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Autore: kannuki    18/06/2014    0 recensioni
“Chi ti ha parlato di me?”
“La donna che mi ha partorito.”
“Un po' macabra come favola della buonanotte...”
"Tentare di risvegliare il suo amore, è come gettarsi su un coltello affilato. Non puoi lamentarti se ne esci ferita, dopo."
DAL CAPITOLO 8, GUEST STAR -> ELENA, JEREMY GILBERT + MATT DONOVAN ^^
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash, Crack Pairing
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le piace, il laboratorio di Genevieve. Ci sono fiori e piante ovunque, le ricorda la sua infanzia. Nadia passa piano l'indice su una corolla per non gualcirla. “State spiando Camille?”

“Era precedente agli accordi.”

“E la verbena nel vino?”

“Non siamo stati noi. Klaus ha molti nemici, dovrebbe guardarsi le spalle e ricordare che il fornitore ufficiale...”

“... è Francesca Correa. Abbiamo chiarito il malinteso.”

Oh sì, aveva udito del cadavere senza testa ritrovato nel fiume. Erano corse voci raccapriccianti anche sulla ragazzina giunta in città con il piccolo cacciatore. “Una pozione del genere richiede molto lavoro, Nadia. Ho bisogno di concentrazione.”

“Me ne vado, me ne vado...”

“Il tuo sangue, prima.”

Genevieve le passò una piccola ampolla e Nadia fece gocciolare il sangue all’interno. “Sarà pronta per stasera?”

“Non serve tanto tempo. Dammi quattro ore.”

Nadia è come una giornata senza sole. La sua presenza porta malinconia e un disordinato senso di perdita e morte. Genevieve si affretta a mettere insieme gli ingredienti. Li dispone ordinati sul tavolino e la pelle d’ora le ricopre il corpo. Passiflora per dimenticare. Dragoncello per mai più amare…

///

“Sei stata veloce.”

“Non amo le perdite di tempo.”

L’aria è calda, Nadia gioca con la lunga collana magica che la tiene in vita, cerca la mano di Matt e la stringe nella sua. “E’ l’ultima volta che ti coinvolgo, promesso.”

“Non c’è problema. Preferisco cacciare vampiri che servire ai tavoli.”

“Prova nelle offerte di lavoro” ammicca, con un sorriso allegro.

Mystic Falls è una piccola città e da quando sono andati via quei tre psicopatici, non succede mai niente. Non ho intenzione di restarci per sempre. Potrei stabilirmi qui, il materiale sovrannaturale non manca di certo.”

“Dicevi di non sopportare il fiato di Klaus sul collo…

Matt si ferma, il braccio si tende e trattiene Nadia, facendola tornare indietro di un passo. “Ti ci sei immischiata di tua spontanea volontà o cosa? Non dire cosa, ho una balestra pronta e un po’ di quercia bianca la rimedio su Ebay.”

“Che tu ci creda o no, è stato buono con me.”

“La novità del secolo!” ironizzò. “Klaus non fa nulla disinteressatamente.”

“Sarà un momento di ‘bassa’. Mi ha salvato la vita due volte e ha curato la vostra amica.”

Uno dei ricordi che Matt vorrebbe perdere nell’immediato.

“Ti preoccupi troppo per quell’uccellino indifeso. Se non si fa le ossa, come sopravvivrà al triste mondo crudele?” 

Decisamente, Elena non le piace. “La pozione a cosa ti serve?”

“A dimenticare.”

“Cosa?”

“Quante domande!” esclama tirando via la mano dalla sua. “Ho vissuto una vita piena e molto dolorosa. Voglio ricominciare, Matt. Azzerare tutto e avere un’altra possibilità.”

Quante volte si era augurato di perdere la memoria, ripensando a Vicky?

“Ora scusami, devo prepararmi.”

La preparazione di Nadia non ha nulla a che fare con trucchi e belletti. “Raccomanda la mia anima al Big Boss!”

Nadia alza il pollice, mentre si allontana in direzione della chiesa di saint Anne con la schiena dritta e l’animo inquieto. Ha una brutta sensazione che nessuna pozione magica riuscirà mai a cancellare.

Rebekah’s

Gli occhiali da sole infilati nella scollatura urtavano il bordo del tavolo. Elena li tolse insieme al capellino. “Non vuoi seccature, lo capisco” mormorò tirando indietro la sedia e facendo dondolare la bisaccia colorata che pendeva da un lato. “Il bagno?”

“Camera da letto.”

I bagni sono sempre le stanze più fresche e pacifiche delle case. Luoghi ideali per riflettere sulla propria vita. Rebekah ha sistemato una minuscola piantina grassa in un piccolissimo vasetto smaltato di rosa, sulla mensolina sotto lo specchio. Elena ha visto piccoli raggruppamenti di candele, un armadio dalle ante socchiuse con pochi vestiti dentro e nessuna foto incorniciata. Quando esce dalla stanzetta, Klaus sta tirando una tenda per impedire al sole di invadere la stanza. Le imposte sono chiuse ma c’è luce a sufficienza per incrociare lo sguardo col vampiro.

“Vuoi continuare il giro turistico o vuoi tornare a casa?”

Si è arreso troppo facilmente e troppo presto. “Cosa c’è da vedere in questa parte della città?”

Rebekah lo chiamava ‘il centro del nulla’…”

“Traduzione, non ci sono negozi di vestiti nelle vicinanze” mormorò osservando i contorni degli oggetti, il letto rifatto. “Se torna e ci scopre, se la prenderà.”

“Le ho concesso la libertà che voleva. Non tornerà mai più.” Klaus abbandonò la finestra e sedette sul letto. Erano tante, le sue colpe. Così tante che a voltarsi indietro, l’avrebbero ucciso. “Affetto e possessione non possono vivere insieme. Non l’ho consigliata quando avrei dovuto farlo… l’ho obbligata a piegarsi alla mia volontà, l’ho punita…” Perché ne parlava con Elena Gilbert? Aveva la sua psicologia personale per quei momenti di sconforto!

Aveva sempre avuto una certa abilità nel calcolare quanto danno infierire alle persone e in che momento affondare il coltello. Con lei erano bastate poche parole per affossarla. “Ti senti in colpa e vieni qui ad innaffiarle le piante e rifornire il frigorifero nel caso in cui torni…

Klaus avvampò. Come aveva fatto…

“Il terreno della piantina grassa è quasi asciutto” borbottò spostando una gamba sull’altra e appoggiando la schiena al muro le braccia incrociate. “Tornerà, forse non subito ma lo farà. Quando le sarà insopportabile stare lontano dalle persone che ama, tornerà.”

“Ogni quanto tempo vedi tuo fratello, miss College?”

“E’ diverso” sussurrò spostando lo sguardo nel suo. L’azzurro brillò per un istante nel dito di luce che gli attraversava il viso. Klaus alzò il mento e la striscia scivolò sulla guancia.

“Hai un rapporto quasi incestuoso con Rebekah.”

Un silenzio pesante piombò fra i due vampiri. Elena sciolse i capelli e li legò di nuovo. “Nelle società antiche, l'incesto era consuetudine nelle famiglie che detenevano il potere, con l'evidente finalità dell'autoconservazione dello stesso. Il fatto che tu sia un vampiro e non possa avere figli, rende l’attaccamento al sangue del tuo sangue dieci volte maggiore...”

Ci sarebbe stato tempo per una certa rivelazione, era curioso di udire il resto dell’analisi junghiana.

“… eppure riesci ad allargare la cerchia di affetti, Marcel ne è la prova. L’interesse per Nadia ti riporta alla situazione di normalità che cerchi… un uomo e una donna, una nuova famiglia” concluse riportando lo sguardo sul vampiro che la guardava incuriosito e anche un po’ divertito. “Prego, confutami.”

“L’esposizione eccellente ma hai sbagliato solo una cosa, Elena: io sono un licantropo.”

Elena batté le palpebre, indecisa sul significato da attribuire alle sue parole.

Hayley aspetta una bambina da me” sussurrò gustandosi il suo silenzio attonito. “Sì, è successo al solito modo. Sì, prenderò precauzioni la prossima volta, non credo ce ne siano altri in giro e no, Elijah è venuto dopo e sarà un’ottima figura paterna. Credo di aver risposto a tutte le tue domande. Ho tralasciato qualcosa?”

Elena scosse la testa ed una fiammata di calore mista ad inquietudine la attraversò tutta. Non riusciva ad immaginarlo fra pappe e pannolini ma Klaus aveva parlato chiaro, sarebbe stato Elijah a prendersi cura di lei. Razionalmente era la scelta perfetta, era equilibrato, affettuoso e incline all’indulgenza… “ma non ci provi neppure?”

“Non sono un esempio da seguire, Elena.”

Quella bambina sarebbe venuta al mondo senza conoscere nulla del suo passato. Avrebbe richiesto solo amore e attenzioni. “Non ti dai e non le dai alcuna possibilità. L’abbandoni nel grembo della madre e volti le spalle alle responsabilità?”

“Un uomo intelligente conosce i propri limiti e li rispetta.”

“Hai paura di non essere un buon padre?”

E di farsi odiare da lei. “Ne ho la certezza.”

Elena puntò le mani sui fianchi, il suo sguardo esprimeva solo ironia. “Ti divertiresti a plasmare quella bambina a tua immagine e somiglianza.”

“Lo ammetto, l’idea di una discendenza non mi dispiace.” 

“Molto medievale da parte tua...”

“Ai miei tempi, un’impudente linguacciuta come te sarebbe stata punita severamente” scherzò.

“Sei un progressista ma ragioni come un uomo di Neanderthal.”

Non avrebbe disfatto il suo capolavoro anche se l’idea di strangolarla galoppava. Klaus si alzò con uno sbuffo, muovendosi verso la parte opposta del letto. “Sono civile, Elena. So fin dove arrivare con te.”

E lei si sentiva di nuovo vulnerabile. Doveva analizzarla bene, quella cosa.

“Tu che sei una ‘donna’…”

Aveva virgolettato, lo stronzo.

“Come si concilia una stanza rosa con queste?”

Elena seguì il tintinnio metallico e ammutolì: bracciali di cuoio invece delle solite scherzose manette pelose che si aprivano con una forcina?! Che pervertita!

“C’è anche una scatola sotto il letto, ma non ho avuto il coraggio di aprirla.”

Elena si rasserenò sentendo che l’atmosfera era cambiata, diventando scherzosa e cameratesca. “Non sono grandi per i polsi di una donna?”

“Quei casi persi che rimorchia non valgono lo sforzo” mormorò Klaus infilando la mano all’interno. “Tipico di Rebekah fare le cose a metà: queste catene non terrebbero mai un vampiro o un licantropo.”

“Forse è voluto…

Na, credo che non abbia trovato altro dal ferramenta” borbottò allungando il braccio per conoscerne la lunghezza. Guinzaglio corto, eh? 

Damon usava un classico foulard di seta con lei. Non la stringeva mai troppo e poteva liberarsi in qualsiasi momento. Una rete di sicurezza inutile: quando il piacere era troppo, perdeva tutte le energie. Elena allacciò l’altro bracciale e scrollò la mano. “Tu lo fai mai?”

Gli aveva sempre instillato il dubbio che fosse al di sopra degli istinti animali ma il suo sguardo liquido brillava nella penombra “Se la signora lo desidera...”

“Te lo chiedono loro?” Elena battagliò con una fibbietta, impacciata. Arrossì quando udì la sua risata. Il cuore accelerò i battiti e l’aria che la circondava divenne calda.

“Non prendertela, ma è più facile immaginarti preda del cacciatore che ospite di un lussurioso giaciglio intenta in pratiche peccaminose” rise.

“E’ fastidioso essere etichettate come vittime naturali” mormorò perdendo la calma e dando uno strattone alla catena.

“Non distruggere il letto.”

Mh… non sarebbe la prima volta...”

“Come fa una cosina come te…

Elena ammiccò, mostrando la punta della lingua e rise senza alcun motivo.

La sua naturale allegria stemperava il cupo goticismo di Nadia e c’era una vena comica in quella dissonante alleanza di cuori infranti. “New Orleans ti ha fatto impazzire.”

“Non lo trovi meraviglioso?”

La scossa ai lombi arrivò dritta al cervello. Era stata la sua espressione intensa a provocarla.

Gli occhioni di Elena luccicarono nella penombra. “Hai già in mente il nome?”

Mikealson’s

Wow… questi incantesimi sono molto eleganti…

“Nostra madre amava la semplicità ma diceva sempre che se fossero caduti in mani sbagliate, la sciagura si sarebbe abbattuta sul mondo…

“… o qualcosa del genere” concluse Davina con un sorriso rapito. “Non sono semplici da replicare.”

“Allora ha fatto un buon lavoro. Prendi tutto il tempo che vuoi, Klaus non tornerà prima di sera.”

“Lo so, è in giro con la sua ragazza” mormorò piegando le braccia a sporgendosi sul librone. “Li ho incrociati in Royal Street.”

“Elena è solo una vecchia conoscenza.”

E ci davano dentro, le vecchie conoscenze?

///

“… una zecca umana. Sapeva che ci sarebbe stata una sosta al tabac e che saresti stato così buono da comprargli un sigarettino… a suo modo era interessante. Un uomo senza alcuna ambizione… beveva e frequentava femmes de chambre proponendo il matrimonio ad ognuna di loro…

“Prostitute?”

“Cameriere. Troppo povero anche per i casini da dieci soldi.” Klaus si fermò sotto il porticato, mentre la borsa di Elena scivolava dalla spalla alla mano sinistra. “Sei mai stata a Parigi?”

“Basta con le domande personali. Chiacchieri ininterrottamente da…” Elena seguì il movimento della lancetta dell’orologio e annuì. “Sei ore in questo preciso istante. Non centra il carattere: le stordisci di chiacchiere, le poverine.”

“Ai miei tempi…

“Ai tuoi tempi sarei stata frustata o chissà che altro!”

Elena ammiccò, facendolo sorridere. Era diventato un appuntamento dopo gli eventi di Royal Street, i trentasei gradi all’ombra, la fila interminabile per la mostra ‘tutto esaurito’ e il sound sbrindella-anima del vecchio Pete. “Ti sei reso conto che rincorri donne che non ti desiderano perché temi di non essere all’altezza?”

“All’altezza di cosa?”

“Aspettative altrui” sparò testando la reazione.

Avrebbe dovuto metterla su quel dannato treno con la forza, non scorrazzarla per la città e… fare l’idiota. “Sì, ora lo sento l’impulso a frustarti” mormorò spalancando la porta.

“Spero che tu stia scherzando.”

Elena alzò gli occhi verso la scalinata e sorrise ad Elijah. “Sta scherzando. I ragazzi?”

“Fuori ad allenarsi” rispose deviando uno sguardo di ghiaccio sul fratello. “Davina è ancora qui, cerca di non dare in escandescenze.”

L’aveva dimenticata, la rompicoglioni. “Controlla che non rubi le pagine del grimorio invece di bacchettarmi per ogni stronzata che dico.”

“Sai come si dice…

“No, non lo so” esclamò dirigendosi verso lo studio. Spalancò la porta sorprendendo la ragazzina con il cellulare in mano. “Niente foto e niente CamScanner, mocciosa. Non erano questi i patti.”

Davina sbuffò, mettendo via il telefono. “E’ stata piacevole, la sosta al parco?”

Klaus si immobilizzò e anche Elena si ritrovò a corto di fiato. La borda dondolò in mano e tornò sulla spalla. “Vado a fare una doccia. Con permesso...”

Klaus stirò le labbra in un falso sorriso compiaciuto. “La strega sta andando via. Fratello, scortala fino alla porta… per la sua sicurezza personale.” 

Davina chiuse il grimorio e ci restò appoggiata sopra, perplessa. “Ci lasci soli, per favore? Gli adulti in preda alle emozioni mi incuriosiscono sempre.”

Un altro sguardo di fuoco dal fratello. Klaus si versò da bere e appena la porta si chiuse alle spalle di Elijah, sbatté il bicchiere mezzo vuoto sul tavolino. “Non permetterti mai, Davina!”

“Deve essere orribile svegliarsi nel tuo corpo ogni mattina” grugnì, imbronciata. “Questa Elena lo sa che sei squilibrato e hai un problema di controllo della rabbia?”

Camille, con le sue spiegazioni scevre di giudizi, aveva smosso i demoni che lo torturavano. Nadia aveva rovesciato fuori la parte umana perduta nelle nebbie del tempo, Rebekah l’aveva fatto vergognare del proprio comportamento ma il colpo finale l’aveva inferto Elena Gilbert con i suoi occhioni da cerbiatta.

Il tempo si era contratto su se stesso, dopo il bacio.

Royal Street: trentasei gradi all’ombra e un’umidità spaventosa. Sole a picco e una fila interminabile. L’aveva avvertita che la mostra faceva il tutto esaurito e che avrebbero dovuto escogitare un altro piano per entrare, ma Elena aveva fatto spallucce e si era appoggiata al muro battuto dal sole dicendo che non c’era alcuna fretta. Dopo quaranta minuti aveva ceduto, ma proprio in quel momento era arrivato il vecchio Pete con tutta la banda al completo.

Klaus pensa che è un buon intrattenimento. Esce dalla fila, allunga un po’ di soldi al vecchio creolo e resta fregato perché non conosce la romantica storia locale che gira sul sound strappa-anima. Elena aveva gli occhiali da sole, ma si capiva che era commossa. Se ne stava ferma ferma come un sasso ad ascoltare e quando la fila era avanzata, non aveva mosso un passo. Era voltato, non l’aveva vista allontanarsi. Aveva impiegato poco tempo a ritrovarla. Elena, piangendo, gli aveva dato del bastardo. Klaus aveva incassato senza conoscere bene la sua colpa. L’aveva condotta alla prima panchina all’ombra, chiedendosi cosa diavolo l’avesse fatta scoppiare a quel modo. Si era scusato, nonostante tutto. Poco dopo, Elena era scivolata contro la sua spalla e senza pensarci, aveva allargato il braccio. La sottile frescura che lo avvolgeva era stata interrotta dal corpo bollente premuto contro il suo e gli aveva fatto rimpiangere l’aria condizionata in casa di Rebekah. Mentre si domandava se fosse stato lo shock postumo del cacciatore a turbarla o solo la sua storia d’amore franata, Elena si era messa a giocare con una delle tante catenine che portava al collo. Le sue dita avevano sfiorato lo sterno rimandando una sensazione piacevole e la stretta era aumentata. L’aveva sentita trattenere il fiato come se si risvegliasse da un sogno improvviso. L’aveva baciata perché quando una donna ti guarda a quel modo, ha bisogno di essere baciata. Elena gli aveva sfiorato il mento e posato una gamba sulla sua. Un altro contatto piacevole. La mano era scivolata dal ginocchio lungo la gamba, Elena aveva ansimato, approfondendo il bacio, la carezza era salita lungo tutto il corpo, aveva lambito il seno – un altro gemito intenso – e si era fermata nei capelli. Il bacio era diventato intenso e la sua partecipazione molto attiva. Erano stati interrotti dall’urto di un pallone calciato da chissà chi contro la panchina. Elena l’aveva guardato, un po’ spaventata e… aveva chiesto scusa. Lei aveva chiesto scusa.

“Lo sa” rispose, eccitato dal ricordo. Non l’aveva cercato, era capitato ma si sarebbe creato un problema.

“L’hai baciata, alla fine?”

Se l’aveva… Klaus la guardò, rendendosi conto che era solo una ragazzina circondata da un pessimo branco di adulti che non dava alcun buon esempio. “Non lo sai?”

“Non mi sono mica fermata a guardare” arrossì. “Vi ho visti e ho tirato dritto.” 

Klaus optò per la sincerità. Chi ci avrebbe creduto? “L’ho fatto ma non avrei dovuto.”

Davina tornò ad accucciarsi sulla sedia, i gomiti posati sul grimorio, la bocca affondata nei pugni. “Perché no?”

Il vampiro tirò via il libro di incantesimi ma la ragazzina non cambiò posizione. Fece solo ‘ahi’ quando i gomiti urtarono il tavolo. “Non si dovrebbe mai baciare una ragazza che ha appena rotto col fidanzato.”

“Problemi di cuore? Chi non c’è l’ha, al giorno d’oggi” esclamò annoiata, facendolo sorridere. “Si è arrabbiata?”

“Lo farà.”

“Perché?”

Succedeva. Si sarebbe arrabbiata con se stessa per essere stata debole e con lui per aver approfittato del momento. “L’ho messa a disagio.”

Oh. Quello lo poteva capire. Col disagio ci conviveva. “Ma se lei è la tua più uno non sarà un casino stasera?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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