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Autore: Je91    04/09/2008    4 recensioni
Un giorno d'inverno normale. Yuuki e Zero da soli a cena. I sentimenti di lei sono un po' diversi da quelli che in realtà si pensi le appartengono. Eppure si è innamorata. Il come, non importa. Il dopo, purtroppo, sì.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giorno d’inverno. Siamo a casa, io e Zero. Il direttore è andato via per alcuni giorni. Fuori nevica, come quella notte.

Osservo attentamente la neve cadere e posarsi delicata sul suolo. I miei occhi sono quasi incollati a quell’immagine che mi si pone davanti. Sospiro appena.

«Yuuki», Zero mi richiama all’attenti. Malinconicamente mi volto verso di lui.

«Dimmi», sussurro appena. Lui sbuffa, come se dovevo fare qualcosa di cui mi ero completamente scordata.

«La cena!», mi esorta sbattendo appena un piede a terra. La cena. La cena!? Diamine me ne ero completamente dimenticata.

«Accidenti! Vado subito», dico affrettandomi ad andare in cucina, ma Zero è più veloce e mi blocca facendomi, involontariamente, cadere.

«Già fatto, disastro ambulante. Sfortunato chi ti sposa!», disse in tono ironico piegandosi sulle ginocchia fissandomi stesa a terra.

«Sfortunata chi sposa te, Zero! Non hai manco avuto la decenza di sollevarmi da terra», ribatto arrabbiata. Noto un sorriso increspargli le labbra. E’ buffo, mentre tenta di sopprimere un sorriso.

Poi sento le sue mani sollevarmi da terra e rimettermi in piedi. Lo osservo un po’ perplessa.

«Cos’è quella faccia ora?», domanda iniziando ad incamminarsi per il sala da pranzo. Mentre lui è voltato, posso concedermi un sorriso gioioso per lui.

«Nulla! Mangiamo!», dico allegra sorpassandolo.



Dopo cena, Zero si offre volontario per lavare i piatti. Sa che io probabilmente ne avrei rotto uno, e il mio sangue lo avrebbe attirato, come le api al miele. Eppure lui aveva bisogno del mio sangue, aveva bisogno di me. E nulla di tutto ciò poteva essere inevitabile.

“Facciamo insieme la cosa più imperdonabile”. Era una promessa.

A volte avevo paura di sentire i suoi denti infilati sulla mia pelle e sentirlo succhiare il mio sangue mi faceva tremare, quasi temessi che mi strappasse anche l’anima.

Da un po’ di tempo, anche quella non era più mia. Zero era riuscito a strapparmela, involontariamente.

Lo osservo mentre lava in silenzio i piatti.

«Cosa c’è? Lo sai che odio essere fissato», dice con il suo solito tono acido. Sorrido appena, felice di sentire ancora la sua voce.

«E’ da un po’ che non bevi il mio sangue… Sai che non devi farti problemi», dico seria, quasi sfidandolo.

Lui si blocca, lo sento. Avverto l’aria nella stanza gelarsi, nonostante la casa sia sufficientemente riscaldata.

«Yuuki, smettila», lo sento sussurrare, quasi tremante.

«No, lo sai che penso al tuo bene», sbotto avvicinandomi a lui. Tengo le braccia incrociate al petto, sbatto a terra il piede, nervosamente.

«Dovresti pensare anche al tuo ogni tanto…», mi ammonisce. Istintivamente penso “Lo faccio, altrimenti, non ti offrirei il mio sangue”. Come diamine mi ero ritrovata in quella situazione? Come avevo fatto ad innamorarmi di Zero?

Erano domande alle quali non avrei mai trovato risposta.

Lo osservo mentre sospira e toglie le mani dall’acqua, asciugandole in una pezza.

«Yuuki, io ho bisogno del tuo sangue, come tu hai bisogno dell’ossigeno… Ma questa cosa non può continuare… Prima o poi potrei anche ucciderti», dice tenendo lo sguardo basso.

Sul viso mi compare un mezzo sorriso. Le parole che mi uscirono dalla bocca furono totalmente incontrollate.

«Per stasera no, ora pensa a stare bene», tuono mettendo in bella mostra il collo.

Zero osserva prima me, poi il mio collo scoperto. Sospira e affonda i suoi denti sulla mia pelle. Sussulto appena sentendo il sangue scappare dalla mia vena. Stringo i pugni e chiudo gli occhi soffocando il dolore che quei morsi mi provocano. Devo sopportare, devo farlo per Zero. La mia mente continua a ripetermi quella frase.

Dopo poco sento i suoi denti lasciare la mia pelle, quasi provo dispiacere. Si asciuga appena il sangue che gli scola dalle labbra e torna a contemplare i suoi piedi.

«Perdonami…», mormora, restando immobile. Sorrido.

«Sbaglio o l’ho voluto io?», domando retorica. Lui alza la testa di scatto per controllare cosa stessi facendo. “Sì, Zero sto sorridendo”.

Le sue braccia mi avvolgono in un abbraccio. Mi sento soffocare dalla sua presa, ma non cerco di liberarmene.

«Sei una stupida», mormora poggiando le sue labbra sulla mia testa. Arrossisco.

«Non ti staccare», la mia voce non è percettibile all’udito umano. Lui si stacca e mi osserva enigmatico.

«Hai detto qualcosa?», domanda. Io scuoto la testa.

«No, probabilmente il mio sangue ti da al cervello», dico scoppiando a ridere per sdrammatizzare la situazione. Ma purtroppo per me è troppo tardi.

Le sue labbra si posano dolcemente sulle mie e impongono la propria volontà su di me, costringendomi a dargli lo spazio necessario per la sua lingua di entrare.

E sento chiaramente il sapore del mio sangue dentro la sua bocca. Eppure non posso fare a meno di ricambiare il bacio. E’ inevitabile.

Come due pianeti che ruotano su un’orbita diversa, costretta ad incontrarsi. Ma nessuno di noi due può restare fermo in quel punto per molto. Prima o poi ci staccheremo.

E’ l’esigenza di ossigeno da parte mia, ad interrompere quel collegamento così bello.

«Perdonami di nuovo…», dice stringendomi ancora le spalle. Io resto immobile, a fissarlo. Non so più cosa dire, non so più cosa fare. Zero fai qualcosa tu!

«Ora vado, meglio che dorma in dormitorio stanotte! Buona notte», dice baciandomi sulla fronte, prima di scappare verso la porta. Ma io lo blocco per un polso.

«Dimmi che non ti è dispiaciuto», ribatto secca e probabilmente imbarazzata. Il mio viso sarà avvampato, così come il mio battito cardiaco accelerato.

Zero si volta e mi sorride.

«No, non mi è dispiaciuto», le sue ultime parole prima di sparire nella neve.
  
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