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Autore: Arain    30/06/2014    2 recensioni
Dal testo:
“La prima volta che Charles Xavier toccò la mente di Erik Lehnsherr ciò che sentì lo sommerse.
Avvertì tutto il dolore, tutta la rabbia, la furia cieca che lo avrebbe condotto persino ad uccidersi nel disperato tentativo di avere finalmente la sua vendetta su Shaw.”
Alcune riflessioni, dal punto di vista di Charles Xavier, sul suo rapporto con Erik Lehnsherr.
Non pretendo minimamente di saperne qualcosa sull'universo dei mutanti, la mia conoscenza si basa sulla visione dei sette X-Men usciti ad oggi.
Non è propriamente una slash, ognuno può leggere quello che vuole tra le righe di quello che ho scritto.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premettendo che non so assolutamente nulla sul mondo dei mutanti, spero almeno di non aver fatto degli errori colossali. In tal caso mille grazie a quella pia anima che si prenderà la briga di correggermi.

Buona lettura!

P.S. Se avete ancora voglia di sentirmi sproloquiare, ci sono le note in fondo!

 

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La prima volta che Charles Xavier toccò la mente di Erik Lehnsherr ciò che sentì lo sommerse.

Avvertì tutto il dolore, tutta la rabbia, la furia cieca che lo avrebbe condotto persino ad uccidersi nel disperato tentativo di avere finalmente la sua vendetta su Shaw.

Per un attimo fu travolto dall'intensità di quei sentimenti, che gli fecero apparire i tormenti della sua vita quasi insignificanti.

Comprese subito che quell'uomo disperato non si sarebbe fermato, che non avrebbe lasciato andare il sottomarino, mai.

Per questo si tuffò, senza pensare, senza rendersi conto che non aveva mai incontrato quell'uomo che gli sembrava invece di conoscere da una vita intera.

Erik non voleva essere salvato. Non voleva essere aiutato. Aveva passato tutta la vita da solo nella sua cupa ossessione per Shaw.

Fin da quel primo contatto capì che quell'odio aveva radici profonde e intricate, che era totale e accecante, ma che sotto nascondeva una sorta di fascinazione perversa per quell'uomo che gli aveva portato via tutto, rendendolo però la persona che era.

Più tardi, quando gli eventi futuri li avrebbero spinti a lottare l'uno contro l'altro per anni e anni, si sarebbe chiesto più volte se trovandosi con i ruoli invertiti anche lui sarebbe diventato come Erik. Se subendo ciò che aveva subito lui avrebbe mantenuto quella fiducia nel genere umano che era alla base delle sue azioni.

Ma durante quel primo incontro, se anche percepì qualcosa del nemico che Erik sarebbe diventato, decise di ignorare le sue sensazioni negative, aggrappandosi a quel poco di buono che aveva avvertito nell'uomo.

Sapeva – sperava – che con la giusta guida e motivazione Erik sarebbe potuto diventare un buon alleato.

E nelle settimane successive ci credette davvero.

Gli piaceva stare con lui. Condividere progetti, sogni, desideri con quell'uomo incredibilmente intelligente e astuto. Ne era affascinato.

Leggere la sua mente era come entrare in un labirinto, era facile perdersi nei meandri di ricordi terribili e dolorosi, ma se si cercava bene, si trovava la luce.

Quando lo aiutò a spostare quell'enorme parabola verso di loro si sentì quasi sopraffare dall'emozione vibrante e pura che stillava da quel ricordo di Erik bambino e di sua madre. Le lacrime che gli rigavano il viso erano sincere lacrime di commozione.

Probabilmente questo era il punto debole del suo potere: poteva immedesimarsi nelle emozioni, nei desideri delle altre persone, al punto da comprendere fin troppo bene le loro motivazioni, per quanto sbagliate che fossero.

Per questo aveva deciso di ignorare tutti i segnali che gli dicevano di non fidarsi di Erik, che la sua sete di vendetta era più forte dell'affetto che provava per lui, che i suoi piani per il futuro non prevedevano pacifiche cooperazioni con gli umani.

Sentiva che si stava legando troppo a un uomo dannato, che stava dando troppa fiducia a un uomo disilluso dal mondo e dal prossimo.

In quelle due settimane, passate ad allenarsi con lui e con gli altri mutanti, gli sembrava di aver raggiunto finalmente il suo scopo nella vita: sentiva un tale appagamento interiore ad aiutare tutte quelle che vite che già allora, anche se all'inizio non lo ammetteva nemmeno a se stesso, già allora nella sua mente aveva preso forma il piano di aprire una scuola per mutanti.

Quello che lui sentiva per Erik andava oltre la semplice amicizia: erano in sintonia, legati da un filo indissolubile; negli anni successivi avrebbe sentito il legame assottigliarsi, logorarsi, ma mai spezzarsi del tutto.

Si chiese spesso, in seguito, se quel carisma, quel fascino magnetico che ispirava facessero parte dei suoi poteri; sentiva che Erik lo attraeva come una calamita attrae un pezzo di metallo: la richiesta di aiuto muta della sua mente, troppo orgogliosa per domandare esplicitamente, era un richiamo troppo forte per lui.

Sarebbe stata la sua maledizione: non sarebbe mai riuscito ad odiare davvero il suo nemico più spietato.

Avrebbe voluto fare tante cose con Erik, sperimentare i suoi poteri, ampliarli, testarli, cercare di creare qualcosa di buono, di costruire con lui un mondo migliore.

Cercare di salvarlo da quel baratro nero nel quale stava inesorabilmente precipitando.

Charles non voleva vederlo ma quelle due settimane furono solo una pausa, un attimo in cui Erik rimase in bilico, sospeso sul bordo del burrone.

E non tentò nemmeno di mulinare le braccia quando perse definitivamente l'equilibrio.

Erik per Charles smise di essere Erik quando indossò l'elmo di Shaw: solo allora diventò Magneto, quando per la prima volta lo bloccò fuori dalla sua testa.

Sarebbe potuto passare sopra l'uccisione di Shaw.

Sarebbe potuto passare sopra il tentativo di uccidere tutte quelle persone con i missili dirottati. L'avrebbero superato insieme.

Ma l'esclusione dalla sua mente, che significava il non fidarsi di lui, quello no, non avrebbe mai potuto perdonarlo.

Probabilmente questo era stato il punto debole del telepate: essere stato troppo sicuro di sé e di conoscere a fondo i desideri degli altri.

Quando Charles era stato colpito, per un attimo aveva visto Magneto tornare Erik, lasciar perdere i missili con i quali vendicarsi del mondo crudele e accasciarsi disperato su di lui. Aveva aspettato a parlare, sperando che fosse rinsavito, che avesse compreso l'assurdità di quanto stava facendo, ma poi lui aveva cominciato a strozzare Moira ed era dovuto intervenire. Sottolineando il fatto che i loro desideri erano troppo diversi per potersi aiutare, per poter coesistere. Mentre guardava gli occhi di Erik per una volta non aveva avuto bisogno del suo potere per capire che finalmente anche l'altro aveva compreso. Aveva visto la concitazione, la paura, lo smarrimento nei suoi occhi lasciare spazio alla determinazione glaciale che avrebbe imparato ad associare alle azioni di Magneto.

Aveva compreso che non si sarebbe mai più tolto l'elmo.

Aveva capito di averlo perso per sempre in quell'istante.

Alla fine di quella storia lui si era ritrovato più solo che mai: nonostante il mondo fosse salvo, nonostante la scuola avesse cominciato a ingranare, lui aveva perso.

Aveva perso le gambe, ed era ormai costretto a usare una sedia a rotelle e a dipendere da altre persone per fare le cose più semplici.

Aveva perso Raven, ormai diventata Mistica, perché non aveva saputo darle le certezze, la sicurezza che voleva, che chiedeva.

Aveva perso Moira, volontariamente, cancellandole la memoria per preservare la sicurezza della sua scuola.

Aveva perso la possibilità di integrare i mutanti nel mondo evitando violenze inutili.

Ma soprattutto, alla fine di quella storia, aveva definitivamente, inesorabilmente, irrimediabilmente perso Erik.

L'ultima volta che Charles Xavier toccò la mente di Erik Lehnsherr in realtà lo fece senza usare i suoi poteri di telepate, ma semplicemente leggendo gli occhi di quell'uomo che aveva imparato a conoscere e a rispettare, e che avrebbe dovuto imparare a combattere; l'ultima volta che lo guardò, senza pensare ad un modo per fermarlo, aveva la testa poggiata sulle sue gambe, ormai paralizzato dalla vita in giù.

E, ancora una volta, il dolore lo sommerse.

 

 

 

 

 

NOTE DELL'AUTRICE.

Se siete giunti fin qui, complimenti! No, sul serio, vi ringrazio tantissimo. È in assoluto la prima fanfiction sugli X-Men che scrivo, nonostante ci stessi pensando da un po'. Come già detto, non ho mai letto il fumetto, quindi non posso ritenermi una vera fan della saga, ma i film sono tra i miei film Marvel preferiti. Adoro il mondo dei mutanti per il semplice fatto che sono diversi da tutti gli altri eroi esistenti. E molti di loro non sono nemmeno eroi.

Direi che ho parlato abbastanza.

Ringrazio tutti quelli che leggeranno e/o recensiranno (mi sembro un sacco Yotobi quando scrivo così XD) e spero che questa storia non vi abbia fatto totalmente schifo.

Un bacio,

Arain.

 

   
 
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