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Autore: Armstrong_44    13/06/2014    7 recensioni
Prima fanfiction sulle TMNT.
Leo è sempre stato un ragazzo popolare nella sua scuola, circondato da amici che, come lui, facevano parte della squadra di football.
Per mantenere alta la sua reputazione, gli altri spesso gli proibiscono di farsi vedere con persone non veramente importanti o ultimi della piramide sociale.
Peccato, però, che in seguito ad una serie di coincidenze, problemi familiari e voleri del destino, nella sua vita entrano a far parte dei personaggi singolari: il giovane nerd di cui aveva sempre ignorato l'esistenza, il ragazzo non del tutto maturo e bambino nel carattere e ultimo, ma non meno importante, il vicino di casa sgarbato e prepotente ma che, in fondo, tanto cattivo non è.
Human AU.
Pubblicata su DeviantART in inglese, ispirata da 'the science project'.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Heilà gente!
Questa è la mia prima fanfiction sulle tmnt incentrata, come avrete capito, su Leo. L'avevo precedentemente pubblicata in inglese su DeviantArt, convinta che ci fossero troppi/e pochi/e fan italiani/e per ricevere dei commenti alla storia se l'avessi pubblicata nella nostra lingua originale. Ma mi sono dovuta ricredere e così eccomi qui :D
Spero vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate, così che io possa migliorarla per soddisfare voi e allo stesso tempo così che io riceva lo spirito giusto per continuare a pubblicarla (sapete, poche recensioni o visualizzazioni --> autrice depressa)
Beh, detto ciò, spero sia di vostro gradimento! Oh, inoltre, i capitoli sono cortini ma sono praticamente tutti pronti e potrei aggiornare spesso. Mi basta sapere che a voi questa storia interessa ^^
 

Capitolo 1

Ciao a tutti.
Il mio nome è Leonardo Hamato e ho 16 anni.
Frequento la scuola superiore, più precisamente un liceo nella mia città natale, New York, e sono uno studente molto stimato.
Nella mia scuola ho sempre avuto un'alta reputazione grazie al fatto che facevo parte della squadra di Football, ma in fondo mi rendevo conto che nessuno mi avrebbe parlato se non fosse stato per questo.
O almeno, era così fino ad un po' di tempo fa.
E' una storia lunga e complessa, perciò, se avete voglia di sentirla, mettetevi comodi e ascoltate con attenzione.
Tutto è cominciato qualche mese fa, nella mia classe di matematica.
Era il giorno della consegna dei compiti e la prof era entrata con un'espressione più acida che mai. Aveva i capelli grigi raccolti in un'alta coda e gli occhi, nascosti da spessi occhiali rossi, ci squadravano insoddisfatti.
Grugnì i nomi in ordine alfabetico per fare l'appello e toni smorti e stanchi le risposero.
Poi, dopo aver chiuso il registro blu con un tonfo secco, tirò fuori dalla sua cartella marrone un pacco di fogli bianchi ed iniziò a consegnarli.
Quando si avvicinò al mio banco per darmi la mia verifica, fece una smorfia disgustata contraendo la bocca e il naso adunco, e poggiò i fogli sotto il mio sguardo stupito. Abbassai gli occhi e notai una miriade di segni rossi. Insufficiente. Beh, essendo la mia prima insufficienza dell'anno, non era una cosa troppo grave. Se non consideriamo il fatto che per restare nella squadra di Football bisogna avere una buona media. Sospirai sconsolato e mi guardai intorno per vedere se ero l'unico ad essere andato così male.
Dalle facce degli altri, non sembrava. Questo mi tirò un po' su di morale, ma continuava a non migliorare le cose. All'improvviso, il bagliore di un sorriso sul volto di un ragazzo, con cui non parlavo mai nemmeno per salutarlo, mi attirò. Era seduto alla mia destra, perciò cercai di dare una sbirciatina al voto che aveva preso.
Rimasi sconvolto nel vedere che non vi era un singolo segno di biro rossa sul suo compito.
Nemmeno un errore. Quasi caddi dalla sedia. Che diamine? Lo squadrai per bene: aveva i capelli castani leggermente lunghi ed era magro e alto. Non riuscivo a ricordare il suo nome. Sapevo solo che si faceva chiamare Donnie per abbreviazione. Lo vidi girarsi verso un altro ragazzo, biondo e appena un po' riccio, e alzare il pollice sinistro. Non li avevo mai notati in quella classe, nessuno dei due. Infatti, quando fai parte di una squadra popolare a scuola, la tua vita viene magicamente organizzata e scopri che essa ruota intorno ad un'unica e insensata piramide sociale. Loro due sono visti da tutti come qualcuno in fondo agli ultimi gradini. Sapete, il secchione e il bambino.  Sapevo che l'altro si chiamava Michelangelo ma a volte mi era capitato di sentire Donnie chiamarlo Mikey. Erano sempre insieme. Avrei voluto avere anch'io un rapporto così con qualcuno. I miei amici del football non erano veramente... amichevoli.
Passavamo del tempo insieme ma parlavamo solo di sport. Inoltre, loro non volevano frequentassi persone al di fuori della squadra.
Dicevano che "Ne valeva la mia reputazione". Mikey sgranò un attimo gli occhi azzurri e mi guardò confuso.
Non mi ero accorto che stavo continuando ad osservarli fin quando anche il castano non si girò a squadrarmi con le pupille nocciola. Arrossii lievemente e mi girai dall'altra parte, tornando a guardare gli errori che avevo commesso io durante il test. Cose facilissime. Che avrebbe potuto eseguire correttamente anche un bambino. Ma a cosa stavo pensando mentre scrivevo le risposte? Mio padre si sarebbe arrabbiato. O forse no. Non era molto presente nella mia vita.
Sospirai di nuovo. Passammo l'ora a correggere gli esercizi e le domande di teoria poi la campanella suonò, facendo iniziare il pomeriggio. Quello era praticamente l'unico giorno in cui non dovevo fare qualcosa come andare agli allenamenti o al corso di chitarra, a cui mia madre mi aveva iscritto prima di, beh, lasciarci. Non fraintendete, non è morta, ha semplicemente deciso, da un giorno all'altro, di andarsene.
Non so che problemi avesse con mio padre, ma a quanto pare ne aveva anche con me, per abbandonarmi senza nemmeno pensarci. Perché è questo che ha fatto, mi ha abbandonato.
Comunque, io avevo provato a smettere di fare chitarra, per allontanare il ricordo di mia madre una volta per tutte, ma mio padre non voleva. Non so perché. Forse, semplicemente, non voleva che la mia vita cambiasse troppo. Così, tra allenamenti e chitarra, l'unico giorno libero era il mercoledì.
Senza divulgarci troppo, consegnai il compito all'insegnante e iniziai a radunare le mie cose e ad infilare i quaderni e le penne a raffica nella mia borsa a tracolla.
Mormorai un lieve e sommesso "arrivederci" e uscii dalla porta, pronto a recarmi a casa.
Passai per i corridoi e salutai con un cenno i miei amici del Football, poi mi recai all'autobus. Mi sedetti al mio solito posto. Mentre aspettavo che partisse e finisse di riempirsi, mi misi a guardare fuori dal finestrino, su cui il sole batteva cocente.
Appoggiandovi una mano sopra, potevo sentire le dita bruciare. Osservai i diversi soggetti salutarsi e tornarsene a casa.
Improvvisamente ebbi un sussulto quando vidi Donnie, accompagnato da Mikey, camminare per i marciapiedi chiari. Possibile che in tutti questi anni non li avevo mai notati e, quel giorno, era la seconda volta che li incontravo? I strani casi della vita. Comunque, ebbi un sussulto ancora più grande quando mi accorsi che si erano voltati verso di me e, vedendomi, mi avevano salutato con un cenno della mano. Okay. Strano. Molto strano. Che cosa volevano ottenere salutandomi? Forse speravano di salire e diventare più popolari. O magari volevano trascinare me più in basso. Okay, non giudicate i miei pensieri contorti: dopo una vita come la mia è normale dubitare di tutto.
Non sapevo cosa fare, ero indeciso se salutarli o no. Ma poi per una questione di cortesia e alzai una mano in risposta. Accennarono ad un sorriso e se ne andarono. Rimasi letteralmente stupito.
Mi spiegherò meglio: io ero convinto che le persone in fondo alla "piramide" odiassero quelli in cima. E avrebbero anche ragione, insomma, venivano trattati malissimo a causa di... cosa? Nulla di particolare, solo perché non erano "nessuno".  
Sentii l'autista mettere in moto l'autobus e mi guardai intorno: molti ragazzi erano costretti a stare in piedi, poiché non vi erano abbastanza sedili, e tutti quanti erano appiccicati a qualcuno, a causa del poco spazio disponibile. Per questo mi piaceva stare accanto al finestrino, mi sentivo come se ci fosse più aria.
Mi resi conto che un ragazzo si era seduto accanto a me. Lui lo conoscevo bene. Era il mio vicino di casa, ma non ci parlavo mai. Anche lui, infatti, non era proprio in cima alla piramide.
Si chiamava Raphael, o Raph. Aveva i capelli castani spettinati e gli occhi verdi si fermarono nei miei azzurri nello stesso momento in cui io mi girai verso di lui. Non l'avevo sentito sedersi.
Fece un'espressione confusa, ma poi mi guardò quasi offeso: "Qualche problema?" mi chiese, brusco.
"No" risposi seccamente io.
Raph non mi stava antipatico ma nemmeno mi piaceva. Era troppo.. arrogante? O forse sembrava solo a me? Magari lui era uno di quelli che odiavano le persone con un'alta reputazione.
Ad ogni modo, mentre l'autobus iniziava a svuotarsi, mi resi conto che in effetti, a me sarebbe piaciuto non avere un'alta reputazione. Anzi, mi succedeva spesso di rendermene conto. Quando mi perdevo nei miei pensieri era un argomento che risaliva spesso a galla. Voglio dire, non ci guadagnavo niente ad essere così popolare.
Mi sentivo vuoto. E la mia vita non era niente di così stupendo. Mi chiesi momentaneamente come sarebbe stato sedersi a pranzo con Donnie e Mikey. Passare i pomeriggi con Raph. E fare un sacco di altre cose con altra gente.
La mia fermata mi fece riportare alla realtà; presi lo zaino e scesi.

  
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