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Autore: Mariam Kasinaga    03/07/2014    6 recensioni
Tentativo (forse fallito) di scrivere in stile decadente/dannunziano.
L'appuntamento alla chiesa abbandonata di Midgar tra Sephiroth e Scarlet. Possibile, però, che il Soldier nutri una passione per un'altra persona?
[SephirothxScarlet]
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Scarlet, Sephiroth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'One winged angel'
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Amor et desiderium

Le grandi vetrate inondavano il corridoio della Shinra della luce del tramonto, mentre i tetti della città di Midgar assomigliavano ad una colata d’oro zecchino. Sephiroth appoggiò la fronte e le mani al vetro della finestra, ammirando la bellezza di quel paesaggio: il sole invernale riusciva a rendere magnifica persino una città così insignificante, cresciuta in tutta fretta attorno all’imponente struttura della società. Quello era uno dei pochi momenti di riposo che si concedeva, un’oziosa interruzione dalla frenetica routine quotidiana.
C’erano dei momenti, durante il giorno, in cui gli sembrava di essere diverso da tutti coloro che lo circondavano: non era l’aver fatto rapidamente carriera all’interno della gerarchia dei Soldier, né la sua straordinaria forza o intelligenza. Era una diversità più impercettibile, un qualcosa di sottile ed impalpabile che gli sfuggiva costantemente. I suoi colleghi amavano il rumore e le feste, lui preferiva il silenzio della notte; gli altri regalavano fiori freschi alle loro donne, lui adorava il profumo acidulo delle rose in putrefazione; tutti sembravano trascorrere le loro vite all’insegna della felicità, lui riusciva a trovarla soltanto nella morte. Lui apprezzava la “bellezza d’oltremondo”, come la chiamava Genesis. L’uomo sospirò, lanciando un’ultima occhiata alla città in fiamme: quell’ora del giorno era il momento in cui il mare della malinconia prendeva il sopravvento, annegandogli il cuore.
Si voltò lentamente, quando sentì dei passi avvicinarsi. “Scarlet” la salutò con un cenno del capo. La donna sorrise: “Passami a prendere alle otto!” esclamò con voce squillante, superandolo. Lui la afferrò per un braccio, senza distogliere lo sguardo da Midgar: “Perdonami, temo di non aver capito” replicò freddo. L’altra si voltò, con espressione maliziosa sul volto: “Per colpa del tuo sottoposto ho dovuto mentire al Presidente. Dato che quel ragazzo è sotto la tua responsabilità, mi è sembrato il minimo che uscissimo insieme” rispose.
L’altro alzò gli occhi al cielo: non era difficile immaginare come mai ogni uomo avrebbe desiderato trascorrere anche solo una notte con lei. Chiunque avrebbe perso il senno per i suoi capelli biondi che le scendevano morbidamente sulle spalle, la pelle chiara priva di imperfezioni e quel corpo magnifico, Sephiroth dovette ammetterlo con se stesso, fasciato da un vestito rosso fuoco. Quella donna sapeva l’effetto che aveva sugli uomini: il modo sensuale in cui camminava per i corridoi della Shinra e gli sguardi languidi che lanciava a chi dovesse farle un favore ne erano la prova. Era affascinante, sensuale, mai volgare. Chi era stato il suo amante l’aveva descritta come un Angelo, la Dea della Perfezione discesa in Terra per far disperare i poveri mortali.
Le labbra di Sephiroth si incresparono in un sorriso: “Ogni suo desiderio è un ordine, mia signora” scherzò. Nonostante non provasse nulla per lei, non potè rimanere impassibile allo sguardo che gli rivolse, un attimo prima di allontanarsi.

Midgar era un immenso formicaio, un crogiolo di strade strette e malsane, popolato da esseri vestiti di stratti, che si trascinavano stancamente ogni giorno della loro vita. Le case cresciute a ridosso dalla Shinra, seppur separate dal quartiere degli operai, sembravano dei parassiti in attesa di divorare la carcassa di un animale. Eppure, nonostante le contestazioni che avevano costellato quegli ultimi anni, nonostante molti cominciassero a chiedersi con che diritto stessero utilizzando la vita stessa del pianeta, la società era lungi dal diventare un impero in rovina.
Aveva sempre trovato una bellezza sublime in quella chiesa: lontana dal chiacchiericcio del popolo e dalla confusione. Lì, stranamente, la sua anima era in pace. I deboli raggi della luna illuminavano le bianche corolle dei gigli cresciuti orgogliosi nelle fughe tra le mattonelle, le colonne semicrollate, i magnifici stucchi e le decorazioni marmoree. Quell’edificio sembrava custodire un segreto, una verità nascosta agli umani da secoli. Eppure, nonostante i suoi sforzi, Sephiroth non era ancora riuscito a risolvere quell’arcano.
“Vuoi spiegarmi cosa ci facciamo così?” la voce di Scarlet ruppe il silenzio, con notevole disappunto del Soldier. Appoggiato ad una colonna, guardò la donna in piedi davanti a lui: avevano trascorso la serata errando in locali, teatri, circoli esclusivi e, d’ovunque entrassero, sentiva su di sé gli sguardi invidiosi degli uomini. Erano la coppia perfetta: il brillante e glaciale ufficiale dei Soldier, accompagnato da un angelo di bellezza.
“Quando parli rovini l’incantesimo che getti sulle persone” sospirò, senza preoccuparsi di sembrare maleducato. Vide gli occhi di lei sgranarsi dallo stupore e, incredibilmente, farla diventare ancora più desiderabile.
“E’ tua abitudine trattare così le donne? O devo presumere che sia una tua qualche strana tattica di approccio?” domandò civettuola, facendo qualche passo verso di lui.
Sephiroth non l’aveva nemmeno ascoltata: in mezzo alla navata della chiesa, illuminata dai raggi lunari, Scarlet si era trasformata nella teofania del Desiderio. Il suo sguardo vagava sul suo volto ovale, i morbidi e profumati capelli che, maliziosamente, ricadevano morbidi sul seno, indugiò su quel corpo formoso e contemplò le sue deliziose dita affusolate.

Era lì per lui.

Gli si sarebbe concessa, come aveva fatto con molti prima di lui. L’aveva scelto tra la girandola di corpi che le si muoveva attorno e, dopo averlo divorato nelle sue fiamme di passione, l’avrebbe abbandonato.
Scarlet era identica a lui: loro non avrebbero mai conosciuto l’amore che smuove il cuore delle giovani coppie, che spinge al sacrificio reciproco. Loro non erano nient’altro che un impasto informe di passione, istinto e desideri. Sarebbero stati gli amanti di una sola notte, avrebbero consumato quel devastante sentimento, annientato la barriera impercettibile che ancora sussisteva tra i loro corpi e, ormai sazi l’uno dell’altra, avrebbero ripreso ognuno la sua strada.

Consumarono la loro passione lentamente, mentre l’amplesso prostrava i loro corpi matidi di sudore. I gemiti di Scarlet rimanevano sospesi tra le arcate della chiesa, ricordando all’uomo un coro di voci celestiali, che lo invitavano a spingersi sempre più a fondo dentro di lei. Il corpo sinuoso della donna si muoveva sotto di lui, attorcinandosi come un serpente, attirandolo a sé e divorandogli le labbra con i suoi baci velenosi.
Sephiroth rallentò il ritmo, guardando il trucco sfatto, il leggero sbaffo di rossetto sulla guancia, gli occhi ricolmi di piacere. Indugiò sul suo seno, accarezzando le morbide curve: c’era una nota stonata, in quella magnifica sinfonia che li vedeva protagonisti. Avrebbe desiderato che i capelli biondi fossero più corti ed ispidi, il corpo acerbo di un ragazzino, lo sguardo adorante.

Cloud Strife.

Dovette mordersi le labbra, quando entrambi giunsero al culmine del piacere, per non pronunciare quel nome. Era il nome di una passione proibita, un desiderio che lo inseguiva ovunque cercasse rifugio, un sentimento malsano che penetrava in ogni sua cellula.
Baciò Scarlet con foga, assaporando il nettare degli dei, cercando di eliminare dal cervello l’immagine del ragazzo di Nibelheim. Esplorò ogni centimetro di quella pelle diafana, tentando di affogare nel piacere i pensieri che gli vorticavano nella mente.

La sentì urlare il suo nome, ma era come se il Soldier fosse vittima di una dissociazione corporea: era nella sua stanza, circondato dagli strani ninnoli comprati nei negozi d’antiquariato della città, immerso nei profumi orientali, adagiato sulle morbide coperte di Wutai. Aveva paura di aprire gli occhi, paura che la presenza a fianco a sé sparisse nel nulla, insieme a quel magico sogno. Ne sentiva il calore, l’odore, il suono: ogni suo senso era focalizzato su quella persona.

Ama il tuo sogno, se pur ti tormenta.
G. D’Annunzio 

   
 
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