suo padre ridevano parlando sottovoce dei modi autoritari di Yoshino, ma in fondo si sentivano persi ogni volta che anche solo rientravano in casa senza che lei ci fosse, insicuri sul cosa fare, come farlo, se sbagliare non sapendo. E lui si sentiva un po’ così, ora, si sentiva perso senza Ino; perso come forse si sentiva lei, in tutto quel bianco che la circondava.

Sbuffò all’udire il pianto del bambino, un’altra volta: erano quattro mesi oggi che era nato; erano sei mesi che Ino non si svegliava.

 

“Posso darti un’aspettativa, Nara, lo sai” il ragazzo si alza sui gomiti, appoggiandovi la testa stancamente.

“La ringrazio, ma no”.

Il quinto Hokage lo guarda di traverso, indecisa sul da farsi: “So che non è facile per te: tra Ino e il piccolo Naruto, e…”

“Ho detto di no!” sbotta lui senza apparente motivo, aggiungendo “Grazie” sottovoce, frugandosi gli occhi.

Shikamaru si stava distruggendo e Tsunade lo sapeva. E non sapeva che farci.

“È…è l’unica cosa rimasta uguale, il mio lavoro” sussurra piano il ragazzo. E allora il Quinto Hokage posa una mano sulla spalla del capo della squadra strategica, relegato al ruolo d’ufficio dopo il matrimonio con Ino, e si ritrova ad avere pietà di quel ragazzo di vent’anni con tanti pesi sulle spalle. E si volta, e se ne va, mentre lui riprende a lavorare.

 

A quattro mesi Naruto mangia la sua prima pappa, pollo e manzo, che gli ha preparato la signora Yamanaka. Quella stessa signora Yamanaka che ha aiutato e sostenuto lui e Ino tutto il tempo, quella stessa signora Yamanaka che ora guarda quel bambino con gli occhi lucidi, che con occhi lucidi cerca i suoi, che senza parlare gli dice: "Se ci fosse stata Ino...", e "Sei così coraggioso...", e "Sono orgogliosa di te...", e "Ci sarò sempre, finché non tornerà lei. E anche dopo...".

Solo che Shikamaru, tutte queste cose, non le legge. Solo, nota quanto i suoi occhi assomiglino a quelli di Ino. E a come lui non ce la faccia, senza quegli occhi, non ce la faccia più da solo, ora che ha scoperto com'è stare con lei, per davvero.

Poi il bambino lo guarda, e sorride, e gli porge la sua manina che è così piccola, e così innocente...e Shikamaru sa che non è solo, nemmeno ora. Che una ragione per andare avanti c'è. Che quella ragione è quel bambino che sembra urlare il suo bisogno d'aiuto con quel sorriso, ancorare il suo cuore a quegli occhi chiari, chiedere la sua protezione con ogni movenza di quel corpo microscopico, strappare il suo amore così, essendo semplicemente quello che è, un bambino che non è il suo, ma che, ora se ne accorge, ama incondizionatamente per ogni pianto, per ogni sguardo, per ogni sorriso.

Dev'essere questo quello cui il libro di Ino si riferiva parlando di quella strana sensazione che si impadronisce di ogni genitore, una volta visto il suo bimbo. Di nuovo, lei. Di nuovo, quel bambino. Forse, in futuro, loro tre. Dio, ti prego...

 

“Nara! Nara!” sta dormendo di fianco alla culla, Shikamaru, quando Kiba lo sveglia di forza.

Che c’è?” sussulta col cuore in gola.

“Ospedale” sussurra il ragazzo “Ino si è svegliata”.

Per un attimo il mondo si ferma. Per un attimo Shikamaru giura che è un sogno, e Kiba lo abbraccia: “Si è svegliata, capo, si è svegliata!” esclama mentre le lacrime gli bagnano gli occhi.

Stavo tornando dalla missione e ho incrociato Ayame, e…avanti!”.

Shikamaru si carica tutto in spalla, si cura di non svegliare il bambino e lo solleva con una delicatezza infinita mentre Kiba lo fissa attonito.

Shikamaru lo guarda con aria interrogativa mentre armato di tutto punto fa cenno all’altro di aprire la porta.

“Non ti avrei mai immaginato così” alza le spalle Kiba “Se me l’avessero detto dieci anni fa…” sorride felice. “Andiamo” conclude.

Quando arriva in ospedale, Shikamaru ha quasi paura. Paura di guardarla negli occhi, di non vederla più come prima.

E se non si ricordasse più di lui?

E se gli chiedesse del bambino?

E se…?

“Shikamaru?” Ayame è stanca, ma felicissima mentre saluta con un bacio Kiba e prende in braccio Naruto, facendo cenno a Shikamaru di seguirla.

“L’abbiamo spostata in rianimazione, ma sta…è bellissima” termina l’infermiera ammirata.

“Chiede di te” aggiunge.

 

Shi-shika?” fa una fatica tremenda a parlare Ino, i muscoli facciali rilassati dopo il lungo periodo in cui non si sono mossi. Ma è proprio come l’ha descritta Ayame: bellissima.

Non sa che dire Shikamaru, così si precipita al suo fianco e prende a baciarla ovunque, mormorando: “Mi dispiace, amore, mi dispiace non essere stato qui, io…”.

Ma Ino lo interrompe, una mano sul suo capo: “Va tutto bene” mormora. Poi, più piano: “È passato tanto tempo pigrone…questa volta ero io che non mi volevo svegliare…” sorride.

In quel momento Ayame entra in stanza spinta da Kiba, un bambino strillante tra le mani: “Mi dispiace, ma non riuscivo a…”.

Mendokuse…” Shikamaru si alza e prende a sussurrare qualcosa al bambino, qualcosa che nessuno intuisce ma che deve servire, visto che il pianto cessa.

Quando si volta, Ino è in lacrime: “Shika, è…”

“È nostro figlio” afferma lui convinto.

Ino tende le braccia timorosa eppure determinata, come ha sempre fatto, come è sempre stata: la donna che lui ama.

Tende le braccia e stringe quel bambino dai capelli biondi e gli occhi azzurri tra le mani, come fosse il tesoro più prezioso del mondo.

Kiba fissa Shikamaru con sguardo interrogativo mentre Shikamaru gli fa cenno di tacere e Ino continua a contemplare quella meraviglia come fosse la prima cosa che vede una volta ri-venuta al mondo, con lo stupore dei bambini e la riverenza degli adulti: gli prende una manina e ne percorre le cinque dita con la propria, facendo scorrere la mano lungo il braccino proteso di quel bambino che istintivamente si stringe a lei. Lo scopre leggermente per contemplare le sue gambe, in carne e con gli anelli; sorride con una dolcezza inaudita mentre fa scorrere la mano lungo la sua pancia, e il bambino ride, e lei con lui.

“È  perfetto” sussurra cercando Shikamaru.

Kiba e Ayame se ne sono andati, e suo marito ha le mani in tasca, alza le spalle.

“Come…come l’hai chiamato?”

“Naruto”

“Gli somiglia”.

Segue un silenzio, pregnante.

“Shikamaru, dov’è Sakura? Non è ancora venuta a trovarmi”.

Cazzo.

Come fa adesso che sua moglie è viva, a dirle che la sua migliore amica è morta?

Passano pochi secondi e lei si morde il labbro. Ha sempre avuto questo dono, Ino, di leggergli dentro mentre lui la guarda con quei suoi occhi chiusi a tutto il resto.

"Va tutto bene" sussurra Ino mentre lui abbassa lo sguardo "È…Dio, questo bambino" sussurra. "Ciao Naruto" mormora a pochi centimetri dal volto del bambino, mentre una lacrima le scorre solitaria sul viso. Poi gli posa un bacio sulla fronte, e quando Shikamaru fa lo stesso gli sembra che già sappia di sua moglie, quel bambino.

H bisogno: parla lei, come sempre.è morta?

Un bacio sulla fronte e: "Stai attento, Naruto, non correre così..." Ino lo guarda con amore mentre il piccolo corre tra le sue braccia, poi torna all'albero di ciliegio che lei ha insistito per piantare [sentimentale], e di nuovo verso sua madre, che se ne sta seduta col suo vestitino lilla a fiori, mosso leggermente dal vento mentre già si scorge la sua pancia fare capolino tra la sue forme perfette.

Ed è così, Ino, perfetta.

Prende in braccio il bambino mentre lui la chiama: "Mamma, mamma, mamma!" e pare non sia mai stata più felice, Ino.

"Cosa ridi?" chiede lei guardando Shikamaru, che la osserva divertito "Solo perché nostro figlio preferisce me a te..." gli fa con una linguaccia.

Shikamaru scuote il capo: "Pensavo alla tua pancia. Hai lottato tanto aspramente per farla appiattire e ora che è più tonda di una palla, tu sembri la persona più felice dell'universo. Sei veramente incostante" fa con tono annoiato. Ma dentro sorride.

"Beh, non pensavo nemmeno di sposare te, ma poi mi sono adattata" ribatte lei, gli occhi sul bambino.

"Ti ho proprio sposata perché sai sempre come tirarmi su, amore".

Ino non risponde.

"Ino? Tutto bene?" chiede Shikamaru mentre Naruto si arrampica sulle sue ginocchia e gli occhi di Ino si spalancano.

"Mamma!" la voce di Naruto è stupita, non capisce.

E a Shikamaru viene in mente il medico, che gli dice che Ino non sarebbe più potuta diventare madre. E gli viene in mente Ino, che piange stravolta. E gli viene in mente il medico, che dice che Ino è incinta. E gli viene in mente Ino, che piange [di gioia].

"Ha calciato!" sorride Ino toccandosi il ventre. Prende in braccio Naruto, e prende la mano di Shikamaru, e accosta entrambe al suo ventre.

"Naruto, è la tua sorellina che fa ciao..." spiega. E Shikamaru si chiede come faccia ad avere sempre una spiegazione così assurda per ogni cosa, Ino. Così surreale. Così normale.

"Ino, non...come sai che sarà una femmina?"

"Intuito femminile" gli fa l'occhiolino lei. Poi aggiunge sottovoce: "Seccatura in arrivo, Nara. Questa è vivace come me" sorride mentre Shikamaru fa una smorfia e Naruto batte le manine. Poi una carezza al bambino e una al suo ventre.

"Sakura" sorride lei, e Shikamaru annuisce. Capisce. “Ti piace Sakura, Naruto?”.

Il bambino la guarda di sotto in su, le punta un ditino alla guancia e sorride: "Naluto e Cakula". Annuisce in segno di approvazione.

"Suonano bene insieme, vero?" chiede Ino, gli occhi leggermente umidi.

Il bambino ci pensa un po’, e dice che Naruto e Sakura suonano davvero bene insieme.

Ma che Ino rimarrà sempre il nome più bello del mondo.

Ino ride e gli passa una mano tra i capelli e il bambino ride, a sua volta. E Shikamaru si dà dello stupido, ma crede di essersi rammollito. E Shikamaru si dà del genio, perché aveva capito a dodici anni che quella era la vita che voleva.

E Shikamaru capisce che a volte Dio si scusa con gli uomini, e che quello è il suo modo di farlo.

 

 

 

Angolino autrice

Ecco qua! Che ve ne pare?

Devo ammettere che mi sono affezionata molto a questa fic, soprattutto (è strano, lo so!) ai momenti in cui c’è Sakura. Mi piangeva il cuore a scrivere del destino che avevo pensato per lei…Ebbene, the show must go on, ma mi sono commossa mentre buttavo giù la scena tra lei e Ino!

Spero che almeno un po’ sia piaciuta anche a voi, questa fic…Ovviamente, ogni segno del vostro passaggio è cosa molto gradita!

  
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