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Autore: fly90    03/06/2014    8 recensioni
La storia di Sharon Bells assassina crudele e sadica direttrice di un centro benessere.
Per chi voleva saperne di più su questo perverso personaggio.
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, ve l'avevo già anticipato nei capitoli della precedente storia ed ora eccomi qui.

Ho preso spunto da alcune persone che mi hanno chiesto come mai la pazza sclerotica di Sharon Bells fosse diventata così sadica ebbene, ora ve lo spiegherò per bene con questa piccola storia sulle sue origini.

Buon divertimento:-)

Un bacio dalla vostra Fly90.



LE ORIGINI DELLA FOLLIA.



Una bimba poco più che neonata piangeva disperata cercando conforto.

Le urla si fecero intense mano a mano che il tempo scorreva ma la bimba restò sola con i suoi disturbi.

Nessuno la consolò, la prese in braccio, le cantò la ninna nanna.

L'unico rumore che si unì al pianto della piccola fu quello sommesso della madre che nella stanza accanto si tappò le orecchie con entrambe le mani borbottando rabbiosa.

Lei non la voleva quella figlia, non era in grado di mantenerla, di curarla.

Fino a un anno fa la sua vita era come quella di tutte le normali adolescenti e poi...un pomeriggio mentre tornava a casa dalla scuola un uomo l'aveva trascinata in un vicolo.

Non aveva avuto il coraggio di dire niente dell'accaduto cercando disperatamente di dimenticare.

Due mesi dopo dovette guardare in faccia la realtà, la sua vita era rovinata, spazzata via per sempre.

Scoprì di essere incinta e i genitori la costrinsero a tenere la bambina nonostante lei avesse chiaramente espresso il desiderio di abortire.

Non voleva avere nessun ricordo di quel giorno.

La notte ancora si svegliava con il cuore in gola e la sensazione di avere un peso che la schiacciava, il volto dell'uomo le ritornava alla mente come se fosse stato ieri invece che un anno fa.

La ragazza si alzò dal letto e si avvicinò alla culla dove la bambina ancora piangeva paonazza in volto stringendo i pugnetti.

Un espressione di puro odio le si disegnò sul volto.

Più la guardava e più le sensazioni di quel giorno le stringevano il cuore e lo stomaco in una morsa gelida.

A passo spedito la madre della donna la scostò bruscamente prendendo in braccio la piccola.

Sharon! Tesoro ora la nonna ti dà la pappa.” Cantilenò la donna portando la bimba in cucina e scoccando un'occhiataccia alla ragazza ancora impalata accanto alla culla.


Sharon crebbe nonostante l'odio della madre.

I nonni la coccolavano cercando di rimediare alle mancanze della madre finché poterono.

Purtroppo quando la bambina ebbe compiuto dieci anni la nonna si ammalò gravemente fino a morire nel giro di due mesi.

Il nonno la seguì soltanto un anno dopo lasciandola sola con la madre.

Sharon si sentiva sola come non lo era mai stata, la madre non aveva che offese e parole cattive per lei.

Poi arrivarono le botte, botte che facevano male, botte che le lasciavano lividi in posti strategici dove la gente non poteva vederli.

A volte aveva il desiderio di sfogarsi, di dire a qualcuno cosa la madre le faceva ma aveva paura di lei, di quello che le avrebbe fatto in seguito così stava in silenzio.

La sua vita procedette così per altri cinque anni finché la madre non trovò un fidanzato.

Sharon si stava facendo giovane donna e la madre iniziò ad essere gelosa delle occhiate che il fidanzato le lanciava di sottecchi, occhiate maliziose cariche di desiderio.

Una sera mentre la madre era al lavoro Phil ( il fidanzato della madre) le si avvicinò e lascivamente le posò una mano sudicia sulla coscia facendola risalire versò l'alto.

Lei provò a scostarsi e ad allontanarlo ma lui era troppo forte e la spinse sul divano sotto al suo pesante corpo.

In quel momento la porta si aprì e un urlo acuto sgorgò dalla gola della madre di Sharon.

Phil si scostò all'istante sbalordito mentre Sharon si lanciava ai piedi della madre piangendo disperata e cercando di spiegare cosa fosse successo.

Sei una svergognata! Fuori di qui!” Furono queste le ultime parole che sentì prima di essere letteralmente buttata fuori casa.

Si chiese il perché sua madre non le avesse creduto, perché nonostante avesse visto chiaramente che Phil si stava approfittando di lei non le aveva creduto.

Perché l'aveva lasciata in mezzo ad una strada?

Provò a bussare con tutte le sue forze gridando mille scuse e frasi sconclusionate ma quella porta non si aprì.

Dopo quelle che dovevano essere ore la ragazza si alzò da terra e con le lacrime che le rigavano il viso vagò per la città senza una meta.

Troppo stanca per camminare si accasciò accanto alla serranda di un supermarket e si addormentò raggomitolata su se stessa per tenersi caldo.

Vagò per un intera settimana vivendo di elemosina sotto alla pioggia e sotto al sole, senza una casa ne una doccia ne un pasto caldo.

Era sola al mondo.

Aveva quindici anni e non aveva più una famiglia ne un posto dove andare.

Si sentiva sola e la vita non aveva più colori per lei.

Pensò ai nonni, alle loro coccole, al bene immenso che voleva loro e a come la sua vita fosse cambiata dopo la loro morte.

Ricordò d'improvviso che la nonna le aveva parlato di una sorella che viveva nei dintorni.

Era venuta al funerale della donna e le era parsa gentile e amorevole, forse avrebbe potuto cercare un appoggio da lei.

Convinta dell'idea vagò per un altra settimana chiedendo ad ogni persona disposta a rivolgerle la parola indicazioni per trovare zia Norbet.

Fu una ricerca lunga ma alla fine una ragazzina la portò all'ingresso di una ridente villetta circondata da fiori colorati.

Ecco, tua zia sta qui. Buona fortuna!” Le sorrise la giovane prima di lasciarla lì davanti alla porta con il cuore a mille cercando il coraggio di bussare alla porta.

Quando finalmente riuscì a farlo trattenne il fiato finché la porta si aprì rivelando il viso gioviale di un allegra donna.

Tesoro, cosa ci fai qui? Stai bene?” Le chiese la donna osservando le sue condizioni con apprensione.

La fece entrare e le offrì una cioccolata calda ed un bagno quindi l'ascoltò accarezzandole piano i capelli mentre si sfogava.

Sharon, puoi stare qui se vuoi.” Le disse semplicemente.

Iniziò la sua nuova vita credendo che fosse un sogno.

Finalmente aveva trovato la felicità, la zia la amava, le aveva dato una casa e una parvenza di famiglia.

Ma le cose cambiarono in fretta, la zia si rivelò per ciò che era davvero.

Iniziò a trattarla come una schiava obbligandola a pulire casa tutto il giorno senza mai riposarsi.

Come se non bastasse arrivarono anche le offese, le umiliazioni e infine le bastonate.

Quando pensava che Sharon stesse esagerando tirava fuori il vecchio bastone del padre e con esso la batteva selvaggiamente tanto da ridurla incapace di muoversi per giorni.

Nonostante ciò nella sua vita un raggio di sole la prese alla sprovvista in un giorno di pioggia all'età di diciotto anni.

Andava spesso a fare la spesa sempre nello stesso supermercato e ogni volta notava un ragazzo biondo che la osservava sorridendo quasi che stesse aspettando proprio lei.

Non aveva mai avuto un ragazzo prima d'ora e a dire il vero non aveva mai avuto nessun interesse verso il genere maschile date le precedenti esperienze con il fidanzato della madre.

Dopo settimane di appostamenti da parte del ragazzo finalmente trovò il coraggio di parlarle e così una parola tira l'altra si diedero appuntamento per il giorno seguente.

Fu così che Sharon si innamorò perdutamente di Justin, solo con lui aveva scoperto la felicità, solo lui la faceva stare bene come non lo era mai stata in vita sua.

Quando riuscì a raccontargli la sua intera vita lui parve turbato ed un mese dopo le chiese di sposarlo promettendole che sarebbero andati lontano da lì e avrebbero cominciato una nuova vita insieme.

Appena tre mesi dopo erano felicemente sposati e vivevano in un piccolo paesino lontano dalle persone che le avevano fatto del male.

Tutto questo durò tre anni, tre anni di paradiso seguito poi dall'inferno bruciante.

Justin cominciò a bere fino a diventare violento ma Sharon era ormai abituata al dolore fisico tanto che decise di rimanergli accanto perché certa del fatto che l'uomo l'amasse nonostante tutto.

Purtroppo tempo dopo venne a sapere che il marito la tradiva con una collega.

Il mondo le crollò sotto ai piedi scaraventandola nell'oblio.

Fu allora che qualcosa le scattò dentro, una rabbia cieca, una sete di vendetta così forte da toglierle il fiato.

Aspettò il rientro del marito e con una calma glaciale lo accoltellò dieci volte in pieno petto.

Nessuno l'avrebbe più fatta soffrire, nessuno l'avrebbe più maltrattata.

No, ora era una donna forte ed era lei a doversi rifare delle angherie subite.

Prese un aereo che la portò lontano, si tinse i capelli di nero, assunse una nuova identità cambiando solo il cognome e infine si sottopose a diversi interventi chirurgici per modificare la fisionomia del viso fino a rendersi irriconoscibile.

Tornò a New York ed aprì un centro benessere inviando delle lettere false di finti premi per un soggiorno nel centro alla madre, a Phil e alla zia.

Il suo piano era quello di ucciderli uno ad uno torturandoli in modi indicibili grazie anche al personale del centro che aveva accuratamente selezionato nelle carceri più abominevoli.

Fu così che si prese la rivincita su quelle persone che non l'avevano mai amata.

Guardò una per una tutte le torture subite dalle vittime sentendosi sempre meglio come se un grosso peso le fosse stato levato di dosso.

Avrebbe dovuto fermarsi ma ora che aveva assaggiato la gloria della sofferenza non poteva fermarsi.

Così anno dopo anno le vittime aumentavano vertiginosamente, le torture diventavano sempre peggio e la donna diventava sempre più assetata di sangue.


Fu così che Sharon Bells diventò un assassina temibile e misteriosa.

Forse la durezza della vita ha fatto si che perdesse la ragione, forse era già scritto nel destino che quella bambina tanto odiata diventasse un giorno una bestia peggiore di quelle che ha incontrato o forse semplicemente è nata con il seme della follia impiantato dentro di sé.

Nessuno potrà mai saperlo per certo ma è così che la vittima è diventata carnefice.









  
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