Serie TV > NCIS
Segui la storia  |       
Autore: scrittrice in canna    20/05/2014    5 recensioni
“Dove mi trovo?”
“Al Washington General Hospital. Era caduto in coma dopo un’incidente d’auto.”
“Incidente d’auto? Non ricordo.”
“Agente DiNozzo, stia tranquillo, è perfettamente normale che…”
“Agente? Di chi sta parlando?”
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tiva everywhere.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Andò subito a chiedere conforto ai suoi amici, si asciugò le guance umide di lacrime e raccontò tra i singhiozzi: “Non mi ha riconosciuta, non ha idea di chi sia, non sa chi è lui, non sa niente… ha lo sguardo perso, è spaesato, non è più lui.” Intanto Gibbs la stringeva a sé con una mano intorno alla sua spalla e il mento sulla sua testa sussurrandole: “Ehi, Ziver ricordati che andrà tutto bene.” Neanche le sue parole che tanto l’avevano aiutata in quelle dure settimane riuscivano a farla stare meglio.
 
A Tony erano stati restituiti gli effetti personali: una camicia, un paio di pantaloni, una giacca, il suo distintivo, la patente e il portafogli, un paio di occhiali da sole. Prese il portafogli e controllò il contenuto, in uno scomparto nascosto c’era una foto, la prese e vide una ragazza, con un cappotto e una sciarpa, di fronte a quella che sembrava un’edicola, in bianco e nero, ci mise un po’ a realizzare ma poi capì che quella era la stessa ragazza che era andato a trovarlo qualche minuto prima. Continuò il suo giro nella stanza e vide un vaso con delle rose nere al suo interno e un bigliettino vicino che riportava, in bella grafia:
 
Per il nostro agente molto speciale.
Ti vogliamo bene,
                      Abby, Gibbs, Ziva, McGee, Ducky, Palmer.
 
C’erano molte persone che gli volevano bene e si prendevano cura di lui e non riusciva a ricordare nessuna di loro, un po’ si sentiva in colpa, avrebbe voluto ricordare, ma non era nemmeno sicuro di come fosse finito in quell’ospedale, a stento sapeva il suo nome grazie alla carta d’identità che aveva trovato in quello che gli avevano detto essere il suo portafogli, non ricordava nemmeno suo padre o sua madre, la sua vita era fatta di stralci che si stavano formando nella sua mente, da sogni fatti durante il coma e ricordi condivisi tramite altre persone. Tutta questa consapevolezza di non sapere lo esasperava, decise di sdraiarsi e dormire anche se era solo tardo pomeriggio quindi tirò le tende e uscì per dire all’infermiera di turno di far entrare solo un’altra persona e poi mandare tutti a casa. Nel momento in cui mise piede fuori dalla porta tutte quelle persone senza nome drizzarono le orecchie, c’era anche lei, piangeva, non aveva dimenticato il suo nome: Ziva. Probabile che stesse piangendo per causa sua? Forse sì. Era convinto di averla vista da qualche parte, lo sapeva, l’aveva riconosciuta quando era entrata, certo non come Ziva, ma sentiva di conoscerla già. Una ragazza dai vestiti gotici si avvicinò a lui e lo strinse forte dicendo: “So che non ti ricordi di me, ma io sì e sono così contenta che tu sia vivo!” una lacrima bagnò il camice di Tony che si staccò dalla presa e le sorrise, lei si presentò allungando la mano: “Abby.” C’era il suo nome nel bigliettino delle rose. Le strinse la mano: “Scusa Abby, devo dire una cosa all’infermiera.” Quando si girò per comunicare con l’infermiera si sentì chiamare: “DiNozzo, il camice è aperto dietro.” Tony si girò e vide che un uomo dai capelli grigi seduto accanto a Ziva stava sorridendo sotto i baffi mentre la ragazza era arrossita e cercava di guardare altrove allora lui si girò e disse: “Sono molto stanco… è meglio che io vada a riposare ora…” era imbarazzato, molto e forse non avrebbe dovuto esserlo perché loro erano le uniche persone che erano andate a trovarlo e magari erano in qualche modo la sua famiglia.
 
Gibbs stava intagliando un aereoplanino nella sua cantina, solo fino a quel momento in cui Ziva arrivò, prese uno sgabello, lo piazzò d’avanti al tavolo da lavoro nell’angolo e prese un contenitore pulito, lo riempì di liquore e si mise a bere, senza parlare, non aveva voglia di parlare, se avesse parlato si sarebbe messa a piangere e lei non voleva piangere, non d’avanti a Gibbs, non di nuovo.
“Come stai?” Chiese lui senza guardarla.
“Non dovreste chiederlo a Tony?” rispose bevendo un sorso.
“Ho chiesto come stai.” Ripeté ignorandola.
“Non molto bene, quando non mi ha riconosciuta…” si bloccò per soffocare un singhiozzo, poi continuò: “…mi sono sentita come se l’avessi perso, probabilmente se fosse… -pausa- se non si fosse svegliato sarebbe stato meno doloroso.” Gibbs annuì mentre Ziva si lasciava andare sempre di più alle lacrime fino a non riuscire a fare altro che singhiozzare, a quel punto Gibbs si sentì in dovere di avvicinarsi e stringerla, le sentì dire, con la voce soffocata dal suo petto: “Lui… lui mi ha detto di amarmi e io… io…” Gibbs la allontanò quel giusto che serviva per vederla negli occhi e disse sorridendo: “Ehi, Tony ti ama ancora.”
“Io non gli ho risposto… ho solo sorriso. Lui… lui deve sapere.”
“Dagli tempo, devi solo dargli un po’ di tempo.”
 
Seduta sul divano della casa del suo capo Ziva stava cercando un film, uno di quei film che vedeva i venerdì sera liberi con Tony, uno di quelli di cui lui le raccontava tutto in modo che lei potesse passare tutto il film a parlare con lui, a scherzare, ma non ne trovò nemmeno uno, c’era solo un canale che funzionava: quello dei western e forse erano meglio di niente. Gibbs arrivò con due bistecche e due birre, li appoggiò sul tavolino e, con la bocca piena, propose: “Se vuoi puoi restare qui sta notte.” Ziva annuì: “Grazie.” Gli sorrise. Dopo nemmeno un'ora si era addormentata e Gibbs le aveva appoggiato una coperta sulle spalle, la notte era fredda e le aveva potuto dare sol una delle sue felpe per stare più comoda. “Tu dove dormirai?” chiese ancora mezza addormentata.
“Tranquilla.” Detto questo si sedette sulla poltrona con il resto della sua birra vegliando su di lei.
 
Nella camera del Washington General Hospital di Anthony DiNozzo regnava il silenzio, lui guardava la pioggia dal letto, incapace di prendere sonno o di chiudere occhio in nessun modo perché se si fosse addormentato non avrebbe avuto tempo per ricordare e lui voleva ricordare, voleva ricordare tutti, dalla ragazza gotica all’uomo con i capelli bianchi, ma soprattutto voleva ricordare lei perché, se lo sentiva, lei gli aveva dato molto da ricordare.
 





 
scrittrice in canna's corner
Oggi sono stata abbastanza produttiva >_> posso dichiararmi soddisfatta.
Sicuramente la settimana prossima aggiorno "Back to hte origins" il che, nella mia lingua, vuol dire: forse la settimana prossima comicnio a scrivere l'ultimo capitolo.  NONONO seriamente lo scrivo XD
E la settimana prossima aggiorno anche questa e, se tutto va bene, Sabato scrivo una OS per tenermi attiva u_u
Ditemi se il capitolo vi è piacuto, se lo volete meno incentrato sui Tiva o se va bene così o se ne volte di più, io vi concedo tutto! Vi dico solo che il mio intento iiziale era una Tiva con Gibbs papà ma quello si è visto, no? :3
DITE DITE E IO ASCOLTO :D
vostra
scrittrice in canna 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: scrittrice in canna