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Autore: Inessa    18/06/2014    15 recensioni
Cinque volte in cui Stiles cerca di far sorridere Derek ed una in cui ci riesce.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Note iniziali: Due parole solo per dire che la storia in teoria è ambientata dopo la 3B, il che significa che ci sono spoiler più o meno significativi. Ma in generale io ignoro quello che mi pare, quindi, per esempio, non c’è riferimento agli ultimissimi secondi della 3B, così come non c’è nessun riferimento a quanto mostrato nei vari teaser. Altre note alla fine!








One Step Closer





1. Friends

Stiles parcheggiò la jeep di fronte casa di Derek. Solo quando ebbe spento il motore e si fu ritrovato avvolto dal silenzio notturno, fu colpito dall’evidente stupidità della sua idea e si passò entrambe le mani sulla faccia.

Vedere Scott devastato dopo la morte di Allison gli aveva offuscato il lume della ragione. Peter aveva raccontato a lui e Cora la storia dietro gli occhi blu di Derek e lui ci aveva visto una certa similitudine con la situazione di Scott. Entrambi avevano perso il loro primo amore. Sul momento, quando gli era venuto in mente, gli era sembrata una buona idea andare da Derek e chiedergli un consiglio su come aiutare Scott. Dopotutto, Derek in qualche modo era sopravvissuto al lutto. Solo adesso, nel buio e nel silenzio della sua jeep, realizzò che non poteva bussare alla porta di Derek e dirgli “Ehi, amico, ti ricordi quando hai dovuto uccidere con le tue mani la ragazza di cui eri innamorato perché il tuo inquietante zio materno aveva deciso che farla mordere da un Alpha fosse l’idea migliore del mondo? Come hai fatto a continuare a vivere?”

Si lasciò sfuggire un lamento e sbatte due volte la fronte sul volante. Di tutte le idee stupide che aveva avuto, questa sembrava proprio una delle più stupide. Sospirò e, così come aveva deciso di presentarsi a casa di Derek, decise di battere in ritirata. Aveva appena infilato la chiave nel cruscotto, quando il suo telefono notificò l’arrivo di un messaggio.





Era Derek. Stiles emise un altro lamento. Maledetti lupi mannari con i loro maledetti super poteri e soprattutto il loro super udito.





Stiles sospirò. Be’, qual era la cosa peggiore che potesse accadere? Essere minacciato da Derek? Già successo. Subire una qualche forma di violenza fisica? Successo anche quello. E poi, dopo essere stato posseduto dal nogitsune, c’era ben poco che potesse davvero inquietarlo. Aprì la portiera della jeep e saltò giù.

Quando arrivò al loft di Derek, la porta era già aperta e lui scivolò all’interno senza bussare. Sarebbe stato semplicemente ridondante, visti i super poteri e tutto il resto.

- Allora?

Stiles trasalì e si voltò verso la voce di Derek che veniva dall’uscio di una delle stanze alle sue spalle. Derek aveva i piedi nudi ed una delle sue solite canotte militari. In mano aveva un asciugamani ed i suoi capelli erano leggermente umidi.

In quanto a minacciosità, Stiles aveva visto di peggio, ma si domandò se Derek gli avesse scritto un sms mentre era nudo sotto la doccia.

Derek roteò platealmente gli occhi. Ops, forse Stiles aveva parlato ad alta voce.

- Che vuoi?

Uhm, minaccioso forse no, ma cordiale come sempre.

- Uhm. Volevo chiederti… hai per caso dello zucchero? – domandò grattandosi la testa.

- Stiles.

Be’, Derek di certo era uno di poche parole, ma non si poteva proprio dire che non fosse in grado di esprimere quanto c’era da esprimere, seppure in maniera tanto sintetica.

- Oookay, niente zucchero. Volevo… solo controllare come stavi. Gli ultimi giorni sono stati parecchio intensi, eh, amico? – Stiles ridacchiò nervosamente.

- Non ho tempo da perdere, Stiles, - disse Derek incrociando le braccia al petto. L’avere diciassette anni e gli ormoni costantemente in tempesta era una scusa sufficiente per giustificare il fatto che Stiles fosse rimasto ipnotizzato dai muscoli di Derek che guizzavano sotto la stupida canotta nonostante la situazione fosse, oltre che imbarazzante, totalmente drammatica? Quando era sotto pressione, Stiles si concentrava sulle cose meno opportune.

- Mmhm-mhmm? – fece continuando nonostante tutto ad osservare i bicipiti di Derek. E, wow, aveva sempre avuto una certa attrazione per le vene in evidenza.

- Concentrati, Stiles!

Stiles sobbalzò, ritrovandosi improvvisamente una mano di Derek davanti agli occhi, le dita che schioccavano per attirare la sua attenzione.

- Ehm, io… credo che toglierò semplicemente il disturbo. È stato inopportuno da parte mia venire, scusami, - biascicò, e poi si voltò per dirigersi verso la porta ed allontanarsi il più velocemente possibile dal loft.

- Sei un buon amico, Stiles.

La voce di Derek lo inchiodò un momento prima che potesse allungare la mano verso la maniglia e per un attimo temette di esserselo immaginato. Da dove era saltata fuori, adesso, quell’affermazione?

- Uh? – domandò loquacemente.

- A modo tuo, ovviamente. Scott è fortunato ad averti, - il tono di Derek era soffice e cupo allo stesso tempo e Stiles sentì un certo peso all’altezza del petto, - L’unica cosa che tu possa fare è continuare a… fare quello che stai facendo, suppongo.

Stavolta Stiles si voltò completamente verso Derek e fece un paio di passi verso di lui. Derek non lo stava guardando, il suo sguardo era fisso da qualche parte fuori dalla finestra. Il mento sollevato, i lineamenti rigidi, la linea delle sopracciglia familiarmente dura.

Si domandò, non per la prima volta, a cosa mai stesse pensando Derek in quel momento, sotto quelle espressioni solenni. A Paige? A sua madre? Suo padre? Laura? Stiles rabbrividì. Derek aveva perso così tanto, per essere così giovane. Se solo si fermava a pensarci, si sentiva prendere dal panico. Derek poteva sentire il suo panico salire? Scott gli aveva detto che Derek era riuscito a fiutare le sue sensazioni quando era posseduto dal nogitsune. Figurarsi adesso che erano nella stessa stanza.

- Non credo di essere un buon amico, - sussurrò prima di rendersene conto, - Sono spaventato a morte, Derek, - strinse le mani a pugno, quando si rese conto di aver iniziato a tremare, - E mi sento inutile ed impotente. Come posso essere un buon amico per Scott quando non sono nemmeno in grado di darmi un contegno ed arginare il mio, di panico?

Derek finalmente spostò lo sguardo su di lui. La poca luce del loft gli disegnava delle ombre sul viso, rendendolo ancora più solenne e più duro. La sua bocca era chiusa in una linea rigida. Sorrideva mai Derek? Stiles non credeva di averlo mai visto sorridere, a parte quella volta in cui lo aveva costretto a flirtare con la tizia alla stazione di polizia, ed ovviamente era tutta scena. Come ci si sentiva a non avere motivi per sorridere?

- Quando è morto Boyd, - Stiles lo guardò stupito, - Mi hai messo una mano sulla spalla, - Derek sospirò e si avvicinò alla finestra del loft. Evidentemente la conversazione per lui era finita lì.

Stiles ripensò a Boyd steso per terra, in fin di vita. Non era in grado di vedere il viso di Derek, mentre era chino su di lui, ma la curva delle sue spalle era stata abbastanza per fargli capire come si sentisse in quel momento. Non aveva riflettuto quando gli aveva poggiato una mano sulla spalla. Di certo non lo aveva ritenuto un gesto importante, in quel momento. Gli era venuto semplicemente spontaneo, un normale gesto di umanità. Eppure Derek adesso glielo stava ricordando.

Sei un buon amico, aveva detto. Si sentì immensamente piccolo ed insignificante, perché quello per lui non era stato un gesto di amicizia. Non si era mai considerato un amico di Derek. Quanto solo doveva sentirsi Derek Hale per dare un così gran valore ad un gesto che Stiles non riteneva altro che un riflesso condizionato?

- Derek, - sussurrò alla schiena di Derek, dall’altra parte del loft, non sapendo esattamente cosa volesse dire.

- Va’ via, Stiles.

Annuì e, per una volta, fece quanto Derek gli aveva detto.



2. Anchors

Quando la porta del loft si aprì, Stiles si ritrovò faccia a faccia con le sopracciglia dubbiose di Derek Hale. Ridacchiò nervosamente e, quando suddette sopracciglia si inarcarono domandandogli che diavolo ci facesse lì – ehi, le sopracciglia di Derek erano in grado di tenere intere conversazioni – sollevò fiducioso il barattolo che aveva in mano. Stavolta si era preparato una scusa per andare nella tana del lupo mannaro.

- Sono venuto a restituirti lo zucchero, - disse tutto allegro e si spinse in avanti per entrare.

Derek non si mosse di un millimetro. Continuava ad osservarlo minaccioso ed ostruire la porta.

- Ooookay, fammi indovinare, non ti senti molto ospitale oggi, giusto?

Stiles deglutì. Era un ringhio quello che aveva sentito?

- Coooraggio, sono venuto a farti compagnia, - disse picchiettando con le dita della mano libera sul petto di Derek. Forse stava sfidando la sorte (o la morte), ma a quanto pareva quella era la sua giornata fortunata, perché l’altro lo fece entrare limitandosi solo a roteare gli occhi. Ormai lo aveva fatto così tante volte da aver perso qualsiasi parvenza di minaccia.

- Che stavi facendo? – domandò posizionandosi al centro della stanza e poggiando il barattolo di zucchero sulla prima superficie libera. Doveva ricordarsi di inventare una scusa per la mancanza di zucchero in casa sua, prima del rientro di suo padre. O comprarne un barattolo nuovo, prima di rientrare.

Naturalmente, Derek non rispose, se non con un leggero movimento del sopracciglio.

Oddio, com’era la sua vita?

- Ginnastica facciale?

Niente.

- Uhm, no, davvero, non hai un lavoro, non vai all’università, cosa fai tutto il giorno? A parte praticare espressioni incazzate davanti allo specchio?

- Che diavolo sei venuto a fare, Stiles?

Oh, una domanda completa! Stiles era emozionato. Certo, era una domanda a cui aveva già risposto, ma Stiles non era uno che guardava in bocca al caval donato.

- Te l’ho detto, volevo farti compagnia.

- Compagnia. Perché?

Oh, un’altra domanda.

- Perché ero solo e mi annoiavo, - mentì spudoratamente. Anche se non avesse saputo che i lupi mannari avevano il bugie-detector, l’espressione di Derek era abbastanza chiara.

- Ti va di vedere un film?

Inaspettatamente, la risposta a quella domanda era stata un sì. O meglio, era stato un nella lingua di Derek Hale. Ovvero, Derek non aveva risposto e Stiles si era semplicemente buttato sul divano, aveva acceso la tv ed aveva scelto un film a caso dalla – tristemente striminzita – collezione di DVD di Derek.

All’inizio era rimasto da solo, stravaccato sul divano, mentre Derek faceva chissà cosa in cucina. Si era sentito un po’ stupido e decisamente in imbarazzo, ma poi aveva iniziato a commentare il film, cosa che faceva anche quando era in casa da solo, e quasi si era dimenticato della presenza di Derek. Finché l’altro non era finalmente uscito e gli aveva porto una lattina di Pepsi fredda.

- Uh, grazie, - aveva detto guardando stupito Derek mentre apriva a sua volta una lattina per sé, - Allora riesci ad essere civile con gli ospiti, - continuò quando non ottenne risposta.

Derek si era limitato a sedersi accanto a lui e sorseggiare la sua Pepsi senza dar segno di averlo sentito parlare. Stiles l’aveva comunque presa come una vittoria ed aveva continuato a blaterare, osservando ogni tanto l’altro di sottecchi. Iniziò a domandarsi se, in un modo o nell’altro, sarebbe riuscito a fargli cambiare seppur un po’ espressione facciale una volta o l’altra.

Stiles ci aveva riprovato il weekend successivo. Si era presentato al loft, stavolta con una pila di DVD in mano, e si era autoinvitato sul divano a guardarne uno.

La terza volta, Derek aveva aperto persino la bocca. Per dire che Stiles aveva gusti pessimi e che il film quella volta lo avrebbe scelto lui. Ma, per l’appunto, Stiles non era uno che guardava in bocca al caval donato.

La quarta volta, Stiles aveva addirittura chiesto il permesso, prima di presentarsi da Derek.





La risposta era stata un , e Stiles non si era mai sentito tanto vincente nella sua vita. Non era un sorriso, ma lui aveva ancora tante energie da dedicare alla causa.

Era stato quel pomeriggio che gli era venuto in mente di porre una domanda a Derek. Aveva finito di studiare ma aveva iniziato a piovere così forte che aveva deciso di trattenersi per evitare di guidare nel bel mezzo del temporale. Si era sdraiato sul divano e stava facendo zapping, Derek seduto all’estremo opposto. Stava leggendo un libro e, nonostante gli sforzi, Stiles non era riuscito a sbirciare il titolo.

- Qual è la tua àncora, Derek?

Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque…

- Uff. Dereeeeek?

- Stiles, - Derek era l’unico che conoscesse in grado di far suonare il suo nome come una minaccia. Il che da una parte era figo. Chissà che tipo di minaccia era. Un “ti apro la gola”, un “ti sbatto la faccia contro il volante”, un “voglio darti un pugno in faccia”, “ti strappo le unghie ad una ad una”. Urgh.

- Per Scott era Allison, - si strofinò il naso, - Una volta ho tentato di insegnargli a controllare il suo lupo. Una fatica incredibile. Poi arrivava Allison, sorrideva, e finiva lì. Quando si sono lasciati Scott ha iniziato a dare di matto, non riusciva più a controllare la…

- Rabbia, - disse Derek senza sollevare gli occhi dal suo libro. Comunque, dalle dimensioni, secondo Stiles doveva essere un Tolstoj. O quello, o un Dickens. Ma Derek gli sembrava più uno da Guerra e Pace, che da Oliver Twist. O magari era un Dostoevskij. Delitto e castigo suonava un po’ come un riassunto della vita di Derek, a pensarci bene.

- Stavo per dire “metamorfosi”, ma magari “rabbia” va bene lo stesso, - concluse quando si ricordò di cosa stavano parlando.

- Rabbia. La mia àncora, - Stiles lo guardò confuso, - La mia àncora è la rabbia.

Uh, oh.

- Oddio, questo spiega molte cose, - disse passandosi una mano sulla faccia, - Dio mio, amico, rabbia? Davvero? Adesso capisco perché tutte le sopracciglia, - fece un gesto vago con la mano in direzione del viso di Derek.

Che rispose voltandosi verso di lui e sollevando una delle suddette sopracciglia. Dio, quanto era snervante.

- Non potevi scegliere qualcosa di più… qualcos’altro?

Derek sospirò e chiuse il libro, tenendo un dito tra le pagine per non perdere il segno.

- Non scegli la tua àncora, Stiles.

- Scott lo ha fatto. Quando lui e Allison si sono lasciati e lui non è più riuscito a controllarsi, Melissa gli ha detto di essere la sua stessa àncora e lui…

- Sì, puoi orientarti, puoi pensarci e cercare qualcosa dentro di te che ti tenga ancorato, umano, ma se c’è qualcos’altro che funziona meglio, la tua àncora cambia indipendentemente dalla tua volontà, - spiegò Derek scrutandolo in viso.

Stiles si mosse irrequieto sul divano.

- Per me è la rabbia che funziona.

Dio, quanto doveva essere difficile essere Derek Hale?

- E… cos’era prima? – Stiles era curioso. Sapeva di essere entrato in un territorio minato, ma Derek sembrava essere di buon umore. Se non avesse voluto rispondere, lui non avrebbe insistito. Ma fare un tentativo che male poteva fare?

- Prima anche io ero la mia àncora, - Stiles si lasciò sfuggire un verso sarcastico, - Poi… qualcosa è cambiato.

Derek sospirò. Paige, pensò Stiles. Paige era stata l’àncora di Derek e poi gli era stata strappata via.

- So che sai di cosa parlo. Cora me l’ha detto, - Stiles annuì e, per una volta, decise di non dire nulla.

- Quando lei è morta la mia àncora è diventata la mia famiglia.

- Oddio, - sussurrò Stiles, e si avvolse le braccia attorno al torace. Il mondo sembrava voler congiurare contro l’umanità di Derek.

- Poi Laura.

Stiles deglutì. Cos’aveva l’universo contro Derek Hale? Pensò a sua madre, al Nemeton che aveva intrappolato suo padre, Melissa e Chris, ad Allison. Forse iniziava a capire la rabbia. Dopotutto, era un modo per reagire, un modo come un altro per sentirsi ancora vivi. Si sentì di nuovo piccolo ed impotente accanto a Derek. Ebbe l’impulso di avvicinarglisi. Erano sullo stesso divano, sarebbe bastato allungare un piede o una mano e lo avrebbe potuto toccare.

- È ora che tu vada a casa, Stiles, - disse Derek alzandosi bruscamente dal divano prima che Stiles potesse decidere se fosse il caso o meno.







3. Brother Wolf





- Stiles?





- Stiiiles?





Stiles accese lo schermo del telefonino, sentendosi di nuovo deluso per l’assenza di messaggi. Lo girò a testa in giù, poi di lato, in senso orario, poi lo mise di nuovo dritto.





- Stiles!

- Uh?

Distolse lo sguardo dal cellulare e si accorse finalmente che Scott, Kira, Malia e Lydia lo stavano fissando. Erano seduti alla mensa della scuola, la pausa pranzo ormai agli sgoccioli.

- Hai sentito una parola di quello che ho detto? – domandò Scott.

- Uhm, - disse eloquentemente, fissandosi una mano, poi fissando il telefono e poi guardandosi a caso intorno.

- Tutto bene, amico? – stavolta nella voce di Scott c’era una punta di apprensione.

Annuì.

- Uh, sì, sì, tutto fantastico. Aspetto un sms, sono un po’ distratto, - rispose accendendo di nuovo il cellulare.





Scrisse velocemente, poi si infilò il telefono in tasca, - Di che stavamo parlando?

Gli altri quattro si scambiarono un’occhiata, poi sospirarono. Non ci fu il tempo di dire altro, che il suono della campanella li costrinse a prendere lo zaino in spalla e dirigersi verso le rispettive aule.

- Lo sai che non devi preoccuparti se non ti risponde per dieci minuti, vero? – domandò Malia poggiandogli una mano sul braccio, mentre Stiles chiudeva il suo armadietto.

- Esatto, amico, considerando i precedenti, io aspetterei almeno un quarto d’ora, - si intromise Scott spuntandogli dietro una spalla. Fantastico, era circondato da creature mannare.

- Se chi non risponde?

- Derek! – risposero entrambi alzando gli occhi al cielo, in una perfetta imitazione della persona che avevano appena nominato.

- Perché pensate che stia aspettando un messaggio di Derek? – chiese Stiles imbronciandosi ed infilandosi per l’ennesima volta il telefono in tasca, come se un gesto simile potesse confondere due (o uno e mezzo; i coyote mannari contavano?) licantropi.

- Vi scrivete tutto il giorno, chi altri dovrebbe essere? – domandò Scott annuendo in approvazione della sua stessa saggezza.

- E poi sono mesi che passate così tanto tempo insieme che ormai hai preso il suo odore, - aggiunse Malia annusando l’aria intorno a lui, - Quando non vi vedete per due giorni puzzi di malinconia.

- Ehi! Sono sicuro che quello che hai detto conta come offesa!

Malia gli diede due colpetti sulla spalla, senza mostrare alcun segno di rimorso, - Sorridi, Stiles! Ti vibra il cellulare, - gli disse un attimo prima di sparire tra la folla di studenti in mezzo al corridoio.

Stiles non perse tempo e prese il cellulare dalla tasca. C’era davvero un messaggio.





- “cosa? – domandò esasperato, battendo un piede per terra ed affannandosi a rispondere.

- Tutto bene, Stiles?

- Gli ho scritto dieci messaggi, uno per chiedergli se fosse ancora vivo, e la sua risposta è solo ! Secondo te lo sa che con whatsapp non paga i caratteri che usa?

- È Derek, Stiles, - disse Scott come se quella fosse la spiegazione a tutto, - Io non riesco ancora a capacitarmi del fatto che voi due abbiate delle conversazioni.

Stiles sospirò e spinse indietro la testa, sbattendola lievemente contro l’armadietto.

- A parte questo, lo sai che puoi parlare con me, vero? – Scott lo guardò in viso con espressione seria.

- Io parlo con te, - rispose accigliato.

- Se vuoi parlare di… lui, intendo, - specificò Scott distogliendo lo sguardo, come imbarazzato, - Per me va bene, lo sai, no? – indicò il cellulare di Stiles.

- Va bene se parlo con Derek? – chiese senza capire.

- Va bene qualsiasi cosa, Stiles. Quando è successa la cosa del nogitsune, ha fatto di tutto per venire a cercarti. Sembrava combattuto, ha persino collaborato con Argent.

Stiles si passò una mano sul viso e sospirò.

- Non sono sicuro di aver capito di cosa stai parlando, ma grazie, Scott, lo terrò a mente, - poi guardò l’orologio, - Andiamo, o il coach ci scuoia!

Risero insieme. Il telefono di Stiles prese a vibrare ripetutamente.





Stiles travolse una ragazzina del primo anno, mentre leggeva sullo schermo del cellulare. Scott alzò gli occhi e le braccia al cielo, come se da lì potesse arrivargli un qualcheaiuto, ma poi si rilassò nel notare il sorriso che era rimasto sulle labbra di Stiles e pensò che, in fondo, era contento per lui, qualsiasi cosa stesse succedendo.



Stiles aprì la bocca un po’ stupito. Chissà se anche quando parlava al telefono con Cora Derek rispondeva a monosillabi. Considerando che nemmeno Cora era particolarmente loquace, dovevano essere delle conversazioni molto ricche.





Stiles ridacchiò. Si sedette al suo banco ed aprì Tumblr in attesa che arrivasse il professore. Scorse la dashboard e sorrise davanti ad una foto. Era stata condivisa da uno dei blog sui lupi che seguiva per amor di scienza e per vedere quanto ci fosse di lupesco nelle persone che frequentava. Salvò la fotografia e la inviò a Derek.





Fu il suo turno di roteare gli occhi. Derek non era proprio in grado di apprezzare un pensiero carino.









4. Pain



Stiles si risvegliò sentendo un dolore pungente all’altezza delle costole. Non si era reso conto di essersi addormentato, ma, a giudicare dai dolori che sentiva dovunque, doveva avere perso semplicemente conoscenza. Si guardò intorno. Era nella stessa identica situazione di prima. Sdraiato su un tappeto di fango e foglie da qualche parte nella foresta di Beacon Hills.

Si frugò le tasche in cerca del cellulare ma, come prevedibile, non lo aveva addosso. Non era nemmeno sicuro di dove si trovasse in quel momento e sperò vivamente che lo avrebbero trovato da soli, prima o poi. Qual era il vantaggio di avere amici licantropi, se non potevano trovarti seguendo il tuo odore?

A scaraventarlo lì ed abbandonarlo dolorante era stata una Baba Jaga, secondo Lydia. Una “padrona delle foreste”, venuta dai territori dell’antica Slavia orientale. Insomma, una vecchia gobba con un naso adunco ed un orribile vestito verde che, per chissà quale motivo, aveva deciso di impossessarsi della foresta di Beacon Hills. A parte il fatto che Stiles era curioso di sapere come ci fosse arrivata lì dalla fottuta Slavia orientale, e mancavano per caso foreste di cui appropriarsi nel resto del mondo?

Inizialmente si erano documentati per cercare una soluzione pacifica. In fondo, la Baba Jaga era una vecchietta, forse nemmeno immortale, perché non conviverci? Poi avevano riflettuto sull’opportunità di lasciare una vecchia pazza e dotata di poteri magici scorrazzare nelle foreste intorno al Nemeton e, come se non bastasse, Derek aveva posto il suo veto. Guai a togliere la foresta al lupo della foresta.

Stiles sapeva di essere un po’ ingenuo, ma una parte di sé era ancora convinta che avrebbero trovato una soluzione prima o poi. Se non fosse stato che Lydia, non appena vista la Baba Jaga in persona, aveva detto qualcosa di poco carino sul porro che aveva sul naso e sulle scarpe di betulla intrecciata. Le donne slave erano evidentemente molto permalose, perché da quel momento in poi era stato il caos e non c’era stato alcun modo di risolvere la faccenda diplomaticamente.

Sospirando per la generale incapacità dei suoi amici – a parte Derek – di tenere la bocca chiusa, Stiles provò ad alzarsi, ma fu colto da un capogiro e dovette di nuovo sdraiarsi sulle foglie. Aveva freddo, era bagnato fradicio ed aveva del fango in posti in cui decisamente non doveva essercene.

Ad un trattò sentì dei rumori tra i rami e un rumore di foglie calpestate. Ecco, lo sapeva, sarebbe finito ingoiato da un qualche animale selvatico, probabilmente estinto da anni, perché quella era la sua vita e quella era la sua fortuna.

- Stiles, - sentì sussurrare da qualcuno che sembrava ancora più in preda al dolore di lui.

Si voltò di scatto e se ne pentì immediatamente, perché solo muovere il collo gli aveva provocato un dolore lancinante per tutto il petto. Derek.

Derek si lasciò cadere accanto a lui, sulle ginocchia.

- Sei tutto intero? – domandò iniziando a toccarlo dovunque con mani tremanti. I suoi vestiti erano a brandelli e da uno squarcio sul torace gocciolava del liquido nero.

- Strozzalupo, - sussurrò Stiles sollevando a sua volta una mano per toccargli la ferita. Derek sibilò. Alla faccia della strega contadina. Sapeva bene quali armi usare e contro chi.

- Credo di avere delle costole rotte, - disse piano per non dover respirare troppo forte, - Ma non penso di aver battuto la testa.

Derek subito gli portò le mani attorno al cranio e lo tastò con delicatezza per accertarsi.

- Sì, non sembri aver subito danni alla testa. Non di recente, almeno, - Stiles lo guardò stupito.

- Oddio, hai fatto una battuta? – domandò sforzandosi di non ridere per non acuire il dolore alle costole, - Io sono qui dolorante e tutto rotto e tu scegli proprio questo momento per fare una battuta?

Senza rispondere, Derek gli tolse i capelli sporchi di fango dal viso e continuò a scrutarlo in silenzio. Stiles si sentiva uno zigomo gonfio e sentiva il labbro inferiore pulsargli. Doveva essere seriamente combinato male se Derek lo stava guardando in quel modo.

Poi sentì una mano poggiarglisi sulla spalla e una sullo stomaco. Nella confusione anomala del momento pensò che erano calde ed erano confortanti. Vide Derek concentrarsi ed arcuare un po’ le spalle e riconobbe il tentativo di prendere il suo dolore, ma non accadde nulla. Niente vene nere ed il suo dolore era ancora lì.

Derek fece un verso frustrato e scosse violentemente la testa. Ci riprovò.

- Derek, - sussurrò, - Derek! Va bene, - abbassò una delle sue mani per afferrare quella di Derek che si trovava sul suo torace, - Sei ferito e non stai guarendo, sei pieno di strozzalupo, direi che stai quasi peggio di me.

Gli sorrise, sperando di essere un minimo incoraggiante. Derek si chinò su di lui finché furono fronte contro fronte, girò la mano nella sua e fece intrecciare le loro dita. Stiles sentiva il suo respiro irregolare contro il viso.

- Mi dispiace, - riuscì appena a sentire.

- Va bene, Derek, - deglutì, - Andrà bene, - ripeté stringendo di più la morsa sulla sua mano, - Sopravvivremo, abbiamo la pelle come gli asini, ricordi?

Sentì uno sbuffo d’aria sulla guancia. Dio, se era riuscito a far sorridere Derek ma era troppo in preda al dolore per sentirlo, la sua vita era tutta un’ingiustizia colossale.









5. Nightmares



Stiles si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva a mille e le mani tremanti. Aveva avuto un incubo, ma non riusciva a ricordare cosa avesse sognato. Gli succedeva abbastanza spesso e, vista la vita che conducevano, non se ne stupiva poi più di tanto. Si passò una mano sul viso. Era sudato, ma non aveva pianto. Nel sogno lo aveva fatto, ma evidentemente non nella realtà.

Stirò i muscoli del collo e si mise a sedere. Era sul divano di Derek. Sbuffò, pensando che si era addormentato come un bambino, forse mentre guardavano la tv. E ad un certo punto Derek doveva avergli messo una coperta addosso, perché prima non ce l’aveva.

- Tutto okay?

Sollevò la testa e vide Derek sull’uscio della stanza. Doveva averlo svegliato.

- Sì, solo un brutto sogno. Non volevo svegliarti, scusa, - Derek annuì.

- Ho sentito che ti agitavi, - si mosse in direzione della cucina, - Vado a prenderti un bicchiere d’acqua.

- Grazie, - sussurrò Stiles. Allungò le mani verso il cellulare, dimenticato sul tavolino davanti alla tv, per controllare l’orario. Erano le 2.15.

- Cazzo, - imprecò a denti stretti. Suo padre lo avrebbe messo in punizione per secoli. Si alzò stropicciandosi gli occhi.

- Derek, devo andare, mio padre sarà preoccupato, - entrò in cucina.

- L’ho chiamato io, gli ho detto che eri stanco e ti eri addormentato qui e non volevo svegliarti.

- Oh, - era stato carino da parte sua. Accettò il bicchiere pieno d’acqua che Derek gli porgeva e lo bevve tutto d’un fiato.

- Però non voglio disturbarti oltre, vado a casa, - disse a malincuore. Aveva ancora addosso la brutta sensazione che gli aveva lasciato l’incubo, stare in compagnia di Derek lo faceva sentire meno solo, era confortevole.

- Puoi restare, non mi dai fastidio, - rispose Derek senza voltarsi mentre si versava a sua volta dell’acqua, - Puoi dormire nella vecchia camera di Isaac, il divano deve essere scomodo.

Stiles mosse il collo a destra e a sinistra. In effetti aveva ancora un po’ di dolorini ai muscoli e non gli sarebbe spiaciuto addormentarsi su un letto vero.

- Grazie.

- Nessun problema, - Derek sollevò le spalle, - Ti prendo delle lenzuola in camera mia, - Scomparve dalla cucina, senza fare il minimo rumore, e Stiles lo seguì per aiutarlo.

Non era mai stato in camera di Derek, anche se l’aveva sempre intravista quando la porta era aperta. C’era una grande finestra dalla quale la luce della luna crescente entrava e illuminava il letto al centro. Era a due piazze, sfatto, le coperte e le lenzuola spiegazzate. Derek stava rovistando nell’armadio, aveva addosso una canotta grigia e dei pantaloncini, i capelli spettinati. Si muoveva con naturalezza al buio.

Stiles fu colto da un’ondata di affetto nei suoi confronti. Deglutì ed aprì la bocca prima che lo assalisse un certo nervosismo.

- Posso dormire qui?

Derek lo guardò con un’espressione aperta e stupita, poi lo scrutò per qualche secondo, serio.

- Certo, - poggiò le lenzuola su una sedia e le stirò con una mano in quello che a Stiles sembrò più che altro un segno di inquietudine, - Posso dormire io in camera di Isaac, prendo un cusc…

Stiles lo fermò mentre gli passava accanto, prese tra le sue una delle mani che Derek aveva sollevato per indicare i cuscini.

- Non era quello che intendevo, - sussurrò, intrecciando le loro dita.

Derek osservò le loro mani unite, le sopracciglia strette tra loro. Era evidentemente combattuto.

- Per favore, - disse in un soffio, e strattonò Derek per la mano, attirandolo verso il letto. Derek sospirò, ma cedette. Si arrampicarono sul letto, Stiles sapeva che dormire con i jeans addosso sarebbe stato leggermente scomodo, ma spogliarsi gli sembrava un filo eccessivo. La situazione era già tesa mentre aveva tutti i vestiti addosso.

- Ti capita spesso di avere degli incubi? – domandò Derek quando furono seduti sul letto, giocherellando distrattamente con le loro dita intrecciate. Stiles annuì.

- Ma a volte non ricordo nemmeno cosa ho sognato, come adesso.

Derek sospirò, - Forse dovresti trovare anche tu un’àncora.

- Uh, funziona anche con gli umani? – domandò stupito.

- Potrebbe, - Derek si strinse nelle spalle.

- Non possiamo essere incazzati in due, esploderemmo, - sollevò lo sguardo, sorridendo sornione.

- Non credo che per te la rabbia possa andar bene, - Derek fece una pausa, - Sei troppo irritante già di tuo.

- Ehi! – sciolse le loro dita per dare a Derek un colpo sulla spalla, - Ehi, ehi, ehi, ehi!

Guardò bene l’espressione di Derek. Aveva le sue stupide sopracciglia alzate, ma Stiles sarebbe stato pronto a scommettere che, da qualche parte, c’era anche l’ombra di un sorriso. Quasi invisibile, ma lì.

- Dio, se funziona per te, può funzionare anche per me. Sei centomila volte più irritante tu, - disse alla fine voltandosi e sdraiandosi con le spalle rivolte a Derek.

Si sentiva un po’ un vigliacco, ma c’erano cose tra lui e Derek che erano cresciute, nei mesi trascorsi da quando si era presentato a casa sua la prima volta, preoccupato per Scott. E la paura di spezzare qualcosa tra loro gli stava facendo nascondere la testa sotto la sabbia.

Sentì Derek sdraiarsi alle sue spalle.

- La mia àncora non è più la rabbia.

Aveva parlato così piano che Stiles pensò di esserselo immaginato.

- Eh? – stava per voltarsi, perché Derek non poteva dire certe cose e poi sperare come al solito di farla franca senza approfondire. Ma il materasso di mosse di nuovo e si ritrovò schiacciato contro il petto di Derek, un braccio lo avvolse e lo strinse ancora di più contro di lui, impedendogli di muoversi.

Il cuore gli batteva talmente forte che se lo sentiva nella gola, il rimbombo del suo stesso sangue gli pulsava nelle orecchie. Se lo percepiva così lui, sicuramente lo doveva sentire anche Derek. Come a conferma, gli poggiò una mano all’altezza dello sterno, con il palmo aperto.

- Dormi, Stiles, - la barba di Derek gli pizzicava la nuca, nel punto in cui iniziavano le spalle. Ma poteva sentire distintamente anche la linea morbida delle sue labbra che si aprivano e si chiudevano mentre parlava o semplicemente respirava. E l’aria che da quella bocca si scontrava direttamente con la sua pelle lo faceva sentire elettrizzato e stupidamente invaghito.

- Buonanotte, Derek, - sussurrò, incapace di trovare altro da dire e soprattutto troppo confuso per potersi fidare di se stesso e dei passaggi tra il suo cervello e la sua lingua.

- Buonanotte, Stiles.

Con forse una punta di fantasia di troppo, ebbe l’impressione che le labbra di Derek si fossero incurvate un po’ all’insù contro la sua pelle, mentre lui gli affondava il viso nel collo ed inspirava.





+1. Smile Against My Skin



Stiles stava facendo i compiti (be’, avere i libri aperti davanti contava come studiare), quando un picchettare alla finestra della sua camera lo distrasse. Per un attimo pensò che stesse per iniziare a piovere di nuovo, ma dalle tende entrava la luce del sole, quindi era alquanto improbabile. Si alzò e si avvicinò per aprire la finestra e quasi balzò indietro per lo spavento.

- Cristo, Derek, che ci fai qui? – domandò lasciandolo entrare. Lo avrebbe lasciato volentieri fuori, giusto per vendicarsi dello spavento, ma era curioso di sapere cosa ci facesse lì e, dopo tanta fatica fatta negli anni per mantenerlo in vita, non voleva rischiare di farlo andare all’altro mondo facendogli rompere l’osso del collo.

- Tu ti presenti a casa mia senza essere invitato quasi tutti i giorni ed il 90% delle volte senza motivo, - rispose Derek senza scomporsi, mentre si infilava in camera sua.

- Io entro dalla porta, Derek! Busso!

- Anche io ho bussato! – Stiles roteò gli occhi. Parlare con Derek era una causa persa.

- E poi dimentichi che ho un padre con una pistola che potrebbe spararti senza che tu abbia il tempo di dire awwwww!

- Guarirei.

- Potrebbe usare dei proiettili d’argento!

- Stiles, mi hai lasciato entrare tu, tuo padre non mi ucciderebbe per così poco!

- Be’, che ne sai? Potresti essere entrato di soppiatto in camera mia per violentarmi, per saltarmi addosso e rubare la mia innocenza! Sarebbe totalmente appropriato spararti, per quel che ne sa lui.

Derek sollevò un sopracciglio.

- Quale innocenza?

- Non è quello il punto!

- Non sono venuto per violentarti, Stiles, però… - Derek aprì la bocca e poi la richiuse, come ripensandoci, - Mi annoiavo, tutto qui.

- Be’, non è da escludere comunque che qualcuno voglia entrare in camera mia per saltarmi addosso, mi sento offeso dalla tua incredulità, - disse Stiles allontanandosi dalla finestra e facendo un gesto con la mano per invitarlo a scendere dal davanzale, - Sono totalmente materassabile, giusto per fartelo sapere.

Derek, entrò guardandosi un po’ intorno e poi si tolse la giacca di pelle, che poggiò distrattamente sulla scrivania, in mezzo ad altra roba non meglio identificata che vi era accumulata sopra. Okay, la sua stanza non era proprio ordinata, ma lui quello lo sapeva già. C’era stato spesso. Stiles gli indicò una sedia e Derek vi si sedette, accavallando ampiamente le gambe. Era la cosa più sexy che Stiles avesse visto nella sua camera da… da quando aveva costretto lo stesso Derek a spogliarsi davanti a Danny.

- Materassabile.

Ah, già, stavano parlando di qualcosa.

- Sì, Derek, materassabile, è come dire… come orizzontabile, - disse muovendo entrambe le mani da destra a sinistra per dare l’idea dell’orizzontale.

- Nessuna delle due è neanche una parola, - rispose Derek impassibile.

- Oh, lo sono entrambe, credimi. Il fatto che tu non le conosca dimostra solo che sei un lupo asociale, - annuì convinto.

- Oddio, adesso capisco perché sei single. Vai a dire cose del genere alle ragazze?

Stiles si accigliò. Se qualcuno al di fuori di Derek lo avesse punto sul proprio essere single ci sarebbe rimasto malissimo, ma, nonostante l’espressione impassibile, conosceva abbastanza Derek da sapere che lo stava prendendo affezionatamente in giro.

- No, Derek, le parole dolci le riservo solo per te. E comunque sia materassabile che orizzontabile sono sul dizionario.

Derek sollevò un sopracciglio.

- Okay, sono sul dizionario slang di russo per turisti che “non vogliono privarsi delle gioie del sesso”, ma è un dizionario comunque.

- Russo.

- Posso dimostrartelo, l’ho letto mentre facevo ricerche sulla strega cattiva della Slavia orientale, - rispose, alzandosi dal letto ed andando verso la libreria. Da qualche parte doveva ancora avercelo quel dizionario. Aveva la copertina gialla.

- Oddio, sei totalmente ridicolo, - disse Derek ridendo.

- Sì, sì, aspetta che ti facci… - si bloccò e poi si voltò di scatto. Ridendo. Derek aveva riso. Proprio lì, nella sua stanza, in sua presenza.

Quando lo guardò in faccia non rideva già più, ma quello che aveva stampato in faccia era sicuramente un sorriso. E avrebbe anche osato dire che era un sorriso adorante. E adorabile. E anche un po’ esasperato, il che, se qualcuno avesse chiesto la sua opinione, non faceva che renderlo più reale.

- Mio Dio, ne è totalmente valsa la pena, - disse in un respiro, facendosi contagiare e sorridendo a sua volta. Derek aveva le gambe accavallate, ma quando lui gli si lanciò incontro senza rifletterci nemmeno sopra, le allargò per fargli spazio.

Stiles gli si sedette addosso a cavalcioni e gli prese il viso tra entrambe le mani. Le labbra di Derek si erano un po’ appiattite, ma c’era ancora l’ombra di un sorriso. Stiles avrebbe voluto immortalarlo e conservarlo per sempre lì nella sua stanza. Era una cosa inquietante da pensare?

- Cosa è valso la pena? – domandò Derek e Stiles pensò incoerentemente che la sua barba gli solleticava le mani era la cosa più bella del mondo. Dio, com’era avere diciassette anni ed essere mielosi ed arrapati?

- Sono mesi che mi rendo ridicolo per farti sorridere, Derek, lo sai quanto sei frustrante?

Derek lo guardò come se non sapesse se prenderlo a sberle.

- Era questo che stavi cercando di fare? – sorrise di nuovo e… era stato Stiles a fare quel versetto felice?

Annuì, rabbrividendo quando sentì le mani di Derek poggiarglisi sui fianchi.

- I film, gli sms, le battute ridicole, le… le foto con i cuccioli di lupo? Era per quello?

Stiles lasciò scivolare le proprie mani più in basso. Una gli avvolgeva la spalla, l’altra gli sfiorava il lato del collo. Annuì di nuovo, guardandolo con gli occhi grandi e seri. Si leccò le labbra e vide Derek seguire il movimento con gli occhi.

Quando Derek lo baciò, non sapeva se dire che non se lo era per niente aspettato o che non aveva aspettato altro per mesi. Senza perdere tempo a sciogliere il dubbio, si allungò ancora di più verso di lui, facendo aderire il proprio petto a quello di Derek e stringendo un po’ le gambe su quelle dell’altro.

Si allontanò per riprendere fiato e si concesse un secondo prima di aprire gli occhi. Vide le labbra arrossate di Derek e sollevò lo sguardo per incrociare il suo. Gli occhi di Derek lo aspettavano, aperti e sinceri, e quando Stiles gli sorrise e l’altro istintivamente lo imitò, non poté fare altro che scontrare di nuovo le proprie labbra con quelle piegate che aveva davanti.

- Ti prego, sorridi di nuovo, fallo per me, - disse riempiendogli di baci il mento, la mandibola, gli zigomi, le tempie. Gli sfuggì un gemito, perché Derek era un maledetto ed invece di ascoltarlo aveva preso a baciargli il collo. Stiles gli prese di nuovo il viso tra le mani e glielo fece sollevare per stampargli un bacio dopo l’altro sulle labbra.

Dio, stava limonando nella sua stanza con Derek. Ed era fottutamente meraviglioso.

Derek rise contro di lui. Dannazione, aveva parlato di nuovo ad alta voce.

- Non ti ha mai detto nessuno di sorridere più spesso? – domandò guardandolo con adorazione. Quando rideva Derek toglieva il fiato e lui si chiese come aveva fatto a vivere fino a quel momento senza vederlo, senza sentire il suono della sua risata.

- Sì, - un’espressione sofferente gli attraversò per un attimo il viso, chissà chi era stato a dirglielo, - Ma nessuno si era mai impegnato per convincermi.

Stiles lo baciò di nuovo, a lungo, alternando baci frenetici a baci languidi, prendendo e cedendo il controllo del bacio, godendosi le mani di Derek sulle sue spalle, sui suoi fianchi, sulle sue gambe. E assaporando al tatto la schiena nuda di Derek sotto la maglietta.

- Lo farò io, - disse respirando affannosamente sulla sua bocca, - Mi renderò ridicolo per te, se necessario. E farò delle cose carine per te e… e, ti prego, posso leccare il tuo tatuaggio una di queste volte?

Derek rise di nuovo, spontaneamente, il viso affondato contro la sua gola, mormorando qualcosa su quanto già fosse ridicolo senza impegnarsi.

Ne era totalmente, totalmente valsa la pena.

- E comunque, tanto per fartelo notare, sei decisamente venuto per saltarmi addosso!



Fine.






Note finali:
(1) Il titolo è un verso di A Thousand Years di Christina Perri, perché non ho nessuna dignità e perché la stavo ascoltando mentre scrivevo XD
(2) È la mia prima fic in questo fandom. È la mia prima fic in un fandom diverso da Merlin dal 2008. Son cose.
(3) La Baba Jaga fa davvero parte della mitologia Slava, sia orientale che del sud.
(4) Anche i termini “materassabile” ed “orizzontabile” esistono davvero in un dizionario slang italiano-russo, da qualche parte nelle librerie della Russia XD quando mi hanno raccontato, ho subito pensato a Stiles e deciso che il mio battesimo del fandom, se mai ci fosse stato, avrebbe incluso queste parole.
(5) Grazie a Grà, perché mi ha convinta ad entrare in questo fandom \O/ ed adesso sono totalmente innamorata. E anche grazie per avermi aiutato a cercare degli episodi da inserire. Nello specifico, Derek al telefono con Cora e l’intero quarto episodio (Pain) sono idee tutte due.
(6) Grazie ad Ely, perché credo che in mezzo ci sia anche in mezzo qualcosa che è saltato fuori durante le nostre chat, solo che al momento non mi viene in mente XD
   
 
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