Libri > Le Cronache di Narnia
Segui la storia  |       
Autore: SusanTheGentle    25/06/2014    5 recensioni
Ti chiese la vita. Tu gliela desti [Salmo 21:4]
I protagonisti sono come sempre loro: Caspian e Susan.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ribbet-collage-fragment-of-you
online image hosting




12. Figlio di un Re
 
 
 
Per il primo compleanno di Caspian, i Pevensie organizzarono una bella festa nel giardino di casa.
Nei giorni che precedettero l’evento, il bambino osservò con curiosità gli adulti che si affaccendavano con festoni e palloncini.
Caspian sgambettava intorno ai grandi, divertendosi a rincorrere un palloncino verde.
Era un bravo bambino, piangeva poco ed era molto obbediente.
Iniziava a dire le prime parole: uno stentato ‘mamma’, un ancor più incerto ‘nonno e nonna’, una ‘i’ prolungata per chiamare gli zii Ed, Pet e Lulu. Ma la sua parola preferita in assoluto era ‘palla’, che pronunciava senza la p davanti.
Era di gran lunga il suo giocattolo preferito, peccato solo che non fosse ancora capace di camminare molto bene.
Il giorno in cui si era alzato da terra per acchiappare la sua pallina di spugna azzurra, era subito caduto a terra, scoppiando in un pianto fragoroso, forse per il dolore o per la delusione.
Susan si era mesa a gridare di paura e di gioia, spaventando a morte tutti i famigliari. La ragazza aveva preso in braccio il bambino e, dopo essersi assicurata che non avesse nessun taglio o altra ferita, lo aveva riempito di baci per la contentezza.
Cresceva così in fretta il suo piccolo principe…
 
Fu una festicciola allegra, con pochi cari.
Vennero il professor Digory e Polly, nonno e nonna Pevensie (ovvero i bis nonni per Caspian), da Cambridge arrivarono Harold, Alberta e il figlio Eustace (Edmund disse che era un miracolo della natura) e poi un paio di amici e vicini.
Ci furono cori di ‘tanti auguri’, una squisita torta con le fragole preparata da Helen e tantissimi regali.
Caspian si divertì un mondo, soprattutto quando, dopo aver spento le candeline insieme alla mamma – veramente fu Susan a spegnerle – scartò tutti quei bei pacchetti dai nastri e le carte colorate.
Ma di tutti i giochi, il suo preferito fu senza ombra di dubbio un leone di peluche, non troppo grande, con la folta criniera setosa, gli occhi d’ambra e una lunga coda.
Il bambino lo guardò attentamente ed emise un versetto di approvazione, allungando poi il pupazzo verso la mamma.
“Ti piace?” disse lei, sedendo sull’erba accanto a lui. “Questo è da parte di Digory”. La ragazza lanciò un’occhiata al professore. “Mi chiedo dove abbia preso l’ispirazione…”
Digory Kirke rise sotto i baffoni e la barba bianchi, facendo l’occhiolino al bambino. Si chinò e gli arruffò i capelli.
“Consideralo un buon auspicio, Susan. Per te e per lui”
“Grazie, Digory…”
“Non smettere mai di sperare”
Susan scosse il capo con un sorriso amaro. “Da quando è nato Caspian, ho imparato che la vita può riservarci delle magnifiche sorprese quando meno ce l’aspettiamo. Per quanto ancora lo trovi difficile, sto provando a convincermi che prima o poi accadrà qualcosa”
Digory l’abbracciò brevemente. “Sei molto maturata da che ti ho conosciuta”
“Ero una ragazzina sciocca e superficiale. Volevo andare all’università, fare carriera…ora le mie priorità sono altre. Non m’importa più di niente se non del mio bambino” Susan accarezzò i capelli di Caspian. “Sono cambiata, è vero. In meglio, ed è merito suo”
“Non vi disturbo, vero?” chiese una voce di donna. Poco dopo Polly Plummer si sedette sul prato con loro porgendo un pacchetto rettangolare a Susan. “Tieni, tesoro, questo è da parte mia. Per il piccolo Ian e per la sua mamma, entrambi voi”
Caspian s’impossessò subito del regalo, distruggendo involto e fiocco.
“Aspetta un momento…” fece Susan, corrugando la fronte alla vista di un libro di fiabe. “Io questo l’ho già visto… Polly, non è…”
“Quel libro che tu e i tuoi fratelli leggeste in una sola notte quando passaste le vacanze a casa di Digory. Sì, è proprio quello”
“Oh, mi piaceva tanto!” esclamò la ragazza con un gran sorriso, stringendolo al petto.
Lo ricordava bene, Susan: lei e i suoi fratelli erano appena ritornati sulla Terra dopo il primo viaggio a Narnia. Digory aveva ascoltato la loro storia e, nel vedere quanto fossero tristi al pensiero che forse non sarebbero mai tornati laggiù, aveva dato loro quel libro spiegando che, anche lui, dopo la sua avventura in quel magico regno si era sentito perduto al rientro.
“Ma questo libro ha aiutato sia me che la mia amica Polly Plummer” aveva spiegato il professore. “Ecco, leggetelo. Sono sicuro che vi riporterà a Narnia, almeno con l’immaginazione, e vedrete che presto scoprirete che Narnia è sempre e ancora dentro di voi. Non vi ha mai lasciato e non vi lascerà mai”
Era un libro straordinario che parlava di vecchie fiabe bretoni e leggende irlandesi; c’erano animali parlanti, driadi, fauni, elfi, folletti e sirene. C’erano principi e principesse, streghe cattive, cavalieri impavidi e draghi. Quel libro sembrava davvero parlasse di Narnia.
“Forse sono un po’ cresciuta per le favole” ammise poi Susan, arrossendo un poco, “ma vi ringrazio tanto, tutti e due”
Digory si sedette meglio sul prato, prendendo in braccio Caspian. “I libri non hanno età, cara Susan. Ti è piaciuto e ti piacerà sempre, come spero piacerà al tuo bambino”
“Sono certa che sarà così”
Caspian sollevò gli occhi neri sul viso di sua madre: sorrideva e per lui era la cosa più importante.
Non gli piaceva quando la mamma era triste, e a volte lo era, tanto…
Lui non capiva perché, ma accadeva in quei momenti in cui lei e gli zii parlavano di una cosa che si chiamava ‘Narnia’.
La mamma piangeva, certe volte, quando sentiva il nome di Narnia.
Caspian prese il libro delle fiabe dalle mani di lei e lo aprì in maniera un po’ impacciata, iniziando a sfogliarlo. C’erano tante belle figure, esattamente come in tutti quelli che la mamma gli leggeva la sera prima di addormentarsi.
Ma fu una più delle altre ad attirare la sua attenzione: era il ritratto di una donna con lunghi capelli corvini, un abito blu scuro e una corona d’oro sulla testa.
Il bambino fissò la figura per qualche secondo, sbattendo le palpebre con stupore, poi spostò lo sguardo verso sua madre, la quale chiacchierava con i due signori più anziani.
Caspian non comprendeva ancora il significato di molte parole, ma ricordava che ogni volta in cui nei libri di favole incontrava un disegno come quello, sentiva pronunciare dalla mamma la parola ‘regina’, ed aveva così imparato ad associare quel vocabolo a immagini di signore ben vestite.
Forse anche la mamma era una regina, visto che portava sempre abiti eleganti ed era bella come la donna del libro.
A un certo punto, lo sguardo del bambino si perse tra le ombre degli alberi del giardino.
C’era qualcosa là dietro, qualcosa di grosso che lo guardava con altrettanto grandi e splendenti occhi colore del sole.
Un animale.
Caspian lo fissò. Non ebbe paura.
L’animale lo fissò a sua volta, poi si voltò e scomparve così com’era apparso.
“Vieni amore, andiamo a tagliare la torta” gli disse Susan, prendendolo in braccio.
Caspian si volse ancora verso gli alberi ma, ben presto, le chiacchiere degli adulti, il dolce – che la mamma gli permise di assaggiare – e altri regali, lo distrassero da ciò che aveva visto.
In ogni caso, non sarebbe stato in grado di spiegarlo.

 
Quella sera, dopo che tutti se ne furono andati, mentre Lucy e Helen lavavano i piatti, e Edmund, Peter e Robert rassettavano il giardino, Susan prese Caspian e gli fece il bagnetto, gli mise il pigiama e lo portò nel letto con sé.
Al bambino piaceva tanto dormire nel letto grande. C’era tanto spazio e poi aveva il profumo della mamma: di sapone e di rose.
D’un tratto si guardò intorno, in cerca di qualcosa. Fece capire a Susan che voleva scendere dal letto e lei lo aiutò. Lui la prese per mano, indicandole il suo lettino, dentro il quale stavano svariati pupazzetti.
“ ‘alla!”
“Vuoi la tua palla? Tieni, tesoro”
Susan si allungò e afferrò il giocattolo preferito di suo figlio.
Con estrema soddisfazione, lui strinse al petto sia la pallina azzurra che il leoncino e sgattaiolò di nuovo verso il letto di lei. Vi posò sopra i suoi giochi e picchiò i palmi delle manine sul materasso.
Susan lo prese da sotto le ascelle, sollevandolo, gettandosi sul letto insieme a lui, lei a pancia su e Caspian in aria, tra le sue braccia.
Il bimbo rise forte e lei lo baciò sulle guance.
“Tu lo sai che ti adoro, vero?”
Il piccolo rise ancora, con la sua vocetta infantile e acuta.
Susan lo mise giù, sedendo insieme a lui a gambe incrociate sul letto,  guardandolo giocare.
Era identico a suo padre, in tutto: nell’aspetto, nel modo che aveva di sorridere, di muoversi…
Era ancora troppo piccolo per capire che cosa fosse un padre, ma quando sarebbe cresciuto, lei come gli avrebbe spiegato che non l’aveva? O meglio, che non era lì con loro?
Spesso, Susan si soffermava a riflettere su questo.
Di una cosa era certa: non gli avrebbe raccontato frottole. Per quanto faticoso da comprendere e accettare, non si sarebbe inventata una qualche storia che avrebbe fatto soffrire il bambino, o che l’avesse in qualche modo indotto a detestare suo padre quando fosse divenuto più grande.
Susan aveva parlato a suo figlio di Narnia e del suo Re sin dal primo giorno che era venuto al mondo, e avrebbe continuato a farlo per tutta la vita.
“Assomigli tanto al tuo papà, lo sai?” disse Susan, posando un dito sulla punta del nasino del bimbo. “Lo so, te lo dico sempre...Hai lo stesso naso, la stessa bocca, il mento, gli occhi…”
Lui continuava a ridere, mentre le gli toccava ogni parte che elencava facendogli il solletico.
Susan baciò le piccole mani, i piedini, la fronte, le guance tonde.
“Tu sarai come lui, un giorno, lo so. Il tuo papà è l’uomo più buono, gentile e intelligente che esista al mondo. E’ alto, bello e forte. Cavalca il suo stallone nero di nome Destriero, che corre forte come il vento. Insieme affrontano barbari, giganti e pirati. Il tuo papà ha combattuto con grande coraggio per riportare la pace nel suo mondo. Tuo padre governa un regno incantato, dove gli alberi e gli animali parlano proprio come nelle favole, e dove c’è un leone…” Susan prese il leoncino di peluche. “Aslan, è il suo nome. Aslan ha creato Narnia, ha creato me, tuo padre, te…tutti noi”
I grandi occhi neri del piccolo Caspian fissarono il volto della madre con molta attenzione.
Era diventata triste ma sorrideva.
“Quando capirai quello che ti sto dicendo, ti sarà difficile crederlo ma ci crederai, perché in fondo al cuore saprai che è vero”
Susan lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, cullandolo dolcemente.
Il bimbo le si accoccolò in grembo, stropicciandosi gli occhi.
“Sei stanco, vero? E’ stata una lunga giornata”
Susan si sdraiò vicino a lui e gli rimboccò le coperte. Poi prese il libro di fiabe dal comodino e lo aprì alla prima pagina.
Erano passati due anni da quando l’aveva avuto tra le mani la prima volta, ma erano successe tante e tante cose che le parve fosse trascorsa un’eternità.
Le particolareggiate figure che ritraevano gli scenari delle favole erano così vivide che sembrava potessero parlarle, risucchiarla al loro interno.
Uno strano ronzio iniziò a propagarsi dalle pagine, ma prima che Susan potesse capire se era solo la sua immaginazione o meno, il bambino si mosse e lei abbassò lo sguardo su di lui.
Caspian già dormiva, il leone e la palla stretti tra le braccia.
Susan sorrise teneramente.
“Credo che tu sia troppo stanco per ascoltare una storia, oggi” mormorò, chinandosi per baciargli la fronte, riavviandogli la frangetta scura.
“Sogni d’oro, mio piccolo principe”
Chiuse il libro e lo ripose sul comodino, spegnendo la luce.
Il ronzio svanì.
 
 
Durante la sua permanenza in America, Susan aveva stretto una buona amicizia con Olivia Stevens.
Le due si erano spesso scritte, la ragazza le aveva spedito diverse foto di suo figlio, tenendola informata sui suoi progressi e promettendole che sarebbe tornata a Washington per l’estate.
L’anno precedente, a Edmund e Lucy era andata bene, ma quella volta la fortuna li abbandonò.
Non era possibile spostare tutta la famiglia in America, perciò, i signori Pevensie furono costretti a mandare i figli più giovani a casa dei loro parenti: gli Scrubb.
Così, verso la metà di luglio, Lucy e Edmund si ritrovarono sul treno per Cambridge.
Per tutto il viaggio, i due fratelli fecero piani di difesa contro il cugino Eustace, l’essere più ripugnante, malefico e subdolo che esistesse al mondo.
In ugual modo, mentre aspettava l’arrivo dei cugini, Eustace faceva piani per rendere loro la vita il più insopportabile possibile.
Dire che i ragazzi Pevensie e il cugino non andavano d’accordo era un perifrasi…si odiavano!
Fin da piccolissimi, avevano iniziato quella che era una battaglia senza fine, senza esclusione di colpi, con concessione di tregua nei momenti in cui i genitori erano presenti.
Helen e Robert cercavano di farli andare d’accordo; Harold e Alberta li lasciavano fare perché, secondo loro, era così che i ragazzi di oggi si facevano il carattere.
I Pevensie erano quattro, Eustace era uno solo, ma faceva per dieci quando ci si metteva.
Per quel che li riguardava, a tutti loro stava più che bene continuare a detestarsi, ma quell’anno accadde qualcosa che li costrinse a cambiare atteggiamento…
Un giorno, mentre Lucy e Edmund se ne stavano tranquilli nella camera di lei a leggere una lettera di Peter e Susan, spuntò Eustace ed iniziò ad infastidirli con le sue battute stupide.
Lucy, che stava diventando grande e più matura di Edmund, si alzò dal letto, per una volta decisa ad ignorare i due ragazzi. Si spostò verso una parete, dove stava appeso un quadro che rappresentava un veliero in mezzo al mare…il quale d’un tratto prese a muoversi…
“Edmund! Il quadro! Guarda, presto!”
“Cosa…?” fecero Edmund e Eustace all’unisono, voltandosi in quella direzione.
“Per la miseria, si sta muovendo!”
I tre ragazzi rimasero come ipnotizzati a fissare il veliero divenire sempre più grande…o erano loro che si stavano rimpicciolendo?
Il quadro divenne enorme e, senza preavviso alcuno, un istante dopo stavano nuotando in mezzo all’oceano, i vestiti resi pesanti dall’acqua.
Fortunatamente, qualcuno a bordo della nave si accorse dei tre naufraghi e si gettò in mare per salvarli.
Uno di loro era un ragazzo moro dall’aria decisamente famigliare…
 
 
 
***
 
 
 
Caspian se ne stava seduto al tavolo della cabina di comando a studiare la carta nautica dell’oceano Orientale, quando una voce gridò: “Uomo in mare!”
Il Re si alzò di scatto, correndo sul ponte, affacciandosi al parapetto.
Gli uomini del Veliero dell’Alba si stavano già dando da fare per far virare la nave in direzione dei naufraghi.
Non era un marinaio ad essere caduto in acqua, constatò Caspian. Poi pensò che Galma e Terebinthia erano ormai troppo lontane, e le Isole Solitarie non ancora abbastanza vicine perché potesse trattarsi di un pescatore in difficoltà.
Il suo cuore iniziò a battere forte, sempre più forte, al pensiero che potesse trattarsi di…
Ci pensava da anni. Settimane da che erano salpati.
I Pevensie.
Caspian sapeva che non era possibile che tornassero tutti, ma non aveva mai sesso di sperare. 
Purtroppo durò un attimo, uno soltanto.
Vide tre teste spuntare dal pelo dell’acqua. Tre, non quattro.
Dov’era il quarto?
Doveva esserci un quattro naufrago, perché dovevano essere loro.
Senza pensare, Caspian si avvicinò ai tre marinai che stavano per tuffarsi.
“Vostra Maestà, cosa state…?” fece uno di questi, quando il Re gli tolse la cima dalle mani e se l’assicurò attorno alla vita.
“Vado io” disse sbrigativamente, gettandosi in mare per primo.
E mentre raggiungeva il naufrago più vicino – una ragazza – l’urlo dentro al suo cuore chiamava il nome di Susan.
Poteva immaginarla voltarsi e vederlo, stupita, incredula. Poteva vedersi di lì a pochi istanti, insieme a lei sul ponte della nave, stretti l’uno all’altra mentre si promettevano di non lasciarsi mai più. Lui l’avrebbe baciata davanti a tutti e poi le avrebbe detto di non averla mai dimenticata e che aveva pensato sempre e solo a lei.
Aveva bisogno che fosse lei.
Aveva bisogno di chiamare il suo nome.
“Ti ho presa”
“Caspian!”
Non era Susan, era Lucy.
Il Re sorrise, felice di vederla.
Se c’era Lucy c’era anche Edmund e, a questo punto, poteva davvero darsi che la terza fosse…
Il suo lato egoistico gli fece desiderare che non si trattasse di Peter.
Era un pensiero tremendo, perché anche il Re Supremo avrebbe avuto il diritto di ritornare, ma…
  Fa che sia lei. Ti prego, ti supplico, fa che sia la mia Susan!
“Caspian!” si sentì chiamare.
Ecco Edmund.
“Sono felice di rivedervi” disse il Re, guardandosi attorno con frenesia.
Dov’era lei? Dov’era?
Caspian nuotò al fianco di Lucy fino al Veliero dell’Alba, aiutandola a salire a bordo. Poco dopo fu il turno di Edmund e infine di un ragazzino biondo sconosciuto.
Un altro ragazzo… che ovviamente non era Peter, tanto meno poteva essere Susan.
Era durata solo per pochi istanti, la dolce illusione di lei.
Cosa si era aspettato?
Sorrideva, Caspian, presentava Lucy e Edmund ai marinai, conosceva loro cugino Eustace, mostrava loro la nave, ma la sua era una recita. Dentro di sé, gridava, urlava i suoi perché.
Ma cosa credeva?
Veramente aveva pensato che, solo perché era il Re, Aslan avesse cambiato il corso del tempo e degli eventi di Narnia per accontentare un desiderio d’amore?
Le sue speranze, come era già accaduto in tante altre occasioni, si infransero come cocci di uno specchio, ferendolo al cuore.
Ma quella volta fu diverso.
Rivedere i Pevensie fece piombare su di lui un dolore che credeva di essere riuscito a sconfiggere.
Pensava di aver imparato a convivere con il ricordo di Susan, ormai quasi persuaso che sarebbe tornata con i suoi fratelli. Questa illusione era stata la sua medicina per tre lunghi anni.
Ma adesso sapeva che non c’era davvero più speranza per loro.
Adesso non avrebbe più avuto la forza di sperare di nuovo.
Non aveva più la forza per reagire a tutte le delusioni, per sconfiggere la malinconia.
Il suo sogno era stato spazzato via dal mare, dalle onde impetuose che si agitavano nel suo petto, portando via i pezzi sanguinanti del suo cuore, laggiù, tra gli abissi più oscuri dell’oceano.
Avrebbe voluto affondarvi anche lui, annegare dolcemente nell’oblio dei dolorosi e bellissimi ricordi che aveva di lei.
I ricordi: unico modo e unico luogo in cui il loro amore poteva continuare a esistere.
Oh, se quelle onde avessero potuto portarlo via davvero… portare via la sua anima, farla annegare…
Soffriva troppo anche per poter piangere. La delusione era stata troppo grande, immensa.
E ancora, il cuore spezzato gridò il nome di Susan.
“Aslan ti prego, falla tornare. In qualunque altro modo, ma riportala qui. Ti chiedo solo un istante, un minuto per poterle dire ancora che l’amo. Un attimo, per dare di nuovo un senso alla mia vita…”
La voce di Caspian era troppo debole perché qualcuno la udisse.
Una preghiera persa nel vento.
 
 
Lucy e Edmund s’incontrarono nel corridoio, sorridendosi quando videro gli abiti l’uno dell’altra: abiti narniani.
“Mi sento molto più a mio agio così, sai?” disse Lucy.
“Anche se sono abiti da maschio?” le chiese Edmund.
Lucy annuì, poi divenne pensierosa.
“Ed…”
Stava per dire qualcosa quando un marinaio passò di lì, salutandoli chinando il capo.
“Vieni dentro, devi dirti una cosa” fece Lucy, trascinando il fratello dentro la cabina reale che Caspian le aveva galantemente ceduto.
Edmund la guardava perplesso: non aveva mai visto sua sorella con un’espressione così seria.
“Dobbiamo dire a Caspian del piccolo Ian” esordì Lucy senza giri di parole. “Avrei voluto farlo subito, ma c’erano Drinian, Ripicì, gli altri marinai, e non mi sembrava il caso. Dobbiamo prenderlo da parte e farglielo sapere al più presto”
Edmund rimase zitto, un vago cipiglio sul viso, gli occhi rivolti al pavimento.
“Ed!”
“Non urlare, Lucy, ti ho sentito…Non possiamo farlo”
Lucy lo guardò con occhi e bocca spalancati dall’incredulità.
“Cosa?! Non…non vuoi dire a Caspian di suo figlio?!”
“Ti ho detto di non urlare!”
Edmund si avvicinò alla porta e la chiuse a chiave. La sua espressione era ancora più seria di quella di lei.
“Lucy, ascoltami bene: è stata Susan a dirmi di non dire niente a Caspian”
“Ma…!”
“Aspetta, aspetta, lasciami finire. Prima che partissimo per Cambridge, lei mi ha fatto promettere e io ho promesso. Ho promesso che non avrei mai rivelato il segreto del piccolo Ian. Era come se lei e Peter sapessero che sarebbe successo qualcosa, che io e te saremmo tornati a Narnia durante quest’estate”
Lucy scosse forte il capo, incapace di comprendere. “Non capisco…perché?”
“Lei pensava fosse meglio così”
Lucy parve non credergli. “A me però Susan non l’ha detto”
“Perché sapeva che non saresti mai stata d’accordo”
Lucy mise il broncio. “Vi fidate così poco di me?”
“Non è questo…”
“E Peter?”
“Anche Peter era d’accordo”
Lucy pestò un piede a terra. “Ah! Così lo sapevate tutti tranne me!”
Edmund sbuffò spazientito. “Sì, ne abbiamo parlato senza di te perché, come ho già detto, tutti noi sapevamo che avresti reagito così. Lo so che ti sembra una menzogna atroce, lo so che sembra più giusto dire a Caspian la verità, ma…”
Sembra?!” esclamò ancora Lucy, rossa in viso. “Certo che è giusto! Noi abbiamo il dovere di dirglielo, e lui ha tutto il diritto di saperlo! No…non ti credo affatto, Edmund! Non credo affatto che Susan possa aver avuto un pensiero simile, ti sei inventato tutto!”
“Non me lo sono inventato” esclamò a sua volta Edmund, prendendola per le spalle. “Lucy, possibile che non capisci? Non servirebbe a nulla dirglielo! Cosa potrebbe fare Caspian? Andare sulla Terra? No. Portare qui Susan e Ian? Nemmeno. E per quanto abbiamo sperato, ora abbiamo capito che Susan e Peter non torneranno mai a Narnia, e forse nemmeno il piccolo verrà mai in questo mondo. E’ inutile far soffrire Caspian: se gli dicessimo che Susan ha avuto un figlio da lui, impazzirebbe dal dolore sapendo che non potrà mai vederlo. Vuoi questo per lui? Vuoi che viva tormentandosi in questo pensiero irrealizzabile?”
Lucy rimase un momento senza parole.
“No. No, però…”
Quando Edmund parlò di nuovo, la sua voce era calma.
“Anch’io non ero d’accordo all’inizio, ma poi ho riflettuto e penso che Susan abbia ragione: lei vuole che Caspian sia felice e dovremmo volerlo anche noi. Prendere questa decisione non dev’essere stato facile per lei, perché così facendo nostra sorella ha rinunciato a tutto. Purtroppo non c’è altra soluzione”
Lucy rimase un momento in silenzio, mordendosi le labbra.
“Ma Caspian ama Susan, e hanno un bambino!”
Edmund abbassò le braccia lungo i fianchi, facendo un sospiro.
“Lo so, Lucy, e sono più che convinto che si ameranno per sempre. Quando arriverà il giorno in cui Caspian dovrà dare un erede a Narnia, lo farà per dovere e non per amore verso la donna che sposerà. Susan sa che quel giorno arriverà e nonostante tutto desidera che Caspian possa incontrare una donna buona e gentile, volerle bene, trovando la serenità che gli è tanto mancata”
“Serenità…” ripeté Lucy senza convinzione. “La serenità e la felicità sono due cose diverse. Solo insieme a Susan Caspian era felice”
Edmund non disse nulla.
Era vero.
“Non sono per nulla convinta che mentire sia la soluzione migliore” aggiunse Lucy con voce quanto mai dura.
Edmund fece un passo verso di lei. “Devi promettere anche tu, Lu”
Lei lo fissò, adirata. “Per ora non dirò niente… Per ora
 
 
 
***
 
 
 
Che strano senso di dejà vu provava Susan ad essere ancora su quella nave, la stessa che l’aveva portata negli Stati Uniti l’anno prima.
All’ora non si era goduta la traversata, poiché il suo animo era preda delle ombre e della sofferenza più cupe. Aveva solo desiderato lasciarsi alle spalle l’Inghilterra, cancellare la sua vita precedente ed iniziarne una nuova.
In un certo senso era successo: aveva iniziato una nuova vita ma non aveva scordato quella vecchia.
Aveva infine compreso che era possibile convivere con i ricordi, anche se dolorosi. Era capace di sopportarli, adesso.
Susan e il piccolo Caspian se ne stavano seduti su un lettino sdraio, lungo il ponte est della nave. Lei lo teneva in braccio e gli leggeva una delle favole del libro ricevuto in dono da Polly.
Peter si unì a loro qualche minuto più tardi, mentre Susan pronunciava la mitica frase: “E vissero per sempre felici e contenti”
Quando la ragazza chiuse il libro, suo figlio sorrise e batté le manine in segno di approvazione.
Lei rise. “Ti è piaciuta la storia?”
Caspian emise un urletto e scese dalle ginocchia della madre, iniziando a dar calci alla sua pallina azzurra.
“Ian, non ti allontanare” lo ammonì subito Susan, posando il libro e alzandosi in piedi.
Il bambino obbedì e tornò da lei, continuando a giocare intorno alla sdraio, il fedele leoncino stretto in mano.
“Non li lascia proprio mai, eh?” sorrise Peter, alludendo ai giocattoli.
“Guai a chi glieli tocca” rispose Susan con una risata.
Peter osservò la sorella. “Sue, ascolta…”
“Sì?”
Lei non lo guardava, gli occhi attenti sul suo bambino che rincorreva la palla su e giù lungo la fila di lettini sdraio.
“Credi che Ed e Lucy, a quest’ora, potrebbero essere già a Narnia?”
“Non lo so” rispose la ragazza, con voce afona.
“Sei sempre convinta che sia stata la cosa più giusta scegliere di non dire a Caspian di Ian?”
Gli occhi di Susan si offuscarono di tristezza.
“Una volta ho pensato di chiedere a Ed e Lucy di portare Ian a Narnia con loro, perché vivesse con suo padre”
Peter la fissò sbigottito, lei fece un mesto sorriso.
“Ho pensato tante cose, alle possibilità più svariate, una meno plausibile dell’altra. Una volta ho sognato di arrivare sulla spiaggia di Cair Paravel, d’incontrare Caspian per un istante appena, dirgli di suo figlio e poi andarmene di nuovo. E’ stato terribile…Lo so, non è giusto che io possa amare così tanto Ian quando suo padre non sa nemmeno che esiste, ma anche se lo sapesse cosa cambierebbe? Nulla. A che scopo dirglielo? Non potremo mai essere una famiglia e lui vivrebbe con il pensiero di non poter stare con noi, di non poter mai avere né me né Ian. Sarebbe crudele! Non voglio che Caspian soffra a causa mia! Non posso privarlo di altri figli suoi, di una famiglia sua, di una vita felice!”
“E tu sei felice?”
Susan fece un profondo respiro.
Sì, lo era…non del tutto, ma lo era…solo grazie a suo figlio. E anche Caspian doveva esserlo, anche senza di lei.
“Pensi che io sia egoista, vero?”
“No” rispose Peter. “Credo di capirti…ma non so se sia stata la scelta più giusta”
Susan si volse verso il fratello, gli occhi lucenti di lacrime non versate.
“C’è anche la possibilità che Edmund e Lucy non possano comunque dirglielo. Può darsi che, al loro ritorno, trovino una Narnia diversa e Caspian… lui potrebbe non…non esserci più... Non dire che non ci hai pensato, Peter, perché so che l’hai fatto”
Il ragazzo restò in silenzio.
Susan chiuse gli occhi per un momento, scacciando quel terribile pensiero.
Il suo Caspian…
“E se invece fosse ancora là ad aspettarti?” chiese Peter.
Susan attese un istante prima di rispondere.
“Ne sei ancora molto innamorata, vero?” chiese Peter, quasi sbalordito.
“Sarò sempre innamorata di Caspian” rispose Susan con fermezza. “Forse, un giorno, se Aslan lo vorrà, potranno incontrarsi”
La ragazza guardò il suo bambino e provò un immenso senso d’amore. Nei suoi occhi azzurri si accese una luce d’immensa fierezza.
“Io non potrò più tornare, ma mio figlio può e dovrà andare. Ad aspettare Ian c’è un intero popolo, un regno. Perché Caspian XI ha un destino, il destino che hanno tutti i figli di re: divenire re a sua volta”
Peter continuava a fissare la sorella, basito. “Vorrebbe dire rinunciare per sempre a lui!”
Susan strinse le labbra. “Sì, lo so”
“Se così sarà, quando Caspian capirà che non glielo hai fatto sapere, ti odierà”
“Sì, è possibile. Ma amerà nostro figlio. Lui è un bambino speciale, e non solo perché è il mio bambino. Prego perché anche suo padre possa scoprire quanto lo è. Se non fossi rimasta incinta, a quest’ora non sarei qui a parlare di Caspian, lo avrei dimenticato, come avrei scordato Narnia e tutte le nostre avventure. Ian ha colmato il vuoto che avevo nel cuore.”
Peter le prese una mano e la guardò dritta in viso. “Le cose andranno diversamente, Susan, vedrai. Quando sarà il momento per il piccolo Caspian di raggiungere Narnia, sono certo che potrai farlo anche tu”
Lei gli sorrise. “Sei il fratello maggiore migliore che esista al mondo. Grazie”
“Qualunque cosa accada, Sue, io sarò sempre con te” disse lui mentre l’abbracciava.
“Sì, lo so” Susan si scostò una ciocca di capelli dal viso, alzando gli occhi verso il cielo. Il vento si era alzato e grossi nuvoloni neri si addensavano all’orizzonte.
“Credo stia per piovere”
“Sarà meglio tornare in cabina, allora” disse Peter.
“Sì, è vero…Caspian, andiamo!”
Il bambino si volse al richiamo della madre e capendo le sue intenzioni fece un piccolo broncio.
“Noo!”
“Oh, su, non fare i capricci” fece Susan, facendo qualche passo verso di lui.
Un attimo dopo, accadde qualcosa di assolutamente inaspettato.
Il libro di fiabe, rimasto sul lettino, si aprì di scatto e le pagine iniziarono a sfogliarsi da sole a un ritmo folle.
Il vento divenne impetuoso, ma Peter e Susan capirono che ciò che stava accadendo aveva poco a che fare con il temporale imminente.
Era opera della Grande Magia.
Susan prese in braccio il bambino e fissò Peter attraverso le raffiche, scie di vento, di luce e colore.
Gli altri passeggeri, lì intorno, sembrarono non accorgersi di nulla.
“Vai, Susan” le disse Peter con un sorriso, tranquillamente.
“Anche tu devi venire!” esclamò lei, afferrandogli un braccio, sentendo che la magia la stava già trascinando dentro il vortice.
Il ragazzo scosse il capo. “No, Susy, questa volta no. Aslan ti sta dando una seconda possibilità. Sapevo che sarebbe successo, solo non credevo così presto…”
Peter abbracciò sia il bambino che la sorella. Guardò il piccolo Caspian, provando una stretta al cuore al pensiero che non l’avrebbe mai visto crescere.
“Ti voglio bene, ometto. Fai il bravo”
Il bambino allungò la pallina azzurra verso di lui, come se avesse capito ciò che stava per accadere.
“Tua” disse.
Peter gli accarezzò i capelli e afferrò la palla.
“Oh, Peter, no, ti prego!” esclamò Susan in un singhiozzo.
“Devi andare, Sue, sbrigati”
“Non posso lasciarti, non sono pronta!”
“Sì, lo sei”
Susan lo abbracciò di nuovo e lui la tenne stretta finché poté.
“Ti vorrò sempre bene, Peter”
“E io ne vorrò a voi. Abbi fede Susan. Io, Lucy, Ed, mamma e papà…tutti noi saremo sempre con te. Un giorno ci rivedremo”
Quando lui la lasciò andare, Susan strinse forte Caspian, proteggendolo dal vento che le sferzava i capelli, mandandoglieli davanti agli occhi, impedendole di vedere Peter.
Lo chiamò, lui continuava a sorriderle. Il ragazzo rimaneva fermo dov’era eppure si allontanava, sempre di più. Infine, sparì alla sua vista.
Una luce accecante la costrinse a serrare le palpebre. Quando le dischiuse, lei e Caspian erano soli in cima a una bassa collinetta che guardava sul mare. Susan cercò di calmare il bambino, che stringeva il suo leoncino. Lo cullò piano, mormorandogli parole tranquillizzanti, intanto guardandosi attorno.
Si trovava su un’isoletta verdeggiante, l’aria dai sapori estivi era calda e tranquilla, non c’erano altri suoni eccetto quello delle onde e il canto dei gabbiani. Dal punto in cui si trovava, poté vedere che c’erano altre due isole vicine: la prima distava poco più di mezzo miglio da quella su cui si trovava lei; la seconda, sulla sinistra, era un po’ più lontana. Su quest’ultima, Susan scorse i tetti di una città.
Era stata molte volte in quei luoghi, tanto tanto tempo prima, durante i lunghi viaggi per mare quand’era Regina nell’Età d’Oro.
Le avrebbe riconosciute tra mille: erano le Isole Solitarie.

 
 
 
Spero mi perdonerete se avevo messo un avviso sulla mia pag facebook dicendo che avrei pubblicato sabato scorso… c’è stato un imprevisto e non ho avuto internet per alcuni giorni, perciò non mi è stato proprio possibile….Scusatemi davvero!!!!!!!!!!!!!! La mia carissima Joy ha cercato di aiutarmi mettendo un avviso nelle note di una sua fic, facendo passare la voce…grazie gemella!!!!! Sei stata così gentile che non ho parole!!!
Anyway, siamo al penultimo capitolo, cari lettori! Eh sì, ormai siamo alla fine… che devo inventare! Già, perché “Fragment” non aveva un finale quando l’ho inventata anni fa…o meglio ce l’ha, ma non scritto. 
Non mi convince tanto l’ultimo pezzo, devo essere sincera...e spero tanto che non ce l’abbiate con Susan per la sua scelta.
Comunque si risolverà tutto molto presto, vedrete!!! ;)

 
Ringraziamenti:

Per le preferite: aleboh, battle wound, fossyross, HarryPotter11, loveaurora, lucymstuartbarnes,
 MoiraScarletMorgana, Shadowfax, Zouzoufan7, _faLL_ 

 
Per le seguite: Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, ibelieveandyou, 
 jesuisstupide, JLullaby, Judith_Herondale, justalittlepatiencew, LadyVentia96, lucymstuartbarnes, Lyra Avalon Black, M a i  mewgiugiu, niky25, Poska, Scentedblackink, Shadowfax, SweetSmile, _joy, _LoveNeverDies_ 

 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Ellynor, HarryPotter11, JLullaby, lucymstuartbarnes, Shadowfax,  _joy, 
 
Sarà l’ultima volta che lo dico per questa fanfic: gli aggiornamenti li trovate alla mia pagina facebook.
Grazie a tutti per la pazienza e scusate ancora per il disguido!
Alla prossima per l’ultimo capitolo!!!!!!!
Un bacio e un abbraccio,
Susan♥
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: SusanTheGentle