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Autore: Sherry Jane Myers    01/07/2014    4 recensioni
L’amore ha tre ombre: il Passato, il Presente e il Futuro.
La prima è l’ombra che ci siamo lasciati alle spalle. Diffida di chi amerà la prima delle tre ombre, poiché desidera l’immagine di te che i suoi stessi ricordi hanno distorto.
L’ultima ombra è quella che ancora dobbiamo raggiungere. Diffida di chi amerà l’ultima delle tre ombre, poiché vuole solo una delle tante persone che puoi diventare, precludendoti le altre.
L’ombra di mezzo è l’ombra che ci accompagna dal primo istante, quella che vediamo tutti i giorni. È un’ombra proiettata dalla luce.
Chi amerà l’ombra di mezzo delle tre ombre amerà la vera te stessa, poiché sei tu, e non un amore cieco e volatile a proiettarla.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Kentin, Nathaniel
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Three Shades of Love

Capitolo 1: Preludio alla tempesta

«Sbrigati, Ravanello!» strillo, facendo capolino dalla porta per osservare il solito tiratardi abitudinario, sdraiato sul tetto del liceo.
Lui borbotta qualcosa di incomprensibile, mettendosi a sedere e voltandosi verso di me. Già, so benissimo quanto odia quando faccio la vocina acuta.
«Nuovo nickname, oggi?» mi domanda, con una faccia da schiaffi assolutamente fantastica.
«Non cambiare discorso, sai? Oggi non farai tardi a lezione, no no e no!» replico, uscendo anche io sul tetto e guardandolo dall’alto in basso.
Castiel, per tutta risposta, torna a sdraiarsi e chiude gli occhi, infastidito dall’argomento. Che rabbia che mi fa! Mi porto sopra di lui e chino il collo in avanti, così che le nostre facce sono esattamente una sopra l’altra mentre lui apre gli occhi e mi fissa attentamente per qualche istante.
Poi fa un sorrisetto, malizioso ed ostentatamente deluso.
«Peccato» mormora «Almeno fossi in gonna…».
«Pervertito» rispondo, e poi all’improvviso tiro fuori anch’io un sorrisetto, che mi si allarga a dismisura sul volto.
E lui sa che i miei sorrisetti sono pericolosi.
«No» dice, fissandomi minaccioso. «Tu non oserai…».
Ma io oso e, afferrati entrambi i suoi piedi, lo trascino giù dalle scale di peso, orgogliosa e soddisfatta nel sentirgli urlare arrabbiato il mio nome mentre tenta inutilmente di non sbattere la testa sui gradini.
«KIM, MOLLAMI SUBITO… QUESTA ME LA PAGHI!».
 
La vita al liceo non inizia mai senza un urlo, da mesi a questa parte. Più precisamente da quando io mi sono trasferita qua, in effetti. Ho fatto amicizia quasi con tutti, nonostante i miei modi esuberanti, bambineschi e da ragazzaccia insieme. Ne ho combinate di cotte e di crude, da quando sono arrivata a scuola e tutti ci hanno fatto l’abitudine.
Nessuno infatti si stupisce, quando la porta della classe si spalanca di colpo, io mi pianto sulla soglia, lascio cadere i piedi di un Castiel ancora stordito ed alzo compostamente la mano.
«Kimberly Gray presente, scusate il ritardo!».
E va detto che, se nessuno si stupisce, tutti quanti scoppiano a ridere.
Nel tempo che il prof impiega a far cessare le risate, sia sue che della classe, io mi sono seduta, seguita da un Castiel di pessimo umore.
«Non hai risposto all’appello» gli faccio notare pazientemente.
«Lo sanno chi sono, idiota» replica lui.
«Si dice lo stesso».
Lui appoggia la testa sul banco, esasperato e con la chiara intenzione di tornare a dormire… borbottando qualcosa che somiglia davvero molto ad un “Castiel presente”.
È ovvio che Castiel non avrebbe problemi a liberarsi dalla mia presa, ad ignorarmi o farsi lasciare in pace una volta per tutte, ma per qualche motivo non lo fa mai. Ho iniziato a costringere Castiel a venire a lezione, a tutte le ore, e incredibilmente, lui ha iniziato davvero a venire in classe. Ci avevano provato tutti gli insegnanti, e forse anche Lysandre per un po’, anche se aveva rinunciato molto tempo prima. Ma io ho trovato un modo molto semplice per aggirare il suo rifiuto delle autorità: semplicemente, faccio quel che mi pare, e poi tocca a lui disfare le cose. Non lo obbligo a fare nulla: semplicemente, lo trascino davanti alla porta della classe, tutti i giorni. Nei primi tempi, lui prendeva e se ne andava via comunque, ma il dover fare la strada al contrario piano piano lo ha convinto che anche il banco può essere un degno giaciglio.
Non fosse che ultimamente, ho deciso che il passo successivo sarà lo stare sveglio durante le lezioni.
 Se chiedete a chiunque del liceo, tutti sono convinti che io e lui ci metteremo insieme, ma lui è solo il mio migliore amico, quello che mi lascia strimpellare sulla sua chitarra, coccolare il suo cane e cose simili. Inoltre, ho sentito dire che ha una ragazza, un’ex forse. Non è il tipo che si innamora così in fretta, e anche io ho tutto in testa tranne che l’amore. Le cose stanno bene così come sono, e non mi importa che tutti quelli convinti che ci metteremo insieme pensino che io sia un’idiota a non accorgermi di nulla.
«Piantala, idiota» è esattamente la frase che riecheggia in classe, dopo che ho, per l’ennesima volta, punzecchiato Castiel con la matita nel tentativo di svegliarlo.
 
A parte quello con Castiel, solo altri due rapporti non sono di semplice amicizia. Con il resto della scuola mi trovo decisamente a mio agio. Le ragazze mi adorano, anche se ogni tanto mi pare che mi trattino troppo come una specie di comica; dato che me la cavo un poco con poesia e metrica, sono riuscita a diventare amica anche di Lysandre, mentre Alexy spesso mi rapisce per un’uscita di shopping ed Armin ha deciso di insegnarmi a giocare ai videogame, dopo che, trovata la sua consolle, mi ci sono messa a giocare ed ho battuto il suo record schiacciando tasti a caso.
Ah, e poi c’è Ambra, che in realtà non mi sopporta, ma è costretta a tollerarmi per non trovarsi tutta la scuola schierata contro, dato che l’ultima volta che ha provato a minacciarmi Lysandre, Armin, Iris e  Violet si sono schierati in mia difesa sollevando scalpore e minacciando la sua posizione di reginetta della scuola.
«Ehilà, caporale!» Esclamo al passaggio di Kentin, improvvisando un saluto militare piuttosto sghembo e facendogli la linguaccia.
«Credevo di avertelo detto, Gray, ma avere i pantaloni militari non ti rende un soldato» risponde lui, stizzito. Non è che mi sia esattamente chiaro il perché, ma con lui è molto più facile fare dispetti che farci amicizia. Sul serio, è divertentissimo. La sua faccia irritata è una meraviglia.
In realtà, da quando Kentin è tornato al liceo dalla scuola militare, è diventato impossibile non notare la somiglianza fra i nostri guardaroba: catenina di metallo al collo, pantaloni militari, ed i miei capelli sono più o meno della stessa lunghezza e colore di quelli del ragazzo, fatta eccezione due lunghi codini, uno alla base della nuca e uno sulla parte destra del viso. Forse è per questa somiglianza che mi infastidisce… No, in realtà lo prendevo in giro già prima.
Ultimamente in particolare, indosso un bustino color verde acqua che evidentemente contraddiceva qualsiasi regola di abbigliamento possa esistere in una scuola militare, dato che Kentin sembra avermi in antipatia anche più del solito.
«Signorsì signore!» rispondo, superandolo e dandogli una poderosa pacca fra le scapole.
«E piantala, Gray….» borbotta infastidito lui, ignorando la nuova provocazione.
Io me ne vado fischiettando, sorridendo fra me e me al sentire le risate che accolgono Ken nel corridoio principale.
Pagherei oro per vedere la sua faccia quando si accorgerà del biglietto che campeggia sulla sua schiena con la scritta a caratteri cubitali: “A-TTENTI!”.
 
Mentre Kentin ancora si arrovella sul motivo delle risate, e tutta la scuola ha capito che in quel nuovo baccano c’è ancora il mio zampino, io sto facendo irruzione in sala delegati.
«Eccoti qui Nath! Non che mi aspettassi di trovarti altrove…» lo saluto allegramente.
Il ragazzo biondo si volta verso di me, con un sospiro non molto divertito. «Buongiorno, Kimberly» replica, con un sorriso estremamente forzato.
Io incrocio le braccia e metto il broncio, appoggiata alla soglia. «Come mi chiamo io…?» domando, con una voce assurdamente bambinesca.
Nathaniel prende i documenti che stava consultando e si siede alla scrivania, fissandomi perplesso.
«Hai un secondo nome? Mi pare di averlo visto, in effetti, quando ho guardato il tuo modulo di iscrizione ma non ricordo…».
È evidentemente impaziente di occuparsi d’altro, ma non cedo. «Ti ho detto mille volte di chiamarmi Kim, non dovresti avere problemi di memoria con tutto il tempo che studi!» mi lagno.
«Solo duecento cinquantasei, a dire il vero. E non penso sia appropriato, Kimberly».
Mi avvicino e sbatto entrambe le mani sul tavolo, in maniera piuttosto rumorosa e impedendo al delegato di leggere i documenti.
«Kim» ribadisco ancora. «Io ti chiamo Nath, no?».
«E nemmeno quello è appropriato, ma non dipende da me. Ora siediti, dobbiamo sbrigare del lavoro…» mi riprende lui.
Arrabbiata, mi siedo al suo fianco… sul tavolo. Incrocio le gambe sopra lo schienale della sedia ed afferro parte dei documenti sparsi sul tavolo. «Come ti pare, Nath» borbotto. «Non ho ancora capito perché ho deciso di aiutarti...».
«Già, e queste sono quattrocento sedici tonde. Ora firma lì, per piacere» risponde pacatamente lui.
Sbuffo, ma eseguo l’ordine. «Aiutante delegata, eh? Che fregatura. Solo scartoffie per cosa, poi? Che gusto c’è?» poi mi rivolgo al biondo, abituato ma contrario alle mie chiacchiere e al modo in cui mi siedo. «Ehi, tu perché fai il delegato? Chi te l’ha fatto fare?».
«Per piacere Kimberly, concentrati».
«Dai… se me lo dici mi siedo e faccio la brava» propongo, sventolandogli un piede davanti al viso, tanto per richiamare la sua attenzione. Indosso delle scarpe da ginnastica, quindi non c’è molto da vedere, ma Nathaniel scatta indietro come se mi fossi appena levata la maglia. A proposito, nemmeno lui apprezza il mio vestiario.
«Ehi, Nath, sei rosso» lo prendo in giro.
«Davvero, Kimberly, concentrati. Sei qui solo perché Melody è in viaggio, cerca di farle trovare il lavoro fatto, quando torna» replica lui, ricomponendosi e gettandomi il piede di nuovo sulla sedia.
«Ti costa tanto dirmi perché hai deciso di fare questo lavoro?».
Ma tutte le risposte che ottengo iniziano con “Concentrati” e finiscono con “Kimberly”, perciò inizio a parlare da sola, mentre lavoro. Non venendo più interpellato, Nathaniel sembra essere più a suo agio, finché, come sempre, io non esco dalla stanza e lo lascio solo con altre scartoffie.
 
C’è una solida routine, nella mia vita. Uscita dalla sala delegati, raccatto la mia cartella dalla classe ed esco. Solitamente faccio un giro per negozi con Alexy, anche se oggi lui non può perché ha già speso tutta la sua paghetta. Ogni tanto mi sento anche con Lysandre, ma oggi vado dritta in palestra, dove spendo un’oretta buona tutti i giorni. È di mio padre, perciò posso frequentare liberamente più o meno qualsiasi corso si tenga qui dentro. Oggi mi limito ad un po’ di corsa sul tapis roulant, e poi via, a casa, cena e poi partita online con Armin, a quel nuovo videogame che mi ha portato oggi. Credevo fosse un gioco di macchine, ma a giocarci sembra più uno sparatutto. Vince lui, ma di poco. Sembra che io abbia talento, per queste cose. Finita la partita mi metto il pigiama e mi infilo sotto le coperte, addormentandomi quasi subito.
 
Un fiume tumultuoso le sbarrava la strada, troppo violento e profondo per essere guadato.
Lei avanzava, piano ma sempre costante, senza la libertà di fermarsi o di accelerare; solo camminando, inesorabilmente, verso i tre ponti. Proveniva da un luogo verso il quale non le era dato di voltarsi, e su cui la memoria rifiutava di soffermarsi. Davanti a lei, solo una scelta.
Il fiume avvolgeva il sentiero da entrambi i lati, vi si stringeva intorno, curvando come per abbracciarlo. Un ponte a sinistra, nella direzione da cui il fiume proveniva; uno a destra, nel senso in cui il fiume andava; Uno avanti a lei, oltre il punto più impetuoso del fiume.
Oltre i tre ponti, tre ciliegi dai petali rosati, appartenenti fiori non ancora sbocciati, in attesa come d’un segnale per aprirsi, da un sole che in quel luogo non pareva esistere.
E una frase che riecheggiò nell’aria:
“L’amore ha tre ombre: il Passato, il Presente e il Futuro”.
Una campanella suonò una volta in lontananza: Dling. Un’ombra era sul ponte di sinistra, come se da sempre fosse stata lì.
“La prima è l’ombra che ci siamo lasciati alle spalle. Diffida di chi amerà la prima delle tre ombre, poiché desidera l’immagine di te che i suoi stessi ricordi hanno distorto.”.
E il ciliegio, ricevuto il segnale che aveva tanto atteso, perse tutti i petali ad uno ad uno, portati via da un vento che lei non sentiva, lasciandolo spoglio senza mai essere fiorito. Il ponte di sinistra era crollato.
Dling. L’ombra era sul ponte di destra, abbandonato il ciliegio ormai spoglio e morente.
“L’ultima ombra è quella che ancora dobbiamo raggiungere. Diffida di chi amerà l’ultima delle tre ombre, poiché vuole solo una delle tante persone che puoi diventare, precludendoti le altre”.
Il secondo ciliegio ebbe il suo segnale alla voce dell’ombra; un suo ramo fiorì, uno solo, splendidamente e maestosamente, mentre gli altri precipitavano a terra. E quando il ponte di destra crollò, anche quel ramo seguì la sorte dei compagni.
Dling. L’ombra era lontana, lontana da lei, che ancora non aveva raggiunto gli altri ponti, lontana dall’ultimo ponte su cui essa ora stava, impassibile, lontana, voltata non più verso di lai, ma verso l’albero.
“L’ombra di mezzo è l’ombra che ci accompagna dal primo istante, quella che vediamo tutti i giorni. È un’ombra proiettata dalla luce”.
E questa volta, al suono della voce, il ciliegio fiorì, in un tripudio di petali, odori e colori. Fiorivano, e l’albero pareva crescere come se quella luce lo illuminasse davvero, in quel mondo cupo e senza cielo. La campanella suonò ancora.
“Chi amerà l’ombra di mezzo delle tre ombre amerà la vera te stessa, poiché sei tu, e non un amore cieco e volatile a proiettarla”.
E come di comune accordo, i venti sollevarono i petali degli alberi avvizziti, radunandoli intorno all’ombra e poi alla chioma maestosa dell’albero, ora splendido e vivo come nella più fiorente delle primavere. E l’ombra si allungava, piano, nella tempesta, raggiungeva l’albero e diventava una cosa sola con esso, mentre le stagioni passavano, il ciliegio dava frutti ed imbruniva, ed infine le foglie cadevano naturalmente.
E mentre le foglie cadevano, ad una ad una, una nuova luce illuminava l’albero, come un raggio di luce in mezzo ad una coltre di nebbia; e la luce calda proiettava a terra, finalmente, l’ombra dei rami spogli dell’albero, promettendo, presto, una nuova primavera.
E quando la campanella suonò la quinta volta, Kim si svegliò.
 
Interrotta da un sogno, la sicura routine che animava la vita della ragazza e di tutti gli studenti del liceo stava per spezzarsi. Era stato uno schiocco silenzioso di quel qualcosa che aveva sempre tenuto insieme le vite dei ragazzi, una rottura improvvisa che stava per portare a svolte e scelte che nessuno voleva davvero affrontare.
Una tempesta stava per arrivare sulla città, con il solo preludio di un sogno, dato alla ragazza che sarebbe stata il centro di tutto quello che stava per accadere.







Buongiorno a tutte :D
Questa è la prima FF che pubblico da tanto tempo, nonchè la prima in questo fandom! Grazie alle coraggiose che sono arrivate in fondo a questo primo capitolo, che è un po' prologo, spero che vi piaccia e che mi facciate avere i vostri commenti, accetto critiche e pareri di ogni sorta ^^
Dalle mie vecchie Fanfic, mi è rimasta in oltre un'abitudine: sono solita aggiungere, alla fine, una piccola anteprima del prossimo capitolo, chi ha voglia la legge e mi dica se è cosa da dismettere o da portare avanti ;-)
Baci, Shè ^.*





Nel prossimo capitolo di Three Shades of Love:
Quando qualcuno si trova fuori posto, ce ne accorgiamo sempre.
Diamo sempre per scontato che chiunque sarà dov’era ieri.
Così, se qualcuno si sposta, tutte le certezze possono essere distrutte.
Il prossimo capitolo di Three Shades of Love: Presenze insolite ed assenze sospette.
“Castiel mi snobba. Nathaniel bigia. Kentin mi evita.”


 
  
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