Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Chiiara    14/07/2014    1 recensioni
Tratto dalla storia.
Io non esistevo più, ero invisibile. Più trasparente di un vetro.
Era quello il mondo degli adulti? La tristezza assoluta?
Da piccola mi avevano convinta che sarebbe tutto finito bene. E invece io vedevo solo un tunnel buio, un inferno, che mi aspettava.
E poi c’era lui. Guardava fuori dal finestrino e osservava ogni particolare, mentre con una penna appuntava qualcosa in un book. Studiava tutto ciò che lo circondava.
****
“Come si fa a ricominciare?”
“Devi scegliere una strada nuova.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


Real eyes don't lie.

 
Io non esistevo più, ero invisibile. Più trasparente di un vetro. Mi guardai allo specchio e vidi riflesso qualcuno che non ero io. Il volto raggiante su cui spuntavano due allegri occhi e una bocca sempre volta all’insù erano stati tramutati in un viso impassibile. Gli occhi erano colmi di trucco nero sotto i quali si trovavano due profonde occhiaie, mentre le gracili labbra erano coperte da un rossetto porpora. Il trucco era la mia maschera preferita. Le persone preferivano concentrarsi su quello e dell’effetto che faceva sugli occhi, anziché su cosa questi ultimi esprimevano. Gli occhi non nascondono niente. Lì c’è scritto cosa proviamo, le nostre emozioni e chi siamo. Per questo li nascondevo.
Essere invisibile nei confronti degli altri poteva essere un vero problema: a nessuno piace “affondare” nella solitudine. Ma qualche volta era anche una cosa buona: non eri mai sulla bocca di tutti e quando volevi potevi risultare inesistente. 
La verità è che ero invisibile perché avevo deciso di apparire così. Un tempo possedevo tutto ciò che desideravo e ad un tratto tutto si era capovolto, lasciandomi sola, senza un libretto delle istruzioni, Quel giorno avevo capito che la vita non era tutta rose e fiori. Era quello il mondo degli adulti? La tristezza assoluta? Da piccola mi avevano convinta che sarebbe tutto finito bene. E invece io vedevo solo un tunnel buio, un inferno, che mi aspettava.
6:30 a.m.
L’assordante frastuono della sveglia mi fece aprire gli occhi. Restai immobile qualche minuto, mentre quel odioso “aggeggio “ continuava a strillare. Poi, con le poche forze che avevo in corpo, sollevai il braccio destro e la spensi, continuando a guardare il soffitto. Un’altra giornata di lavoro mi attendeva “a braccia aperte”; in realtà non aspettava che prendermi “a pugni in faccia”. Scivolai giù dal letto e in meno di una mezz’ora mi trovai fuori casa. Il tempo non prometteva nulla di buono. Mi avvicinai alla fermata del tram e aspettai con calma il suo arrivo. Non possedevo un’ auto, dentro un tram mi sentivo più sicura. E poi c’era lui. Con l’avvicinarsi del tram anche la pioggia decise di arrivare. Lui. Lo trovai come di norma seduto nei primi posti, e come tutte le mattine i nostri occhi si incrociarono. Di lui non conoscevo neanche il nome: sapevo solo che si sedeva avanti e che scendeva alla fermata prima della mia. Io, seduta qualche sedile dietro, lo osservavo. Quando ci si ritrova soli anche le cose più stupide per le persone “normali”, possono darci forza: il suo sguardo mi dava la forza di affrontare la giornata, come se mi sussurrasse: “Non preoccuparti, anche oggi passerà.” I suoi occhi. Erano blu: blu come il mare in tempesta, ma anche azzurri, come la quiete del cielo mattutino. Nel suo sguardo si racchiudevano le forze della natura. Io li leggevo i suoi occhi: avevano l’aria di uno che ne avesse affrontate tante, ma che comunque le aveva superate tutte, anche se forse con qualche ammaccatura. Quando incrociavo il suo sguardo avevo la netta sensazione che anche lui mi leggesse dentro: come se fosse una parte di me.
Guardava fuori dal finestrino e osservava ogni particolare, mentre con una penna appuntava qualcosa in un book. Studiava tutto ciò che lo circondava. 
Poi il nostro mezzo di trasporto si fermò bruscamente e, notando l’arrivo di un controllore, introdusse tutto disordinatamente nello zaino che teneva in spalla e volò giù. 
La fermata dopo, come ormai era naturale anche per l’autista, mi avviai per scendere, quando qualcosa attirò la mia attenzione. Un book era appoggiato sul sedile di lui. Il suo book, Velocemente lo raccolsi e lo misi in borsa. Probabilmente era una cosa a cui teneva. 
Mentre camminavo verso il mio Starbucks preferito al centro di Londra e la pioggia scendeva sempre più fittamente, nella mia mente riordinavo le cose che da eseguire in quella fredda giornata: per un’ora sarei rimasta dentro il bar a ripassare le materie che studiavo all’università. Mi sarei laureata a breve in psicologia. 
Mi sedetti al tavolo dopo aver ordinato un caffé e un muffin. Aprendo la borsa mi ricordai di possedere il suo book e senza farmi troppi scrupoli lo aprì e iniziai a sfogliarlo. Disegni, descrizioni, spartiti, poesie, pensieri e canzoni. Lì dentro c’era un mondo, il suo. Ogni cosa indicava sua perfezione maniacale. Sembrava esperto in tutto. Quel book era qualcosa di straordinario: era qualcosa ai limiti della realtà, qualcosa di quasi surreale. Come i suoi occhi: mi ci potevo immergere e volarci dentro. Erano la mia debolezza e la mia forza più grande. Il suo sguardo era una calamita che più mi attraeva e più ci leggevo qualcosa di nuovo dentro. Ero seduta in quel piccolo bar a pensare a lui, ancora. Mi chiedevo spesso se era un angelo caduto dal cielo, che vegliava su di me.
Mentre sfogliavo il book e sorseggiavo il mio caffé, al centro di una pagina a caso trovai una frase, una domanda rivolta forse a se stesso, ma comunque senza una risposta. Come se mancasse qualcosa. “Come si fa a ricominciare?”. Lì, scritta nera sulla pagina bianca. 
Appoggiai la tazzina vuota di caffé e chiusi il book. In basso a destra era stato scritto con l’inchiostro nero “LOUIS”. Oggi avevo scoperto molte cose in più di lui che dall’indeterminato tempo passato dalla prima volta che avevo incontrato i suoi occhi. Scriveva, disegnava, suonava, e si chiamava Louis.
Oggi a scuola la mia attenzione andava e veniva e di ogni argomento ne capivo la metà. La mia mente passava dal ricordo di lui al cercare di memorizzare ciò che mormorava il professore. Così mi ritrovavo nei miei appunti il suo nome e le sue parole. Chiusi il quaderno in cui scrivevo e con l’indelebile nero scrissi il mio nome in basso a destra, proprio come lui. “HANNAH”. Gli angoli della mia bocca si sollevarono rivelando un piccolo sorriso soddisfatto. Ormai (e purtroppo) della lezione del professore non avevo capito niente. Aprì il suo book. “Come si fa a ricominciare?”. Come si faceva? Bisogna cambiare qualcosa, non di noi ma della nostra vita. Lui, che scriveva tanto dei posti che avrebbe voluto visitare, aveva solo viaggiato per i vari quartieri di Londra. “Devi scegliere una strada nuova.”, scrissi soddisfatta. “Non devi MAI rinunciare ai tuoi sogni, anche se sembrano impossibili. Guarda la parola IMPOSSIBLE. Dentro questa parola ci puoi trovare il significato opposto. I’M POSSIBLE.  Sai cosa significa? Che niente è impossibile e che ogni persona ha una possibilità. Ci devi solo credere. “
6:58 a.m.
Quella maledetta sveglia il giorno successivo aveva deciso di prendermi in giro non suonando. Mi alzai di scatto dal letto provocandomi un leggero mal di testa e la vista sfuocata. Quella giornata era davvero iniziata nei “migliori” dei modi. Presi dei libri a caso e li buttai dentro la mia borsa, immergendoci anche con più prudenza il book di Louis. Mi infilai i jeans saltellando e contemporaneamente mi lavai i denti per non perdere altro tempo. Imbucai i miei piedi negli stivaletti neri e, mettendomi la prima maglia trovai in camera, mi affrettai ad uscire raccogliendo la borsa e tenendo in un avambraccio il capotto. Corsi velocemente verso la fermata del mio tram che riuscì a non perdere fermando l’autista che stava chiudendo le porte. Mi appoggiai al primo palo prendendo fiato dopo l’affaticamento appena affrontato e dissi un leggero grazie rivolgendomi a lui.
Louis era lì. Lo guardai per un tempo indeterminato e poi mi decisi a rivolgergli la parola mostrandogli il book. “L’ho trovato ieri al tuo posto.” Forse ero stata troppo fredda, così per sciogliere un po’ la situazione gli rivolsi un sorriso imbarazzato.
“Oh, grazie.” mormorò lui, abbastanza a disagio portandosi una mano alla nuca e con l’altra prendendolo. Non avendo più niente da dirgli avanzai e mentre lo superavo per sedermi al mio solito posto, mi prese per il polso facendomi irrigidire. “Davvero, grazie. Mi sarei perso col book se non ci fossi stata tu.” Mi sorrise. Non so di preciso quanti battiti abbia perso il mio cuore in quel momento. Il suo sorriso era il più perfetto che un ragazzo avesse potuto mostrarmi. Nelle guance sprofondavano due leggere fossette che rendevano il suo viso ancora più morbido e dolce di quanto fosse. Involontariamente sorrisi anche io. In quel momento mi osservava con una tale attenzione da farmi sentire un soggetto dei suoi disegni. Il mondo si era fermato: eravamo entrambi incantati nell’osservarci. La sua mano premeva ancora sul mio avambraccio, e quel contatto mi stava provocando un’infinità di brividi che salivano e scendevano per il mio corpo. Il mio corpo era completamente “elettrico”. I miei occhi godevano della vista più bella di sempre. Eravamo attratti come due poli opposti, e nessuno osservandoci avrebbe potuto negarlo.
Quando il tram frenò quasi gli caddi addosso, ma le sue forti braccia mi sostenerono in piedi. Si alzò. Quel magico momento era finito. La sua altezza rispetto alla mia era incombente. Mi porse la mano che poco prima mi stringeva delicatamente. “E’ stato un piacere conoscerti, Ragazza Struccata” Arrossì. Quella mattina il tempo ristretto mi aveva impedito di truccarmi.
“Mi chiamo Hannah. E’ stato un piacere anche per me, Louis.”
Sorrise. “Sai, sei molto più carina senza trucco.” Si voltò e mentre scendeva le scalinate si rigirò verso di me e mi fece un occhiolino.
Ero immobile, al centro del tram, ancora sotto shock. Il mio cuore batteva ad un ritmo indeterminato e le mie labbra erano entrambe sollevate sui lati della bocca. Feci un giro su me stessa con la felicità che spuntava da ogni poro della mia pelle. Mi sedetti nel suo posto dove ancora era impresso il suo odore fresco. 
Quando entrai nel mio Starbucks mi limitai a prendere una ciambella ricoperta di cioccolata. Ripensavo a lui continuamente; era come aver ritrovato una parte di me e il suo tocco era la chiave. Mi sentivo meno trasparente, come se qualcuno avesse notato la mia anima dietro i miei occhi liberi. Perché quel giorno, dopo vari anni, lo erano: erano struccati e mi facevano sentire più me. Ora sapevo come andare avanti: dovevo semplicemente sorridere. Dovevo sorridere, ridere, scherzare, essere felice solo per me e per il futuro. Domani sarebbe stato un nuovo giorno. Non c’è niente di meglio della voglia di vivere, di urlare a pieni polmoni la tua felicità, come quando passi la maturità! 
A pranzo, dopo scuola, mi fermai da Pizza Hut; non c’era niente di meglio che festeggiare con una buona pizza.
Quando salì sul tram per tornare a casa, l’autista mi guardò “storto”, come se avessi avuto qualcosa addosso che non andava. Involontariamente mi passai una mano tra i capelli. “Lei è la signorina Hannah?”
“Si.” Ero spaesata. Chi era? Come mi aveva trovata? Cosa voleva da me?
“Un ragazzo mi ha lasciato questa lettera per lei.”
Gliela strappai dalle mani e senza ringraziarlo mi sedetti e l’aprì.
“Ciao Hannah. Sono Louis.”
Un nuovo battito perso.
“Volevo ringraziarti ancora per il book. Ma soprattutto volevo ringraziarti per quanto tu sia riuscita a cambiare la mia vita in una giornata. Quando leggerai questo lettera, io sarò gia in viaggio per l’Edimburgo. Sai, quella città mi è sempre ispirata. Non ho mai trovato il coraggio necessario per partire, ma come dici tu devo scegliere una strada nuova. Ho deciso di partire subito, di non perdere altro tempo a Londra. Sono felice di averti conosciuta. Sei una delle persone più particolari che io abbia mai conosciuto. La tua semplicità e la tua comprensione sono caratteristiche da cui le persone dovrebbero imparare. Quando ti guardo negli occhi io ti vedo: vedo ogni singola tua paura, ed emozione. Mi sembri trasparente, spoglia di ogni cosa. Spero di aver l’onore di poterti ancora incontrare un giorno. Grazie per la tua spinta di incoraggiamento per il mio futuro. Meriti tutto ciò che desideri.
Louis”
In basso a sinistra era stata scritta una sequenza di numeri, seguita dalla frase “Ogni volta che hai bisogno chiamami”.
In quel momento mi sentivo piena e vuota esattamente come ci si sente quando si finisce un libro.
Potevo scegliere anche io il mio percorso, dovevo solo crederci. Finalmente avevo davvero trovato la positività nella parola “TRASPARENTE”: essere talmente trasparente da potersi lasciare leggere dentro.



***********

Ciao a tutti, questa è una piccola storiella che tempo fa scrissi, e che oggi ho deciso di pubblicare.
Non è nulla di speciale, ma è molto importante per me.
E' la prima storia che pubblico, spero che qualcuno magicamente la troverà interessante.
Vi prego di lasciarmi una piccola recensione.
Ps: dopo una giornata intera sono riuscita a fare il mio primo banner, quindi fatemi un applauso.
Detto questo spero che apprezziate i miei sforzi :)
Grazie, 
Chiiara.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Chiiara