L'occasione fa
l'uomo ladro
“Comunicazione
alla sala operativa. 10-66 nella zona della Banca d’Inghilterra. Tutti gli
agenti in servizio si rechino sul posto. Possibile 10-14 a mano armata. Ripeto
–” Greg le rivolse un sorriso teso. “Lo abbiamo, Molly. Questa volta è nostro.”
Poi continuò la trasmissione.
Molly estrasse la Webley dalla guaina della custodia. Premette il pulsante di apertura del tamburo, inclinò il revolver in
maniera che la canna fosse rivolta verso il basso, inserì le cartucce e richiuse il tamburo.
Tutto sotto gli occhi di falco di Greg che scosse la testa con aria di
predica.
“Ancora quella vecchia cosa arrugginita, Molly? Quando ti
deciderai a
consegnarla a un museo? Sul serio, è fuori produzione da
decenni. Dovresti prenderne una d’ordinanza. Guarda la mia
Beretta. Lei sì che è una
ragazza a cui affiderei la vita.”
Molly accarezzò l’impugnatura a campana su cui le iniziali 'R. A. H.' andavano
sbiadendo. Era graffiata e consumata; il telaio e la canna erano diventate di
un nero lucido e consunto. Aggrottò le sopracciglia. “Era di mio padre e prima
di lui è appartenuta a mio nonno. Sono due generazioni di Hooper che le devono
la vita. Tre, se contiamo anche la mia. Non parlare di vecchio e demodé, Greg.
Non con me, non quando parli della mia pistola.”
Molly lo vide alzare gli occhi al cielo, ma non ci badò. Continuò a guardare la
pioggia che batteva sul finestrino dell’abitacolo, il mondo grigio e nero aldilà
dello strato d’acqua sferzante.
*
“Fermo dove
sei!” ordinò in tono imperioso e secco una voce femminile.
I suoi passi svelti risuonarono in un’eco spettrale sul marmo dei pavimenti,
contro le grandi lesene che inquadravano l’ingresso nei negozi.
La luce diurna andava smorzandosi. Visto attraverso la struttura di vetro e
ferro del lucernario, il cielo era plumbeo e disseminato di nuvole
temporalesche.
Il ladro si voltò con uno sguardo scintillante, di colore mutevole. Era
apparentemente disarmato. Indossava un completo di alta sartoria e mocassini di
pelle. Anche a dieci passi di distanza, l’odore delle sigarette le era
dolorosamente familiare. Dunhill.
Lui fece un inchino galante e rivolse alla donna che procedeva nell’atrio della
banca deserta un barbaglio del suo sorriso da furfante. “Ispettore Capo”,
salutò, impeccabile. “Devo sentirmi lusingato? Credevo che la nuova carica
ponesse un freno al tuo desiderio di stare in prima linea. Tra parentesi:
congratulazioni per la promozione.”
Molly tolse la sicura. Gli puntò contro la Webley. Lo aveva sotto tiro, ma il
sorriso di lui non subì mutamenti. Sembrava compiaciuto più che intimidito.
“Buona prova, ma questa volta è la fine. Sapevamo che avresti tentato il colpo.
La prevedibilità ti ha portato alla rovina. Alza le mani e tienile ben in
vista.” Molly trasse un respiro vibrante. “Sherlock Holmes, ti dichiaro in
arresto per i reati di porto d’armi, appropriazione indebita di opere d’arte e
furto -” S’interruppe al suono soffocato che proveniva da lui, come di… “Stai ridendo?”
“Chiedo perdono”, disse lui, scostando dal viso angolare le mani con cui aveva
tentato di occultare l’inappropriato sprazzo di ilarità. “Ma davvero,
Ispettore, mi aspettavo di meglio.” Il suo sorriso si fece disarmonico, appuntito;
divenne il sorriso beffardo di un lupo. “Cosa ti fa credere che io sia solo?”
“Ho quattro pattuglie poste attorno all’area e tiratori scelti pronti a
intervenire.”
Sherlock annuì, calcolatore. “Certamente, Ispettore e lo stesso sei qui, con
me.” Mosse le mani libere, sventolandole. “Niente manette ai polsi, vedi?
Libero fino a prova contraria.”
“È la tua ultima occasione, Holmes. Metti le mani bene in vista.”
“Credo di non poterlo fare, Ispettore.” Il suo occhio destro – di un azzurro
penetrante - ebbe un fremito impercettibile.
Molly si abbassò di scatto, prima che un colpo di avvertimento andasse a vuoto
e che una granata compattasse nello spazio tra loro. (“A terra, Molly! Giù!
Giù!” sentì che Greg le urlava nell’auricolare. “Non fare niente. Stiamo
entrando.”)
Sherlock stava già indossando una maschera antigas. Le indirizzò un’occhiata
imperscrutabile, oltre le lenti di protezione, quindi fece un cenno e il
cecchino appostato in un mezzanino lanciò la seconda granata.
Molly imprecò. Nella cortina fumogena della prima, vide che si trattava di una
stordente.
Greg insistette
perché lei rimanesse seduta e si facesse visitare dalla squadra medica.
Molly avrebbe voluto ringraziarlo, davvero, ma la sua premura stava sfociando
nell’assillante. Si massaggiò le tempie e lo stordimento che l’aveva intontita
per un minuto si fece vago, sfumato. “Bisogna avvisare, Noble”, fu la prima
cosa che disse, marciando verso le porte d’accesso della banca.
Greg aveva uno sguardo stralunato.
“Holmes sapeva che mi è stata offerta la carica di Ispettore Capo”, proseguì
Molly. “Si è congratulato.”
Greg la fermò quando stava scendendo la scalinata d’ingresso. La afferrò per il
gomito. “Ma tu non hai accettato quella promozione.”
Molly sospirò. “Per questo si è congratulato.”
“Come fai a capirlo così bene? Quell’uomo è un maledetto Uovo di Colombo.”
“Fa parte del suo fascino.”
“Hai sempre avuto un gusto per il macabro. Quindi talpe. Dei maledetti
infiltrati nell’INTERPOL.” Greg si passò una mano tra i capelli, frustrato. “Dannazione, non
dico che non mi saresti mancata, ma meriti quel posto e lo stesso lo hai
rifiutato e per cosa?”
“Per fare il mio lavoro.”
“Stronzate. Cosa direbbe tuo padre?”
Molly fermò il piede sinistro sul gradino in alto, si voltò ad osservarlo. “Ben
fatto, ragazza mia.” Sorrise. “Ha sempre odiato essere il Capo. Diceva che
toglie tutto il divertimento.”
La polizia di Scotland Yard aveva già recintato la scena con transenne di
sbarramento.
Da lontano Molly scambiò un saluto con il DI Donovan.
Sul piazzale esterno, si accorse di stringere ancora l’impugnatura della
Webley. La inclinò, premette
sull’estrattore e controllò che le camere fossero effettivamente vuote. Lo erano.
*
La finestra
della camera da letto era aperta. L’uomo in nero entrò, aspettandosi di essere
minacciato dalla canna di una pistola o che lei gli lanciasse contro qualcosa.
La donna nel letto non si mosse. Continuò a guardarlo.
L’uomo la fissò di rimando con i penetranti occhi blu-verdi che lo avevano reso
leggendario, contrassegno emblematico della mente acuta che li manovrava.
Sembrava un predatore mortifero e in effetti Sherlock Holmes aveva sempre
posseduto, per modi e apparenza, qualcosa di felino.
Le tende aperte lasciavano piovere dentro la stanza un’ondata di luce lunare,
bianca e farinosa. Quei raggi si posavano sulla pelle senza colore di lui, in
un contrasto delizioso con i capelli d’inchiostro.
Sherlock si avvicinò al letto con passo felpato e se Molly non lo avesse visto
muoversi in precedenza, non si sarebbe accorta della sua presenza. Scalciò via
le scarpe e si stese accanto a lei. Si sbottonò la giacca.
Molly gli fece spazio. “Non ti aspettavo.”
Lui si voltò a guardarla. “Non mi aspettavo che tu lo facessi.”
“Una sorpresa? Tu?” Molly sorrise. “Pensavo che odiassi i cliché.”
Sherlock le sfiorò la gola in punta di dita. “Malgrado la mia chiara posizione
in merito, io stesso spesso ne rimango vittima, ma per ragioni del tutto
sensate, che meritano un tale dispendio di energia.”
“E di amor proprio”, ribatté Molly.
Entrambi si spostarono in una posizione più confortevole. Molly gli poggiò la
testa sul petto e lui cominciò ad accarezzarle i capelli, un gesto del tutto
naturale e per questo tanto più straordinario considerato il soggetto. Rimasero
in silenzio, ognuno immerso nel proprio flusso di pensieri.
Fu lui il primo a spezzarlo. “Non credevo che saresti venuta”, disse in un tono
che non le riuscì di decifrare. “La cosa mi ha colto di sorpresa, lo ammetto.”
Si riferiva alla rapina in banca. “Sapevi che mi hanno offerto la carica di mio
padre”, rispose lei.
Sherlock annuì pensierosamente. Sfregò le labbra contro la sua tempia. “Dopo
l’eclatante caso Moriarty sarebbe stato sciocco da parte loro non farlo.
Sciocco perfino per i loro standard.”
Molly lo pizzicò al fianco.
Lui soffocò una protesta. “Mi ha sorpreso che tu abbia rifiutato”, proseguì
subito dopo.
“Perché?”
“Sarebbe stata la soluzione perfetta. Sei un Ispettore, lo sei nel sangue. Non
si può spegnere quel tipo di lealtà.” Per un attimo smise di toccarle i
capelli.
“No”, ribatté Molly, tracciando il contorno di una delle asole della camicia di
lui. “Non sarebbe stata la soluzione perfetta. Avrei dovuto ridurre
drasticamente le ore di pattuglia e la parte amministrativa non è mai stata il
mio forte. Inoltre avrei dovuto smettere di darti la caccia.”
“La Wembley era scarica oggi.”
“Te ne sei accorto.”
“E dici di volermi dare la caccia. Lei, Ispettore, è uno strano essere, del
tutto irragionevole.”
“Disse il ladro che andò a cacciarsi nella tana del cane da guardia.”
Molly piegò il collo per vederlo in viso e Sherlock sollevò un angolo di bocca
nell’ombra di un sorriso.
“Ha intenzione di darmi la caccia per tutta la vita, Miss Hooper?”
“Fino a quando non ti arresterò, Sherlock Holmes.”
E quello non suonava neanche lontanamente come una minaccia o una promessa: era
solo una dichiarazione d’intenti.
Se qualcuno
avesse chiesto all’Ispettore Molly Hooper come fosse accaduto che si fosse
innamorata di un ladro di fama internazionale, lei non avrebbe saputo cosa
rispondere. Forse, sin dal principio della sua carriera, quella caccia al ladro,
la smania di prenderlo erano stati solo l’origine di una caccia ben più intima
e personale, metafora di ciò che l’aveva portata a scoprire l’uomo dietro la maschera.
N/A:
Oddio, lo so,
lo so. È una pazzia, ma ieri notte non sarei riuscita a dormire se non l’avessi
scritta. Quindi, se potete, chiudete un occhio e perdonate le sconclusionatezze
di una povera insonne. In realtà questa è solo la bozza di un’idea che va
formandosi con esasperante risoluzione nella mia mente. C’è un Ispettore Capo
dell’INTERPOL (Arthur Randall Hooper) che dà la caccia al ladro per eccellenza
(Sherlock Holmes) e alla sua banda (John & Mary Watson), coadiuvato dalla
figlia che ha sempre desiderato seguire le orme paterne (Molly Hooper). Tutto
molto in stile Lupin e rapporto Batman/Gordon.
Non so se valga la pena scrivere una cosa del genere e non mi sono mai
cimentata in qualcosa di così complicato e fuori dalle righe che solitamente mi
faccio bastare. Il genere poliziesco non è esattamente il mio genere, ecco.
Spero che tutto sommato sia stata una lettura divertente. L’intento era quello ;)
Un abbraccio a tutti!