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Autore: LawrenceTwosomeTime    14/06/2014    4 recensioni
"Il vetro della camera si appanna. Vetro umido. Vetro vivo"
Un racconto erotico immerso in una cornice onirico-fiabesca. Si tratta del mio secondo esperimento in tal senso, dopo "Il profumo delle Marguerites", caratterizzato da un tono più asciutto, atmosfere più oscure e un epilogo "diverso". L'idea mi è venuta gettando la spazzatura.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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”Hai visto il mio braccialetto?”
“Aspetta… forse è sotto il cuscino”
E se lo allaccia, resa impacciata dal peso del mio corpo.

Fa l’amore indossando quel braccialetto, sempre.
È molto stretto, e anche lei. Come la prima volta. C’è odore di sangue.

Lo sguardo indugia sui motivi intricati del gioiello, si sofferma sulle pieghe morbide che nascono e muoiono tutto intorno. Il collo, l’incavo di un braccio. Quel seno sfuggente.
Non la vedo che poche ore al giorno, ma è come se non se ne andasse mai. Non la tocco che poche ore al giorno, eppure la sensazione del suo tocco mi perseguita.
Muoio. Rinasco.
Il contatto col suo sesso brucia. Il mio sesso nel suo. Due brandelli di carne che si mescolano.
E i brividi, oh, rabbrividisco talmente forte che mi sembra di avere la febbre. Lei mi guarda con quegli occhi senza colore, la bocca socchiusa, in cerca di una conferma che quel piacere è reale, che lo sta provando sul serio. È troppo bello per essere vero, lo sappiamo entrambi. Facciamo fatica a capirlo, fatichiamo a crederci.

Ho detto addio a tante ragazze. Sono scomparse per non ritornare mai più.

Erica era spiritosa. Era divertente farci l’amore. Era limitata.
Barbara era adorabile. Era un dono. La davo per scontata.
Olga era sensibile. Profonda, lunatica, insondabile. Assolutamente imprevedibile.

Il vetro della camera si appanna. Vetro umido. Vetro vivo.
Ogni cosa prende a respirare, sussulta di desiderio. Stiamo male per eccesso di bene.

Chiudo gli occhi, li riapro.
Non è divertente, non è adorabile, non è profonda. È tutte queste cose. È la somma di queste cose.

Si è tolta il braccialetto e sorride di un sorriso appena accennato. Non ho mai avuto tanta paura.

Il suo sorriso si scioglie come neve al sole. Le mani evaporano. La sento svanire.
Il tocco dei piedi si perde nel nulla. Il suo sesso è una macchia sbiadita.

Sparita, evaporata. Persino il profumo trascolora.

E allora piango, le braccia che stringono il vuoto, e la mia mente corre allo stanzino sotto la camera, l’atelier dove ho condotto Erica, Barbara e Olga, il contenitore dove ho fuso i corpi e le menti, dove ho mischiato gli spiriti e le carni. La ghirba di vetro umido in cui ha preso vita un fragile sogno.

Sfumato, come tutti i sogni.
  
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