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Autore: Directioner_93    21/05/2014    1 recensioni
Cam, studentessa di medicina al college.
Louis, chirurgo quotato di Miami.
Una bugia che prima li unisce e poi li allontana per sempre. O forse no?
Leggete e scopritelo voi stesse :)
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Non si raccontano bugie deliberate, ma a volte bisogna essere evasivi" 

Margaret Thatcher






 
Natale 2012

La tipica cena di Natale trascorsa in famiglia. Eppure sentivo nell’aria che qualcosa non andava. Lo vedevo negli occhi sia di mio fratello che in quelli della sua ragazza. Si scambiavano rapide occhiate e poi parlottavano tra di loro, incuranti delle chiacchiere di mia madre e mio padre.
Li guardavo in silenzio, interrompendo il contatto visivo solo nei rari momenti in cui rispondevo alle domande rivoltemi dai miei genitori. Nel momento in cui mamma si alzò seguita da papà per prendere il dolce, decisi di chiedere cosa stava succedendo.
-Josh tutto bene?- gli occhi di mio fratello s’ingrandirono e guardarono la sua ragazza, che abbassò lo sguardo verso le sue gambe, trovandole molto più interessanti delle mie domande
-Si..- articolò a fatica mio fratello dopo un attimo di esitazione
-Sei sicuro? Guarda che con me puoi parlarne..- lo incoraggiai sorridendo, ancora un altro sguardo scambiato tra di loro. Ebbi la certezza, che qualcosa non andava.
-Beh.. ecco, Sarah è incinta- disse infine.
Un improvviso rumore di cocci ci arrivò dritto alle orecchie e voltandoci, trovammo i nostri genitori in piedi con la bocca spalancata e a terra quello che doveva essere il nostro dolce, ormai spappolato.
-Cosa?- balbettò mia madre, che stava lì lì per piangere
-Avevamo deciso di dirvelo alla fine della cena, ma ormai...- affermò Josh alzandosi in piedi – Sarah è incinta di due mesi, l’abbiamo scoperto il mese scorso- continuò rosso in viso
-E che avete intenzione di fare? Siete minorenni, non potete crescere un figlio da soli- iniziai sentendomi in dovere di aiutarli in qualche modo
-Cam che cazzo ne so? Un modo troveremo- rispose Josh tornando a sedersi
-Mamma, papà li aiuterete voi vero?- domandai rivolta ai miei genitori, noncurante del tono aggressivo di mio fratello. Tono che in altre circostanze avrei senza dubbio criticato e contro cui mi sarei scagliata.
Nella casa calò un silenzio di tomba. Nessuno parlava, l’unica che aveva qualcosa da dire ero, ma non trovavo le parole giuste per esprimermi.
Persi le staffe.
-Allora? Qualcuno può dire qualcosa per favore? Cazzo, si tratta della vita di un bambino innocente- strillai. Mia madre iniziò a piangere, mio padre consolava mia madre; Josh diceva qualcosa sottovoce a Sarah. Li guardai immobile, non era la reazione che mi aspettavo dopo le mie parole. Finalmente mio padre, dopo aver sussurrato qualcosa all’orecchio di mia madre e aver ricevuto il suo consenso, prese la parola.
-Vi aiuteremo noi, Josh-.
 
Giugno 2013

Camminavo per la clinica con il cuore in gola. Sarah era in sala operatoria da quasi due ore e nessuno sapeva cosa stesse succedendo lì dentro. Josh aveva la testa appoggiata sulle mani e sembrava stesse piangendo, cosa non da lui. I miei genitori sedevano poco distanti con un tè fumante in mano.
La nostra non era mai stata una famiglia unita, ma in certi momenti, in momenti come questo, avrei tanto voluto che lo fosse. Quando ero partita per il college l’anno prima, sapevo che questo non li avrebbe sconvolti più di tanto e infatti, il giorno della partenza, nessun pianto o scenata, solo un “ciao” detto freddamente seguito da un “mi raccomando, studia”.
Tornai con la mente alla sera di natale e pensai che poi per tutta la sera, non avevano fatto altro che parlare a coppie, lasciando me, sola.
Dalla porta in fondo al corridoio, uscì un dottore con il camice. Sembrava sereno e soddisfatto. Mi precipitai verso di lui, seguita a ruota da mio fratello.
-Allora dottore? Come stanno?- chiesi
-Tutto bene, il bambino è sano e la mamma sta bene, tra qualche minuto, potrete vederli- rispose allontanandosi poco dopo. Guardai entusiasta Josh, che aveva ripreso un po’ del colore e del contegno abituale. Ci abbracciammo stretti e quella, credo, fu l’unica volta che lo facemmo sinceramente.
Quando entrammo da Sarah, aveva un piccolo batuffolo stretto tra le braccia. Ci avvicinammo in punta di piedi e lo guardammo. Era piccolo, biondo e aveva un faccino paffutello.
-E’ bellissimo..- bisbigliai sorridendo commossa, la neo mamma mi sorrise e poi lo porse a Josh, che goffamente lo prese in braccio e lo guardò con amore – come lo chiamerete?- continuai
-Tom..- rispose Sarah – era il nome di mio padre- spiegò.
Poco dopo Josh mi chiese se avessi voluto prendere in braccio il piccolo, annuii con forza e lo presi
-Benvenuto Tom- dissi.
 
Giugno 2014

L’estate in cui Tom faceva un anno, i suoi genitori decisero che sarebbero partiti per un mese per le vacanze. Era l’anno del diploma e a loro dire, avevano bisogno di un po’ di riposo.
Amavano Tom, ma erano pur sempre due adolescenti.
Mi proposi come babysitter. Adoravo il mio nipotino e avevamo un bel rapporto, così per l’estate, invece di restare al college, come facevo abitualmente, tornai a casa.
Puntualmente ogni pomeriggio, portavo Tom con il passeggino, ad un parco vicino la spiaggia di Miami. L’aria era fresca, il sole alto nel cielo e gli uccellini cinguettavano allegramente intorno a noi. Un giorno mi sedetti su una panchina riparata da alcuni alberi e presi Tommy in braccio.
-Vuoi giocare un po’ con il sonaglino?- dissi con una voce da demente, tipica ormai quando parlavo con lui, il piccolo annuì e batté le mani entusiasta. Prese il piccolo giochino con le mani e iniziò a scuoterlo per sentire il rumore che faceva. Lo mosse un po’ troppo forte, perché il gioco, gli sfuggì di mano e cadde per terra poco lontano da noi – vedi che hai fatto?- gli chiesi ridendo e sbaciucchiandolo tutto – ora lo andiamo a prendere..- aggiunsi. Stavo giusto per alzarmi dalla panchina, quando una mano mi porse l’oggetto. Alzai gli occhi e incontrai gli occhi più belli che avessi mai visto in vita mia. Blu.
Blu come il mare, poco distante da noi.
Blu come il cielo, sopra di noi.
-Questo deve essere tuo..- esclamò il ragazzo mostrando i suoi denti perfetti in un sorriso mozzafiato
-Grazie- balbettai prendendo il sonaglino e arrossendo
-Come ti chiami piccolo?- continuò, Tommy invece di rispondergli, si girò dall’altra parte e si nascose dietro di me con un abbraccio – è timido?- chiese sorridendo ancora una volta.
“Se continua così, potrei anche morire d’infarto” pensai arrossendo di nuovo
-Si, è un po’ timido all’inizio...- risposi facendo poi voltare Tommy, che però  non aveva la minima intenzione di parlare con il ragazzo – Ehi Tommy, dì ciao a...- mi bloccai non sapendo come si chiamava la meraviglia davanti a me
-Louis- esclamò il ragazzo porgendomi la mano
-Camilla, ma puoi chiamarmi Cam- mi presentai – su Tommy saluta Louis- il bambino capendo forse che di Louis non doveva vergognarsi, lo salutò con la mano, mostrando i suoi quattro dentini, con un sorriso.
-Ha il tuo sorriso..- disse il moro sedendosi accanto a me.
“Non ha da fare a quanto pare.. però, devo dire che è proprio un bel ragazzo. È anche elegante nella sua semplice camicia bianca e nei pantaloni beige.. oddio, non penserà mica che Tommy è mio figlio?” iniziai a pensare. Guardando Louis che giocava con Tommy, pensai che sarebbe stato anche un ottimo papà.
-Che fai tu nella vita?- mi chiese all’improvviso, mentre reggeva con la mano le chiavi che aveva dato al piccolo per giocare.
-Beh, vado al college, medicina- risposi – tu?-
-Deve essere difficile, studiare e avere un figlio..- disse
-Si, ma i miei genitori mi aiutano- mentii.
Non so cosa mi portò a dire che Tommy fosse mio figlio. Forse perché volevo che mi trovasse interessante, forse avevo solo paura di dimostrarmi una noiosa e comune ragazza di città. Fatto sta che gli mentii e me ne pentii nell’esatto momento in cui quelle parole, uscirono dalla mia bocca.
-Io sono il quasi primario nell’ospedale qui vicino- disse poi, rispondendo alla domanda che gli avevo fatto precedentemente – ho fatto carriera presto- terminò.
Subito dopo scoppiò a ridere per un’espressione buffa di Tommy.
-Ti piacciono i bambini eh?- chiesi unendomi alla sua risata, lui annuì
-Ho quattro sorelle più piccole e le adoro...il padre di tuo figlio?-.
Avevo una scelta da fare, o continuare  a fingere o dirgli che lui non era mio figlio.
-Il padre è andato via, quando ha saputo che ero incinta- scelsi di mentire, perché non potevo dirgli la verità. Mi piaceva e poi probabilmente non l’avrei più rivisto.
-Che pezzo di mer...- s’interruppe non volendo dire una parolaccia davanti il bambino – insomma mi hai capito- dissi infine sorridendo.
Quel maledetto sorriso, era di una perfezione incredibile. Il mio cuore accelerava i battiti ogni qualvolta ne faceva uno.
-E tu? Sei sposato, hai la ragazza?- continuai speranzosa di ricevere una risposta negativa
-No, mi dedico al lavoro per ora- rispose.
Parlammo per più di due ore. Era piacevole parlare con lui, era divertente, intelligente, buffo. Pian piano il vento si era alzato e comparve la luna nel cielo, ancora chiaro.
-Devo andare, tra poco Tommy deve mangiare..- dissi alzandomi dalla panchina – è stato un piacere conoscerti Louis-
-Anche per me Cam, spero di rivederti presto-
esclamò sorridendo – ciao Tommy- disse poi salutando il piccolo. Come se lui avvertisse che non l’avrebbe rivisto più, iniziò a piangere e ad allungare le mani verso Louis. Il moro lo accarezzò e cercò di farlo smettere, ma niente, continuava.
-Meglio se vado, ciao- senza lasciargli il tempo di dire niente, mi allontanai velocemente. Prima di svoltare all’angolo del sentiero, mi girai un’ultima volta e lo vidi che camminava con le mani dietro la testa nella direzione opposta. Sorrisi involontariamente e proseguii.

Il giorno dopo, alle quattro in punto, speranzosa di rivederlo mi risedetti sulla stessa panchina. E lui dopo mezzora puntuale, arrivò fischiettando.
-Ehi!- esclamò vedendomi – ciao Tommy, come stai oggi?-.
Quello divenne una specie di rituale per tutto il mese.
Ogni pomeriggio alle 4.30 ci incontravamo alla panchina del parco e parlavamo per delle ore. Venni a sapere che amava viaggiare, che gli piaceva fare surf, mangiare da far schifo e che era persino stato in una band da ragazzo. Lentamente mi innamorai di lui.
Aspettavo con ansia l’ora in cui l’avrei rivisto, mi vestivo sempre in modo carino e dettagliato per attirare la sua attenzione. Mi trovavo maledettamente bene con lui.
-Domani sera c’è una festa con dei colleghi dell’ospedale, vuoi venire con me?- mi chiese un giorno.
Il mio cuore perse un battito e poi arrossii vistosamente.
-Certo che voglio venire con te..- risposi sorridendo
-Perfetto! Allora se mi dici dove abiti, ti passo a prendere io- continuò, diventando anche lui più nervoso del solito; scrissi su un foglio di carta che mi porse, il mio indirizzo, e glielo diedi – non avrai problemi con Tommy?- aggiunse poi
-Oh no, no- balbettai agitandomi – lo terranno i miei-
-Bene, allora ci vediamo domani sera-
esclamò scompigliando i capelli al bambino – ciao, piccolino-. Prima di andare via mi diede un bacio sulla guancia e poi si allontanò, sempre allo stesso modo, mani dietro la testa e fischio sulle labbra.

Quando mio fratello e la sua ragazza tornarono, quella sera, il mio umore cambiò. Sapevo che non mi avrebbero lasciato Tommy per tutto il pomeriggio e che quindi la mia farsa non sarebbe durata ancora a lungo. Non volevo perdere Louis, era diventato così importante per me.
-Ciao tesoro- esclamò Sarah vedendolo e prendendolo in braccio – la mamma è tornata- il bambino la guardò senza capire, ero io la sua mamma per lui – perché guardi tua zia?- domandò
-No, è che siamo stati sempre insieme nell’ultimo periodo, quindi mi chiama mamma, ma lo sa che sei tu sua madre- provai a giustificarmi
-Adesso che sono tornata non ti lascerò un minuto- disse. E proprio mentre diceva quelle parole, capii che stavo per essere scoperta.

La sera dopo, alle 9 ero pronta.
Aspettavo Louis con il cuore in gola, sperando di essermi vestita in modo appropriato per la festa.
Ero abbastanza bella per lui? Ero alla sua altezza?
Mentre nella mia mente, frullavano tutti questi pensieri, mia madre annunciò che era arrivato un bellissimo ragazzo che mi cercava – Non sapevo uscissi con uno così..- disse.
Sorrisi con disprezzo e andai verso la porta.
Se mi ero innamorata del Louis con la camicia e i pantaloni beige, davanti al Louis con lo smoking restai imbambolata. Era semplicemente perfetto.
Appena mi vide, sorrise e tutto il suo volto s’illuminò. I suoi occhi divennero più intensi del solito.
-Sei bellissima- disse dandomi un bacio sulla guancia
-Grazie..- balbettai arrossendo
-Volevo salutare Tommy, prima di andare- continuò
-Ehm no, sta dormendo, lo vedrai domani al parco- risposi in fretta, chiudendomi la porta alle spalle.
Per tutto il tragitto, non fece altro che parlare. Louis era logorroico, ma almeno la cosa positiva era che tra di noi non ci sarebbero mai stati silenzi imbarazzanti.
-Siamo arrivati- annunciò fermandosi davanti un ristorante chic.
Appena entrati scoprii che era la cena d’addio del vecchio primario dell’ospedale. Andava in pensione, dopo oltre quarant’anni di servizio. Louis mi presentò a tutti i suoi colleghi. Erano la crème de la crème, dei chirurghi di Miami e per una come me che si laureava in medicina, era una specie di sogno che diventava realtà.
-Sei la ragazza di Louis?- mi chiese una donna non più tanto giovane, ma molto simpatica
-Ehm.. no.. sono una sua amica- risposi diventando paonazza per l’imbarazzo
-Peccato, siete una così bella coppia- ribatté lei allontanandosi delusa, probabilmente perché non c’era nessuna notizia piccante da poter poi raccontare.
Era appena andata via, quando Louis si materializzò vicino a me
-Che voleva la dottoressa Grey?- domandò molto vicino al mio viso per non farsi sentire
-Oh, beh, voleva sapere se ero la tua ragazza- risposi sempre più imbarazzata
-E tu che gli hai detto?- continuò sorridendo
-Di no, la verità- Louis stava per dire qualcosa, quando un altro signore anziano, lo portò via con lui.
Era il vecchio primario. Lo portò verso una specie di leggio preparato per l’occasione e fece un lungo discorso di ringraziamento a tutti i suoi colleghi, che ormai non erano più solo colleghi, ma amici. Alla fine del discorso, introdusse Louis, elogiando il suo lavoro all’ospedale e presentandolo come suo successore. L’intera sala esplose in un boato di applausi, fischi e ovazioni per lui. Mi unii agli altri, ero così fiera di lui, come se fossi davvero la sua ragazza.
Dopo strette di mano a varie persone, Louis tornò da me tutto rosso in viso.
-Non lo sapevano che sarei diventato il nuovo primario, l’avevo detto solo a te e alla mia famiglia- spiegò grattandosi la testa imbarazzato
-Congratulazioni ufficialmente allora!- esclamai abbracciandolo stretto.
Sarei potuta morire tra quelle braccia forti.
-Andiamo ti accompagno a casa- disse.
Mentre lo vedevo salutare, mi convinsi che prima di salutarci, gli avrei detto la verità. Non potevo continuare così, non era giusto per lui. Però nel momento in cui tornò da me e lo vidi così felice, pensai  anche che non potevo rovinare così la sua serata. “Glielo dirò domani!” pensai.

Davanti la porta di casa, si creò quel momento di silenzio imbarazzante, che mai avrei voluto affrontare. Per una volta lui stava zitto e io ero lì ferma, ad aspettare che lui dicesse o facesse qualcosa.
-Grazie per essere venuta- disse infine giocherellando con le mani
-Grazie a te, per avermi invitata- risposi altrettanto nervosamente
-Allora...buonanotte- continuò abbracciandomi goffamente
-Buonanotte- sussurrai contraccambiando. Quando mi lasciò andare, mi allontanai un paio di passi verso la porta. Ero delusa, speravo provasse almeno a baciarmi. Era un mese che ci conoscevamo ormai. In quel piccolo lasso di tempo, mi convinsi che probabilmente mi vedeva solo come un’amica e che non gli piacevo in quel senso. Stavo ormai quasi per inserire le chiavi nella toppa, quando sentii la sua mano sul mio polso. Mi voltai di scatto e lui si fiondò sulle mie labbra.
I pensieri di poco prima sparirono e lo baciai anche io dolcemente. Non era uno di quei baci, spinti o volgari, era semplice, morbido, casto. Esattamente come l’avevo sempre immaginato nelle ultime settimane.
-Mi dispiace, ma...- iniziò a dire, ma lo interruppi, baciandolo di nuovo
-Ho aspettato questo momento dalla prima volta che ti ho visto- bisbigliai sorridendo.
Restammo in quelle condizioni per non so quanto tempo, mi sembrarono ore, invece probabilmente, erano passati solo alcuni minuti.
-Ora vado davvero, ci vediamo domani al parco- esclamò ridendo – da un bacio a Tommy da parte mia- il sorriso che si era formato poco prima sulle mie labbra, svanì e annuii. Lo salutai ed entrai.
Mi appoggiai contro la porta e respirai a fondo. Ma in che situazione mi sono messa?

Contro le mie aspettative, Josh e Sarah, mi fecero portare Tommy al parco il pomeriggio. Tra me e Louis, le cose erano cambiate e anche il bambino se ne accorse. Quando ci baciavamo, lui iniziava a battere le mani e rideva contento.
-Gli piaccio..- esclamò il moro prendendolo in braccio e baciandolo, sorrisi e li guardai.
Louis voleva bene a Tommy, ma Tommy non era mio figlio.
Un mercoledì mi svegliai con la febbre alta. Visitandomi il medico, mi disse che avevo preso l’insolazione e che era preferibile se per un paio di giorni restavo a riposo. Mi prese il panico, perché dovevo vedere Louis, ma la febbre era talmente alta che dormii per tutto il giorno. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti.
Verso sera, mia madre entrò in camera mia, portandomi del brodo caldo.
-Faranno quaranta gradi fuori- mi lamentai alzandomi a sedere nel letto
-La temperatura è scesa, ormai è tardi e poi tu stai male- disse
-Come è tardi? Che ore sono?- chiesi allarmata
-Le 8 Cam- rispose lasciandomi il piatto sul vassoio
-Tommy non è andato al parco oggi vero?- continuai
-Si, ce l’hanno portato i suoi genitori- iniziai a sentire male alla testa, iniziai a sudare
-Chiamami Josh per favore- mia madre senza capire cosa stesse succedendo, acconsentì e uscì dalla stanza, due minuti dopo, fece il suo ingresso mio fratello
-Che succede Cam?-
-Avete incontrato qualcuno al parco? Avete parlato con qualcuno?- chiesi in preda ad una crisi isterica
-Si, un ragazzo.. ha parlato con Tommy e un po’ con noi-
-Come si chiamava?-
domandai ormai spacciata
-Louis, mi sembra- il mondo mi crollò addosso
-Gli avete detto che eravate i genitori di Tommy?- Josh annuì e fu in quel preciso momento che desiderai morire. Mandai via Josh, alquanto sconcertato e presi il telefono dal comodino.
Non sapevo cosa mi aspettavo, forse un messaggio pieno d’odio, una chiamata. Fatto sta che aspettai per tutta la notte, attaccata al cellulare, ma Louis non mi cercò.
Solo verso la mattina, mi addormentai, ma feci un sogno orribile e mi svegliai di soprassalto.
Mia madre entrò nella mia stanza e dopo aver controllato che non avessi più la febbre, mi diede una busta bianca chiusa –l’ho trovata stamattina nella cassetta- spiegò.
Non c’era il mittente, non c’era un indirizzo, c’era solo il mio nome scritto sulla busta. L’aprii e trovai una sua lettera.
 
Cara Cam,
non so perché in un’epoca come la nostra, in cui la tecnologia regna sovrana, ti sto scrivendo questa lettera. Forse perché le lettere esprimono meglio di un messaggio, i sentimenti delle persone.
Sono molto arrabbiato con te, non so perché tu abbia deciso di mentirmi su Tommy. Credevi forse che se avessi saputo che lui era solo tuo nipote, ti avrei snobbata? O non ti avrei parlato? Mi sono talmente affezionato a lui, che quando credevo fosse tuo figlio, avevo deciso di adottarlo, se noi ci fossimo sposati. Ma sai mi hai profondamente ferito. Mi sono aperto con te, ti ho lasciata entrare nel mio cuore, nella mia vita, giorno dopo giorno e l’unica cosa che ho ricevuto in cambio, sono state un mucchio di bugie. Cos’è che devo ancora sapere? Che in realtà sei sposata e che sei una casalinga disperata che si diverte a prendere in giro, per passare il tempo? Sono arrivato anche a pensare che essendo un primario, tu ti sia avvicinata a me, solo per ottenere un lavoro dopo la laurea. Ma io non sono così cattivo, non potrei mai credere, che tu abbia fatto tutto questo, solo per un lavoro.
Voglio solo sapere perché mi hai mentito. I nostri baci erano finti? Hai mai provato davvero qualcosa per me?  O anche quello era una bugia?
Non mi sono mai sentito così, per favore dimmi la verità per una volta.
La lettera è molto confusa, lo so, ci ho messo tutta la notte per scriverla e non ho chiuso occhio perché la ricominciavo sempre da capo. Se ci tieni un po’ a me, rispondimi.                                          

Louis

 
Vedendo la sua calligrafia così incomprensibile, fitta e frettolosa, capii che stava male davvero. Iniziai a piangere, non meritavo un ragazzo del genere, non l’avevo mai meritato in fondo.
Il primo istinto fu quello di correre all’ospedale da lui e scusarmi, disperarmi davanti a lui, per ottenere il suo perdono. Quando le mie lacrime si fermarono e la mia mente tornò lucida, pensai che non potevo presentarmi da lui. Non ne avevo il coraggio, né tantomeno potevo mandargli un semplice messaggio, perché come aveva detto lui, non esprimevano emozioni.
Scrivergli una lettera. Ma dove gliela facevo recapitare? Non sapevo il suo indirizzo.
Poi mi venne un’idea e decisi di seguirla.

Ottobre 2014

Ero tornata da un mese all’università e continuavo a stare male per quello che avevo fatto a Louis.
La mattina del mio ritorno al college, ero andata al suo ospedale e avevo lasciato una lettera, in cui gli spiegavo in maniera alquanto confusa il perché delle mie bugie, alla sua segretaria.
Per un mese attesi sue notizie, un suo messaggio, una chiamata, un qualcosa, ma niente. Infondo se fossi stata nei suoi panni, avrei fatto esattamente la stessa cosa, non l’avrei perdonato, eppure, speravo ancora nel suo perdono. Lui non era me, era Louis. Il ragazzo più dolce, simpatico e bellissimo del mondo.
-Cam sbrigati dobbiamo andare!- m’incitò Samantha, la mia compagna di stanza, - c’è la lezione con il famoso chirurgo oggi ricordi?- mi sbattei una mano sulla fronte, me n’ero completamente dimenticata.
Mi vestii in fretta e furia e mi truccai pochissimo come al solito. Non sapevamo niente del dottore, ci avevano solo detto che era famoso e che era uno dei più bravi in circolazione.
-Non vedo l’ora di assistere alla sua lezione..- iniziò a dire Sam – ho sentito anche che è giovane, magari ci provo- mi misi a ridere e la guardai scuotendo la testa.
Arrivammo in classe giusto in tempo.
Il dottore non era ancora arrivato e i banchi stavano iniziando a riempirsi di studenti.
-Ma il nome di questo dottore?- chiesi in giro, sperando di ricevere una risposta, tutti scuotevano la testa ignari del nome “ma è un segreto di stato?” iniziai a pensare dubbiosa.
-So che viene da Miami, ma non so nient’altro, hanno detto che ha deciso all’ultimo di venire- spiegò il secchione della classe.
Iniziai a parlare con Sam del più e del meno in attesa dell’arrivo del ragazzo misterioso, quando nell’aula calò il silenzio più assoluto. Solo allora mi accorsi che il dottore era arrivato.
Era di schiena e stava appoggiando delle carte e un computer sulla cattedra, ma sembrava davvero bello. Quando si girò lo riconobbi. “Louis” pensai in preda ad un attacco di panico. Era lì, davanti a me, in tutta la sua bellezza. Sam notando la mia espressione, mi chiese cosa avessi, ma restai in silenzio, continuando a guardarlo.
-Buongiorno ragazzi..- esclamò Louis con un sorriso bellissimo – sono Louis Tomlinson e sono il primario dell’ospedale di Miami, oggi sono qui per parlarvi della medicina- continuò appoggiandosi con il suo bel culo al bordo della cattedra. Il suo sguardo vagò per l’aula, era come se stesse cercando qualcosa o qualcuno. Ad un tratto i nostri occhi si incrociarono e lì capii che lui stava cercando me.
Riprese a parlare lentamente e i suoi occhi non si staccavano dai miei. Erano così tristi e belli insieme.
Mi erano mancati da morire. Parlò per un bel po’ di tempo di varie discipline, poi all’improvviso
-Signorina, lei lassù..- non riuscivo a credere che Louis stesse parlando proprio con me – a proposito di psicologia, perché lei crede che le persone mentano?- a quelle parole iniziai ad agitarmi e a sudare. Divenni tutta rossa per l’emozione e non riuscivo ad articolare nessuna risposta sensata.
Louis sicuro di sé, si allontanò dalla cattedra e si avvicinò lentamente al posto dove ero seduta. Si fermò esattamente davanti a me e si abbassò facendo arrivare il suo viso all’altezza del mio
-Allora, perché le persone dicono bugie?- ripeté attirando l’attenzione di tutta la classe. Ormai tutti ci stavano guardando e cercavano di capire cosa stesse succedendo tra di noi.
-Beh.. io.. non lo so, ci sono vari motivi..- balbettai ormai completamente paonazza in volto
-Qualcuno sa rispondere alla mia domanda?- disse infine Louis allontanandosi, vederlo andare via di nuovo mi diede quel coraggio che fino a quel giorno non avevo avuto
-Si mente per paura, per apparire migliori…- iniziai a fatica - per nascondere una debolezza, per giustificare un errore, uno sbaglio. Si mente per il senso di colpa che si può provare, si mente anche quando si chiede scusa, quando non si è compreso veramente l’accaduto. Si mente perché è più semplice, più facile che argomentare, spiegare. Meno faticoso. Tuttavia si può mentire in ogni circostanza, ma non con se stessi. Le facciate non servono, non si può fingere con quello che sentiamo, con la verità che dentro conosciamo fin troppo bene. E si rimanda, si rimanda per non affrontare le proprie responsabilità, si rimanda, si rimanda sempre. Meglio nascondersi nell’ipocrisia che guardare in faccia la realtà. Solo che poi i conti non tornano, poi manca qualcosa, poi ci si sente a disagio e tutto quello che si vorrebbe diviene ineluttabilmente irrealizzabile, perché si è perso troppo tempo, perché si è imbrogliato a lungo. L’onestà richiede coraggio. Richiede impegno, richiede un confronto continuo, d’altronde per pretendere correttezza, bisogna essere i primi ad offrirne..- terminai con il cuore in gola. Louis mi guardava fisso senza dire niente e l’intera classe stava in silenzio. Capii dalla faccia di Sam che aveva capito cosa stava succedendo, infatti quando il dottore si allontanò, lei si rivolse verso di me e mi chiese se lui fosse quel Louis, ricevuto il mio assenso, mi strinse forte la mano in segno di forza.

La lezione continuò in modo tranquillo, Louis non mi aveva più degnata di uno sguardo e la classe sembrò dimenticarsi di quello che era successo un’ora prima.
Al suono della campanella tutti passarono prima a salutare Louis e poi uscirono. Restai per ultima, volevo dargli un’ultima spiegazione a voce, poi poteva anche mandarmi al diavolo e sparire per sempre dalla mia vita.
-Ciao..- sussurrai avvicinandomi quando ormai anche l’ultimo studente era andato via
-Ciao- rispose lui continuando a mettere via i suoi fogli
-Hai fatto una bella lezione- continuai non sapendo bene cosa dire
-Grazie, sono contento che ti sia piaciuta-
-Ora torni a Miami?-
lui annuì senza rispondere – prima che tu vada volevo spiegarti a voce..- presi un profondo respiro e iniziai – quel giorno al parco ti sei avvicinato e non sapevo niente di te, credevo saresti stato solo uno dei tanti ragazzi che incontro e che poi spariscono, quindi quando hai detto che Tom era mio figlio, ho pensato che non c’era niente di male nel fartelo credere.. poi però ci siamo incontrati per tutto il mese successivo e lentamente mi sono innamorata di te. Volevo dirtelo, davvero.. ma non c’era mai un momento adatto, prima la cena, poi il bacio, poi noi due insieme, poi io che mi ammalo.. è successo tutto così in fretta dannazione! – dissi velocemente, quasi come se avessi paura che poi lui se ne sarebbe andato senza lasciarmi finire – Si, ti ho mentito su Tommy, ma non su tutto il resto, non sui miei sentimenti per te.. io ti amo e mi dispiace di averti fatto soffrire- senza lasciargli il tempo di poter rispondere, me ne andai via. Iniziai a camminare velocemente, le lacrime iniziarono ad offuscare la mia vista e a cadere sulle mie guance. Sapevo di averlo perso. Sapevo di aver perso l’unica persona che mi aveva amata davvero.
Uscii dalla struttura e l’aria dell’imminente autunno m’investì in pieno.
Gli alberi già iniziavano a perdere le loro foglie secche, i fiori stavano lentamente appassendo e il vento di ottobre si faceva sentire.
Con la borsa in spalla, scesi lentamente le scale che conducevano al giardino interno del campus, ero quasi arrivata all’ultimo gradino, quando sentii una mano prendere la mia.
Mi voltai e incontrai ancora una volta i suoi occhi meravigliosi.
- E’ vero mi hai ferito- disse Louis con il fiatone – mi hai fatto male, ma quando ho letto la tua lettera ho capito che tu non volevi farmene, ho capito che mi amavi, che valevo qualcosa per te e allora sono venuto a cercarti a casa, ma non c’eri. Tua madre mi ha detto che eri tornata in anticipo al college, perché a Miami non stavi più bene. Ho capito che nonostante la tua bugia, io ti amavo. Credo di averti amata nel preciso momento in cui mi hai sorriso la prima volta. Non facevo mai quella strada per tornare a casa, ma quel giorno l’altra strada era chiusa per lavori, così ho preso quella del parco. Non so quante volte ho ringraziato il cielo per quell’inconveniente. Dopo quel giorno, ho ripreso la stessa strada tutti i giorni sperando di trovarti lì su quella panchina e tu eri lì..- continuò spedito come al solito. Con una carezza raccolse al volo una lacrime che scendeva ribelle sul mio viso – Sai mi avevano chiesto di fare questo seminario a settembre, ma fino a ieri non avevo ancora dato una risposta perché sapevo che ti avrei rivista e non ero pronto a farlo, ma Cam, dannazione io ti amo da morire e voglio stare con te- terminò con un sospiro.
Non dissi nulla, le parole non sarebbero bastate a descrivere quello che provavo in quel momento, così mi lanciai semplicemente addosso a lui. Lo abbracciai, lo baciai, lo strinsi forte a me.
-Ti amo anche io, Louis- sussurrai sulle sue labbra – e non ti mentirò mai più, te lo giuro-
-Lo spero bene-
bisbigliò ridendo, prima di far incontrare di nuovo le nostre labbra.

Dicembre 2015

Erano passati sei mesi da quando io e Louis ci eravamo sposati e le cose tra di noi andavano benissimo. Tommy stava diventando grande, aveva già due anni e mezzo e il suo rapporto con mio marito era forte come non mai. Avevo promesso a Louis che non gli avrei più nascosto niente, che sarei sempre stata sincera con lui, così quando scoprii di aspettare un bambino, tenerglielo nascosto per una settimana per me fu uno sforzo enorme. Volevo fargli una sorpresa il giorno di Natale.
-Cam, vieni ad aprire il tuo regalo!- mi chiamò Louis seduto sotto l’albero con Tommy seduto sulle ginocchia
-Arrivo- gridai dalla cucina, mentre finivo di asciugare l’ultimo piatto.
Dopo cinque minuti andai da loro.
Da quando Louis era entrato a far parte della mia vita, la mia famiglia era diventata una vera famiglia; così senza capire perché, forse perché ero in dolce attesa e quindi più sensibile, forse perché ero semplicemente felice e innamorata, i miei occhi si velarono di lacrime.
-Amore, dai vieni!- mi incoraggiò Louis allungandomi una mano, gliela strinsi e mi sedetti accanto a lui – aprilo- mi passò un pacchetto piccolo e rosso, l’aprii e vi trovai un piccolo ciondolo d’oro a forma di cuore attaccato ad una catenina
-Grazie amore, è bellissimo!- dissi slanciandomi per dargli un bacio a fior di labbra – ora apri il tuo- esclamai eccitata di vedere la sua reazione. Dentro un pacchetto, avevo messo la mia ecografia, sperando che il mio regalo gli piacesse, infondo lui aveva già tutto.
Quando l’aprì lo guardai fisso in volto per scorgere un qualsiasi segno, un qualsiasi sentimento. Notai che lì per lì non capì cosa fosse, poi quando si rese conto che quello era suo figlio, la sua bocca si allargò in un immenso sorriso e si voltò verso di me in cerca di conferma. Annuii sorridendo a mia volta.
Lui mi prese tra le sue braccia e mi strinse fortissimo a sé.
-Questo è il più bel regalo che io abbia mai ricevuto!-








SPAZIO DELL'AUTRICE:
Ciaaaaao a tutteeee! Questa one-shot l'avevo scritta un sacco di tempo fa e oggi per puro caso l'ho trovata nella chiavetta, spero vi piaccia perchè a me piace parecchio :) 
Nonostante io stia scrivendo l'altra storia da più di un anno, questa mi vi è venuta in mente dopo aver guardato un film, come ho già detto diversi mesi fa! 
Beeeeh leggete e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, i vostri commenti sono le cose più importanti per qualcuno che come me che scrive, si può sempre migliorare dalle critiche no? 
Baci a tutte xoxo

-Carmen

 
 
  
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