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Autore: faith84    06/07/2014    15 recensioni
Le donne sono creature meravigliose, a volte fragili, a volte in grado di sfoderare una forza di volontà e una determinazione quasi ultraterrene. Le donne sono creature nate per essere amate, non comprese recitava un famoso aforisma.
A Nerima vivono tre fantastiche giovani, ognuna speciale ed unica a modo suo, ognuna con il suo particolare modo di affrontare il dolore e... una lontananza forzata.
In questa storia si troveranno a fare i conti con una mancanza che forse nemmeno loro pensavano avrebbe lasciato un vuoto così grande... per due di loro quella mancanza non sarà quella della persona che credevano...
Spero di farvi sognare e sospirare sulle note di una canzone che io reputo semplicemente splendida.
buona lettura.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Shan-pu, Ukyo Kuonji, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Quello che le donne non dicono

 

 

 

.E non andiamo via

ma nascondiamo del dolore

che scivola, lo sentiremo poi.

Abbiamo troppa fantasia

e se diciamo una bugia

è una mancata verità

che prima o poi succederà

Cambia il vento ma noi no

e se ci nascondiamo un po'

è per la voglia di piacere a chi c'è già

o potrà arrivare

a stare con noi.

 

Siamo così

è difficile spiegare

certe giornate amare, lascia stare,

tanto ci potrai trovare qui

con le nostre notte bianche,

ma non saremo stanche neanche quando

ti diremo ancora un altro sì.

 

 

In fretta vanno via delle giornate senza fine

silenzio, che familiarità.

E lasciano una scia

le frasi da bambine

che tornano, ma chi le ascolterà.

E dalle macchine per noi,

i complimenti dei playboy

ma non li sentiamo più

se c'è chi non ce li fa più.

Cambia il vento ma noi no

e se ci confondiamo un po'

è per la voglia di capire

chi non riesce più a parlare

ancora con noi.

 

Siamo così

dolcemente complicate

sempre più emozionate, delicate,

ma potrai trovarci ancora qui.

Nelle sere tempestose portaci delle rose,

nuove cose e ti diremo ancora un altro sì.

È difficile spiegare

certe giornate amare,

lascia stare,

tanto ci potrai trovare qui,

con le nostre notti bianche,

ma non saremo stanche

neanche quando

ti diremo ancora un altro sì.

 

 

(Quello che le donne non dicono- Fiorella Mannoia- testo di Enrico Ruggeri)

 

 

Spazzò con cura ogni angolo del locale e tirò a lucido, quasi con accanimento il bancone.

Gli ultimi clienti se n'erano andati da circa un'ora e ormai era già la mezzanotte passata di un qualsiasi noioso giorno lavorativo della settimana, ma ancora non si era decisa a portare dentro l'insegna, anche se era chiaro che a quell'ora non si sarebbe presentato più nessuno.

Una pioggerella lieve stava giusto iniziando a bagnare l'asfalto, per poi crescere di intensità, accompagnando con il suo scrosciare fradicio i pensieri della bella ragazza dai lunghi capelli castani.

Con un sospiro, Ukyo si accomodò su una sedia e lanciò in un angolo del locale, con un misto di rabbia e frustrazione, lo straccio che aveva usato per pulire il bancone.

Appoggiò mestamente una mano sotto il mento, non decidendosi ancora a ritirare l'insegna all'interno e a chiudere la porta.

Un altro sospiro e una frase appena sussurrata

“Ma dove sarà finito quell'idiota?”

Ormai erano quasi un anno che non aveva nessuna notizia e iniziava seriamente a preoccuparsi.

Dove diavolo era andato a cacciarsi?

 

 

 

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Lavò gli ultimi piatti e padelle grattando con foga, arrivando quasi a consumare la parte abrasiva della spugna.

Un altro giorno era passato e ancora nulla.

Eppure lei era già tornata da un bel pezzo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere che fine avesse fatto, dov'era in quel momento e cosa diavolo stesse facendo e, soprattutto perché non era ancora tornato!

Stava per sbraitare un ordine con il solito tono sprezzante e raggelante, ma si ricordò, poco prima di aprire bocca, che c'era anche un'altra assenza che durava da mesi.

Improvvisamente sentì una stretta al cuore che le mozzò il fiato in maniera quasi dolorosa.

Confusa, non seppe bene a cosa imputarlo. Senza dubbio alla SUA assenza, si disse decisa. Le amazzoni non hanno mai dubbi, si rimproverò.

LUI sarebbe tornato presto e tutto sarebbe stato come prima. Nonostante tutto.

Shampoo slacciò il grembiule e rivolse uno sguardo triste, indegno di una guerriera della sua levatura, continuava a tormentarla quella vocina interiore, al ristorante vuoto.

La pioggia fuori cadeva con ritmo quasi ipnotico, e Shampoo, l'amazzone astuta, fortissima, sexy e priva di scrupoli, si sentì infelice e vuota come mai prima di allora.

 

 

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Si stiracchiò pigramente, sbatté le palpebre. Anche la luce fioca della lampada da tavolo le dava fastidio.

I suoi occhi erano terribilmente stanchi e provati da un'intensa giornata.

L'allenamento al mattino presto, le lezioni all'università, i suoi piccoli allievi della palestra e infine una impegnativa serata di studio che si stava rapidamente trasformando in una nottata passata sui libri.

Le sue giornate sembravano assomigliarsi un po' tutte, un tran tran senza grossi scossoni.

La sua vita si era trasformata in un tranquillo succedersi di cose da fare, assestandosi su binari abbastanza normali per una ragazza di quasi diciannove anni.

Eppure di sottofondo a quella relativa pace, vibrava sorda e sempre presente una mancanza.

Per quanto si sforzasse di non badarci, era sempre presente, un vuoto così profondo che era terrorizzata dall'idea di darvi più di un fugace sguardo.

Quasi non avesse nessun potere sulla propria voce mormorò come imbambolata quelle poche sillabe che si celavano nel suo vuoto.

“Ranma...”

Qualcuno che bussava lievemente alla porta la distolse dalla sua tristezza.

“Avanti” disse, cercando di non fare vacillare il tono della voce.

“Sorellina, come pensavo sei ancora sui libri. Stasera poi hai appena toccato cibo.” l'apostrofò Kasumi con fare materno.

“Kasumi, stavo per andare a dormire, non preoccuparti.” cercò di dissimulare quel dolore che come ogni sera si faceva sentire, come se fosse un mostro che attendesse un cenno di debolezza per balzarle addosso e morderle il cuore con fauci d'acciaio.

La sorella maggiore la scrutò attentamente senza dire nulla.

Akane aveva l'impressione che Kasumi sapesse benissimo quale sofferenza si sforzasse di nascondere. La maggiore delle Tendo aveva proprio la sensibilità che ci si sarebbe aspettati di trovare in una madre.

“Vedrai che tornerà!” le disse con un sorriso incoraggiante.

Ogni tanto era solita rivolgere quelle parole con quel suo tono dolce e rassicurante, come se potesse leggere dentro di lei, proprio quando ad Akane sembrava di non potere più sopportare l'assenza di quello che negli anni aveva iniziato a considerare come il suo fidanzato.

Annuì mestamente, non tentò nemmeno di ribattere: con quell'angelo del focolare era assolutamente inutile fingere.

La maggiore delle Tendo intuì chiaramente che Akane volesse stare sola e che in quel momento nessuno poteva dire parole che la confortassero davvero.

Senza aggiungere altro, posò un vassoio con una teiera fumante e biscotti fatti in casa.

Prima di uscire le accarezzò con affetto i capelli.

La piccola Tendo ebbe la tentazione di abbracciarla e lasciarsi andare ad un pianto che però sapeva non sarebbe stato liberatorio.

L'unica persona in grado di liberarla di tutte le sue angosce purtroppo non era lì per consolarla.

Quando udì la porta chiudersi alle sue spalle e un “Buonanotte” appena accennato, si mise a fissare la pioggia che cadeva oltre la finestra.

“Ma dove cavolo sei Baka?!”

la pioggia ebbe l'effetto di una macchina del tempo sulla sua memoria.

 

Ranma, Ryoga, Mousse e Shampoo erano partiti quasi un anno prima per la Cina con lo scopo di potersi finalmente liberare dalle loro scomode maledizioni.

Il signor Genma aveva deciso che in fondo essere un panda aveva i suoi vantaggi e poi era troppo pigro per rinunciare alle comodità di casa Tendo.

La signora Nodoka, fiera e commossa per la virile determinazione del figlio, ci mise una settimana per accorgersi che il marito non era partito alla volta della sorgenti maledette.

Scoprire di Pchan e della sua reale identità per Akane era stato uno choc, ma essendo sinceramente affezionata a Ryoga e vedendolo seriamente mortificato per averla ingannata, perdonarlo le venne abbastanza spontaneo.

Akane ricordava bene il giorno della partenza.

Lei e Ranma avevano avuto un litigio, una di quelle solite sciocchezze che portava inevitabilmente ad infiammare a sproposito l'animo di entrambi, fino a far degenerare la situazione a livelli apocalittici.

Quella volta lei aveva finito per gridargli un imbestialito “Per quello che mi riguarda, puoi anche non tornare mai più, brutto stupido!”

Lui le aveva ruggito di rimando “Contaci, maschiaccio!” e se n'era andato, mentre Soun inondava il giardino di lacrime, dato che aveva come suo solito tramato con il resto della famiglia, per dare ai due piccioncini l'atmosfera e il tempo per romantici saluti, piano come da copione sfumato in una bolla di sapone.

Dopo circa due mesi Shampoo aveva fatto ritorno, ma dei ragazzi nemmeno l'ombra.

Akane aveva lasciato passare dell'altro tempo prima di trovare il coraggio di andare dalla sua acerrima nemica per chiedere informazioni.

Si era presentata di fronte al Neko Hanten e solo dopo aver fatto avanti e indietro per circa mezz'ora, si era decisa ad entrare.

La scusa ufficiale era procurarsi la cena per la sua famiglia, dato che Kasumi era in viaggio con il Dottor Tofu per andare a trovare la madre di quest'ultimo.

Pioveva esattamente come in quel momento.

Una volta entrata nel locale udì voci concitate.

“Allora brutta gattaccia, dimmi dov'è e cosa gli hai fatto!”

“Ti lipeto che non ne ho idea... e se anche lo sapessi non lo dilei celto a te, blutta smolfiosa!”

Riconobbe le voci delle sue due più agguerrite rivali.

“Oh giusto tu mancavi a questa simpatica luinione di fidanzate di Lanma!” l'aggredì verbalmente l'amazzone.

“Akane! Stavo giusto obbligando questa infida manipolatrice a dirmi dove ha nascosto Ranchan!” le disse invece Ukyo che le parve quasi sollevata nel vederla.

“Allola sei ploplio stupida!” urlò Shampoo “Ti ho detto mille volte che non lo so... e non so nemmeno dove siano finiti quegli altli due imblanati!”

Akane la fissò dritto negli occhi... al diavolo la cena!

“Stai dicendo la verità? O come al solito hai architettato uno dei tuoi sporchi piani?!”

Più che la rabbia, era la frustrazione a parlare.

“Modela i telmini, lagazza violenta! Stavolta io non c'entlo nulla! Dopo che siamo liusciti a bagnalci nelle solgenti, una notte Lanma è spalito senza dile nulla a nessuno.

L'ho celcato in lungo e in lalgo per la Cina, ma niente!”

“E gli altri? Voglio dire... Mousse e... Ryoga?” chiese Ukyo.

“Te l'ho già detto, stupida oca con la padella! Ho pelso di vista anche lolo!”

poi qualcosa sembrò far arrabbiare ancora di più la cinesina che aggiunse “Quel cletino di un papelo! Qui al listolante c'è un mucchio di lavolo... se mi capita tla le mani lo tlasfolmo in uno sfolmato all'alancia!” e diede un gran pugno sul tavolo spaccandolo a metà. Sembrava davvero infuriata.

E soprattutto, aveva pensato Akane, sembrava sincera.

Tutte e tre le ragazze avevano finito per sedersi in silenzio attorno ad un tavolo distrutto, in preda a pensieri che non volevano condividere con le altre.

Mentre stava per tornare a casa, dopo quei tormentati attimi di riflessione, Shampoo per non smentirsi, le aveva lanciato un'ultima dolorosa stoccata.

“Gli avevi detto di non tolnale mai più... Può dalsi che ti abbia pleso in palola... con che colaggio vieni qui a chiedele sue notizie...”

Nel volto della ragazza cinese aveva riconosciuto lo stesso dolore che stava attanagliando lei e forse era per questo che era uscita senza ribattere.

 

 

I mesi si erano rincorsi, Akane aveva cominciato l'università in primavera e cercato di rinchiudere quell'immenso vuoto in un angolo del proprio cuore.

Ma quello, lungi da sparire, si allargava giorno dopo giorno.

All'università aveva fatto strage di cuori. Persino un giovane e affascinante professore le aveva offerto imperituro amore, ma nonostante avesse provato a corrispondere al suo interesse, non c'era nulla da fare. Nessuno era Ranma.

E questo voleva dire che lei non poteva amare nessuno di loro per questo semplice fatto. Persino il pensiero le sembrava assurdo.

Invece di tutti i complimenti che riceveva ogni giorno da una miriade di giovani adoranti, le mancavano i suoi insulti e le sue stupidaggini.

Le mancava un pezzo di vita. Il più bello, il più importante.

E al diavolo l'orgoglio... quelle lacrime che si era tenuta strette al petto, fino a farle macerare, si riversarono dai suoi occhi al libro, inzuppando le pagine e offuscandole la vista.

La pioggia sembrava la cornice ideale per tutto quel dolore, ma non lavava via nulla, rendeva solo tutto più penoso.

 

 

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Ukyo tamburellava pigramente sul bancone. Gli unici rumori erano il tamburellare delle sue dita sul legno e la pioggia fuori che non accennava a placarsi.

La bella cuoca ripensava al giovane cliente che aveva preso l'abitudine di venire al ristorante tutti i giorni. Da quasi sei mesi.

Una settimana prima aveva preso coraggio e le aveva chiesto di uscire, confessandole che appena l'aveva vista era stato colpo di fulmine.

Il ragazzo era poco più grande di lei e aveva dei bellissimi occhi verdi.

Già verdi...

Dopo la sfuriata al NekoHanten, Ukyo aveva pensato che l'unica cosa da fare era rassegnarsi ed aspettare. Era assolutamente certa che sarebbe tornato... anzi sarebbero tornati tutti e tre. Erano in gamba e riteneva (o meglio pregava i Kami tutti i giorni!) che non fosse successo loro nulla di grave.

Al contrario di Shampoo era convinta che per quanto Akane avesse potuto respingere Ranma, picchiarlo e fargli sfuriate assurde, lui non avrebbe potuto starle lontano.

Ma no, si ripeteva, lo sapeva anche Shampoo, ma orgogliosa com'era, le costava troppo ammetterlo.

Non che per Ukyo fosse stata una passeggiata assumersi la consapevolezza che per lei Ranma provava solo un grande affetto, che non era lei quella che lui voleva come compagna di vita.

Incredibilmente questa ammissione, giorno dopo giorno, le risultava sempre più accettabile. E già da un po', grazie anche alla sua natura generosa, aveva iniziato a sperare che lui tornasse semplicemente perché le mancava il suo migliore amico.

E per Akane.

L'aveva osservata bene in quell'ultimo anno e nonostante si sforzasse di apparire serena, Ukyo percepiva che non era così.

Non vi era più stata traccia di quei luminosi sorrisi che, molto spesso senza che lei stessa se ne accorgesse, le si distendevano sul volto. Soprattutto dopo che aveva fatto pace con Ranma, o che lui aveva accennato ad un minuscolo e timido complimento nei suoi confronti, ben attento al fatto di non sbilanciarsi troppo.

Eppure Akane era stata felice in quei momenti. Felice semplicemente che lui fosse nella sua vita.

Era quella la differenza tra lei e le altre.

Ukyo l'aveva capito: Akane non gli imponeva nulla, lo accettava per ciò che era.

Non avrebbe mai tramato per costringerlo ad uscire con lei o a sposarla.

Akane era una ragazza sincera e testarda, ingenua e pura come una bambina.

E ora Ucchan sperava che lui tornasse presto. Lo sperava per quei due zucconi orgogliosi. Un lieto fine tra quei due le avrebbe anche dato la spinta giusta anche a lei per andare avanti. E magari accettare di uscire con il ragazzo dagli occhi verdi.

Sorrise pensando a quanti complimenti le faceva sempre per la sua cucina.

Una volta si era anche fatto sfuggire che era davvero una ragazza da sposare, arrossendo poi fino alle orecchie e scusandosi a profusione per la sua sfacciataggine, mettendosi una mano dietro la testa per l'imbarazzo.

Le era venuto uno strano fremito, ricordava, perché quel gesto le aveva riportato alla memoria qualcun altro... qualcun altro che come lui era timido, con due splendidi occhi verdi, una visione pazzamente romantica della vita. E uno scarsissimo senso dell'orientamento.

Iniziò a tormentarsi un'unghia... forse non erano Ranma e quello che spacciava per un passato irrisolto, il vero motivo che non le permetteva di dare una risposta al giovane che tanto chiaramente le aveva manifestato il suo interesse.

Uffa! Si diede mentalmente della stupida... rinunciare ad un amore impossibile per inseguire un fantasma con la bandana. Che era perso per la medesima ragazza che le aveva sottratto il suo primo amore, tra l'altro!

Aveva rimuginato abbastanza per quella sera e la stanchezza iniziava a farle strani scherzi... scherzi che già da un po' la portavano a chiudere il locale sempre più tardi anche se in giro non c'era un'anima... scherzi che le facevano sperare che qualcuno si perdesse e per caso entrasse da quella dannata porta!

Arrabbiata con se stessa per quei vaneggiamenti cretini, sbatté entrambe le mani sul tavolo e si alzò dalla sedia per recuperare l'insegna.

Si promise che dal giorno dopo non avrebbe più protratto l'apertura del ristorante fino a tarda notte. E che si perdesse pure in Alaska, quell'idiota! Lei non gli avrebbe rivolto più nemmeno lo straccio di un pensiero.

Forte di questa decisione, uscì sotto la pioggia.

 

 

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Tic tac tic tac tic tac.

Quel maledetto orologio da muro la stava letteralmente facendo impazzire.

Il suo snervante ticchettio l'aveva sottratta da una notte agitata, dopo che aveva provato a coricarsi, terminate le ultime pulizie.

Era scesa al buio e lo aveva fissato con la mascella contratta per il nervosismo.

E quella cianfrusaglia con le lancette segnava pure l'orario sbagliato da mesi!

Se solo... se solo...ci fosse stato lo stupido papero a ripararlo!

Chissà dove erano finiti i suoi compagni di viaggio, dopo la fortunata risoluzione delle loro maledizioni.

Ranma ancora una volta era riuscito a sfuggirle.

Le aveva provate tutte mentre erano in Cina per sedurlo, infilandosi di notte nella sua tenda, facendosi trovare nuda alle terme, vezzeggiandolo, adorandolo, aggrappandosi a lui in ogni modo.

Presa dall'esasperazione, aveva anche minacciato di tornare in Giappone e sfidare Akane ad un duello all'ultimo sangue.

Ranma dal canto suo, dopo che Shampoo aveva pronunciato quella provocazione era diventato così freddo e minaccioso che la cinese per la prima volta, temette davvero per la propria incolumità. Era immobilizzata dalla paura e dalla consapevolezza di aver detto una cosa tremenda e che le sarebbe costata cara.

Lui si era limitato a congelarla con lo sguardo più crudele e furioso che gli avesse mai visto e le aveva appena sussurrato, bloccandola contro il tronco di un grosso albero “Tu provaci e io dimenticherò che sei una donna! Sfiora Akane anche solo con un dito e ti giuro, Shampoo, che non risponderò delle mie azioni!”

Lei sapeva che il credo di lui gli imponeva di non alzare MAI le mani contro una donna, per questo rimase assolutamente impietrita da quell'affermazione.

Non le avrebbe davvero fatto del male: era semplicemente un modo per farle capire che era TERRIBILMENTE serio e non avrebbe mai tollerato nessun atto di violenza contro la piccola Tendo.

Era stata l'ultima volta che lo aveva visto.

Come era stata anche l'ultima volta che aveva visto Mousse. Ryoga era già disperso da qualche giorno, dopo che aveva detto che sarebbe andato a far legna per il fuoco.

Il suo amico d'infanzia l'aveva vista scivolare lentamente lungo il tronco dell'albero, in preda ad un misto di paura e disperazione.

“Non pensavo saresti caduta tanto in basso, Shampoo...” la sua voce era stata atona, con un lieve accenno di disgusto.

“Mu-Si” gli aveva sussurrato. Faceva male sentirsi dire quelle parole da lui.

Molto, molto male. Più di quanto sarebbe mai stata disposta ad ammettere. Il suo orgoglio di amazzone non lo consentiva.

“Credo che le nostre strade si dividano qui... Addio Shampoo!”

Senza aggiungere altro e senza mai voltarsi Mousse se n'era andato lasciandola sola con le sue colpe e i suoi rimpianti.

Fu la prima volta che l'orgogliosa e fiera amazzone sentì la violenta pulsione a lasciarsi andare ad un pianto disperato.

Shampoo si scosse infastidita da quei ricordi, che non aveva rivelato a nessuno.

Troppo grande l'onta, troppo umiliante ammettere con chicchessia di aver deluso in un colpo solo le sue millenarie tradizioni, se stessa e il proprio amico più fidato.

Con un brusco movimento staccò quell'insopportabile orologio da parete dal muro, lo fissò contemplando la propria immagine riflessa sul quadrante per un istante e poi lo scagliò a terra con tutte le proprie forze.

“Maledetto papelo! Ma pelché non sei qui ad aggiustale uno stupido olologio!”

 

 

 

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Akane si svegliò con la bocca secca e gli occhi che le bruciavano da morire.

Aveva pianto così tanto che alla fine si addormentata con la testa sui libri.

Guardò la sua sveglia e vide che erano quasi le due.

La testa le pulsava fastidiosamente, sia per la scomoda posizione, sia per tutte le lacrime versate.

Doveva assolutamente andarsene a dormire se non voleva essere uno straccio quella mattina.

Chiuse il libro di scatto e si spogliò della felpa gialla e dei pantaloni della tuta per indossare il pigiama.

Diede un'occhiata al thè ormai freddo sulla sua scrivania e ai biscotti che non aveva nemmeno toccato.

Kasumi aveva ragione. Stava davvero mangiando poco in quel periodo e questo rischiava davvero di debilitarla, arrivando a compromettere le sue performance durante le lezioni di arti marziali e negli allenamenti.

Scrutò il suo fisico modellato allo specchio: un seno perfetto, gambe lunghe e toniche, un fondoschiena più definito di quello di una brasiliana...

Era soddisfatta di ciò che vedeva, però si ripromise di riprendere con un'alimentazione più equilibrata e abbondante.

“Vita larga eh? Brutto Baka se fossi qui ti farei vedere IO quanto ti sbagli!” disse ridendo e facendo una boccaccia rivolta allo specchio.

Poi divenne di nuovo pensierosa e triste “Ma non ci sei...e forse non tornerai più...”

Sospirò chiedendosi quante altre notti avrebbe trascorso a rimpiangerlo.

Guardò fuori dalla finestra e vide che non aveva ancora smesso di piovere.

Una nuova lacrima fece capolino tra le sue ciglia, intrappolata come un diamante nell'eternità. E lei ebbe la certezza che, fossero passati anche mille anni, non lo avrebbe mai e poi mai dimenticato.

 

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Ukyo era intenta a cercare di togliere l'insegna del locale che quella sera proprio non voleva sapere di collaborare.

Si stava inzuppando fino al midollo e di certo imprecare non le sarebbe stato d'aiuto.

“E staccati, maledizione! Possibile che oggi non e vada bene una? Tu che non ti stacchi, bravi ragazzi che mi corteggiano e io rimango lì come uno stoccafisso senza prendere una decisione! E soprattutto... UN MALEDETTO IMBECILLE CHE DA UN ANNO NON DA' SUE NOTIZIE... ANZI DUE MALEDETTI IMBECILLI!

MA Dì SOLO CHE MI CAPITINO DAVANTI E LI RICONDURRO' ALLA RAGIONE A FORZA DI SPATOLATE!”

Non si rese nemmeno conto di aver iniziato ad urlare e nemmeno si era resa conto che la pioggia non la stava più bagnando.

Rabbrividì leggermente sentendo i vestiti bagnati appiccicati alla pelle.

“E chi sarebbero questi due imbecilli che tanto ti fanno arrabbiare?”

Ukyo si paralizzò all'istante e solo allora si accorse di un grande ombrello che la riparava dalla pioggia ormai diventata scrosciante.

Temeva di voltarsi, temeva che fosse tutto sbagliato, che la sua mente le giocasse scherzi crudeli.

Accadde a rallentatore. Riuscì a trovare la forza per guardarlo in faccia.

Nessun dubbio. Era lui. LUI. Ryoga. Ryoga Hibiki, l'eterno disperso.

Le parve un po' più alto e piazzato, con un leggero velo di barba e una cicatrice appena visibile sotto l'occhio destro. Ma per il resto era sicuramente lo stesso.

Vide che con una mano sosteneva l'ombrello e con l'altra tre rose che avevano visto momenti migliori.

Subito sentimenti contrastanti si impossessarono di lei e la sua bocca pronunciò poche parole confuse.

“Ehm Ryoga... cioè ben tornato... ecco... ti sei perso? Vuoi... vuoi che ti accompagni alla palestra Tendo? E Ranma? E Mousse? Cioè... tutto bene? Un anno è lungo eh? Eh eh eh eh...”

Una parte di lei si sarebbe presa a schiaffi per tutta quella ridicola goffaggine.

Per la miseria Ukyo, sono mesi che ti chiedevi come sarebbero stato rivederlo e adesso ti escono solo idiozie! E poi è ovvio che vorrà andare dai Tendo... quelle rose saranno per Akane... accidenti, accidenti! E lui è lì che ti guarda come se fossi pazza! Ma che dico... è tutta colpa tua, brutto suino!

“Ehm mi cambio e ti accompagno subito alla palestra. Anche se è tardi ti accoglieranno a braccia aperte... eh eh eh...Magari mi racconti per strada...”

Via voleva solo che se ne andasse via... un'altra illusione inutile. Un altro cretino che voleva qualcuno che non era lei. Che modo brutale e doloroso di scoprirlo.

Si voltò di nuovo per entrare e per evitare che lui si accorgesse del suo turbamento.

Sentì uno scatto e intuì che lui aveva chiuso l'ombrello.

Poi l'inaspettato. L'afferrò per un braccio, una presa salda e al contempo delicata per non farle male.

“Non mi sono perso Ukyo... Sono esattamente dove voglio essere... forse per la prima volta in vita mia...”

L'attirò verso di sé girandola di nuovo in modo che potessero guardarsi in volto, lei completamente spiazzata e rossa in volto, lui leggermente imbarazzato ma deciso.

“E per inciso queste sono per te... scusa se sono in questo stato pietoso...” si giustificò lui con un sorriso. Bellissimo pensò lei. La pioggia ora bagnava entrambi, ma non le importava.

Si rifugiò nel suo abbraccio piangendo e pensando che quelle fossero le rose più belle del mondo. Ryoga era tornato per lei.

 

 

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Shampoo aveva esaurito la rabbia dopo lo sfogo perpetrato ai danni dell'orologio.

Si mise a cercare la scopa per raccogliere ciò che rimaneva del suo gesto di stizza.

La nonna non avrebbe approvato tutto quel livore... per cosa poi?

Per... non lo sapeva nemmeno lei! Le capitava spesso di sentirsi così negli ultimi tempi... e le stava venendo il dubbio che non fosse Ranma la causa.

Per la prima volta si sentiva priva di un punto fermo, come un relitto alla deriva.

Non era certa di che nome dargli...era una mancanza ma non solo, era un dolore ma non per orgoglio ferito...

Si inginocchiò per raccogliere gli ultimi frammenti di vetro del quadrante.

“Ahi! Accidenti! Fottuta scheggia di vetlo!”

Fissò il rivolo di sangue che le colava dal dito, poi le parve di sentire un rumore.

Si voltò di scatto urlando “Chi è là? Fatti vedele! Sappi che sono di pessimo umole!”

Avanzò nel buio del negozio come un fantasma, la lunga veste bianca e diafana che sfiorava appena il pavimento. La luce di un lampione illuminava debolmente l'interno del ristorante e il fascio di luce gli lambì il volto all'altezza degli occhi.

Chiari e rassicuranti. Occhi che Shampoo conosceva da una vita. Occhi onesti e sinceri che l'avevano sempre guardata con un amore che sfiorava la venerazione.

Istantaneamente la ragazza realizzò che i capelli scuri, che solitamente lui portava all'altezza della cintura, erano leggermente più corti di come li ricordava. Ci aveva pensato forse un po' troppo spesso per arrivare ad avere un'immagine così vivida con cui confrontare la figura che le stava di fronte.

“Mu-Si!” la voce le tremò senza che lo volesse. Ma che razza di amazzone era!

Lui fece pochi passi e sussurrò “Shampoo...”

La ragazza dai capelli lavanda cercò di recuperare tutta la sua solita superbia e freddezza nei confronti dell'amico d'infanzia.

“Ela ola che ti facessi vivo, blutto scansafatiche... ela ola..che...”

Gli voltò le spalle, stringendosi la mano ferita. Quel taglio le bruciava dannatamente, pensò.

Ma no... non era quello a bruciare e a far male... erano i suoi occhi.

La causa della sua mancanza era lì. E aveva una gran paura anche solo di fare un passo.

“Hai una mano ferita Shampoo!” le disse lui con voce preoccupata.

“Non sono fatti tuoi... posso... posso cavalmela da sola, stupido papelo... non ho bisogno di te... sono una gloliosa amazzone e tu sei... SEI...”

Shampoo stupita sentì qualcosa di umido che le scivolava sul volto, caldo e amaro quando le sfiorò le labbra.

Lui le appoggiò una mano sulla spalla.

“Io sono qui Shampoo... e qualsiasi ruolo deciderai di darmi nella tua vita io ci sarò sempre.”

La grande amazzone, l'indomita guerriera, la scaltra manipolatrice si sentì così piccola da desiderare di sparire in un abbraccio. Quell'abbraccio per la precisione.

“Mu-Si...” disse semplicemente, lasciando che altre lacrime facessero compagnia alla prima. Nemmeno il taglio faceva più male. Nulla le doleva più.

Lui la circondò da dietro e la strinse, respirando quei meravigliosi capelli dal colore e dal profumo della lavanda.

“Sì Shampoo... sono tornato!”

Ecco pensò la giovane, quel senso indefinito di vuoto e insoddisfazione era completamente scomparso, per lasciare spazio ad una calda percezione di pace e sicurezza.

 

 

 

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Akane era intenta a scrutare nella pioggia, fermamente convinta che anche quella sera l'insonnia non l'avrebbe lasciata in pace.

Già... non era la prima volta che passava la notte in bianco persa dietro le sue illusioni.

Sì perché ormai pensava che il ritorno di Ranma non fosse altro che quello.

Avrebbe voluto un millesimo dell'ottimismo di Kasumi.

Sarebbe arrivato il giorno che avrebbe risposto male a quell'angelo di sua sorella, nel momento in cui lei le avrebbe riproposto per l'ennesima volta la solita tiritera sulla ricomparsa del ragazzo nella sua vita.

Si sentì malissimo a quel pensiero, poiché oltre ad essere un atto semplicemente turpe rispondere male a Kasumi, quel suo comportamento avrebbe significato che aveva perso qualsiasi speranza di rivederlo.

Nuovamente fissò la finestra cercando di ricacciare indietro quello che avrebbe voluto essere un urlo di disperazione bloccato nella sua gola.

Pensava quasi di conoscerlo ormai quel sapore vischioso. Tutto aveva quel sapore da quando Ranma se n'era andato. Era inutile negarlo.

Qualcosa attirò la sua attenzione.

Alla finestra le era sembrato di intravedere un'ombra.

Un sudore gelato le percorse la schiena. Prese la sua spada di legno da sotto il letto, rimise solo la leggera felpa gialla rimanendo con le gambe nude.

Si avvicinò tentando di non fare rumore.

Contò mentalmente fino a tre e poi spalancò la finestra.

Fu come se essa fosse stata aperta sui suoi desideri, sul suo vuoto, sul suo dolore e sulla sua gioia.

Lo stupore fu tale da farle scivolare la spada di mano.

Si fissarono senza parlare per un tempo lunghissimo.

Akane sentiva le viscere aggrovigliarsi in un turbinio di emozioni: rabbia, incredulità, sollievo, commozione, voglia di ucciderlo, di abbracciarlo e ucciderlo di nuovo... e altre cose a cui non sapeva nemmeno dare un nome, mentre tutto si mischiava dentro di lei lasciandola lì stordita, senza parole.

Si concentrò allora a fissarlo aspettando che uno dei due fosse pronto per fare la sua mossa, come in una snervante partita a scacchi.

I suoi capelli erano insolitamente sciolti e alcune ciocche umide gli incorniciavano il volto e altre vorticavano nel vuoto, mentre le gocce di pioggia gli scorrevano addosso, quasi a voler accarezzare in maniera sensuale la perfezione i quei lineamenti. La mascella si era fatta più decisa perdendo quell'ultimo brandello di incertezza infantile. Sembrava che uno scultore avesse dato l'ultimo colpo di scalpello ad una statua nata per essere un capolavoro.

Un leggero accenno di barba sulle guance lo rendeva ancora più uomo.

E poi eccoli... due laghi profondi e pericolosi in cui annegare, i mari della perdizione, la SUA perdizione, cieli in tempesta che racchiudevano ogni sfumatura di blu.

Quegli occhi erano il colpo al cuore finale. Sembravano non riuscire a staccarsi da lei.

La scrutavano centimetro per centimetro quasi volessero fotografarla con la sola forza della mente per poi lasciarla lì nel suo cervello senza che nessun altro potesse sporcarla con un'occhiata inopportuna.

Quando vide lo sguardo di Ranma, Akane seppe esattamente cosa dire.

“Baka...” il tono normalissimo come se si fossero salutati da poche ore e lui le avesse voluto fare un innocuo dispetto, svegliandola nel cuore della notte.

“Maschiaccio...” rispose lui con la voce di chi vedeva scoperto il proprio scherzo.

Ma c'era tutto in quelle due parole.

Ranma allungò le braccia e l'afferrò e in qualche modo, nonostante l'incredibile posizione, riuscì a trascinarla fuori dalla finestra e a portarla sul tetto.

Non disse niente e la strinse più forte che poteva, mentre la pioggia continuava a cadere. Sembrava così sicuro di sé, così smanioso di averla tra le braccia.

Lei non riusciva ancora bene a realizzare ciò che stava accadendo... e ancora meno ne fu capace quando lui le afferrò il viso con una mano, mentre con l'altro braccio la teneva saldamente per la vita.

Sapore di Ranma, sapore di pioggia e ancora sapore di Ranma. E di nuovo sapore di pioggia, mentre la sottile felpa gialla, ormai completamente fradicia le si incollava addosso, come una seconda pelle, evidenziando le sue forme da capogiro.

Il loro primo bacio ebbe il gusto di una tempesta.

Ranma si staccò e la guardò estasiato. Fischiò e disse “Prima avevi proprio ragione... mi sono sbagliato su tutta la linea...e sono un baka!” e detto questo fece scorrere lentamente la cerniera della felpa. Lei gli sorrise maliziosamente.

“E tu cos'hai sotto quei vestiti... baka?”

“Perché non lo scopri... maschiaccio?”

Ciò che accadde su quel tetto sotto una sferzante pioggia settembrina... beh è un segreto tra Ranma, Akane, la notte... e ovviamente il tetto.

 

 

 

 

Note di Faith.

Ehiiii....

vi ho stupito dai ammettetelo!

Non vi aspettavate una shottina a così poco di distanza dall'aggiornamento di Tragicommedia!

Era già da un po' che avevo questa ideuzza (avevo accennato qualcosa a Val).

Al momento la mia carissima Elle Beta è impegnata e non me la sono proprio sentita di stressarla con le mie fisime da pre pubblicazione, per cui se trovate qualche castroneria, vi prego di perdonarmi.

Dite che sono riuscita ad espiare per il ritardo mostruoso di Tragicommedia? (occhi da cucciolo stile Happosay)

Ma bando ai patetici tentativi di farmi perdonare.

La storia non è esattamente una song fic però potrete notare diverse congruenze tra il testo della canzone e la narrazione (o almeno spero di essere riuscita a creare le giuste connessioni!)

come al solito ho il timore di aver scritto una schifezza con buchi logici grandi come case.

Ho pensato di inserire l'OOC dato che soprattutto nella parte finale i due protagonisti sono particolarmente audaci. Ho comunque voluto dare questo finale perché (a parte la gioia di chi legge e la mia ovviamente) penso che da sempre le parole tra questi due zucconi siano superflue e nel periodo di lontananza si fossero chiariti in entrambi il desiderio e l'amore che li legano. E nel momento del reincontro è dunque la passione a farla da padrone.

Spero che questa scelta venga apprezzata (insieme alla canzone che ho scelto).

Ho voluto parlare di ciò che si agitava nei cuori di queste tre forti e fragili ragazze durante l'assenza di Ranma, Ryoga e Mousse.

Ps voglio dedicare questa one shot alla mia sweetie Elle che sta concentrando gli ultimi sforzi nella tesi. Elle questo è il mio piccolo regalo di laurea, considerato anche il fatto che in una tua passata long ci avevi regalato (SPOILER ALLERT se non avete ancora letto Buon compleanno Ranma...e tra parentesi cosa aspettate a leggerla!) un'appassionata e bollente scena d'amore tra i due testoni proprio sul tetto (una delle più belle a mio parere!)

Per consigli, insulti, lettere minatorie e pacchi bomba io sono sempre qui ad aleggiare per disturbarvi! Ah ah ah non vi libererete MAI della sottoscritta... risata luciferina!

Vi adoro branco di adorabili folli! E mi raccomando, commentate, commentate....

 

 

  
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