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Autore: Sweetpeace    09/06/2014    2 recensioni
"Insomma, una giornata come le altre, o almeno così si era presentata, fino a quel momento."
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Komachi Akimoto/Cure Mint, Nuts/Nattsu, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Una ragazza dai lunghi capelli scuri camminava per le tranquille vie di Osaka, parlando al cellulare, quando qualcosa interruppe la conversazione che stava intrattenendo con la sua migliore amica. Un urlo.

Nozomi senti una stretta al cuore, avete presente quando la paura vi attanaglia lo stomaco e avete l'impressione che stia succedendo qualcosa di brutto a qualcuno che amate? Ecco, Nozomi si sentiva esattamente così. Aveva forti conati di vomito. Stava male. In quel momento stava succedendo qualcosa a Komachi, ne era sicura, e stava passando da "È successo qualcosa di brutto" a "È successo qualcosa di orribile". 
Ed effettivamente era così, solo che, mentre lei poteva solo sentirsi impotente, Komachi si stava difendendo con le unghie e con i denti, nel vero senso della parola.
La ragazza dagli strambi capelli color fucsia si strinse le braccia intorno alla vita, tremando, con la bocca aperta e gli occhi sgranati, arrossati, lucidi e brucianti. Poi scosse leggermente la testa, cercando di pensare positivo. D'altronde, poteva ancora rivelarsi tutto uno scherzo, no? Magari erano incappati in una nuova serie tv e in quel momento Komachi era placidamente seduta in un camerino a bere thé e pensare alla faccia che i suoi amici avrebbero fatto quando lo avrebbero scoperto, preparandosi mentalmente a tutti gli insulti affettuosi che avrebbe ricevuto quando l'avrebbero vista scendere dalla FD nera che l'aveva portata via. 
Sì, poteva ancora rivelarsi essere così, magari anche la polizia era a conoscenza del fatto, per questo non si era ancora mossa per aiutare Komachi... Ma se non lo fosse stato? Allora perché le forze dell'ordine non si stavano muovendo? Probabilmente staccando cercando una pista, ma c'erano davvero pochissimi elementi sui quali poter lavorare, in fondo, loro, cosa avevano visto davvero? Un uomo col viso coperto, con un coltello e una FD nera. Sì, era davvero troppo poco su cui poter lavorare. 
Persa nei suoi pensieri, la paladina non aveva sentito Kokoda che la chiamava, e, quando le aveva posato una mano sulla spalla, aveva sussultato.
-Nozomi... Tirati su, forza. Dobbiamo essere ottimisti- disse con un mezzo e finto sorriso. Lei lo guardò, perdendosi nei suoi bellissimi occhi blu. Così blu da far invidia sia al cielo che al mare, quindi si lascio cullare da loro e si rilassò un po'. 
-Forse hai ragione...- disse, appoggiandosi al suo petto.
-Non forse signorina Yumehara, sicuramente, ho sicuramente ragione- stavolta il sorriso che aveva sul volto era vero, non una maschera di forza, vero e forte. Come ci riusciva? Sarebbe sempre stato un mistero per lei, quel ragazzo. 
-Vuoi un bicchier d'acqua?- le propose poi, più serio. Lei annuì semplicemente, ad occhi chiusi. 
Erano sicuramente incappati in una serie tv. Sì, doveva crederci.

Komachi urlò. Urlò mentre sentiva il sangue bagnarle la spalla, mentre si contorceva inutilmente sotto la lama del coltello che le squarciava la carne. Piangeva, di dolore, certo, ma soprattutto di paura, terrore puro che le attanagliava il petto e le impediva di respirare quel poco di ossigeno che le rimaneva sotto il dominio di quel dannato coltello. 
D'un tratto quella tortura cessò. E a quel punto la ragazza si concedette il dovuto respiro, chiudendo gli occhi con forza, come se si volesse costringere a svegliarsi da un incubo. Si morse le labbra con forza, immaginando che fossero una cintura, quelle che ti dicono di mordere forte per aiutarti a sopportare il dolore, ma non pianse, non voleva farla vinta a quel bastardo. Lo stava odiando in modo inversamente proporzionale a quanto gli aveva voluto bene quando  giocavano insieme, la aiutava con le sue favole, mangiavano i dolci di riso di Madoka e le preparavano delle piccole sorprese, come ad esempio il cartellone con scritto quanto le volevano bene, tappezzato di foto che campeggiava sopra il letto della motociclista. Insomma, diciamo che se fosse rimasta chiusa in una stanza con lui e avesse avuto con sé una pistola, avrebbe messo da parte tutti i suoi sani principi e gli avrebbe sparato. "Komachi, che vai a pensare? Non sei una violenta tu!" Si ripeté mentalmente. 
Si costrinse ad aprire gli occhi quando la mano dell'uomo si andò a posizionare a mo' di pugno sotto il suo mento e il pollice le accarezzava dolcemente lo zigomo, un po' come avrebbe fatto un ragazzo appena prima di baciare la fidanzata, ma lui non lo fece, anzi, con uno scatto fulmineo le diede un ceffone, per poi mettersi a ridere soddisfatto e, finalmente, andarsene. 
Solo in quel momento le calde lacrime della ragazza cominciarono a rigarle il viso. Si guardò la spalla, aveva un'elaborata (per quanto fosse possibile con un coltello) croce incisa nella carne. Era disgustosa, e, se fosse sopravvissuta, e aveva seri dubbi, le avrebbe ricordato per sempre la terribile situazione in cui si era trovata.

Madoka si svegliò di soprassalto. Aveva sognato Komachi, le sue urla, il suo dolore e Kaito che le faceva del male, sadico come non mai, compiaciuto nel provocarle tutto quel male. Quando si era addormentata? E chi l'aveva portata al piano superiore della Nattshouse, dove si trovavano le camere?
Si mise una mano sulla fronte e decise di scendere in cucina a prendere un bicchiere d'acqua, ma ci ripensò, sentendo i poliziotti che interrogavano le ragazze. Voleva rimandare il più a lungo possibile quel momento, come se tutto quello che era successo fosse solo un incubo, un terribile incubo che so era creato in quella stanza e lì si era consumato. Come se Komachi fosse di sotto a chiacchierare con le sue amiche e lei si fosse soltanto immaginata tutto, un interrogatorio da parte della polizia avrebbe reso tutto terribilmente reale. 
Notò che poteva bere anche senza dover scendere, qualcuno aveva posato una bottiglietta d'acqua sul comodino. Com'è che non l'aveva notata? La prese e bevve avidamente, poi sentì dei passi rimbombare sulle scale, finché un poliziotto entrò nella stanza con la fatidica frase:
-Signorina Akimoto, mi dispiace molto per sua sorella, posso farle qualche domanda?-
La ragazza abbassò la testa e sospirò, acconsentendo poi a bassa voce.


Angolino della ritardataria:
Eheheh eh... Non uccidetemi, vi scongiuro *si inginocchia* avevo detto che avrei aggiornato presto, almeno speravo, ma me ne sono completamente dimenticata... Ho avuto un sacco di cosa da fare con la scuola, anche se ovviamente un ritardo così è a die poco ingiustificabile :( scusatemi tanto. Non so se sto solo peggiorando la situazione, ma il capitolo era pronto da inizio febbraio :c 
Se volete insultarmi, accetto tutto hahaha perdonate la vostra ritardataria -ormai non più- preferita. 
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se secondo me è orrendo. 
Bacioni, la vostra.
Sweet-chan <3
  
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