7.30 a.m.
- Signorina Elizaveta, un uomo ha lasciato una busta per lei.
Il portiere ferma all’uscita di uno stabile la donna del baule.
- Grazie. Mi potrebbe chiamare un taxi.
- Certo, signorina.
Nell’attesa, la donna apre la busta, dentro c’è un foglio con un indirizzo.
- È arrivato il taxi!
- Bene. Buona giornata, signor Riggs.
Una volta preso posto sul cab, la signorina Elizaveta porge il biglietto all’autista.
- Mi porti a questo indirizzo.
Il taxi si ferma davanti ad uno dei tanti grattacieli della città, un ammasso di ferro e vetro. Scesa dall'auto, la donna si dirige verso un bar proprio di fronte all’edificio.
- Un espresso, per favore.
- Arriva subito.
Attendendo la calda bevanda, osserva attentamente la costruzione indicata dal biglietto.
- Imponente, vero? – così un attempato barista, porgendole il caffè, cerca di attaccare bottone.
- Direi di sì. Sono uffici?
- Sì ma solo fino al nono piano, i restanti livelli sono occupati da appartamenti.
- Uhm?!
- Non mi dica che ne è interessata. Non mi sembra adatta a quel tipo di casa.
- Perché, scusi?
- Ah, non la prenda come un’offesa perché non lo è. L’acquirente tipo di quel genere di alloggi è un uomo solo ossessionato dal lavoro che non riesce ad allontanarsi dalla city.
- Sembra che lei conosca il tipo.
- Ero uno di quelli, fino a che non ho riscoperto il piacere della vita. E per farlo ho dovuto rimetterci famiglia e salute.
- Ah. – la donna più che a disagio, sembra infastidita dalla troppa confidenza del vecchio.
- Ma, ormai ne è passata di acqua sotto i ponti. Se vuole un consiglio, non si avvicini a quel tipo di persona.
- Non ho mai accettato consigli, soprattutto dagli estranei. – Di fronte ad un inebetito barista la donna beve l’ultimo sorso di caffè. – Ah, ottima miscela! – Lascia sul bancone una banconota da 5 e si avvia verso l’uscita.
- Il resto, signorina!?
- Lo tenga pure, ne ha più bisogno lei. – il tutto sarebbe potuto passare anche per un bel gesto se Elizaveta non avesse utilizzato un tono così sgradevole.
All’entrata dell’edificio, vicino alla porta, la donna si sofferma a leggere la targa con incisi i nomi delle diverse società che lì hanno sede, quando un sorriso malizioso comparve sulle sue labbra.
- Posso esserle d’aiuto? - La receptionist in un tailleur impeccabile la ferma all’entrata dell’edificio.
- Sì, grazie. Dovrei incontrare il vicepresidente della COBS.
- Non ho ricevuto alcuna comunicazione in merito.
- La COBS è una grande società, la segretaria di turno si sarà dimenticata di notificarle l’appuntamento. Ormai, per occupare questi ruoli secondari, la bellezza è, a discapito della competenza, l’unico vero criterio di selezione. Ovviamente non mi riferisco a lei.
- Può essere successo di tutto, ma dato che non ho ricevuto nessuna comunicazione, la prego di non continuare a farmi perdere tempo e di uscire, grazie. – il modo peggiore per far fare a qualcuno ciò che si vuole, è insultarlo.
- Potrebbe chiamare il signor Patterson, il vicepresidente della COBS.
- Non ci è permesso disturbare gli alti dirigenti per motivi di così scarsa importanza.
- Bene. – Elizaveta prende il cellulare e digita un numero. – John! Ciao, come stai? … Anch’io, grazie. … Eheh … Certo, volevo appunto parlare con te ma c’è una zelante receptionist che mi impedisce di salire. … Ok, certo. – Prende il telefono e lo porge alla donna dietro al bancone. – Vuole parlare con lei. – Un sorriso soddisfatto le illumina il volto alla vista dell’espressione finalmente dimessa e preoccupata dell’impiegata.
Dopo un breve scambio di battute, la receptionist chiude la conversazione e porgendole il cellulare dice:
- La prego di scusarmi per il disguido. Il signor Patterson l’attende nel suo ufficio, al sesto piano.
- Oh, non si preoccupi.
Per Meg89: Era voluto ma più che confusione, speravo di rendere un minimo di suspense. Temo di non esserci riuscita. Spero che questo nuovo capitolo sia più agevole alla lettura. I fatti verranno a galla a poco a poco. Grazie per la recensione e critica, è così che si comprendono i propri errori.