È piccolo.

Non basso. Piccolo. Gracile. Con il suo corpo pieno di bruciature da sfregamento, i segni di due anni trascorsi a gettarsi a terra per fare in modo che la palla restasse connessa.

Adesso che è solo, l'essere piccolo e insignificante diventa un muro insormontabile, che si para davanti a lui in qualsiasi direzione si giri. È il suo vaso di Pandora. Gli fa mancare l'aria.

Non sa cosa non vada, in realtà. È seduto davanti alla finestra, con una coperta sulle spalle, in pigiama nonostante siano le nove passate. Il calore della colazione gli riscalda la pancia. Oggi non andrà a scuola.

Oggi è il secondo giorno, oramai. Non può mettere piede in quella scuola.

Non vede Asahi da due giorni e già i polmoni si lamentano. Il peggiore è lo stomaco: grida il suo disappunto chiudendosi, gli impedisce di avere fame, duole a ogni movimento che faccia e tutto esplode in mille fitte. Ma Noya sta bene. Benissimo. È solo un po' ammaccato.

Non ha bisogno di quell'egoista. No. Lui ha una squadra alle spalle, un giocatore in meno cos'è- ? Fra un mese tornerà e sarà tutto come prima. Daichi-san, Suga-san, persino Tanaka- non ha bisogno di Asahi per giocare bene. È un libero. Lui difende, non può attaccare. Non fa punti. Li salva.

Ha bisogno di Asahi per altro.

Si stringe nella coperta, sparendoci dentro. È calda. Tutto il freddo che sente viene da dentro.

Ieri è stato una tortura. Si era promesso di svegliarsi tardi. Mangiare spazzatura. Spassarsela a casa da solo.

Non l'ha fatto. È rimasto fermo a osservare il soffitto, come cercando di sopravvivere, di ricordarsi come respirare, di essere ancora vivo.

Non ci aveva mai pensato. Ma ora che lui non c'è, che non può vederlo, finalmente lo realizza.

La sua felicità è strettamente collegata a quella di Asahi. Mentre si alza, strascica i piedi nudi sul pavimento gelido e lascia cadere il plaid, continua a rimuginarci, ignorando il dolore alla bocca dello stomaco. Si sente come se dovesse morire. Si rende conto di quanto sia patetico. Passa davanti alla propria stanza, dove ha tirato le tende tante /tantissime/ volte per non farsi vedere con Azume, e sente qualcosa tirare, crepitare, poi rompersi.

Noya è piccolo. Non basso.

Noya è irruente. Non stupido.

Noya è un libero, ma non ha salvato lui.

Noya lo amava. Con tutto quel piccolo se stesso.

Rendersene conto ora è poco meno che inutile.