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Autore: Brokenhearted Bitch    15/06/2014    0 recensioni
''Secondo la legge di gravitazione universale tutti i corpi celesti hanno una forza con la quale si attraggono reciprocamente, e questo non avviene solo tra corpi della stessa grandezza. Anche un corpo più piccolo e uno più grande possono attrarsi a vicenda.''
E' questo quello che dice la materia preferita di Annika Brant, semplice studentessa di 17 anni. Ma Annie, la scuola, non la sopporta, non ne può più. Vorrebbe scappare, vorrebbe viaggiare e inseguire i suoi sogni. Nemmeno la passione per la fisica basta per avere una sufficienza, il problema sta nei calcoli matematici. Ma quando un professore della sua scuola, Anthony Rope, si offre di darle ripetizioni, qualcosa nella vita di Annie comincia a prendere forma. Un sentimento forte, un'attrazione magnetica che finisce per coinvolgere entrambi, uomo e adolescente.
E la legge di gravitazione assume un significato più profondo, dietro al quale si cela una metafora capace di descrivere alla perfezione quello che per molti è un amore impossibile e proibito.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pedalo veloce, sulla bici vecchia e arrugginita, sempre quella, che uso ormai da tre anni e che era stata di mia madre, quand’era giovane, nel tentativo disperato di arrivare puntuale almeno oggi, mercoledì 10 Gennaio, giorno di apertura della scuola dopo le vacanze di Natale. Non che mi importi tanto, perché a dire il vero, odio dover andare a scuola ogni giorno e vorrei che questo giorno non fosse mai arrivato. Oh, e.. non per altro, ma.. non ho nemmeno trascorso delle vacanze così rilassanti. I primi giorni sono passati molto tranquillamente: ho letto un libro, ho guardato un sacco di puntate della mia nuova serie tv preferita e.. dormito, dormito, dormito. Ma si sa, quando tutto è troppo tranquillo vuol dire che una tempesta è in arrivo. Spero di non essere troppo pessimista (si, ok forse lo sono davvero!),  ma è proprio ciò che è successo dopo questi pochi e pacifici giorni di vacanza. A quanto pare la mia famiglia ( un impiegato sui cinquant’anni, una farmacista sui quaranta-cinque e una bambina sui 10 anni, che dovrebbe essere mia sorella, eppure è totalmente diversa da me) riesce ad essere più insopportabile durante le ferie che nel resto dell’anno, e come se non bastasse è cominciata a venirmi anche l’ansia, per tutto quello che avevo da studiare per le verifiche del rientro a scuola. Ma la parte peggiore, mi ha colta di sorpresa.

Un virus fulminante, era un sacco di tempo che non stavo così male: ogni mezzora ero in bagno a rimettere, come se qualcuno avesse lanciato una maledizione sul mio stomaco. E così, in una rapida e grottesca successione, mia sorella, io, mia nonna e mio padre abbiamo provato quest’indimenticabile ebbrezza del “Virus natalizio”, come l’abbiamo battezzato. Per fortuna, in un paio di giorni è tutto finito.

Perciò no, non me fotte un cazzo se non ho studiato abbastanza, ho avuto i miei problemi e ho intenzione di non avere sensi di colpa per i prossimi 3 giorni. Ma suppongo ai professori non possa fregare minimamente del mio caro Virus Natalizio, a raccontarglielo si farebbero solo una grassa risata. Li vedo ingollarsi di pandoro e champagne, nello stesso momento in cui io non ce la faccio neanche a bagnarmi le labbra con un sorso d’acqua. Li vedo gustare un Mon Chèrie o un Ferrero Rocher mentre leggono il quotidiano, mentre io sono alle prese con il secolo dei lumi e una buona dose d’ansia. Avete passato un buon Natale, infami?

Basta con l’odio represso. Mi concentro sulla strada, quando arrivo al semaforo idiota, quello che per una strada il verde dura almeno 2 minuti e rotti, mentre per la strada perpendicolare (quella che percorro io) non dura neanche 10 secondi. Se sono a 50 metri dal semaforo e in quel momento scatta il verde, devo raddoppiare la velocità e sperare che lo spirito di Bolt si incarni in me o rimango palesemente fottuta perché mi tocca inchiodare al simpatico rosso che scatta nel momento esatto in cui arrivo all’incrocio. Non di meno, la mia bici mezza scassata ha i freni che funzionano solo quando pare a loro. Per la bici posso rimediare, non al sistema stradale vergognoso di questo stupido paese di provincia, però.

Aspetto almeno un minuto buono, prima di poter attraversare e raggiungere il centro storico. Porca miseria, sono già le 8 meno cinque. A fare lo stesso percorso da 3 anni e mezzo sono diventata abile a destreggiarmi nelle strade trafficate che collegano il punto in cui abito io al centro, nelle strade più strette e claustrofobiche di quest’ultimo, che nonostante questo sono altrettanto trafficate, negli incroci più bastardi e tra le buche nell’asfalto. A quest’ora e con questo clima non c’è quasi nessuno per le strade, salvo qualche studente. Rallento solo alle curve, sulla bici che gracchia insistentemente e sento l’aria gelida dell’inverno e del mattino pungermi le guance e bruciarmi gli occhi.

Quando arrivo all’ultimo incrocio, che imbocca il viale alberato per arrivare all’istituto, devo frenare con i piedi. Scendo dalla bici e due auto, una grigia e una nera dall’aspetto trascurato, procedenti in direzioni opposte sulle relative corsie di marcia di fermano davanti alle strisce pedonali per farmi passare. Ma quando sono già verso l’altro lato della strada, sento un rombo del motore accelerare improvvisamente di fianco a me e la macchina nera fa uno scatto proprio nel momento in cui le sono di fronte. E’ tutto simultaneo. Emetto un piccolo grido, e lascio cadere la bici per lo spavento, mentre con l’altra mano tocco il muso dell’auto che inspiegabilmente si è già fermata. Ed è allora che sento gracchiare il conducente dell’auto nera, una voce da rozzo camionista “Scherzetto! Scusa, dolcezza..”. Sconvolta, indietreggio. Ma sì, sono ancora viva. Con la coda dell’occhio vedo la portiera dell’auto grigia aprirsi, qualcuno venire fuori, forse in mio soccorso. Ma ho già raccolto la bici con mano tremante e scappo via per il viale, senza più fermarmi né guardarmi indietro. Fa’ che non mi seguano.
  
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