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Autore: _Eterea_    25/06/2014    2 recensioni
Storia partecipante al Contest sui Cattivi Disney, della pagina fb "Disney Villains Rules".
I “Tutti siamo nati matti. Qualcuno lo rimane.”
II “Perdersi è un modo pericoloso per ritrovarsi.”
III “Le cose peggiori sono sempre state fatte con le migliori intenzioni.”
IV “Se gli uomini fossero così cattivi come si dipingono, sarebbe facile regolarsi. Invece sono peggio.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Storia scritta per il contest sui Cattivi Disney indetto dalla pagina fb "Disney Villains Rules"


 
The fears of the Wicked
 
 
 
“Tutti siamo nati matti. Qualcuno lo rimane.”
Samuel Beckett
 
Tazze, fiori, cilindri, orologi.
Panciotti, funghi, gatti, pozioni.
 
Il Paese delle Meraviglie, il suo mondo delle Meraviglie – il suo o di Alice? – la controlla, l’osserva e, di questo ne è convinta, ridacchia ogni volta che lei si trova in difficoltà.
La Regina non capisce - non deve capire, nulla deve essere compreso - va solo guardato, osservato, amato.
Quindi ricomincia, continua con quell’atteggiamento da folle, isterica… matta.
Cosa non è pazzo? Chi può essere normale?
Nessuno. La Regina non può permetterselo, esattamente come tutti gli altri.
Ma lei è davvero come loro? La Regina di Cuori tende a domandarselo, di tanto in tanto, ma poi ricorda e si ferma.
Aveva fatto un patto con il Regno e se stessa; se non avessero perduto la testa in un modo, l’avrebbero fatto in quello più fisico del termine.
Erano queste le regole.
Ed ogni volta che la Regina sentiva la ragione prendere il sopravvento su di lei, trovava un modo per scacciarla al più presto.
Tagliare la testa ad una carta per aver dipinto le rose di rosso: pazzia. Follia. Era quello che bramava…
Era quello che doveva cercare ed ottenere.
Temeva di non riuscire a mantenerla.
Se c’era una cosa di cui la Regina aveva davvero paura era proprio questa.
Non puoi vivere in un posto di matti senza impazzire tu stessa; dopotutto, che figura ci faresti?
E continui. Perché non puoi farne a meno: perfino in un mondo del genere serve un po’di equilibrio.
La paura di non essere all’altezza ti consuma… e tu urli, sbraiti, cercando il modo di allontanare questa sensazione di impotenza e inferiorità che ti perseguita.
E lo senti stretto, attorno a te, questo mondo delle Meraviglie che appartiene a qualcun altro e che fingi di domare e regnare.
 
I fenicotteri, i ricci, le carte, una bambina.
Le rose, il Re, il bruco e la Regina.
*
 
“Perdersi è un modo pericoloso per ritrovarsi.”
Clarisse Lispector
 
Uncino non aveva mai deciso, consciamente, di fermarsi e gettare l’ancora.
Era semplicemente accaduto, non se ne era nemmeno reso conto fino all’ultimo: in uno dei rari momenti di pace, senza indiani o bimbi sperduti a smuovere la giornata, quando guardandosi intorno aveva con orrore capito.
Il Capitano della Jolly Rogers era diventato schiavo di quel mondo, schiavo dell’orgoglio che gli impediva di lasciar perdere Pan e di tornarsene ai suoi amati viaggi.
Quando era approdato all’Isola Che Non C’è aveva creduto di essere stato colto da un’improvvisa fortuna: era stato il primo pirata a navigare in quelle acque misteriose… tuttavia, l’eccitazione e la sete d’avventura avevano lasciato spazio al terrore puro.
Non aveva mai temuto né gli insulsi indiani, né tantomeno i bambini che giocavano alla guerra con lui e la sua ciurma - no, lui temeva d’essersi perduto per sempre.
Dover vivere le giornate ripetitive, senza più novità e avventure… non poter invecchiare, non poter vedere il proprio volto cambiare. Vale davvero la pena mantenere la giovinezza, quando questa ti perseguiterà per una vita infinita? Una vita infinita, monotona, ripetitiva, persa.
Eppure, quale sarebbe l’alternativa? Fuggire sconfitto, umiliato e, di conseguenza, non più Capitano.
Uncino era convinto di essere finito intrappolato in un circolo vizioso che mai avrebbe veduto una fine.
Perché lui lo sapeva: non avrebbe mai battuto Pan, non avrebbe dimostrato nulla ai suoi uomini, sarebbe rimasto in quel mondo per l’eternità a combattere una battaglia impossibile e inconcludente.
Si sarebbe ucciso, se non avesse avuto altrettanta paura della morte stessa.
Questa sembrava quasi farsi beffe di lui; quando aveva scoperto la magia dell’Isola era stato così sciocco da credere di aver vinto per sempre la sua acerrima nemica. Se non poteva invecchiare non poteva neppure morire, e tanto gli bastava.
Poi si era sentito perso; quasi come se la sua intera esistenza non fosse reale. Inutile e fine a se stessa.
Non avrebbe più visitato mondi sconosciuti, avrebbe solcato lo stesso mare senza poterne mai scoprire i segreti.
Uncino sapeva di vivere una vita che non avrebbe mai vissuto davvero.
Ed ogni sera, quando si riempiva la pancia di alcolici e amari pensieri, la paura tornava a fargli visita, quasi come fosse una vecchia amica.
Dopotutto, cosa può accadere di peggio - ad un uomo del genere, che teme di smarrirsi per sempre – di essersi perduto in un mondo che non esiste davvero? 
 
*
 
“Le cose peggiori sono sempre state
fatte con le migliori intenzioni.”
 Oscar Wilde
 
A Gaston non era mai sembrata una pretesa assurda.
Non riusciva davvero a capire quale fosse il vero problema, che intralciava il raggiungimento del suo obiettivo.
Gaston era bello, era forte e popolare nel loro villaggio, eppure, questo era sembrato non bastare.
Se c’era una cosa che l’uomo poteva vantare era la sua infallibilità. Riusciva sempre – sempre – ad ottenere quello che voleva; non aveva mai fallito.
Eppure, se quella volta non fosse andata come previsto, tutta la reputazione che era riuscito a costruirsi sarebbe crollata miseramente.
E di questo Gaston era terrorizzato.
Cosa avrebbero detto gli altri se si fosse arreso? Con quale coraggio sarebbe riuscito a vivere ancora al villaggio?
Lui era Gaston, il miglior cacciatore della zona, l’uomo con più donne e trofei di chiunque altro avesse conosciuto in vita sua.
La fama e la sua reputazione erano tutto ciò che aveva… più la stima per se stesso.
Pure su questo punto, Belle era riuscito a colpirlo, e molto più profondamente di quanto la donna potesse credere.
Quando aveva preso la decisione di compiere il gesto eroico, che ovviamente avrebbe salvato tutto il paese, di uccidere con le proprie mani la bestia che aveva rapito la sua donna, Belle aveva detto una cosa che Gaston non era riuscito a dimenticare.
L’aveva chiamato mostro.
L’aveva messo alla pari della creatura che lui stesso poteva vedere all’interno di quello specchio magico.
Una bestia?
Era così che lei lo vedeva?
Gaston si era sempre visto più come un eroe, un paladino, un uomo in grado di smuovere un intero villaggio grazie a delle sole parole di incoraggiamento.
Il fatto che una semplice ragazzina – nonostante fosse la stessa ragazzina che doveva sposare – aveva creato in lui una tale rabbia che trovava difficile contenere.
Infine, decise di dimostrare quanto quell’affermazione fosse sbagliata, in modo da riconquistare anche la sua tanto agognata ottima reputazione.
Dopotutto, un mostro non avrebbe mai avuto la forza e il coraggio per abbattere una vera Bestia.
 
*
 
“Se gli uomini fossero così cattivi come si dipingono,
 sarebbe facile regolarsi. Invece sono peggio.”
Alessandro Morandotti
 
A dispetto da quello che nel Regno tutti pensavano, Malefica non era stato da sempre il suo nome.
Il primo nome che la fata aveva avuto non era stato nulla di particolarmente eccezionale; il suono si perdeva insieme a tutti gli altri, e il significato era sempre il solito.
I nomi delle fate rappresentavano la bontà, la natura, la felicità e la serenità.
Ma Malefica aveva sempre sentito di non appartenervi.
Così, quando aveva deciso che più nulla la legava  alle sue sorelle fate, se n’era andata e – più in là negli anni, quando ormai la sua fama la precedeva - si era fatta riconoscere da tutto il popolo come una strega e questo, terrorizzato, le aveva finalmente suggerito un nome che la rappresentasse completamente.
Malefica da quel momento in poi aveva creduto che nulla la rendesse felice e soddisfatta più del profondo orrore e rispetto che le genti le dimostravano.
Fu così, fino a quella malaugurata festa.
Rispetto e riverenza erano tutto ciò che lei bramava, e le erano stati tolti in quel giorno funesto proprio dai Sovrani.
Ogni fata del Regno era stata invitata a quella festa grandiosa e storica, per proclamare a gran voce la nascita della Principessa… tuttavia non era stato così per lei.
L’avevano ignorata.
Messa da parte, come se ormai non dovessero più provare paura nei suoi confronti.
Questo la fece crollare: in preda alla furia, era corsa ai festeggiamenti per portare la giusta ombra a coprire la preziosa nascitura.
Vedere il panico prendere il sopravvento di tutti i presenti l’aveva nutrita di nuova forza, ma prima di questo Malefica aveva dovuto affrontare qualcosa che era riuscita ad evitare per tutta la vita.
Abituata a portare lei stessa terrore nel regno, trovarsi faccia a faccia con una propria paura non era stata una cosa semplice da affrontare.
Malefica si era sentita smarrita, arrabbiata… e mentre tremava una morsa si era stretta così forte intorno al petto che per un momento non era riuscita a prendere fiato.
Dover tornare ad essere inutile, pari ad altre… la sorte che più temeva per se stessa.
Cosa serviva? Che cosa doveva fare?
Lei lo sapeva, ed era quello che aveva fatto.
Malefica doveva essere la strega più perfida e malvagia del Reame… e così sarebbe stato.
 
*
 
Se c’è una cosa che tutti non dovrebbero mai dimenticare, è che anche il più malvagio e terribile degli individui rimane sempre, senza alcuna eccezione, umano.
Cosa c’è più umano della paura stessa?
Cosa comporti questa non importa un granché: ne esistono tanti tipi diversi, ma l’importante è che la base rimane uguale per tutti.
La pazzia della Regina, il vuoto del pirata, l’ossessione del cacciatore e la perfidia della strega…
Esseri che sembravano inattaccabili e senza limiti umani. Bloccati e serrati da vincoli umani.
Questo serve per ricordare che, per quanto il mostro nel proprio armadio, o quello che vive sotto al letto, possa sembrare inumano e terrificante… avrà sempre una debolezza nascosta.
Basta solo indovinare quale questa sia.
 
 
 
   
 
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