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Autore: Impossible Prince    13/07/2014    6 recensioni
«Il vuoto è misterioso. Se tu guardi dentro il vuoto, il vuoto poi guarda dentro di te e ti consuma»
Dream è un giovane di venticinque anni con una grandissima carriera di allenatore alle spalle e un presente da giornalista per il più importante quotidiano nazionale.
Sfiduciato e poco stimolato dal mondo degli allenatori, Dream si ritrova in poco tempo, senza opporre resistenza, in balia di party aristocratici, Campioni incompetenti e amici incapaci di stimolare e risollevare la sua vita dalla noia, che ormai è diventata le fondamenta su cui si basa la sua esistenza.
Il ragazzo dovrà destreggiarsi così in un contesto politico precario, dove il Presidente del Consiglio Giovanni porta avanti politiche sempre più autoritarie e liberticide e ricordi di un passato apparentemente invalicabili che costituiscono una pesante ombra sul suo futuro.
Tutti i capitoli sono stati oggetto di una profonda riscrittura.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Giovanni, N, Nuovo personaggio, Red, Team Rocket, Vera
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Capitolo 02 - Fiumi d'Alcol
 
La Luna splendeva alta su quello sfondo blu scuro che era il cielo. Non c’erano nuvole, solo numerosi puntini luminosi che osservavano la frenesia di una città irrequieta, sveglia, fresca.
L’estate era nel suo vivo, lo si vedeva dai numerosi falò sulla spiaggia con i vari ragazzi, universitari, delle scuole superiori, che bevevano e flirtavano tra loro.
Lo si vedeva dai bambini, svegli fino a tardi che correvano e si rincorrevano tra le vie della città, facendo slalom tra i giornalisti di varie nazionalità e le loro telecamere, tutti pronti e sorpresi nel raccontare l’incredibile successo elettorale della forza politica di Giovanni, ex Capopalestra di Smeraldopoli, che aveva vinto per la terza volta le elezioni:
 
«Per il Partito Democratico non è stato sufficiente candidare un poco più che trentenne per raccogliere nuovi voti. Non sono bastati neanche i sondaggi che li davano in leggero vantaggio e non lo è stato neanche ricordare i guai giudiziari di Giovanni per sconfiggerlo. Anzi, il contrario: Repubblica Nuova ha totalizzato il 48,5% dei consensi, un risultato impensabile in un sistema che non è bipartitico. Un dato che fa riflettere, insieme a quello della scarsa affluenza registrata su scala Nazionale.» Diceva una cronista tenendo in mano un microfono e un piccolo foglietto di carta su cui aveva scritto i vari dati da citare durante la diretta.
 
«Dai, muoviti Samuele, non voglio esser sgridato» gridò un bambino con la testa lievemente girata verso destra.
«Uffa, Daniele, aspettami! Son stanco – disse Samuele con voce fortemente affaticata. Si fermò e lo stesso fece il suo Munchalax – Non possiamo fermarci cinque minuti? Ho fame!» piagnucolò chiudendo le mani come per pregare i suoi due amici.
«No!» risposero in coro i due bambini che si erano fermati ad una decina di metri davanti Samuele. Il loro amico cominciò ad incamminarsi lentamente, con un’espressione sofferente. Gli occhi di Daniele e Filippo, fissi sul loro amico si spostarono lentamente alla loro destra, finendo per osservare degli strani movimenti all’interno di un vicolo illuminato giusto da un piccolo lampione da muro che emanava una luce pallida.
Nella viottola erano presenti tre figure umane che brandivano in mano un oggetto nero dalla forma stretta e lunga e lo utilizzavano per colpire in maniera violenta quella che pareva essere un’altra persona, accasciata senza forze per terra.
«Puttana, vediamo se hai ancora la voglia di scrivere merda su di noi» disse qualcuno. Aveva una voce maschile, rauca, piena di livore.
La persona per terra si lamentava e con le ultime forze che aveva in corpo allungò la mano in direzione dei tre bambini, sussurrando un «Aiutatemi». Gli uomini si girarono verso la strada e notarono di esser osservati da quel trio. «Prendeteli!» gridò uno degli aggressori e Samuele, Filippo e Daniele, all’unisono, cominciarono a correre e gridare con tutto il terrore che ebbero in corpo, tanto da far spaventare Espeon di Dream, sdraiato sul terrazzo a decine di metri sopra le loro teste.
Il pokémon si alzò sulle zampe posteriori e posò quelle anteriori sulla ringhiera, curioso di vedere chi lo aveva fatto sobbalzare.
Dream, con la schiena appoggiata al parapetto, gli accarezzò delicatamente la testa, passando le dita della mano sinistra tra il pelo lilla e con lo sguardo fissava, disinteressato, le immagini in televisione che mostravano il discorso che Giovanni stava facendo nella piazza principale della città. Il palco, di medie dimensioni, aveva uno sfondo bianco dove campeggiava il numero “48,5%” scritto con una bomboletta spray di color azzurro. La piazza era gremita di persone che sventolavano in aria la bandiera con il simbolo del partito, mentre i dirigenti si stringevano tra di loro continuando un tripudio di complimenti e congratulazioni per il risultato ottenuto.
Il clou della serata venne raggiunto quando cominciò a parlare Giovanni, Presidente del Consiglio uscente e riconfermato da quelle elezioni. Nessuno, nella storia della Repubblica, era riuscito a venir confermato per più di due elezioni in maniera consecutiva. Quando la figura del Presidente comparì sul palco, un enorme boato con cori da stadio si fece largo tra la piazza:
 
«Ci hanno offeso e insultato. Hanno tentato di ferirci chiamandoci criminali e ora dovranno sopperire sotto il peso di una sconfitta di dimensioni titaniche. Potranno anche dire che sono soddisfatti del risultato, ma saranno solo fandonie, perché gli unici vincitori di questa tornata siamo noi di Repubblica Nuova.
Posso giurare che sarò il Presidente di tutti, e non solo di una fazione della popolazione. Posso garantire che non ci sono preclusioni e che ogni tema, con noi, verrà trattato.
Perciò mi permetto di porgere una mano all’opposizione: o sarete con noi o contro di noi. E come avete visto, esserci contro comporterà solo una scomparsa dolorosa dal radar politico!».
 
«Rosso, Rosso, ricordami un po’, perché non siamo entrati nel Team Rocket?» chiese Dream lasciando il balcone e camminando verso il tavolo dove i due avevano cenato poco prima.
«Perché… non so. Perché erano criminali?» rispose l’amico che aveva lo sguardo fisso sulla bacheca dei trofei di Dream.
«Erano? E che cosa sono ora?» domandò con un sorriso beffardo sul volto, mentre si accingeva a prendere due bicchieri di vetro e una bottiglia di grappa da una vetrina proprio posizionata nella parete opposta a quella della bacheca.
«Beh, ora sono fascisti! Ah, per me niente, parto stanotte, voglio essere lucido».
«Ma sai – disse mentre mise a posto uno dei due bicchieri – fascisti, criminali, che differenza fa? Non sono della stessa stirpe? Dovevamo accettare quando ce lo proposero, ora saremmo lì, su quel palco. Io Ministro della Giustizia, tu degli interni. O io Ministro della Verità e tu dell’Amore, saremmo pieni di soldi! A proposito, cosa stai fissando?» Dream portò il bicchiere alla bocca e cominciò a sorseggiare il drink.
«Perché, adesso sei povero?» chiese Rosso sorridente.
Dream sorrise, appoggiò il bicchiere sul tavolo e si sedette su una delle sedie. Agguantò il coperchio di un oggetto metallico di forma cilindrica e lo sollevò, mostrando un porta-sigarette che ne conteneva almeno una sessantina. Ne prese una, la infilò tra le labbra e poi si allungò sul tavolo, afferrando l’accendino; infine si avvicinò la bottiglia di grappa e il posacenere.
«Ah, non te l’ho raccontato questo. Anche Unima ha la sua banda criminale che va in giro vestita con abiti di cattivo gusto assaltando le persone meglio vestite, il Team Plasma.» disse Dream alzando il bicchiere verso l’amico.
«E tu lo hai incontrato?»
«Oh, avanti, Dunsparce è un pokémon inutile?».
 
Dream camminava in Via della Moda ad Austropoli, osservando curioso le vetrine illuminate e addobbate per la notte bianca.
In quell’insieme di luci, le stelle nel cielo erano invisibili e la Luna si nascondeva dietro qualche immenso grattacielo che inghiottiva porzioni della volta celeste. Le strade erano gremite di persone che camminavano lentamente, osservando e talvolta entrando nei negozi, mettendo mani ai portafogli e lasciando scorrere il candido denaro da una mano all’altra. Nonostante la forte crisi che attanagliava le altre regioni, Unima era quella più ricca e queste serate incrementavano di molto le entrate dei negozi della città.
Dream si soffermò osservando un collier di diamanti e zaffiri in una piccola boutique che vendeva vestiti e accessori di lusso. Era incantato dalla magnificenza di quell’oggetto quando sentì qualcuno che da dietro si strinse a lui e gli chiuse la bocca con una mano. Aveva le braccia ricoperte da un guanto rigido di color grigio che terminava a metà avambraccio, lasciando intravedere una sorta di maglia, di pelle lucida.
Gli venne puntato un coltello alla tempia e sentì la persona avvicinarsi lentamente all’orecchio e sussurrare: «Non fare stronzate e forse andrà tutto bene».
Lo tirò verso l’entrata nel negozio dove altri due uomini stavano tenendo il personale sotto tiro con pesanti fucili. Appena Dream e il tizio che lo teneva in ostaggio entrarono, le serrande della boutique si chiusero impedendo ai passanti di osservare cosa stava succedendo al suo interno.
Fu solo con uno specchio davanti, che Dream riuscì a intravedere il suo rapitore. Indossavano tutti e tre stivali  e una sorta di armatura che proteggeva il capo e la nuca dello stesso colore dei guanti, e anche il materiale pareva essere il medesimo.
Infine, una sorta di tunica bianca, stretta alla vita con una cintura elastica, con uno scudo ricamato al centro con le lettere “P” e “Z” colorate di blu.
«Okay gente – disse l’uomo al centro del salone – io sono Gabrius e il compagno alla mia sinistra è Darius. Quello invece che sta tenendo quel ragazzo stretto a sé si chiama Giovannius.»
Dream inarcò le sopracciglia perplesso per i nomi dei tre rapitori, tentando, a fatica, di osservare meglio cosa stava accadendo attorno a lui.
C’erano un uomo anziano e due signorine, tutti e tre molto ben vestiti, sdraiati con le braccia aperte sul pavimento che tremavano palesemente dalla paura.
«Noi – proseguì Gabrius – Non siamo qui per rapinarvi o uccidervi. Noi siamo qui per rubare i vostri pokémon. Quindi, uno ad uno ci darete i vostri compagni.
Prima tu, vecchio!»
Con un lieve calcio, Darius fece alzare l’anziano signore, proprietario del negozio e gli strappo dalla sua cintura le due Pokéball che possedeva. Fece la medesima cosa con le due giovani commesse che scoppiarono a piangere quando le sfere poké finirono all’interno del sacco di stoffa che Darius stringeva nella mano sinistra.
«Giovannius, pensa al tuo amico ora» ordinò Gabrius continuando a puntare l’arma da fuoco contro i lavoratori.
L’uomo prima annuì poi si avvicinò nuovamente all’orecchio destro di Dream, sussurrando: «Hai sentito? Dammi tutti i tuoi pokémon…».
Dream cominciò a parlare, riuscendo ad emettere solo qualche verso incomprensibile a causa della mano che gli bloccava la via orale.
«Giovannius, coraggio. Lasciagli la bocca e sentiamo che cosa vuole!» disse con un filo di esasperazione nella voce Gabrius.
Immediatamente l’uomo liberò Dream dalla presa che fece un paio di passi in avanti guardando con puro terrore colui che lo aveva tenuto stretto fino a quel momento.
«Io non ho pokémon, cretini!» gridò Dream fuori di sé.
«Tutti hanno dei pokémon, quindi dacci i tuoi» pronunciò Giovannius, con uno sguardo che lo rendeva più simile ad uno stupratore seriale che ad un ladro di pokémon.
«Io non ne ho dietro. Non sono un allenatore e non sono neanche di questa regione, a dirla tutta. I miei pokémon sono a Johto e non posso importarli qui»
«E per quale motivo non puoi?»
«Perché c’è una legge regionale che impedisce di importare i pokémon dalle altre regioni a meno che non si è partecipato alla Lega Pokémon di Unima. E non essendo un allenatore, i miei sono rimasti a casa».
«Ha ragione» disse il proprietario del locale, chiudendo gli occhi temendo una qualche conseguenza per aver osato proferire parola.
«E quindi che cosa facciamo di lui?» chiese Giovannius preoccupato per lo sconvolgimento del piano.
«Lo facciamo fuori!» suggerì Darius puntandogli contro il fucile.
«Ma non rompetemi il cazzo!» disse Dream lanciando in aria le mani, riabbassandole poco dopo «A me fa pure cagare questa città. E’ quanto di più brutto che l’uomo potesse concepire. Dopo le vostre vesti, s’intende». I tre si guardarono negli occhi, con espressioni piuttosto sorprese per la reazione di quel ragazzo. Non avevano alcuna idea di come agire e quale piano d’azione fosse meglio seguire. Notata l’incertezza, Dream riprese la parola: «Facciamo un patto e lo facciamo alle spalle di questi poveri tizi a terra il cui unico scopo è portare a casa la pagnotta a carico di quelli che sono pieni di soldi.
Voi mi lasciate andare e ve ne andate non torcendo un capello a nessuno di noi. Io, in cambio, manderò un articolo alla mia direttrice. Sono un giornalista, scrivo per “Il Corriere di Fiordoropoli”. Ditemi per che cosa combattete e domani o dopo sarete in prima pagina sul giornale. Avrete ottenuto i pokémon e la fama. E in questi tempi che cosa è più importante dell’essere famosi?» disse Dream con un lieve sorriso, schioccando le dita della mano destra. Il suo carisma, e la sua spiccata capacità di prendere iniziative nascondeva un ben più profondo terrore di poter essere ucciso. Voleva uscire al più presto dalla boutique e voleva farlo sulle sue gambe. Il piano del giornale gli sembrò il più congeniale, considerando che mai, nella regione di Johto aveva sentito parlare di questi strambi tizi.
I tre criminali si consultarono, poi Darius aprì le serrande del negozio, e Giovannius aprì la porta, uscendo. Darius lo seguì e l’ultimo a lasciare la boutique fu Gabrius: «Noi siamo il Team Plasma, un’organizzazione benefica che vuole liberare i pokémon perché gli esseri umani non ne sono degni. Combatteremo e vinceremo questa guerra, costi quel che costi!». La porta si chiuse e i tre si amalgamarono nella folla.
 
«Non avevi nessun pokémon dietro?» domandò Rosso aggrottando la fronte, «Quante medaglie hai preso ad Unima?»
«Mmh, nessuna» rispose Dream indifferente, versandosi nel bicchiere ancora un po’ di alcool.
«Cosa?! Perché? Pensavo che saresti tornato lì per la Lega!”
«Ma no, ma no, assolutamente… Chi me lo fa fare» in un solo sorso mandò giù il drink, poi proseguì: «Nettare degli dei… Sei sicuro di non volerne?».
Rosso fece finta di nulla, proseguendo il suo terzo grado nei confronti del pluri-Campione: «Ma perché?! Già che c’eri… tanto quanto ci avresti impiegato? Un mesetto? Hai passato un mese ad Austropoli, lo avresti dovuto impiegare per girare la regione! Voglio dire, non sei nuovo a questo genere di cose.»
Dream scosse la testa, cercando di trovare dentro di sé le parole giuste per spiegarsi. I drink avevano cominciato a fare effetto e la mente stava iniziando ad esser un po’ confusa. Era un mese che non posava le labbra su qualcosa di alcolico: «Rosso, vedi, il punto fondamentale è che mi sono accorto di essere un allenatore mediocre, tutto qui. Non sono niente di eccezionale. Ho delle capacità piuttosto comuni, piuttosto normali. Niente di incredibile, niente di introvabile. C’è un sacco di gente lì fuori più capace di me, più brava e non hanno certo paura a rinfacciartelo o a dimostrartelo».
«Allenatore mediocre? Scusa?! Ma l’hai vista? – Rosso indicò la bacheca con un’espressione di pura incredulità – Giusto per ricordarti che cos’hai qui dentro:
 
Campione Lega Pokémon di Johto – 2001, Epoca dell’Argento e dell’Oro
Campione Lega Pokémon di Kanto – 2001
Campione Lega Pokémon di Johto – 2002, Epoca del Cristallo
Campione Lega Pokémon di Hoenn – 2003, Epoca dello Zaffiro e del Rubino
Campione Torre Colossale della Regione di Auros – 2004, Epoca del Colosseum
Campione Lega Pokémon di Kanto – 2004, Epoca della VerdeFoglia e del RossoFuoco
Campione Lega Pokémon di Hoenn – 2005, Epoca dello Smeraldo
Campione Lega Pokémon di Sinnoh – 2007, Epoca del Diamante e della Perla
Campione Lega Pokémon di Johto – 2010, Epoca del SoulSilver e dell’HeartGold
 
Inoltre, “Certificato per aver conseguito alla registrazione e alla cattura di tutte le specie pokémon presenti sul territorio della Regione di Hoenn” e per non dimenticare il “Attestato per la pubblica utilità per aver aiutato lo scioglimento della cellula criminale nota come Team Rocket sul suolo della Regione di Johto” e senza dimenticare che hai partecipato attivamente a sgominare il Team Idro, Magma e Galassia. Dream, tu sei un allenatore valido.»
Il ragazzo, sentita la lista di premi sbuffò scuotendo la testa: «Il Trofeo di Kanto del 2001 non vale poi così tanto, lo sai come funziona : il premio più prestigioso è quello…»
«…quello che ti consegnano quando viene dichiarata aperta un’epoca, lo so. Sono stato anche io campione della Lega Pokémon, una volta. Tu però hai sempre vinto la Lega Pokémon quando l’epoca veniva inaugurata. Sempre e non una sola volta, ben otto volte. Quindi, caro Dream, di che cosa stai parlando?».
Un “Epoca” era un evento che riguardava una determinata regione per un periodo di tempo generalmente non superiore ad un anno. Scelta dal Governo federale, durante tale periodo un gran numero di allenatori, specie i più forti, si recavano nella regione prescelta per partecipare alla Lega Pokémon. Le Palestre venivano ristrutturate fornendo nuove esperienze agli allenatori e anche le città subivano grandi cambiamenti. Proprio per il gran numero di partecipanti era consuetudine considerare la Lega Pokémon di una specifica epoca un premio superiore rispetto a quelli che invece si conseguivano normalmente. Quell’anno, ad esempio, era stata inaugurata l’Epoca del Bianco e del Nero e avrebbe riguardato la regione di Unima. Non a caso, ad Austropoli, Dream incontrò molti allenatori che sfidò in altre occasioni.
 
Ci fu un po’ di silenzio, Dream guardava il bicchiere vuoto sconsolato, Rosso lo osservava come se stesse interrogando un importante criminale e lui era il detective a capo dell’operazione.
«Non mi guardare così – sussurrò il padrone di casa sbiascicando leggermente – lo sai che non lo sopporto. Comunque, parlando d’altro, domani indovina chi devo intervistare» disse cominciando a tamburellare le mani sul tavolo.
«Ancora con la storia del giornale? Non l’hai ancora finita?»
«E’ un lavoro serio, importante e mi da delle grandi soddisfazioni».
Rosso scosse la testa: «Vabbeh, chi devi intervistare?».
«Il Campione della Lega di Johto, quello che ha vinto due giorni fa».
«Oh… Alexei Know?»
«Sì, mi pare…» disse Dream inclinando la testa un po’ a destra e un po’ a sinistra.
«Come ti pare?» chiese incredulo Rosso.
«Sì, sai, proprio non lo ricordo. Ho visto le sue battaglie in aereo, mentre tornavo a casa, sul tablet. E’ stato così noioso... Io sarò anche mediocre, eh, ma lui mi batte alla grande.» disse continuando ad ondeggiare da un lato e l’altro della sedia.
«Se ti annoia perché lo intervisti?» fece Rosso, incrociando le braccia e osservando curioso l’amico brillo.
«Perché la direttrice mi ha detto: o intervisti lui o intervisti Giovanni e sai, Rosso, ho 25 anni, non ho alcun interesse di finire in carcere… ho preso il meno peggio » e alzò le spalle in segno di indifferenza.
«Una volta…» ma fu immediatamente interrotto,
«Una volta era una volta, ora non ho proprio voglia di assumermi rischi inutilmente. Non mi prenderei il rischio di catturare neanche un Rattata, figurati. – controllò l’ora sull’orologio a muro a forma di Noctowl shiny – Si è fatta una certa, andrei a dormire… - battè due volte le mani e poi si mise a parlare ad alta voce – Belli, è ora di dormire! Su in stanza, coraggio.»
I due ragazzi osservarono compiaciuti i sei pokémon che in fila indiana si misero a salire le scale a chiocciola sul lato destro dell’appartamento che portava alla grande stanza adibita a camera da letto per loro.
Dream poi alzò la mano in segno di saluto nei confronti di Rosso: «Lì c’è il divano, lì c’è il pc nel caso volessi cambiare, prelevare o depositare qualche pokémon o strumento, fai pure come se fossi a casa tua e chiudi la porta, mi raccomando» e si avviò verso la porta della camera.
«Hey, Dream, aspetta un attimo» pronunciò l’amico alzando la mano destra per attirare l’attenzione.
«Cosa c’è?» si girò scocciato Dream, appoggiando la testa al muro.
«Lo sai che cosa ha detto Alexei Know ai cronisti, appena finita la Lega?»
«Mi deve interessare?» rispose sottovoce.
«Gli hanno chiesto: “Il Corriere di Fiordoropoli ha già fatto sapere che intervisterà il Campione, cioè te. Sei emozionato dall’incontrare un grande Campione del passato, Dream?”. Lui, candidamente, ha risposto: “Dream? Non conosco questo Dream. E’ per caso l’uomo delle pulizie del campo di battaglia?” ».
Dream si fermò, si grattò con la mano destra la nuca e lentamente la lasciò scorrere sul collo, arrivando poi a toccarsi il mento.
«Ha detto davvero questo?» chiese serio.
«Mai stato così sincero…» rispose Rosso, conscio del fatto di aver svegliato il leone all’interno dell’amico. Il cuore di Dream cominciò a pulsare e i suoi muscoli, specie quelli del collo, diventarono più rigidi per la tensione.
«Domani, Rosso, il mondo intero assisterà al suicidio del neo-Campione di Johto. Una morte lenta, dolorosa, quasi agonizzante. Tutti questi giovanotti senza capo né coda capiranno che l’unica cosa di cui devono avere paura è di me. Non del Governo, non della polizia, ma del sottoscritto… Io sarò anche poco capace, ma nessuno, dicasi nessuno, si può permettere di sbeffeggiare il mio lavoro.», girò sui talloni e aprì la porta della sua stanza, venendo ancora chiamato dal suo amico.
«Le chiavi, vero?».
«Già, se devo uscire presto domani devo avere la possibilità di chiudere la porta…».
Dream strizzò gli occhi, schioccò le dita della mano destra e si frugò nelle tasche dei pantaloni: «Giusto, giusto, ecco, tieni – e le lanciò in mano all’amico – poi mettile pure nella cassetta della posta o lasciale pure al maggiordomo, quello che sta al piano terra.»
«Il maggiordomo? Intendi il custode?» chiese inarcando le sopracciglia con voce perplessa
«Sì, sì, il custode, notte!» disse senza neanche voltarsi.
   
 
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