Le piace, il laboratorio di Genevieve. Ci sono fiori e piante ovunque, le ricorda la
sua infanzia. Nadia passa piano l'indice su una corolla per non gualcirla. “State
spiando Camille?”
“Era precedente agli
accordi.”
“E la verbena nel
vino?”
“Non siamo stati
noi. Klaus ha molti nemici, dovrebbe guardarsi le spalle e ricordare che il
fornitore ufficiale...”
“... è Francesca
Correa. Abbiamo chiarito il malinteso.”
Oh sì, aveva udito
del cadavere senza testa ritrovato nel fiume. Erano corse voci raccapriccianti
anche sulla ragazzina giunta in città con il piccolo cacciatore. “Una pozione
del genere richiede molto lavoro, Nadia. Ho bisogno di concentrazione.”
“Me ne vado, me ne
vado...”
“Il tuo sangue,
prima.”
Genevieve le passò una
piccola ampolla e Nadia fece gocciolare il sangue all’interno. “Sarà pronta per
stasera?”
“Non serve tanto
tempo. Dammi quattro ore.”
Nadia è come una
giornata senza sole. La sua presenza porta malinconia e un disordinato senso di
perdita e morte. Genevieve si affretta a mettere
insieme gli ingredienti. Li dispone ordinati sul tavolino e la pelle d’ora le
ricopre il corpo. Passiflora per dimenticare. Dragoncello per mai più amare…
///
“Sei stata veloce.”
“Non amo le perdite
di tempo.”
L’aria è calda,
Nadia gioca con la lunga collana magica che la tiene in vita, cerca la mano di
Matt e la stringe nella sua. “E’ l’ultima volta che ti coinvolgo, promesso.”
“Non c’è problema.
Preferisco cacciare vampiri che servire ai tavoli.”
“Prova nelle offerte
di lavoro” ammicca, con un sorriso allegro.
“Mystic
Falls è una piccola città e da quando sono andati via
quei tre psicopatici, non succede mai niente. Non ho intenzione di restarci per
sempre. Potrei stabilirmi qui, il materiale sovrannaturale non manca di certo.”
“Dicevi di non sopportare
il fiato di Klaus sul collo…”
Matt si ferma, il
braccio si tende e trattiene Nadia, facendola tornare indietro di un passo. “Ti
ci sei immischiata di tua spontanea volontà o cosa? Non dire cosa, ho una balestra pronta e un po’ di
quercia bianca la rimedio su Ebay.”
“Che tu ci creda o
no, è stato buono con me.”
“La novità del
secolo!” ironizzò. “Klaus non fa nulla disinteressatamente.”
“Sarà un momento di
‘bassa’. Mi ha salvato la vita due volte e ha curato la vostra amica.”
Uno dei ricordi che
Matt vorrebbe perdere nell’immediato.
“Ti preoccupi troppo
per quell’uccellino indifeso. Se non si fa le ossa, come sopravvivrà al triste mondo crudele?”
Decisamente, Elena
non le piace. “La pozione a cosa ti serve?”
“A dimenticare.”
“Cosa?”
“Quante domande!”
esclama tirando via la mano dalla sua. “Ho vissuto una vita piena e molto
dolorosa. Voglio ricominciare, Matt. Azzerare tutto e avere un’altra
possibilità.”
Quante volte si era
augurato di perdere la memoria, ripensando a Vicky?
“Ora scusami, devo prepararmi.”
La preparazione di
Nadia non ha nulla a che fare con trucchi e belletti. “Raccomanda la mia anima
al Big Boss!”
Nadia alza il
pollice, mentre si allontana in direzione della chiesa di saint
Anne con la schiena dritta e l’animo inquieto. Ha una brutta sensazione che
nessuna pozione magica riuscirà mai a cancellare.
Rebekah’s
Gli occhiali da sole
infilati nella scollatura urtavano il bordo del tavolo. Elena li tolse insieme
al capellino. “Non vuoi seccature, lo capisco” mormorò tirando indietro la
sedia e facendo dondolare la bisaccia colorata che pendeva da un lato. “Il
bagno?”
“Camera da letto.”
I bagni sono sempre
le stanze più fresche e pacifiche delle case. Luoghi ideali per riflettere
sulla propria vita. Rebekah ha sistemato una minuscola
piantina grassa in un piccolissimo vasetto smaltato di rosa, sulla mensolina sotto lo specchio. Elena ha visto piccoli
raggruppamenti di candele, un armadio dalle ante socchiuse con pochi vestiti
dentro e nessuna foto incorniciata. Quando esce dalla stanzetta, Klaus sta
tirando una tenda per impedire al sole di invadere la stanza. Le imposte sono
chiuse ma c’è luce a sufficienza per incrociare lo sguardo col vampiro.
“Vuoi continuare il
giro turistico o vuoi tornare a casa?”
Si è arreso troppo
facilmente e troppo presto. “Cosa c’è da vedere in questa parte della città?”
“Rebekah
lo chiamava ‘il centro del nulla’…”
“Traduzione, non ci
sono negozi di vestiti nelle vicinanze” mormorò osservando i contorni degli
oggetti, il letto rifatto. “Se torna e ci scopre, se la prenderà.”
“Le ho concesso la
libertà che voleva. Non tornerà mai più.” Klaus abbandonò la finestra e sedette
sul letto. Erano tante, le sue colpe. Così tante che a voltarsi indietro,
l’avrebbero ucciso. “Affetto e possessione non possono vivere insieme. Non l’ho
consigliata quando avrei dovuto farlo… l’ho obbligata
a piegarsi alla mia volontà, l’ho punita…” Perché ne
parlava con Elena Gilbert? Aveva la sua psicologia personale per quei momenti
di sconforto!
Aveva sempre avuto
una certa abilità nel calcolare quanto danno infierire alle persone e in che
momento affondare il coltello. Con lei erano bastate poche parole per
affossarla. “Ti senti in colpa e vieni qui ad innaffiarle le piante e rifornire
il frigorifero nel caso in cui torni…”
Klaus avvampò. Come
aveva fatto…
“Il terreno della
piantina grassa è quasi asciutto” borbottò spostando una gamba sull’altra e
appoggiando la schiena al muro le braccia incrociate. “Tornerà, forse non
subito ma lo farà. Quando le sarà insopportabile stare lontano dalle persone
che ama, tornerà.”
“Ogni quanto tempo
vedi tuo fratello, miss College?”
“E’ diverso”
sussurrò spostando lo sguardo nel suo. L’azzurro brillò per un istante nel dito
di luce che gli attraversava il viso. Klaus alzò il mento e la striscia scivolò
sulla guancia.
“Hai un rapporto
quasi incestuoso con Rebekah.”
Un silenzio pesante
piombò fra i due vampiri. Elena sciolse i capelli e li legò di nuovo. “Nelle
società antiche, l'incesto era consuetudine nelle famiglie che detenevano il
potere, con l'evidente finalità dell'autoconservazione dello stesso. Il fatto
che tu sia un vampiro e non possa avere figli, rende l’attaccamento al sangue
del tuo sangue dieci volte maggiore...”
Ci sarebbe stato
tempo per una certa rivelazione, era
curioso di udire il resto dell’analisi junghiana.
“… eppure riesci ad
allargare la cerchia di affetti, Marcel ne è la prova. L’interesse per Nadia ti
riporta alla situazione di normalità che cerchi… un
uomo e una donna, una nuova famiglia” concluse riportando lo sguardo sul
vampiro che la guardava incuriosito e anche un po’ divertito. “Prego,
confutami.”
“L’esposizione
eccellente ma hai sbagliato solo una cosa, Elena: io sono un licantropo.”
Elena batté le
palpebre, indecisa sul significato da attribuire alle sue parole.
“Hayley
aspetta una bambina da me” sussurrò gustandosi il suo silenzio attonito. “Sì, è
successo al solito modo. Sì, prenderò precauzioni la prossima volta, non credo
ce ne siano altri in giro e no, Elijah è venuto dopo e sarà un’ottima figura
paterna. Credo di aver risposto a tutte le tue domande. Ho tralasciato
qualcosa?”
Elena scosse la
testa ed una fiammata di calore mista ad inquietudine la attraversò tutta. Non
riusciva ad immaginarlo fra pappe e pannolini ma Klaus aveva parlato chiaro,
sarebbe stato Elijah a prendersi cura di lei. Razionalmente era la scelta
perfetta, era equilibrato, affettuoso e incline all’indulgenza…
“ma non ci provi neppure?”
“Non sono un esempio
da seguire, Elena.”
Quella bambina
sarebbe venuta al mondo senza conoscere nulla del suo passato. Avrebbe
richiesto solo amore e attenzioni. “Non ti dai e non le dai alcuna possibilità.
L’abbandoni nel grembo della madre e volti le spalle alle responsabilità?”
“Un uomo
intelligente conosce i propri limiti e li rispetta.”
“Hai paura di non
essere un buon padre?”
E di farsi odiare da
lei. “Ne ho la certezza.”
Elena puntò le mani
sui fianchi, il suo sguardo esprimeva solo ironia. “Ti divertiresti a plasmare
quella bambina a tua immagine e somiglianza.”
“Lo ammetto, l’idea
di una discendenza non mi dispiace.”
“Molto medievale da
parte tua...”
“Ai miei tempi,
un’impudente linguacciuta come te sarebbe stata punita severamente” scherzò.
“Sei un progressista
ma ragioni come un uomo di Neanderthal.”
Non avrebbe disfatto
il suo capolavoro anche se l’idea di
strangolarla galoppava. Klaus si alzò con uno sbuffo, muovendosi verso la parte
opposta del letto. “Sono civile, Elena. So fin dove arrivare con te.”
E lei si sentiva di
nuovo vulnerabile. Doveva analizzarla bene, quella cosa.
“Tu che sei una
‘donna’…”
Aveva virgolettato,
lo stronzo.
“Come si concilia
una stanza rosa con queste?”
Elena seguì il
tintinnio metallico e ammutolì: bracciali di cuoio invece delle solite
scherzose manette pelose che si aprivano con una forcina?! Che pervertita!
“C’è anche una
scatola sotto il letto, ma non ho avuto il coraggio di aprirla.”
Elena si rasserenò
sentendo che l’atmosfera era cambiata, diventando scherzosa e cameratesca. “Non
sono grandi per i polsi di una donna?”
“Quei casi persi che
rimorchia non valgono lo sforzo” mormorò Klaus infilando la mano all’interno. “Tipico
di Rebekah fare le cose a metà: queste catene non
terrebbero mai un vampiro o un licantropo.”
“Forse è voluto…”
“Na,
credo che non abbia trovato altro dal ferramenta” borbottò allungando il
braccio per conoscerne la lunghezza. Guinzaglio corto, eh?
Damon usava un
classico foulard di seta con lei. Non la stringeva mai troppo e poteva
liberarsi in qualsiasi momento. Una rete di sicurezza inutile: quando il
piacere era troppo, perdeva tutte le energie. Elena allacciò l’altro bracciale
e scrollò la mano. “Tu lo fai mai?”
Gli aveva sempre
instillato il dubbio che fosse al di sopra degli istinti animali ma il suo
sguardo liquido brillava nella penombra “Se la signora lo desidera...”
“Te lo chiedono
loro?” Elena battagliò con una fibbietta, impacciata.
Arrossì quando udì la sua risata. Il cuore accelerò i battiti e l’aria che la
circondava divenne calda.
“Non prendertela, ma
è più facile immaginarti preda del cacciatore che ospite di un lussurioso
giaciglio intenta in pratiche peccaminose” rise.
“E’ fastidioso
essere etichettate come vittime naturali”
mormorò perdendo la calma e dando uno strattone alla catena.
“Non distruggere il
letto.”
“Mh…
non sarebbe la prima volta...”
“Come fa una cosina
come te…”
Elena ammiccò,
mostrando la punta della lingua e rise senza alcun motivo.
La sua naturale
allegria stemperava il cupo goticismo di Nadia e c’era una vena comica in
quella dissonante alleanza di cuori infranti. “New Orleans ti ha fatto
impazzire.”
“Non lo trovi
meraviglioso?”
La scossa ai lombi
arrivò dritta al cervello. Era stata la sua espressione intensa a provocarla.
Gli occhioni di Elena luccicarono nella penombra. “Hai già in
mente il nome?”
Mikealson’s
“Wow…
questi incantesimi sono molto eleganti…”
“Nostra madre amava
la semplicità ma diceva sempre che se fossero caduti in mani sbagliate, la
sciagura si sarebbe abbattuta sul mondo…”
“… o qualcosa del
genere” concluse Davina con un sorriso rapito. “Non
sono semplici da replicare.”
“Allora ha fatto un
buon lavoro. Prendi tutto il tempo che vuoi, Klaus non tornerà prima di sera.”
“Lo so, è in giro
con la sua ragazza” mormorò piegando le braccia a sporgendosi sul librone. “Li
ho incrociati in Royal Street.”
“Elena è solo una
vecchia conoscenza.”
E ci davano dentro,
le vecchie conoscenze?
///
“… una zecca umana.
Sapeva che ci sarebbe stata una sosta al tabac e che saresti stato così
buono da comprargli un sigarettino… a suo modo era
interessante. Un uomo senza alcuna ambizione… beveva
e frequentava femmes de chambre proponendo il matrimonio ad
ognuna di loro…”
“Prostitute?”
“Cameriere. Troppo
povero anche per i casini da dieci soldi.” Klaus si fermò sotto il porticato,
mentre la borsa di Elena scivolava dalla spalla alla mano sinistra. “Sei mai
stata a Parigi?”
“Basta con le
domande personali. Chiacchieri ininterrottamente da…”
Elena seguì il movimento della lancetta dell’orologio e annuì. “Sei ore in
questo preciso istante. Non centra il carattere: le stordisci di chiacchiere,
le poverine.”
“Ai miei tempi…”
“Ai tuoi tempi sarei
stata frustata o chissà che altro!”
Elena ammiccò,
facendolo sorridere. Era diventato un appuntamento dopo gli eventi di Royal Street, i trentasei gradi all’ombra, la
fila interminabile per la mostra ‘tutto
esaurito’ e il sound sbrindella-anima del vecchio Pete.
“Ti sei reso conto che rincorri donne che non ti desiderano perché temi di non
essere all’altezza?”
“All’altezza di
cosa?”
“Aspettative altrui”
sparò testando la reazione.
Avrebbe dovuto
metterla su quel dannato treno con la forza, non scorrazzarla per la città e… fare l’idiota. “Sì, ora lo sento l’impulso a frustarti”
mormorò spalancando la porta.
“Spero che tu stia
scherzando.”
Elena alzò gli occhi
verso la scalinata e sorrise ad Elijah. “Sta scherzando. I ragazzi?”
“Fuori ad allenarsi”
rispose deviando uno sguardo di ghiaccio sul fratello. “Davina
è ancora qui, cerca di non dare in escandescenze.”
L’aveva dimenticata,
la rompicoglioni. “Controlla che non rubi le pagine del grimorio invece di
bacchettarmi per ogni stronzata che dico.”
“Sai come si dice…”
“No, non lo so” esclamò
dirigendosi verso lo studio. Spalancò la porta sorprendendo la ragazzina con il
cellulare in mano. “Niente foto e niente CamScanner, mocciosa. Non erano
questi i patti.”
Davina sbuffò, mettendo
via il telefono. “E’ stata piacevole, la sosta al parco?”
Klaus si immobilizzò
e anche Elena si ritrovò a corto di fiato. La borda dondolò in mano e tornò
sulla spalla. “Vado a fare una doccia. Con permesso...”
Klaus stirò le
labbra in un falso sorriso compiaciuto. “La strega sta andando via. Fratello,
scortala fino alla porta… per la sua sicurezza
personale.”
Davina chiuse il grimorio
e ci restò appoggiata sopra, perplessa. “Ci lasci soli, per favore? Gli adulti
in preda alle emozioni mi incuriosiscono sempre.”
Un altro sguardo di
fuoco dal fratello. Klaus si versò da bere e appena la porta si chiuse alle
spalle di Elijah, sbatté il bicchiere mezzo vuoto sul tavolino. “Non
permetterti mai, Davina!”
“Deve essere
orribile svegliarsi nel tuo corpo ogni mattina” grugnì, imbronciata. “Questa
Elena lo sa che sei squilibrato e hai un problema di controllo della rabbia?”
Camille, con le sue
spiegazioni scevre di giudizi, aveva smosso i demoni che lo torturavano. Nadia
aveva rovesciato fuori la parte umana perduta nelle nebbie del tempo, Rebekah l’aveva fatto vergognare del proprio comportamento
ma il colpo finale l’aveva inferto Elena Gilbert con i suoi occhioni
da cerbiatta.
Il tempo si era
contratto su se stesso, dopo il bacio.
Royal
Street:
trentasei gradi all’ombra e un’umidità spaventosa. Sole a picco e una fila
interminabile. L’aveva avvertita che la mostra faceva il tutto esaurito e che
avrebbero dovuto escogitare un altro piano per entrare, ma Elena aveva fatto
spallucce e si era appoggiata al muro battuto dal sole dicendo che non c’era
alcuna fretta. Dopo quaranta minuti aveva ceduto, ma proprio in quel momento era
arrivato il vecchio Pete con tutta la banda al
completo.
Klaus pensa che è un
buon intrattenimento. Esce dalla fila, allunga un po’ di soldi al vecchio creolo
e resta fregato perché non conosce la romantica storia locale che gira sul sound strappa-anima.
Elena aveva gli occhiali da sole, ma si capiva che era commossa. Se ne stava
ferma ferma come un sasso ad ascoltare e quando la
fila era avanzata, non aveva mosso un passo. Era voltato, non l’aveva vista
allontanarsi. Aveva impiegato poco tempo a ritrovarla. Elena, piangendo, gli
aveva dato del bastardo. Klaus aveva incassato senza conoscere bene la sua
colpa. L’aveva condotta alla prima panchina all’ombra, chiedendosi cosa diavolo
l’avesse fatta scoppiare a quel modo. Si era scusato, nonostante tutto. Poco
dopo, Elena era scivolata contro la sua spalla e senza pensarci, aveva
allargato il braccio. La sottile frescura che lo avvolgeva era stata interrotta
dal corpo bollente premuto contro il suo e gli aveva fatto rimpiangere l’aria
condizionata in casa di Rebekah. Mentre si domandava
se fosse stato lo shock postumo del cacciatore a turbarla o solo la sua storia
d’amore franata, Elena si era messa a giocare con una delle tante catenine che
portava al collo. Le sue dita avevano sfiorato lo sterno rimandando una
sensazione piacevole e la stretta era aumentata. L’aveva sentita trattenere il
fiato come se si risvegliasse da un sogno improvviso. L’aveva baciata perché
quando una donna ti guarda a quel modo, ha bisogno di essere baciata. Elena gli
aveva sfiorato il mento e posato una gamba sulla sua. Un altro contatto
piacevole. La mano era scivolata dal ginocchio lungo la gamba, Elena aveva
ansimato, approfondendo il bacio, la carezza era salita lungo tutto il corpo,
aveva lambito il seno – un altro gemito intenso – e si era fermata nei capelli.
Il bacio era diventato intenso e la sua partecipazione molto attiva. Erano
stati interrotti dall’urto di un pallone calciato da chissà chi contro la
panchina. Elena l’aveva guardato, un po’ spaventata e…
aveva chiesto scusa. Lei aveva
chiesto scusa.
“Lo sa” rispose, eccitato
dal ricordo. Non l’aveva cercato, era capitato ma si sarebbe creato un
problema.
“L’hai baciata, alla
fine?”
Se l’aveva… Klaus la guardò, rendendosi conto che era solo una
ragazzina circondata da un pessimo branco di adulti che non dava alcun buon
esempio. “Non lo sai?”
“Non mi sono mica
fermata a guardare” arrossì. “Vi ho visti e ho tirato dritto.”
Klaus optò per la
sincerità. Chi ci avrebbe creduto? “L’ho fatto ma non avrei dovuto.”
Davina tornò ad
accucciarsi sulla sedia, i gomiti posati sul grimorio, la bocca affondata nei
pugni. “Perché no?”
Il vampiro tirò via
il libro di incantesimi ma la ragazzina non cambiò posizione. Fece solo ‘ahi’
quando i gomiti urtarono il tavolo. “Non si dovrebbe mai baciare una ragazza
che ha appena rotto col fidanzato.”
“Problemi di cuore?
Chi non c’è l’ha, al giorno d’oggi” esclamò annoiata, facendolo sorridere. “Si
è arrabbiata?”
“Lo farà.”
“Perché?”
Succedeva. Si
sarebbe arrabbiata con se stessa per essere stata debole e con lui per aver
approfittato del momento. “L’ho messa a disagio.”
Oh. Quello lo poteva
capire. Col disagio ci conviveva. “Ma se lei è la tua più uno…
non sarà un casino stasera?”