Parto con una piccola precisazione, due righe appena senza rubarvi troppo tempo,
allora, questa storia è stata scritta per il compleanno di Francesca, (FraAcida o Thepurpledoor per intenderci o completa estranea, non so come voi la conosciate, per me è il mio Fiorellino),
e quindi le seguienti parole sono dedicate unicamente a lei. Come sua è la storia del Girasole di cui leggerete poi, io ho solo cercato di darle un corretto e più adatto background.
Solo questo, per il resto della sbrodolata ci si becca a fine capitolo, per chi ci arriva e avrà la pazienza di leggere cioè.
Ah, sì, se cliccate sul titolo della canzone sotto i versi riportati a destra potrete ascoltarla, fatelo, a me piace particolarmente.
Buona lettura!
***
e per ricordarle che nessuna nuvola è impossibile da scacciare,
e nessuna ferita è impossibile da rimarginarsi.
Spero ti piaccia.
I’m reaching out
To let you know that you’re not alone”
Lullaby;
Nickelback
Quel pomeriggio stava spingendo
il più lontano possibile le All Star colorate nel cielo limpido, avrebbe
spiccato il volo, ne era certo, quel pomeriggio sarebbe stata la volta buona.
Sapeva che, se avesse lasciato andare le catene attorno alle quali erano ben
ancorate le piccole manine, sospinto dalle mille farfalle che gli inondavano lo
stomaco e gli facevano il solletico, avrebbe solcato l’azzurro, e assaggiato lo
zucchero filato con cui erano fatti i batuffoli di nuvole che si rincorrevano,
e parlato con gli uccelli che pigramente gli passavano davanti delle mille
avventure vissute, e sentito libero accarezzato dalla brezza mentre scappava
lontano ridendo allegro e spensierato.
I mignoli scattarono all’insù
abbandonando gli anelli che avevano stretto. Poi toccò all’anulare destro,
seguito con più titubanza dal medio, il pollice volò via, e quando fu il turno
di staccare completamente l’arto delle risa provenienti alle sue spalle lo
distrassero costringendolo, spinto da quella curiosità che più di una volta
l’aveva cacciato nei guai, a girarsi e tornare saldamente attaccato alla catena.
Di solito non si intrometteva
nelle faide degli altri bambini, non si metteva in mezzo né tanto meno cercava
di fare il paladino della giustizia, per quello c’era il tenero Liam – un anno
in meno di lui che sembrava già risentire della sindrome della crocerossina –
che si prodigava per soccorrere tutti i bambini che piangevano per le più
svariate ragioni e regalar loro sorrisi smaglianti. Eppure, quando i suoi
occhietti azzurri come il cielo che cercava invano di raggiungere, saettarono
verso la fonte di tutto quel divertimento sentì il bisogno di andare da quel
nanerottolo tutto capelli e tenergli la mano.
Guardando in alto con rammarico
rallentò la sua corsa fino a fermarsi. Pace, a volare ci avrebbe provato
un’altra volta. Le nuvole non avrebbero perso il loro dolce sapore e gli
uccellini, nel frattempo, avrebbero potuto catturare altre storie da
raccontargli in seguito.
Saltato giù dall’attrazione
preferita corse verso il gioco in cui aveva visto sparire il cespuglio marrone
con le lunghe gambe. Non prima, però, d’essersi fermato davanti ai compagni che
ancora stavano ridendo nel punto in cui avevano spinto e fatto cadere il
bambino.
«Sei davvero uno stupido Niall!»
sputò in faccia, con il suo vocino acuto, al biondino che era stato la causa
del rovinoso incontro con il terreno. «E
tu anche!» aggiunse spostando lo sguardo irato sul compare di Niall dai
capelli scuri e gli occhi color del fango, Zayn. Pappa e ciccia erano quei due,
dispettosi come una serpe malmostosa avrebbe detto la nonna di Louis.
Non perdendo altro tempo con loro
si affrettò a raggiungere il tubo colorato nel quale la sua missione si era
intrufolata. E lo trovò lì, tutto ricci, rannicchiato su se stesso, con il
volto nascosto tra le ginocchia, di cui uno sbucciato notò Lou. Rimase in
silenzio ad osservarlo per un poco, non sapeva cosa dirgli né come poterlo
consolare; lui, quando cadeva, più che piangere per il male, rideva sulla
ferita, la sciacquava con un po’ d’acqua, recitava una – ridicola ma
carinissima – filastrocca e tutto tornava come prima.
«Cosa vuoi?» borbottò il
bimbo dai ricci facendo sobbalzare Lou, che si immerse e rimase muto a fissare
le annacquate distese verdi che lo stavano studiando ed ispezionando da capo a
piedi.
«Ho visto che sei caduto, ed io…
Loro, Zayn e Niall fanno sempre così! Sono stupidissimi non devi ascoltarli!»
rispose aprendosi in un immenso sorriso smagliante, con un buco esattamente nel
centro per quel dente che il Topino si era portato via due sere prima.
«Sto bene, puoi pure andare anche
te a ridere con gli altri» mormorò tornando nascosto dietro la foresta di
ricci che gli cresceva in testa. Sbuffando si asciugò, con il bordo inferiore
della maglietta gialla, il naso sgocciolante. Ma Lou non si mosse, la
caparbietà aveva il suo nome.
«La mia mamma mi racconta sempre
una storiella quando piango per mandar via il male e le lacrime. Vuoi
ascoltarla?» propose arrampicandosi all’interno del tubo arancione per
andare a sedersi spalla contro spalla accanto al bambino dagli occhi verdi.
Quello scrollò le spalle senza spostare lo sguardo dai suoi piedi, tirando
nuovamente su con il naso producendo un fastidiosissimo suono di risucchio.
«Bene, allora lo prendo come un
sì!» esultò il castano apprestandosi a fare da cantastorie. «Allora, sei pronto? Questa è una delle più
bellissimissime eh! Devi sapere che il Girasole non è sempre esistito. Sì lo so
può sembrare una cosa strana ma è davvero così! Prima era solo una Margherita,
una Margheritona grande grande!, troppo grande rispetto alle altre tutte
piccole e fragili che la prendevano sempre in giro. Un po’ come succedeva al
Brutto Anatroccolo, la sai questa storia? Beh, magari poi ti racconterò anche
questa un’altra volta!
Però,
allora, quindi la Margheritona, stanca di piangere per le prese in giro e i
dispetti, se ne va via innamorandosi del Sole. Passano i giorni, e lei lo guarda
senza stancarsi lasciandosi accarezzare e coccolarsi dai suoi raggi e il suo
calore. Tu non farlo però! Io ci ho provato e mamma mi ha sgridato perché mi
stavo cuocendo gli occhi» si lasciò andare ad una piccola
risatina divertita. «Ed è così che
inizia a cambiare, la Margherita eh! Poco alla volta senza rendersene conto. Il
bianco diventa giallo, i petali da piccoli diventano grandi e forti
e il pistillo marrone. La notte si chiude per non farsi vedere dalla notte che
non le piace affatto, lei vuole solo il sole e sa, che ogni mattina, tornerà
sempre a trovarla per stare con lei.
Ecco,
tu devi fare come la Margheritona, devi voltare le spalle a tutti quelli che ti
fanno piangere e crescere per poi ridere sopra di loro. E tu sarai un
bellissimo Girasole splendente ed io volerò assieme agli uccelli raccontandoti,
la notte così non avrai paura, le storie che loro mi racconteranno dei loro
viaggi. Tu sarai fiore, io sarò uccello, amici per sempre, un po’ come noi da
adesso insomma!». Louis si fermò prendendo
fiato. Aveva parlato tutto d’un fiato per non perdere il filo del discorso, per
non essere interrotto e sbagliare qualche passaggio di quella storiella che
tanto gli piaceva e lo faceva sorridere.
«Ti è piaciuta? Non puoi dire di
no! È bellissima vero? A me piace tanto!» trillò allegro combattendo il
silenzio del suo strano interlocutore. Si era accorto che aveva smesso di
piangere, e questo l’aveva reso felicissimo. «Dai adesso usciamo! Voglio farti vedere quanto so andare veloce con
l’altalena! Nessuno può battermi! Vuoi provare?» chiese prendendo per mano
il suo nuovo amico trascinandolo fuori senza ascoltare le sue sommesse
proteste. Lo lasciò andare solo quando furono davanti al gioco e Lou prese
posto sul suo seggiolino.
«Io mi chiamo Harold, ma se vuoi
tu puoi chiamarmi Harry» disse timidamente il bambino passandosi una mano tra i ricci,
che sotto al sole risplendevano, sorridendo per la prima volta da quando Louis
l’aveva intravisto nel cortile. Anche lui mostrò di essere stato visitato dal
Topino dei denti con un buco che gli faceva fischiare le “s” ogni volta che
apriva bocca.
«Io sono Louis, ma se vuoi puoi
chiamarmi, Lou!» rispose scoppiando a ridere il maggiore mentre si issava
sul sellino nero pronto a tentare, ancora una volta, la sua conquista
dell’infinito azzurro.
Dall’interno della casa si
sentirono strani rumori: un tonfo, un’imprecazione, qualche borbottio e la voce
di Louis che urlava qualcosa di incomprensibile in risposta ad Harry.
Il riccio sospirò scuotendo i
capelli. Sempre il solito Louis, con la testa tra le nuvole, a rincorrere i
suoi pensieri nell’infinito azzurro che aveva rinchiuso negli occhi. Il sole
non glieli aveva bruciati nelle lunghe mattine che avevano passato assieme ad
osservarlo anzi, aveva conferito loro il colore della volta celeste e la sua
luce, quella luce che Harry si incantava sempre a guardare.
Con lo stomaco sottosopra Harry
si fece rigirare tra le mani il fiore che quella sera aveva portato a Louis,
piccolo regalo in ricordo della fiaba che anni addietro gli aveva fatto amare
il sole. E continuò, rimirando quei grandi petali colorati, rispecchiandosi più
che mai nel giallo che avevano acquisito rincorrendo il sole. Era sempre stato
girasole lui, nascosto sotto le altre margherite magari, e Louis era il sole che
l’aveva fatto innamorare e gli aveva dato la forza di cambiare per diventare
ciò che ora era. Grazie a lui tutto era cambiato, grazie alla sua amicizia era
cresciuto, con le sue storie aveva sognato, e con il suo sorriso respirava splendendo
come mai fatto prima.
«Facciamo a gara a chi arriva
prima su nel cielo?» domandò Lou, una volta che si fu staccato dalle
labbra del moroso, sorridendogli come gli aveva sorriso quel primo giorno nel
tubo colorato.
E avrebbe voluto rispondergli
Harry, dirgli che non avevano bisogno di rincorrersi come due bambini sulle
altalene per vedere chi arrivava più in alto nel cielo con le farfalle nello
stomaco che li faceva volare o, per lo meno, lui non ne aveva bisogno, perché
il suo cielo, quello personale, quello solo suo, quello dove sempre avrebbe
brillato il sole, già l’aveva trovato ed era rinchiuso in quegli occhi che ora
lo stavano guardando pieni d’amore.
***
E' piccola, e semplice, tanto semplice, e forse fin troppo dolce sul finale, ma a me
piace così e, intendo, di fluff non ce ne è mai
abbastanza.
E quindi nulla, una piccola precisazione sul titolo che non avevo
voglia di far sopra, a parte che è stato un parto trovarlo e ne
ho vagliati una cosa come settordici e fino all'ultimo non mi sono
decisa a metterlo, beh allora dicevo, "lullaby"
è palesemente ripreso dalla canzone che ho citato la sopra
(l'avete ascoltata vero? Se non l'avete fatto muovetevi ad andare su
youtubo e farla partire, e intanto che ci siete ascoltatevi i
Nickelback in generale che non fa mai male! (pubblicità mode
on), se ne avete l'occasione guardate il video ufficiale di "Lullaby"e
non il lyrics, io l'avrò visto minimo cinque volte, mi riempie il cuore, ma ora torno
sul discroso di prima che mi sono persa dietro le mie parole, come al
solito aggiungerei). Quindi, riassumendo, "lullaby" è duvuto
alla canzone mentre "green"
(ecco qua riparte l'ennesimo discorsone senza capo ne coda,
perdonatemi), green o verde, è dato più per un concetto
ideologico, la folgorazione delle tre di notte quando non riesci a
dormire e non hai nulla da fare e inizi a divagare con te stessa su
qualsiasi cosa capiti a tiro insomma: il verde nasce quando il pennello
fa danzare assieme il
l'azzurro e il giallo, così come l'azzurro del cielo e degli
occhi di Louis si è andato a fondere con il giallo dei petali
del
Girasole (aka in questo caso il piccolo e paffutello Harry) dando
origine a questo colore. Mi
piaceva come idea, per esprimere la fusione e la necessaria presenza di
entrambe i ragazzi per far nascere qualcosa di nuovo. E poi, intendo,
se fosse tutto palese e già servito su un piatto d'argento...
Non so bene dove sto esattamente andando a parare quindi mi fermo prima!
E nulla, forse ho detto tutto, probabilmente manca la metà della
roba che avrei voluto dire e che in queste notti mi ero ripromessa di
aggiungere man mano che i giorni passavano, ma sono le 7.30 di mattina
capitemi! Devo ancora farmi la doccia e poi scappare a studiare che
domani ho il primo esame della sessione estiva e, oddio morirò!
T.T
Quindi penso che chiuderò qui questo strazio prima di umiliarmi ulteriormente e tediarvi troppo.
Grazie infinite per aver letto, grazie per aver avuto la pazienza di
arrivare fino a qua, e grazie a te Francesca per essere un'amica
meravigliosa che mi regala dolci sorrisi e delicati abbracci. Spero
questa storia ti sia
piaciuta, e di non aver deluso le tue aspettative, probabilmente ti
saresti meritata qualcosa di più articolato e pieno di colore,
anche senza probabilmente, ma penso che nella semplicità certe
parole valgano il doppio,e poi sai già tutto quello che devi
sapere!
Quindi niente, ciao, auguri, ti voglio bene e nulla io me ne vado addio
che sto arrossendo da sola come una pirla davanti allo scermo mentre le
parole si consumano lo spazio bianco tramutandolo in colorate linee
verdi piene di... Sì la smetto!
xx
Fee.
Io soggiorno da queste parti se voleste rintracciarmi e fare io non so cosa!
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