Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: aturiel    13/07/2014    1 recensioni
Ognuno di noi vive tre tempi: passato, presente e futuro.
Aomine Daiki ha come passato Kuroko, come presente la solitudine e come futuro... ancora non lo sa.
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Ottava classificata al contest "Ispirandovi alle immagini"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passato

Aomine era sdraiato sul divano con aria abbastanza annoiata, come al suo solito.
Una creaturina bassa e che solitamente non attirava l’attenzione girava invece indaffarata per casa con l’ammirabile intento di mettere a posto il disordine che si era creato dopo la nottata precedente.
Si erano parecchio dati da fare e il soggiorno, ma soprattutto la camera da letto, versavano in pessime condizioni.
«Aomine-kun, mi potresti dare una mano?»
Il gigante mosse il capo verso il suo compagno e disse, con un sorriso che assomigliava più a un ghigno:
«Non sei ancora soddisfatto dopo ieri?»
Kuroko, con un sospiro, rispose:
«Sai benissimo cosa intendo.»
Allora si tirò su a sedere e gli afferrò il collo della maglietta, facendolo avvicinare a sé.
Di riflesso Kuroko gli prese il mento affilato e si avvicinò alle sue labbra che sapeva calde, quasi febbricitanti.
Le baciò
Ma si staccò in fretta da quella bocca fin troppo famelica e si limitò a guardarlo, sporgendosi dalla spalliera del divano.
«Che minchia guardi?» disse Aomine poggiando la sua grande mano sulla sua fronte e aprendosi in un sorriso, in netto contrasto con le sue parole sgarbate.
Kuroko scoppiò a ridere di gusto:
«Niente, Aomine-kun, niente.»
 
Era dannatamente difficile andare avanti.
Ma quello che era successo doveva succedere: quello che aveva fatto era giusto, per entrambi.
E allora perché se ne stava ancora sdraiato sul divano a fissare il soffitto?
Non era da lui.
Lui era quello che si spazientiva dopo cinque minuti di inattività, quello che andava sempre dritto al punto, quello che diceva sempre la verità.
E allora perché adesso non faceva altro che mentire a se stesso? Perché continuava a dirsi che se ne stava lì solo per stanchezza?
Semplice, era troppo orgoglioso per dire che gli mancava.
Gli mancava quel corpicino caldo che si rannicchiava sul suo enorme petto, quello che si faceva avvolgere dalle sue braccia scure e forti. Gli mancavano tante piccole cose, ognuna delle quali gli ricordava di essere stato lui a voler metter fine a tutto.
Gli mancava terribilmente.
Ci sarebbero stati infiniti motivi per continuare a frequentarsi, ma la sua naturale sincerità gli aveva impedito di stare ancora con Kuroko.
Che motivo c’era di stare ancora fissi sul passato? La loro squadra si era lacerata, si era sfaldata in tanti pezzi e, probabilmente, ne era stato lui la causa principale. Lui che, alla fine, aveva cominciato ad odiare quello sport che gli dava tante soddisfazioni, troppe soddisfazioni, abbastanza da pensare che non si sarebbe mai più trovato nel dover combattere per la vittoria.
Tutto troppo facile, era diventato.
Adesso sapeva, aveva accettato di essere troppo forte. E allora perché continuare ad allenarsi? Che senso aveva fare basket in un modo che gli impediva, ormai, di divertirsi?
E Kuroko faceva parte di quel basket abbandonato.
Ma il problema era che lui, a differenza del suo Tetsu, non aveva ancora fatto realmente qualcosa. Non aveva combinato ancora assolutamente niente della sua vita. Sapeva che l’ex compagno di squadra, e non solo, aveva incominciato a frequentare un’altra luce, un’altra persona di cui essere la fedele ombra.
Ora invece lui era solo un’abbagliante luce che, senza l’altra metà di sé, perdeva concretezza.
Ma l’aveva scelto lui, in fin dei conti.
Ci aveva pensato, quanto ci aveva pensato! Non era da lui perdere tanto tempo in ragionamenti: normalmente avrebbe agito, ma non quella volta.
Quella volta aveva speso due intere giornate a ricordare il passato, i loro bei momenti, le loro partite di pallacanestro, la loro reciproca fiducia, le mani intrecciate, le litigate spesso aspre e le loro conseguenti scopate con i fiocchi. Poi aveva pensato un po’ a sé, a cos’era in quel momento e a cosa sarebbe voluto diventare.
E aveva concluso che tra lui e Tetsu doveva finire tutto.

«Ohi, Tetsu, andiamo a fare un giro.»
Lui se ne accorse subito che c’era qualcosa che non quadrava, forse per gli occhi bassi di Aomine o, forse, per il silenzio che li aveva accompagnati fino al loro solito posto, quel campetto da basket in cui non andava mai nessuno, tranne loro.
Si erano fermati e Kuroko gli aveva chiesto:
«Cosa vuoi dirmi, Aomine-kun?»
«Senti Tetsu … dobbiamo smetterla di vederci.»
«Vuoi andare via dalla squadra?»
«La squadra non c’è più, lo sai meglio di me. Ma no, non intendevo questo. Intendo che non possiamo più stare insieme, io e te.»


 
   
 
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