Il cielo sopra Londra è stretto e grigio. Anche quando c'è il sole, anche quando le nuvole sgombrano il campo, anche quando il vento spazza via i fumi e le particelle inquinanti, anche allora il cielo sopra Londra conserva una indefinibile sfumatura di grigio che è l'indice della sua tristezza, della sua ristrettezza. Un cielo che si ferma ai palazzi e non va oltre.
Nei sogni di Donna, però, il cielo è sempre diverso. Una volta è verde come il mare, denso e palpabile; un'altra volta è infuocato, pieno di cenere e lapilli; un'altra ancora è blu, un blu vero, non il blu edulcorato della Terra del ventunesimo secolo ma quello che avevano dovuto ammirare i primi uomini, quando si inchinavano al sole e alle stelle e li chiamavano dèi. E tutte le volte, nei sogni di Donna, il cielo è grande, grande, immenso, va oltre Londra e oltre l'Inghilterra e non finisce mai, attraversa lo spazio e persino il tempo, pieno di luoghi e vite e nomi e bellezza. Nei suoi sogni, anche Donna stessa è il cielo.
E tutte le volte, quando si sveglia, rivolge un'occhiata scontenta al cielo, grigio e uniforme anche nei giorni di sole. Non c'è niente lassù, niente - niente che lei sappia, almeno.
Al di sopra di Londra l'universo intero canta per lei, ma Donna non lo ricorda.