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Autore: Madelyne Scott    11/06/2014    2 recensioni
[ Giallo | AU | What if... Gakuen | OC /Tranquilli, non accoppierò l'OC con nessun personaggio/ | Un po' tutti | Generale, Mistero | Het, Shounen'ai ]
"«Prego, accomodati.» la rossa chiuse il portone della casa, sfilandosi le scarpe e lasciando che l’ospite procedesse lungo il corridoio che portava agli ambienti principali della casa.
«Woah, non la ricordavo mica così grande!» la sentì esclamare, dopo essere entrata nel salotto; ne seguì la voce, sospirando.
«Ne è passato di tempo dall’ultima volta, nh?» osservò, parlando più a se stessa, lasciandosi cadere verso lo stipite che poneva un fermo al fusuma e sbattendo leggermente la spalla ad esso. La Otonashi si voltò, smettendo di ammirare il piccolo ma rigoglioso giardino che si vedeva attraverso l’ampia finestra, che lasciava la stanza illuminata dalla luce aranciata del tramonto; sorrise, vagamente mesta, abbassando gli occhi verso il tatami."
Genere: Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer! I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Level-5 o di chi di diritto. Listituto nominato è stato scelto per pura casualità. Il testo non è scritto a scopo di plagio.

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«Mako-chaaan! Sei tu, vero?»

Senza voltarsi, la rossa si massaggiò la radice del naso, accentuando il cruccio delle sopracciglia. Risollevando le palpebre, lasciò che le iridi color menta si soffermassero sul quadrante dell’orologio che portava al polso destro, decifrando nella posizione delle lancette fosforescenti le quattro in punto.

Davvero, dopo tre anni che non metteva piede in Giappone, veniva riconosciuta in men che non si dica?

«Mako-chaaan!» insistette la voce alle sue spalle, portandola a fermarsi e sospirare, in modo da venire raggiunta. In un paio di secondi passi affrettati la superarono, fermandosi davanti a lei: nel suo campo visivo comparve la figura di una ragazzina, poco più bassa e minuta della Takamura, che le sorrideva allegramente.

«Mako-chan!» prima che potesse ribattere, la maggiore si ritrovò assalita dalle braccia dell’altra, imprecando mentalmente perché, se fosse caduta, a rimetterci sarebbe stata lei.

«Hai finito?» mugugnò infatti, mentre veniva liberata dal peso che, seppur leggero, le gravava sulla parte frontale del corpo. Si massaggiò il collo, per poi osservare con più attenzione la ragazzina che le sorrideva: i luminosi occhi color indaco sembravano aver assunto una sfumatura più splendente, palesando la felicità di averla finalmente incrociata.

«Sì, sì, fa piacere anche a me vederti!» rise Haruna, riuscendo a strappare un flebile sorrisino anche all’interlocutrice. «Allora, perché non sei ancora passata a scuola?»

Sollevando un sopracciglio e afferrando un boccolo, la Takamura sembrò meditare per una frazione di secondo.

«Di’ un po’, Haruna. Non ti passa per la mente che io sia appena arrivata?» rispose dunque, con un sospiro, mentre l’interpellata si stuzzicava la guancia con un dito.

«Mh, dai. Vuoi venire a casa?» propose allora, già riprendendo a camminare verso la propria abitazione, sicura di ricevere una risposta affermativa che non tardò ad arrivare sottoforma di una leggera stretta al braccio.

˜

«Prego, accomodati.» la rossa chiuse il portone della casa, sfilandosi le scarpe e lasciando che l’ospite procedesse lungo il corridoio che portava agli ambienti principali della casa.

«Woah, non la ricordavo mica così grande!» la sentì esclamare, dopo essere entrata nel salotto; ne seguì la voce, sospirando.

«Ne è passato di tempo dall’ultima volta, nh?» osservò, parlando più a se stessa, lasciandosi cadere verso lo stipite che poneva un fermo al fusuma e sbattendo leggermente la spalla ad esso. La Otonashi si voltò, smettendo di ammirare il piccolo ma rigoglioso giardino che si vedeva attraverso l’ampia finestra, che lasciava la stanza illuminata dalla luce aranciata del tramonto; sorrise, vagamente mesta, abbassando gli occhi verso il tatami.

«Già…» rintracciando nella risposta una consistente vena di tristezza, la maggiore si staccò dall’appoggio e procedette verso di lei.

«Mi dispiace di non essere potuta venire, in questi anni.» sibilò, concisa, spostando l’attenzione su un bonsai posato sul tavolino al centro della sala.

«No, no, lo so, lo sappiamo.» riprese immediatamente l’altra, afferrandole con delicatezza le mani «Ci sei mancata, però.»

Le parole della ragazza le scaldarono il cuore e, priva dell’iniziale imbarazzo dovuto all’inaspettato incontro, non controllò lo spontaneo movimento delle labbra che si curvarono all’insù.

«Beh, che mi dici Mako-chan

«Mi chiedo ancora perché ti ostini ad usare quel nomignolo.» ribatté l’interpellata, nascondendo una punta di sollievo sotto un finto velo di fastidio.

«Semplicemente perché “Makoto” è lungo.» l’espressione soddisfatta di Haruna la portò quasi a scoppiare a ridere, ma si limitò ad uno sbuffo esilarato. «Allora – continuò, puntando tutta la propria attenzione su di lei – Com’è l’Inghilterra?»

Entrambe si accomodarono su un tatami, mentre la Takamura iniziava a tormentarsi una ciocca scarlatta.

«Molto diverso dal Giappone. Beh, almeno per quanto riguarda gli abitanti.» lasciò fuggire lo sguardo nel giardino, perdendosi nella tranquillità dello specchio d’acqua immobile.

«Mi sono trovata bene, comunque. Anche se mi è mancata la scuola, e il club. Certo, ho passato il mio tempo cercando di conoscere nuove cose e-» il discorso di Makoto venne interrotto da un intenso squillare di cellulare, e l’interlocutrice si precipitò a cercare il dispositivo nella capiente borsa che portava sempre dietro.

«Oh, è Yuuto-kun.» mormorò, fermando il dito prima che scivolasse per annullare la chiamata e muovendo il polpastrello nella direzione opposta. «Nii-san

La rossa sentì un leggero borbottio provenire dall’altro capo del telefono, e rimase in attesa.

«Sono… - la Otonashi interrogò con gli occhi l’amica, che le rispose negativamente in labiale – Da una conoscente. Sì, sì, torno subito a casa. Eh?! No, no, non c’è bisogno che passi a prendermi, tranquillo! Arrivo subito!»

Concluse la chiamata, e mostrò la lingua allo schermo.

«Dai, ho capito che Kidou ti vuole a casa. Ti accompagno per un pezzo, neh.» si alzò, insieme alla minore, e si diresse verso l’uscio.

«Ma no, posso andare anche da sola!» protestò l’altra, con scarsa convinzione.

«Non credere che lo faccia esclusivamente per te, eh. Ho voglia di sgranchirmi un po’.» esplicò Makoto, stiracchiandosi e afferrando le chiavi di casa. «Allora?»

˜

Non riuscì a trattenere uno sbadiglio, che la portò a celare le iridi menta con le palpebre chiare. Si stava incamminando verso la scuola, da studentessa, proprio come faceva in Inghilterra, con la sola ed unica differenza che sentiva, attorno a sé, bisbigli e frasi pronunciate nella sua prima lingua madre.

La Takamura procedeva a passo deciso e cadenzato, elegante, la gonna nera dell’uniforme che le lasciava scoperte le gambe levigate e sode. Le spalle erano armoniosamente cinte dai lunghi boccoli scarlatti, gli occhi puntati con sicurezza davanti a sé, mentre procedeva verso la Hibiya High School. Non aveva scelto l’istituto in base alle conoscenze che avrebbe potuto rincontrare, piuttosto perché era conosciuto come il miglior liceo pubblico del Giappone, eppure le restava il dubbio sulla sezione in cui sarebbe stata accolta.

Superati, finalmente, i cancelli, si ritrovò davanti un’imponente struttura di colore rosso mattone, insieme ad altri numerosi ragazzi riuniti, per la maggior parte, in piccoli gruppi. Senza perdere tempo si diresse alla bacheca, cercando di capire in che classe fosse stata inserita; riconobbe il proprio nome sotto l’elenco degli studenti della II E, insieme a qualche figura a lei nota. Si allontanò, quindi, dalla massa di allievi al primo anno che ciarlavano riguardo i loro rispettivi compagni di classe, avvicinandosi all’entrata dell’edificio e addentrandosi al suo interno, alla ricerca dell’aula. Sapeva che avrebbe impiegato un po’ di tempo, e forse si sarebbe anche persa, quindi preferì dirigersi in segreteria: le avevano raccomandato che avrebbe potuto direttamente farsi accompagnare da un professore se non avesse saputo la locazione della classe. Qui, una giovane donna sulla trentina la osservò da dietro le lenti degli occhiali dalla montatura sottile che portava sul naso piccolo, per poi chiederle chi fosse. Quando ebbe ricevuto tutte le informazioni per identificarla tra i nuovi studenti del secondo anno, la accompagnò personalmente all’aula, affidandola ad un insegnate dall’aria riservata ma affidabile, che si presentò come Kudou Michiya.

«Ragazzi, nonostante l’anno sia già cominciato da qualche giorno, abbiamo una nuova arrivata, dall’Inghilterra.» l’uomo, accanto alla cattedra, fece cenno alla ragazza di raggiungerlo. «Vi presento la signorina Takamura Makoto, fatela sentire a suo agio.»

La rossa fece scorrere gli occhi fra i banchi, individuando rapidamente diversi visi sgomenti; sorrise, apprestandosi a chinare rispettosamente il capo in segno di saluto.

«Molto piacere.»

 

*Angolo autrice*

Hola cari~

Vi chiederete chi io sia mai; beh, andate sul mio profilo e scopritelo /Cliccate su tutti i cuoricini, mi raccomando!~/

Torno, dopo essermi fatta il mazzo per la tesina, con una nuova long, ma noterete che ne ho cancellato altre due; mi avevano annoiato, ecco tutto.

Allora, vi consiglio di non dropparla subito perché ci saranno dei colpi di scena.

Eheh.

Spero che il prologo vi sia piaciuto, ho cercato di non appesantirlo per non annoiarvi; vorrei un vostro parere, se non vi dispiace.

Aggiungo che non vi sarà un solo OC, e non scriverò cose tipo OCxPersonaggioRandom, ma OCxOC e PersonaggioRandomxPersonaggioRandom. Tutto qui.

Il titolo si riferisce a- Non lo dico, no spoiler~

Non so se Haruna si possa considerare IC, ma non mi sembra di aver sforato molto. Mi sarebbe utile un vostro parere su questo c:

Adesso, scusatemi, mi dileguo, ché sono tanto stanca.

Un bacio a tutti voi che avete letto sino a qui, spero di avervi incuriosito!

 

 

 

 

 

  
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