Ghermisci pure il mio cuore spezzato gioia,
Di quel tesoro oramai profanato.
Solo polvere, al cospetto,
Dell’uomo eretto.
Riduci tutti i miei timori,
Nei miei più peggiori istinti.
Un manto di papaveri discende dalla collina,
Oh fanciulla amata, perche affidi,
Il tuo struggimento al vento?
Siamo canzone di note spirate,
Verso promontori color pastello.
Distanti, esamini,
Le tue lacrime d’attesa, struggono i miei animi.
Scende dal mare, con ritmo,
Lento, pacato.
Quel ritmo, che poi diviene forsennato.
Apre gli occhi, screzia di stupore la pelle.
Sale dalle vette,
Veloce, furioso.
Quel ritmo, quel rumore, quel suono arcano,
S’innalza in cielo, fra le nuvole, lontano e beato.
Tempo di svegliarsi.
Addio, sto partendo.
Chino il capo, il bagaglio sulle spalle.
Non indugio sull’uscio,
Non protraggo l’agonia.
Il mondo ruggisce, mi sta chiamando.
Devo crescere, quindi parto.
Tu c’eri, nei mie mille mondi.
Tu eri nei miei sogni.
Sei quel fiore sbocciato per caso.
In un campo, protesto verso il cielo.
Tu sei, ora, in questo momento.
Il mio più tremendo tormento.
La sua gelida luce bianca-azzurra,
Risplende nelle notti invernali.
E il mio amore gracile.
Mi ha detto di essere paziente,
Ed io ho lasciato perdere.
Mi ha detto di stare tranquillo,
Ma dentro impazzivo.
Ha posato una mano sul mio cuore,
Ed ha fatto nascere un fiore.