“Special
Relationship, mh?” La frase di Winston
Churchill ancora gli
balenava nella mente ogni volta che pensava all’americano e
alla sua politica
contro il vecchio continente. Sì, per lui tutto quello che
faceva e che
progettava era solo una manovra per distruggere l’Europa.
Lui, Arthur Kirkland,
ora semplicemente Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, non
credeva
assolutamente a questa insana ed improvvisa voglia di Stati Uniti
d’America di
fare qualcosa per l’Europa.
«EN-GLA-ND»
Una voce alta e
fastidiosa arrivò prepotentemente alle orecchie di
Inghilterra, mentre si
avvicinava all’ingresso del suo ufficio londinese. Era il
primo giorno di Marzo
dell’anno 1947. Solo tre giorni prima, quello stesso
americano, che lo
aspettava nel suo ufficio, aveva deciso per la dissoluzione di una
antica
nazione. Prussia aveva cessato di esistere solo per il desiderio di due
nazione
che ora rischiavano di far scoppiare un’altra guerra.
«America,
quante
volte devo ripeterti di non urlare quando sei in questo
palazzo?» domandò
l’inglese insofferente, mentre una ruga appariva in mezzo
alle sopracciglia
spesse. Gli occhi verdi come smeraldi andarono subito a posarsi sulla
figura
massiccia e coperta dalla divisa militare di Alfred F. Jones, Stati
Uniti
d’America, o semplicemente America. All’apparenza
sembrava allegro come al
solito: gli impertinenti occhi azzurri puntati su di lui, un sorriso
luminoso
sulle labbra, i capelli biondo grano leggermente spettinati con quel
ciuffo
che, ogni volta, sembrava sfidare la forza di gravità. Se
solo si fosse alzato
in piedi, sicuramente lo avrebbe superato di tutta la testa.
«Ti devo
chiamare così, no?» rispose subito
l’americano, senza dare troppo ascolto alle
parole dell’alleato ed ex-madrepatria. «O
preferisci Regno Unito di Gran
Bretagna ed Irlanda del Nord? Non posso più chiamarti
nemmeno Impero
Britannico, visto che hai perso tutto!» continuò,
come se non ci fosse stato un
vero e proprio bisogno di ascoltare quello che l’adirato
Inghilterra aveva da
dire. Come avrebbe potuto, poi, ribattere ad un ragazzino che nemmeno
si dava
la pena di ascoltare il suo interlocutore.
«Tanto
faresti come ti pare, no?» rispose
con voce gelida, mentre entrava nel suo ufficio per reclamare il suo
posto alla
scrivania di ebano in tinta con il mobilio di quell’ufficio.
Gli occhi di
America lo scrutarono per tutto il breve percorso dalla porta alla
scrivania;
si soffermarono bramosi sul volto giovane e serio, incorniciato dai
capelli
biondo cenere; continuarono a studiarlo, fermandosi anche su quelle
sopracciglia decisamente troppo grandi che sormontavano gli splendidi
occhi
smeraldini; scesero lungo la scia del piccolo naso, così in
armonia con il
resto del volto ovale, continuando verso le labbra ora tese in una
linea di
fastidio per la sua presenza in quella stanza. E poi, quegli occhi
azzurro
cielo volarono ben oltre quel viso di porcellana: raggiunsero il corpo
perfettamente coperto dalla sua divisa militare, di quel verde
così smorto e per
niente adatto alla sua pelle, lo ammirarono lentamente, già
pregustandosi come
avrebbe potuto suggellare perfettamente quell’alleanza tanto
acclamata.
«Cosa sei
venuto
a fare qui?»
La voce
dell’inglese lo riportò alla realtà,
facendogli alzare nuovamente gli occhi
verso quelli del padrone di casa. E vi trovò rabbia e
risentimento per qualcosa
che, probabilmente, lo aveva ferito più degli attacchi di
Germania e del D-Day.
Forse, sapeva pure qual era il problema della nazione britannica in
quel
momento, ma, come sempre, preferì ignorare quel lancinante
senso di colpa che
provava nel guardare quegli occhi accusatori. I grandi Stati Uniti
d’America
non potevano sentirsi in colpa per un nonnulla.
«Ma come?
Siamo
alleati, ora! Non posso venire a trovare il mio più grande
alleato?» disse con
un sorriso, alzandosi in piedi per lasciare il posto ad Inghilterra,
quando si
avvicinò alla sedia che aveva occupato. Non voleva provocare
oltre l’inglese;
sapeva benissimo cos’era in grado di fare quando si superava
il limite e non
era intenzionato a rivedere Impero Britannico così in
fretta. Inghilterra si sedette
al suo posto, ignorando per qualche minuto l’americano. Era
impossibile, per
lui, chiamare il loro rapporto “Alleanza”. Si era
alleato con tante nazioni, in
passato, ma mai era arrivato ad avere una storia del genere. Si
odiavano,
questo era vero; desideravano l’uno la distruzione
dell’altro; eppure ogni
volta si cercavano come se non esistesse nessun altro al mondo. Poi, si
lasciavano di nuovo, riprendendo la loro maschera di odio e scarsa
sopportazione, ritornando dai rispettivi “alleati”.
Eppure, ora, Inghilterra
non aveva nessuno vero “alleato” a cui tornare.
Prussia era morto e perso per
sempre; dissolto, se doveva parlare in termini di Nazione. E la causa
di tutto
quello era l’”Alleato” da cui continuava
a tornare ogni volta.
«Perché
ti
dovrei considerare un mio alleato?» domandò con
voce atona, alla fine, alzando
lo sguardo per puntarlo in quello attonito di America. Non si aspettava
una
domanda del genere, ovviamente. Perché, poi, avrebbe dovuto
dimostrare la sua
irritazione per la scomparsa di una nazione?
«Inghilterra…»
iniziò l’americano, ma venne bloccato da un cenno
della mano del suo
interlocutore. No, non gli avrebbe permesso di andare avanti a parlare.
In
questo momento doveva sfogare tutta la sua frustrazione e la sua rabbia
per
quello che aveva fatto. Non avevano interpellato nessuno, lui e Russia,
pretendendo che tutti accettassero la verità. In
più, era anche inutile che
riempissero tutti con quella assurda bugia che adesso Prussia era la
Germania
dell’Est.
«Chi vi ha
dato
il diritto di fargli quello? Gilbert, no…Prussia, non
meritava nullo di tutto
ciò. Mi vuoi dire che le nazioni muoiono, America? Lo so
benissimo che c’è
questa legge anche per noi.» disse fermandosi un attimo per
prendere fiato,
mentre chiudeva gli occhi per celare le lacrime che li stavano facendo
diventare lucidi. «Succede anche a noi. Ma è per
il volere della nostra gente o
per una guerra persa o per un invasore più forte di noi. Non
è mai successo che
una Nazione accampasse il diritto di distruggerne un’altra
con tanta facilità.»
Inghilterra
terminò in poco tempo la sua critica ad America; non era
riuscito a trattenersi, visto che di mezzo c’era una nazione
a lui molto cara.
E se l’americano non lo aveva capito prima, ora doveva essere
chiaro che lui e
Prussia avevano avuto un coinvolgimento che andava al di là
di un rapporto
semplice fra nazioni.
«Vuoi
forse accamparti il diritto di distruggere tutta
l’Europa?»
domandò alla fine, quando non ricevette più
risposta da America, che si
limitava a guardarlo con espressione seria. L’ombra del
sorriso che aveva
mantenuto fino a qualche minuto prima non era nemmeno percepibile nel
suo
sguardo che scrutava l’inglese come se fosse stato tradito
davanti al suo
sguardo.
«Hai
capito, finalmente!» rispose alla fine, lasciando che un
sorriso a
dir poco malevolo apparisse sul volto della giovane nazione.
Appoggiò una mano
sulla scrivania, l’altra sullo schienale della sedia di
Inghilterra, e si chinò
verso di lui mantenendo quel sorriso. «Ho sempre desiderato
distruggere il
vecchio continente, perché ti portava sempre via da me,
troppo lontano perché
la mia voce potesse raggiungerti.» sibilò al suo
orecchio, prima di depositarvi
un leggero bacio che non aveva niente di malizioso. Per una volta,
faceva
qualcosa senza avere quel secondo fine verso di lui.
L’inglese non poté fare
altro che pietrificarsi sulla sedia nel sentirsi rivelate le reali
intenzioni
della nazione d’oltreoceano. Voltò lentamente lo
sguardo verso di lui, mentre
con gli occhi sgranati continuava ad osservare quello sguardo
pericoloso che,
al tempo stesso, trovava così magnetico.
«Vuoi
distruggere anche me, quindi? Anch’io sono parte del vecchio
continente!» rispose con voce bassa e leggermente tremante.
Molto raro per lui,
tremare davanti ad America e alle sue minacce irreali. Solo che, questa
volta,
le sue minacce erano fondate dopo la fine di Prussia. Una risata mal
trattenuta
arrivò dalle labbra serrate di America, mentre si sedeva sul
bordo della
scrivania.
«Ovvio che
no!» disse con calma quasi esasperante, mentre si passava una
mano fra i
capelli. Lo sguardo era costantemente puntato in quello
dell’inglese che, ora,
faceva di tutto pur di non guardarlo. «Non hai ancora capito
che tu sarai mio
anche a costo di mettere a soqquadro il mondo?!»
continuò con una sincerità
così disarmante che Inghilterra si vide quasi obbligato a
guadarlo in faccia.
Appena i loro
sguardi si incrociarono, America si prese la libertà di
accarezzargli il volto sempre pallido, se non fosse per un lieve
rossore che
imporporava le sue guance. Lo sapeva benissimo che Inghilterra non
riceveva
spesso complimenti di questo genere, soprattutto da Prussia che era
abituato ad
idolatrare sé stesso invece di apprezzare il suo partner. Se
lui, America, fosse
stato al posto del prussiano avrebbe fatto di tutto pur di impedire ad
Inghilterra di tornare, regolarmente, dal suo solito
“alleato”.
«Tu……idiota…….»
mormorò con voce bassa l’inglese, abbassando
subito la
testa per celare l’imbarazzo ad America, anche se era
già stato colto in
flagrante. Ricevette solamente in risposta la sua solita risata calda e
troppo
rumorosa, mentre veniva obbligato ad alzarsi in piedi per essere
stretto in un
abbraccio da spezzare le ossa. «Fai
male…» sibilò contro al suo orecchio,
anche
se lui stesso stava ricambiando quell’abbraccio.
«Voglio il
tuo aiuto in questo progetto.» mormorò al suo
orecchio,
America, rafforzando l’abbraccio invece di scioglierlo.
«Perché
io? Hai un sacco di alleati, ora; così tante
alleanze…» risponde
alla sua richiesta, l’inglese, spostando un po’ il
volto per poterlo guardare
direttamente negli occhi. I loro volti si trovarono a pochi centimetri
l’uno
dall’altro, le labbra ad un soffio di respiro; se solo
avessero fatto anche
solo una mossa in più, avrebbero anche potuto sfiorarsi le
labbra in un bacio
casto.
«Perché
solo con te posso vantarmi di avere una Special Relationship,
come alleanza.» sussurrò l’americano,
guardando insistentemente quelle labbra
inglesi e tentatrici. Ora, per lui, era praticamente impossibile
resistere alla
tentazione. «Cosa dovrei fare ora?» Da quando era
entrato in quell’ufficio,
aveva solamente desiderato baciare quelle labbra ed impedire al cattivo
temperamento di Arthur di venire a galla; solo che, il dovere veniva
sempre
prima di qualsiasi cosa piacevole e lui, da brava Nazione e Prima
Potenza
Mondiale, doveva fare i suo dovere.
«Potresti
baciarmi?» Inghilterra, ora, gettava ogni pudore al vento. La
vicinanza di America, quelle parole sussurrate, cancellavano qualsiasi
cosa
dalla sua mente. E, per la prima volta nella sua vita, una domanda
riceveva una
risposta chiara: perché continuava a tornare da America?
Solo con lui, dopo
tutto, riusciva ad essere veramente sé stesso senza
rendersene conto.
«Con
piacere!» rispose l’americano, avvicinandosi subito
per baciarlo.
Riuscì appena a dargli un bacio casto, prima che Arthur
posasse un dito sulle
sue labbra per bloccarlo.
«Non
andartene, questa volta!» disse in un sussurro appena
udibile,
prima di premere le labbra contro le sue per evitare qualsiasi
commento.
America sapeva che, per Inghilterra, era difficile ammettere
direttamente ciò
che voleva realmente; si nascondeva sempre dietro giri di parole che
facevano
sempre percepire in modo lieve la verità dietro alle sue
parole scontrose.
Anche per questo, l’americano non bloccò quel
bacio: averlo così disinibito e
per la prima volta sincero con entrambi, gli impediva seriamente di
prenderlo
in giro con qualche battuta stupida che avrebbe rovinato
quell’atmosfera,
peggiorando l’umore del suo compagno.
«Allora
suggelliamo questa alleanza nel migliore dei modi, Arthur!»
sussurrò contro alle sue labbra, solo quando si furono
staccati per riprendere
fiato. Quelle labbra rosse di baci, quegli occhi lucidi, il suo corpo:
tutto
sarebbe stato suo. Per sempre.