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Autore: Aerith1992    10/06/2014    0 recensioni
Piccola raccolta di oneshot indipendenti su Inghilterra e la colonia America
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1610 circa

Ogni giorno che sente l’odore dell’oceano al suo risveglio, Arthur si ripete che la sua non è una fuga. Essendo il rappresentante della Britannia, è suo dovere, in fondo, controllare la situazione delle sue colonie d’America, come la sua gente vi si sia stabilita e cose del genere. Non è certo per sfuggire alla sofferenza della morte di Elisabetta, un vuoto nero senza fine nel suo cuore, che è partito per la Virginia, né per cercare di dimenticarla tra le tempeste oceaniche e i panorami del Nuovo Mondo. Non è nemmeno perché odia Giacomo, re di Inghilterra, ma soprattutto re di Scozia. Lo stomaco di Arthur brucia pensando al re scozzese sul suo trono, e al ghigno soddisfatto di suo fratello nel ricordargli che era uno Stuart, come sua madre.

Il suo cuore è certamente diviso tra dolore incontenibile e rabbia bruciante come un incendio, e le acque dell’oceano, infinito sconosciuto, lo placano. Gli uomini e le donne sulla nave pregano e si agitano come formiche quando una tempesta si avvicina o sorgono timori per le provviste, ma Inghilterra non prova né pietà né disprezzo. Sono umani, si dice, provano emozioni che noi non possiamo provare. La morte per loro potrebbe essere vicina, mentre per lui non è che una fase della sua lunga vita. Il dolore lo spaventava, ma lo ha accettato come una costante. No, meglio vivere liberi come lui che legati alla propria fragilità come loro.

Quando toccano terra, la gioia a bordo della nave è temperata dalla stanchezza e dalle perdite subite. Stanco della gente, delle voci, di tutto, Inghilterra si allontana dal piccolo porto, guardando a malapena l’insediamento. Non desidera altro che essere lasciato da solo, di dimenticare per un attimo la sua terra e la mancanza di casa. Non la corte, ma il terreno familiare sotto i suoi piedi, le foreste che sa percorrere ad occhi chiusi, l’odore nell’aria, l’umidità. Qui gli alberi sono degli sconosciuti, esseri antichi quanto lui, silenziosi osservatori della storia. Inghilterra cammina, senza sapere dove va, lasciando che il suo istinto lo guidi come ha fatto tante volte in passato. Fino a quando non lo vede.

Non è che una piccola presenza nella sua mente, come un leggero prurito, un piccolo bambino in mezzo all’erba alta che lo guarda incuriosito, non ostile. Il suo volto, i suoi tratti, la pelle candida, gli occhi blu, Inghilterra li nota immediatamente; ha a che fare con uno come lui, nato dalla presenza della sua gente nel Nuovo Mondo. Forse è questo, la condivisione della stessa gente, o forse perché Inghilterra non ha a che fare con Nazioni così piccole da quando era lui stesso un bambino e non può ricordare, ma sente qualcosa dentro di sé, qualcosa che non riesce a definire ma che lo sconcerta. Ha scoperto nella padronanza di sé la chiave della sua forza, e ora che non riesce a capire cosa gli prende ha paura. Nonostante ciò, l’istinto di correre via è debole, mentre invece si scopre avvicinarsi verso il bambino.

“Chi sei?” gli chiede il bambino, guardandolo affascinato. Una nuova esperienza per Inghilterra, che mai da nessuno ha ricevuto un’espressione simile. Re e Regine si incuriosiscono nel conoscere la sua natura, rimangono delusi nello scoprire la propria Nazione debole (datemi tempo, pensa Arthur, arrabbiato e sofferente) o lo scrutano con interesse, cercando di carpire i segreti di come dominarlo con lunghe penetranti occhiate. Invece il bambino lo studia con ammirazione evidente nel suo sguardo innocente.

“Mi chiamo Inghilterra” balbetta lui, insicuro (un’altra sensazione che non tollera, l’insicurezza) di come comportarsi, di che fare. “Chi sei tu?”

Il bambino scuote la testa. “Credo mi chiamino Nord America, ma non ne sono certo. Sei uno come me?”

“Sì”

E poi, il piccolo America lo prende di nuovo in contropiede. Afferra con sicurezza la mano di Arthur con le sue piccole manine e la stringe come se non la volesse più lasciare andare.  “Allora, sei il mio fratellone!”

Inghilterra non sa come rispondere.

  
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