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Autore: ChrisAndreini    07/08/2014    2 recensioni
Le storie non sono esattamente come noi le conosciamo.
Esse in realtà sono diverse, intrecciate tra loro in un'unico grande mondo: Otherland.
Ma una strega potente ha deciso di richiedere la sua vendetta, e, dopo essersi impossessata di un sortilegio infallibile quanto pericoloso, ha portato tutti i personaggi dei cinque regni di Otherland in un nuovo mondo: il nostro.
Solo quattro ragazzi possono fermarla, in un'avventura che intreccia il passato con il presente, l'immaginario con il reale.
Dal capitolo 1:
"Quando l’orologio comincerà a funzionare, la tua fine sarà vicina, perderai tutto ciò che il sortilegio ti ha fatto guadagnare"
Genere: Avventura, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Once upon a Time in Otherland

Capitolo 1: L’inizio della fine

Otherland.jpg

“Ti voglio talmente bene cara”

“Ed io anche di più”

“Ed io anche più del tuo più”

-Rapunzel

 

Gothel osservava da lontano il palazzo dei reali, coperta dal suo solito mantello nero come la notte.

Era decisa a richiedere vendetta per ciò che le era stato fatto, ma ancora non sapeva come.

-Bella vista, vero?- una voce suadente la fece voltare di scatto.

-Pitch, non hai niente di meglio da fare?- gli chiese lei, acida.

-E’ passato un anno e mezzo, pensavo avresti già voltato pagina a questo punto. O vuoi forse dirmi che ti eri affezionata alla ragazza?- la prese in giro l’uomo nero.

-Non osare insinuare una cosa del genere!- esclamò lei, chiudendo le tende e facendo piombare la stanza nella totale oscurità.

-Come è andata la tua… invasione totale dei cinque regni?- chiese poi, in tono di scherno.

L’uomo nero si rabbuiò.

-Questo è un colpo basso pure per i tuoi standard- commentò.

-I miei standard si sono abbassati- la signora si strinse il cappuccio.

-Sono stato battuto da temibili avversari, e non avevo tenuto conto di “lui” nei miei piani- cercò di giustificarsi Pitch, lanciando un’occhiata di disprezzo verso l’alto.

-Andiamo dritti al sodo, che ci fai qui?- tagliò corto la donna, in tono seccato.

-Non posso neanche venire a trovare una vecchia amica?- chiese l’uomo nero in tono falsissimo.

-Non siamo amici, lo sai bene, e se usare la magia non mi facesse così male saresti già fuori dalla mia proprietà- un ciuffo di capelli grigi sfuggì da sotto il cappuccio, e lei si affrettò a rimetterlo a posto.

-Credimi, preferirei volentieri stare fuori dalla tua oscura magione, ma hai ragione, ho bisogno di qualcosa- ammise lui con un ghigno -E solo tu puoi aiutarmi-

-Scordatelo, ho smesso di fare favori agli altri da tempo, lo sai bene- si avviò in cucina, per mettere a fare una tazza di tè, ma sopratutto per allontanarsi da quel viscido uomo.

-Lo so, ma i benefici non verrebbero solo a me- l’uomo la seguì.

-E cosa ci guadagnerei io, allora?- chiese la donna, scettica.

-Tutto: potere, giovinezza, Rapunzel- all’ultima parola la donna si girò a guardarlo, e lui la poté guardare in faccia.

Il volto giovane e bello di una volta aveva lasciato spazio a rughe informi, pelle macchiata e capelli bianchi, che ogni secondo sembravano sbiadire.

-Come?- chiese, interessata per la prima volta dall’inizio della conversazione.

L’uomo non riuscì a trattenere un sorrisetto di trionfo.

-Il sortilegio- rispose, con aria di chi la sapeva lunga.

-L’hai… l’hai trovato?- chiese la donna, incredula.

-Oh, si, e tu sei l’unica che può compierlo- rispose lui, appoggiandosi al muro.

La donna si voltò nuovamente di spalle, pensierosa.

-Ne sei certo?- chiese, poco convinta.

L’uomo, per tutta risposta, alzò una mano, e un libro comparve davanti alla donna, fluttuando a pochi centimetri dal suo naso.

-Il Libro del Potere?- chiese lei tra se e se.

-Tutto tuo, Fergus Dumbroch cercava di trasportarlo a Molto Molto Lontano, ma l’abbiamo preso prima noi- spiegò, mentre la donna lo prendeva tra le mani.

-Madrina?- chiese lei, per avere conferma dei suoi sospetti.

-Oh, si, con il figlioletto Azzurro, se fossi in te darei loro un bel po’ di potere, nel nuovo mondo- suggerì, la donna ridacchiò senza allegria, una risata fredda, penetrante.

-Chi ha detto che lo farò?- ma già passava le mani avida sul libro.

-Oh, io dico di si- provò a riprenderlo, ma la donna non lo voleva lasciare.

-D’accordo, ci penserò, e ti prometto una cosa, ogni cattivo avrà il suo lieto fine, nel nuovo mondo- strinse il libro a se.

-Così mi piaci, altruista, come tuo solito- l’uomo ghignò, sarcastico.

-Lasciami stare ora. Devo concentrarmi- contro ogni aspettativa dell’uomo nero, la donna alzò la mano, e lui venne buttato fuori dalla porta da una forza invisibile e potente.

La mano con la quale aveva eseguito l’incantesimo si coprì di macchie, ma a lei non preoccupava più questo problema.

Strinse più forte il libro, e si avviò nuovamente nella stanza con la finestra che dava sul palazzo dei reali.

-Preparati, Rapunzel, stai per tornare mia- promise, osservando dalle tende socchiuse la figura di una giovane ragazza dai capelli corti e castani correre a cavallo, diretta verso il porto.

***

-Roxanne, svegliati, hai scuola- la voce di sua madre le arriva ovattata da sotto le scale, ma Roxanne non vuole alzarsi, ha fatto un bellissimo sogno, e sta cercando di tenerlo in testa.

-Roxanne, sbrigati, non mi va di invecchiare ad aspettarti- Roxanne si decide ad alzarsi, ma tiene ancora gli occhi chiusi, nella speranza di tenere a mente quella meravigliosa immagine, che però sfugge velocemente via dalla sua testa.

“Luci fluttuanti, lanterne, un castello” cerca di tenere in mente l’immagine ripetendo quelle parole, ma essa sfugge via.

Roxanne sospira, apre gli occhi, e si avvia all’armadio, per scegliere i vestiti per un altro giorno di scuola.

-Roxanne, ti sei svegliata?- chiede la voce di sua madre dalla cucina, dove è intenta a preparare la colazione.

-Si, madre, mi preparo e arrivo-

Sceglie velocemente una camicetta bianca, una gonna viola lunga fino alle ginocchia e delle ballerine in tinta.

Poi va davanti allo specchio e lega i lunghissimi capelli biondi in una coda alta.

Prende la borsa di scuola e scende di corsa, diretta verso la cucina.

-Alla buon ora, sono invecchiata di cent’anni- la accoglie sua madre, girata di spalle verso i fornelli, mentre finisce di riscaldare il latte.

-Scusa, madre, è che ho fatto un bellissimo sogno- tenta di giustificarsi Roxanne, in tono sognante.

Sua madre si irrigidisce.

-Un sogno, ma Roxanne cara, lo sai che i sogni non fanno bene, te l’ho detto migliaia di volte- le ripete la madre, versando il latte dal pentolino alla tazza, e posandola davanti alla figlia, insieme ai cereali.

-Lo so, solo che… hai ragione, scusa- Roxanne abbassa lo sguardo.

-Brava bambina- sua madre le carezza il capo, poi si avvia nella stanza accanto.

La ragazza sospira, e mangia la sua colazione.

-Ah, tesoro, oggi non posso accompagnarti- la avverte la madre, Roxanne quasi sputa il latte a quella notizia.

-Andrò con l’autobus?- chiede eccitata e speranzosa.

-Cosa?- la madre fa di nuovo il suo ingresso nella stanza, mettendosi gli orecchini, guarda Roxanne confusa -No, certo che no, ti accompagnerà Norris con la limousine, e che ho una riunione con il signor Black, la signora Charme e il signor Diaz- spiega, dirigendosi verso il telefono e chiamando il suo assistente personale, il signor Norris Lawrence, chiamato da tutti “Schiavetto personale del sindaco e in casi particolari del signor Black” 

-Sai, madre, mi chiedevo… insomma, povero signor Lawrence, ha il lavoro da sbrigare e non può portarmi a scuola con così poco preavviso, perciò, magari potrei… insomma, lo fanno tutti i miei compagni, e…- comincia a borbottare Roxanne, sua madre la interrompe.

-Roxanne, quante volte te l’ho detto, non mi piacciono i borbottii: bla bla bla, è davvero irritante, non trovi? Inoltre sono al telefono, e non si disturba una persona mentre è al telefono, te l’ho detto migliaia di volte.- Roxanne abbassa lo sguardo, arresa, proprio in quel momento dall’altro capo della cornetta un uomo risponde.

-Pronto, Norris. Si, sono io. Vieni a prendere Roxanne…. Non mi interessa se il signor Black ti ha chiesto di venire, sono io il sindaco… bene… bene… ecco, così mi piaci… no, tra dieci minuti è troppo, vieni ora… non mi importa se c’è traffico… ti concedo cinque minuti… va bene… arrivederci- e chiude la telefonata, con un sorriso soddisfatto.

-Perfetto, sei pronta?- chiede alla figlia, ma quando nota la ciotola ancora piena mette le mani sui fianchi, indispettita.

-Roxanne, sbrigati, non vorrai fare tardi a scuola- la rimprovera.

-Ma, madre, mancano ancora tre quarti d’ora all’inizio della scuola, magari, pensavo che oggi potrei fare colazione al Vampire’s Café- prova a chiedere, incrociando le dita, con un sorriso speranzoso.

-Quante volte ti ho detto che non devi pensare?- il suo sorriso svanisce.

-Migliaia- risponde, apatica, mangiando un’altra cucchiaiata di cereali.

-Brava bambina- e dopo tre colpetti sulla capo, la madre prende la giacca e si avvia fuori dalla porta.

-Buona giornata, fiorellino- le augura con vocetta squillante, sbattendosi la porta alle spalle.

-Anche a te- la voce della ragazza è triste e bassa, prende un’altra cucchiaiata, ma ha lo stomaco chiuso, e decide di lasciar perdere.

Ormai le giornate sono tutte uguali, tutte oscure e prive di gioia, e la cosa che più triste è che le sue giornate sono così da che riesce a ricordare, probabilmente da tutta la vita.

Non ha amici perché sua madre non le permette di averne, è evitata come la peste perché è la figlia del sindaco, e tutti la considerano viziata, snob o chissà che altro.

Quanto vorrebbe poter vivere in libertà, ma è rinchiusa in una torre che sua madre ha costruito intorno a lei, mattone dopo mattone.

Sente il campanello, e si rassegna alla giornata che sta arrivando.

-Signorina Goth, sono io, mi apra- Roxanne sospira, si alza, prende la borsa e si avvia alla porta.

-Eccomi signor Lawrence- apre la porta, mostrando un sorriso. E’ riconoscente per quello che lui fa per lei, o almeno dovrebbe esserlo, e ci prova con tutte le sue forze.

-La scorto alla limousine- con un mezzo inchino un po’ impacciato per via della pancia ingombrante, le fa strada verso la macchina.

Eppure non può fare a meno di pensare che, se non ci fosse quell’assistente impacciato e grassoccio, lei potrebbe andare a scuola come tutti, e, magari, potrebbe anche rimediare degli amici.

***

-Cosa diavolo significa “Hai sbagliato un ingrediente”?- chiese incredula la donna, lanciando un getto di fiamme contro l’uomo nero che aveva avuto la cattiva idea di criticarla.

-Mi pareva di essere stato abbastanza esplicito- rispose lui, deviando le fiamme con un ghigno.

-Ho eseguito tutto alla lettera- ribatté lei, sbattendo un pugno sul tavolo, e pentendosi subito di averlo fatto per il dolore alla mano che ne è conseguito.

-Devo dire schiettamente che sei invecchiata moltissimo negli ultimi sei mesi, e che credo sia il caso di usare meno magia, se non vuoi morire prima di compiere la tua vendetta- la mise in guardia l’uomo, la donna, furibonda, gettò contro di lui altre fiamme, sempre evitate con facilità.

-E cosa avrei sbagliato, sentiamo?- chiese poi, incrociando le braccia.

-Il capello, devi mettere un capello della persona che ami di più al mondo- rispose lui.

-Dove vuoi arrivare? L’ho fatto, ho messo un mio capello. O vuoi forse dirmi che devo mettere un mio capello da giovane? Perché, se non l’hai notato, ne sono sprovvista- ribatté acida.

-Poniti solo questa domanda: Sei davvero tu la persona che ami di più al mondo?- e con uno schiocco di dita, l’uomo nero scomparve, lasciando basita la donna.

Ella si avviò velocemente al tavolo della cucina, e, sedutasi al vertice, prese il Libro del Potere, per sfogliarlo nuovamente in cerca della formula per il sortilegio.

“Una mela d’oro raccolta da mani che non temono nulla”

Ce l’aveva, ne aveva addirittura due, prese da quell’insulsa principessina in cambio della pozione.

“L’oggetto oscuro preferito dalla persona che compie il rito”

Il suo mantello, ovviamente, il suo accessorio oscuro più amato, che le aveva permesso di nascondersi anche nella luce.

“Sangue di un ragazzo privo di pregiudizi”

Era riuscita a raccogliere pure quel particolare ingrediente, durante la breve schiavitù di quel ragazzo.

“Una lacrima di chi ha perso il proprio passato”

Questo particolare ingrediente l’aveva preso l’uomo nero per lei, e in cambio si era fatto promettere un ruolo davvero potente nel nuovo mondo.

“Un capello della persona più cara a colei che compie il rito” 

Questo ultimo ingrediente aveva pensato fosse un suo capello. Dopotutto, chi altri poteva amare se non se stessa.

Eppure… magari c’era una persona che forse amava, una ragazza.

Scosse la testa, no, lei non la amava, ma amava i suoi capelli, e forse poteva provare con uno di essi.

-Ma come prenderlo?- si chiese, pensierosa.

***

-Sa, Signor Lawrence, magari potrebbe lasciarmi qui, mi piace camminare, potrei farlo fino a scuola- prova a convincerlo Roxanne.

-Non saprei, signorina Goth, sua madre non vuole che si avventuri da sola per la città- ribatte titubante il signor Lawrence.

-Ma la scuola è dietro l’angolo, la prego mi faccia scendere qui- ma Norris teme molto più il sindaco di sua figlia, e non ha intenzione di rischiare la sua rabbia. Non risponde nemmeno.

Roxanne sospira, rassegnata, sospira quotidianamente, la povera ragazza, e Norris non può fare a meno di dispiacersene, almeno un po’.

C’è una cosa buona da dire riguardo all’anticipo di sua madre, almeno nessuno la guarda scendere dall’auto di lusso, eccezion fatta, naturalmente, dell’insegnante Eleanor Donner e dei suoi figli: la diciassettenne Marlene e i gemelli di sei anni Hugo, Harold e Hector.

Roxanne scende velocemente dall’auto, per non dare troppo nell’occhio, ma le cinque figure non sono interessate a lei.

-Marlene, non riesco a credere che tu ti sia vestita in questo modo sconcio, se non fossimo stati in totale ritardo ti avrei fatta cambiare- l’insegnante sgrida la figlia, che non la sta neanche ascoltando.

Mastica una gomma con una cuffietta nell’orecchio.

E’ vestita con pantaloncini jeans corti e strappati, una maglietta verde a maniche corte e una felpa legata in vita.

Ai piedi porta converse nere.

Alza gli occhi al cielo, poi guarda Roxanne come a dire “Ma senti un po’ questa pazza!”

Marlene è l’unica ragazza della sua classe che non sembra guardarla con disprezzo o paura.

O meglio, lei e Fred, il suo migliore amico. Anche se Fred più che altro non la guarda, da quello che Roxanne sa.

-Marlene, stammi a sentire quando parlo- Eleanor cerca di attirare l’attenzione della figlia, ma proprio in quel momento il pulmino della scuola accosta al marciapiede, e tutti i ragazzi scendono, distraendo ulteriormente l’attenzione di Marlene, che si precipita nella folla alla ricerca del suo migliore amico.

-MARLENE!- prova a richiamarla l’insegnante, ma è inutile.

Sospira rassegnata, Roxanne la guarda dispiaciuta, anche lei sospira spesso.

Quasi tutti gli studenti passano il quarto d’ora prima delle lezioni a chiacchierare in cortile, alcuni tentano la sorte e passano al Vampire’s Café per una rapida colazione, dato che non è molto distante.

Ma Roxanne è una dei pochi che va direttamente in classe, dato che si sente a disagio in mezzo agli altri, non conoscendo nessuno.

Supera velocemente il gruppetto dei popolari capitanato da Austin Charme e si rintana nella scuola, precipitandosi in classe.

Ma è distratta, e finisce per andare a sbattere contro qualcuno.

-Oh, santo cielo, mi dispiace- prova a scusarsi, lo scontro ha fatto cadere tutti i fogli al povero Harry Hill.

-Non preoccuparti, sul serio, è stata colpa mia, ero distratto- il ragazzo inizia a raccogliere i fogli, Roxanne, rossa come un peperone, si china ad aiutarlo.

-No, è stata colpa mia, non vedevo dove mettevo i piedi- sospira, mentre finisce di raccogliere i fogli.

-Beh, è stata colpa di entrambi, mettiamoci una pietra sopra, d’accor…?- Harry si alza sorridendo timidamente, stringendo i fogli, ma quando posa lo sguardo sulla sua interlocutrice  sgrana gli occhi.

-Oh, Roxanne Goth, non mi ero accorto che fossi tu- sussurra quasi tra se e se.

-Era meglio se non te ne accorgevi- borbotta la ragazza -Tieni i fogli, a che ti servono?- prova a chiedere la ragazza, mordendosi un labbro.

-Sono i registri della biblioteca, lavoro lì part-time, e dovevo riordinare i registri per questo pomeriggio- risponde Harry, cercando di rimediare alla figura fatta prima, per fermare un po’ l’imbarazzo.

-Oh, mi dispiace, sono tutti disordinati adesso- Roxanne porta una mano alla bocca, mortificata, Harry prova a sorridere.

-Non preoccuparti, li riordinerò, ho ancora dieci minuti prima del suono della campana- prova a sminuire il lavoro che lo attende, ma Roxanne si sente così in colpa.

-Posso aiutarti?- chiede, sperando di rimediare al suo errore.

-Ehm…- Harry sembra piuttosto titubante ad accettare l’aiuto della figlia del sindaco, ma osservando l’espressione speranzosa di Roxanne, capisce che la ragazza vuole solo aiutarlo, e, chissà, magari, e dico magari, potrebbe anche nascere una piccola amicizia.

Harry cerca di non darsi speranze, ma gli piacerebbe avere un’amica, quasi quanto a Roxanne piacerebbe avere un’amico.

-Certo, perché no?- le sorride, e si avviano in classe, per far fruttare i dieci minuti prima dell’inizio delle lezioni.

Strano a dirsi, ma a Roxanne, quei minuti solitamente infiniti, ora sembrano davvero troppo pochi.

***

Rapunzel era seduta sulla banchina del porto, in attesa della nave proveniente da Arendelle.

Era quello il momento perfetto per colpire, quando era sola, disarmata, e priva di sospetti.

Ma la donna che una volta era stata sua madre sentiva che qualcosa non andava, non poteva essere così facile.

La principessa osservava cupamente l’orizzonte, evitando accuratamente di posare lo sguardo alla sua destra, nel punto dove aveva perso una delle cose più importanti della sua vita.

Anche Gothel non voleva osservare quel punto per simili ragioni, ma questo Rapunzel non poteva saperlo.

Era lì, infatti, che Rapunzel aveva sfidato Gothel, era lì che si era tagliata i capelli per allontanarsi dalla sua stessa madre.

A Gothel venne un’illuminazione.

Se era lì il luogo, forse qualche capello era ancora da quelle parti, magari incastrato alla pietra in modo tale che nessuno li avesse spazzati via.

Dopo due anni dall’avvenimento era una follia pensare una cosa del genere, ma Gothel voleva provare, era meglio inseguire capelli già staccati dal corpo piuttosto che trovare un modo di staccarne altri, sopratutto a una principessa.

Gothel continuò comunque ad osservarla: i suoi occhi erano persi nell’oceano, i piedi in ammollo nell’acqua, i capelli, ora corti e castani, erano scompigliati nel vento.

Quando una nave comparve all’orizzonte la ragazza sobbalzò, sorrise, e si affrettò a correre in direzione del luogo dove avrebbe attraccato, senza neanche avere la decenza di infilare le scarpe.

Era comprensibile, la principessa Anna era stata ritrovata dopo mesi di assenza, ma Gothel, con il suo animo nero come la notte, non riusciva a capire la sua felicità.

Scosse la testa, e si ritirò nell’ombra, in attesa della sera.

E quando la sera arrivò, Gothel ne approfittò per scendere nel luogo dove era avvenuto tutto e rovistò in giro.

Usò la magia per farsi luce, invecchiando di qualche altro anno, e provò in tutti i modi a scrostare la superficie, per rinvenire qualche capello lungo e castano, ma le sue ricerche furono vane.

Sembrava che la zona fosse già stata controllata, come se avessero saputo le sue intenzioni.

Gothel si batté una mano sulla fronte.

Ma certo, chi altri se non “lui”.

Era probabile che “lui” avesse già allertato tutti i regni del suo piano, ma sarebbe servito ben altro a fermarla.

Dopo aver osservato il suo premio per tutto il pomeriggio, era decisa più che mai ad ottenere la sua vendetta.

Sapeva che era l’ultima occasione, aveva sufficiente magia per ancora cinque incantesimi, escluso il sortilegio, poi sarebbe diventata polvere.

Avrebbe rischiato?

Osservò la finestra, e scorse l’ombra della figlia perduta attraverso le tende.

Si, avrebbe rischiato qualsiasi cosa.

***

-Bene, allora se ti va puoi venire questo pomeriggio, sempre che tua madre te lo permetta, e che tu voglia. Insomma, non devi venire se non vuoi o non puoi- Harry farfuglia cose senza senso, mentre si preparano per tornare a casa.

Roxanne sorride, è stata una giornata divertente, dopotutto. Ed è davvero una meravigliosa novità.

-Sarebbe bellissimo, non so se riuscirò a convincere mia madre, ma davvero, mi piacerebbe molto- lui l’ha invitata a prendere un libro dalla biblioteca questo pomeriggio. 

Mentre riordinavano i registri lei si era interessata ad alcuni titoli, così lui aveva proposto di prestarglieli.

-Quindi, magari, a tra poco?- le chiede, Harry, speranzoso.

-Si, magari- gli risponde lei, prende la borsa e si avvia fuori dall’aula, con un ultimo cenno di saluto rivolto al ragazzo.

Quando esce dalla scuola con un sorriso tutto denti, sua madre capisce che c’è qualcosa che non va.

-Roxanne, va tutto bene?- chiede, leggermente preoccupata.

-Si, va tutto alla grande, madre. Mi chiedevo… non è che potrei andare in biblioteca questo pomeriggio?- chiede con un sorriso.

Alla signora Goth quasi viene un colpo.

-No, Roxanne, ma che diavolo mi stai chiedendo? Ti ho detto migliaia di volte che non devi leggere. Ti isoli dalla realtà e non capisci più niente- la mette in guardia. Il sorriso di Roxanne svanisce.

-Oh- doveva immaginarlo, sua madre non la farà mai felice, deve esserci abituata ormai. Eppure lei vuole così tanto un po’ di felicità, e questa sembrava l’occasione perfetta.

Le viene un’illuminazione, non sa se funzionerà, ma tanto vale provare.

-No, perché, sai… è per una ricerca di scuola- mente, mordendosi il labbro inferiore.

-Ah, si?- chiede la madre.

-Già, dobbiamo fare una ricerca in biblioteca su… l’importanza delle cariche amministrative dal titolo “Perché abbiamo bisogno del nostro sindaco”- inventa sul momento, probabilmente è una storia che non sta in piedi, ma non sa che altro fare.

-Ah, bene, mi dici che libri devo prenderti e io te li procurerò, ora sali in macchina- le ordina, indicando la portiera.

-Ma... io… pensavo…- ma si interrompe, alla madre non piacciono i borbottii.

-Cosa pensavi?- chiede lei, con sguardo indagatore.

-Che magari potevi accompagnarmi in biblioteca, lasciarmi lì per un’oretta e poi venirmi a riprendere, così non ci saranno libri in casa- prova a proporre, mordendosi il labbro fino a ferirlo.

-Bene, buona idea, posso restare accanto a te e…- inizia la madre, ma Roxanne la interrompe nuovamente.

-Ma da sola ci metterei anche meno tempo- prova a ribattere, il labbro inizia a sanguinare, ma lei non ci fa caso.

Sua madre sembra rifletterci un po’, sale in macchina, accende il motore, va in retromarcia per il vialetto di scuola, poi, quando è quasi in strada, si decide a dare il suo verdetto.

-D’accordo, ma hai un’ora, non un minuto di più- Roxanne può tornare a respirare. E’ la prima volta che mente a sua madre, e per quanto ci sia il senso di colpa, avverte anche una strana euforia. Potrà avere un’ora per se, in biblioteca, e non riesce proprio a crederci.

Torna a sorridere.

-Grazie, madre- e la donna non può fare a meno di chiedersi perché sia eccitata e felice per una ricerca in biblioteca.

***

Gothel si avvicinò con sicurezza alle porte del castello.

Le guardie si guardarono un attimo confuse, prima di sollevare le spade.

Gothel alzò la mano, e usò il primo incantesimo: sonno sulle tutte le guardie del castello.

Tutti i soldati caddero contemporaneamente in un sonno profondo, lasciando libera strada alla donna.

Ma l’incantesimo non funzionava per gli altri abitanti del castello: i reali e i servi.

Dai secondi non temeva nessun attacco, ma conosceva il re Edward e temeva sopratutto i loro ospiti, o meglio, uno dei loro ospiti.

-Ferma lì- la regina Elsa, arrivata quella mattina con la nave che Rapunzel aveva atteso con grande trepidazione, le sbarrò la strada, alzando una mano e facendo comparire dei muri di ghiaccio intorno a loro.

-Salve, regina, i miei ossequi. Spero si stia godendo la ritrovata sorella, perché non avrà molto tempo per farlo- 

Sollevò entrambe le mani, e prima che Elsa potesse in alcun modo attaccare nuovamente, sprigionò un getto di fuoco, che sciolse i muri e colpì la regina, soffocandola.

-Mai giocare con il fuoco- l’avrebbe voluta uccidere definitivamente, ma Elsa non era sua nemica, e le aveva fatto un enorme favore involontario, due anni prima.

La lasciò lì a tossire e velocemente si avviò verso le scale che portavano in camera di Rapunzel.

Le mancavano ancora tre incantesimi, ma era positiva, ce l’avrebbe fatta, se lo sentiva.

Salì velocemente le scale, diretta verso la camera della figlia, ma la trovò sbarrata da due uomini, Edward Crown e Kristoff Bjorgman, con le spade sguainate.

-Edward, che piacere rivederti, caro- salutò la figura più anziana.

-Non avrai niente da mia figlia, Narissa, puoi giurarci- la minacciò lui.

Gothel sorrise malvagia.

-Ero anche tua madre una volta, hai già dimenticato tutto?- chiese, fingendo tristezza.

Il re non se la bevve.

-Non sei mai stata mia madre, e non sei neanche la madre di mia figlia- attaccò con la spada, e Gothel usò il suo terzo incantesimo per farli da parte, ed entrare finalmente nella stanza.

-Ah, e comunque sono Gothel, per tua informazione, non più Narissa- disse al re, prima di sigillare la porta alle sue spalle.

Entrata usò anche il penultimo incantesimo per sigillare la porta, per evitare che qualcuno la disturbasse, poi si guardò intorno, per cercare la figlia.

-Rapunzel- la chiamò, con la sua solita vocetta squillante.

Sentì un gemito venire da dietro le tende, e vi si precipitò velocemente.

Appena le aprì la vide.

I suoi occhi verdi erano spalancati in un’espressione terrorizzata, era accucciata a terra, e teneva le mani sui capelli, per impedire che qualcuno glieli portasse via.

Gothel voleva usare l’ultimo incantesimo per prendere i capelli alla figlia, ma esitò.

In fondo, dopo averli presi, doveva assolutamente trovare un modo di scappare, e non poteva farlo senza la magia.

Fuori dalla porta la donna iniziò a sentire i tonfi degli uomini che cercavano di abbattere la porta.

Non aveva molto tempo.

-Rapunzel- cercò di attirare l’attenzione della figlia con voce dolce, ma lei la osservava spaventata, e con le lacrime agli occhi.

-Non ti darò i miei capelli, non più- scosse la testa, stringendo ancora più forte le mani sui capelli, e strisciando sul pavimento per allontanarsi dalla donna.

-Rapunzel, me ne basta uno solo, altrimenti morirò entro l’alba- se c’era una cosa che sapeva della figlia era che non avrebbe mai lasciato morire qualcuno, se poteva evitarlo, chiunque esso fosse. Aveva un cuore schifosamente buono e generoso.

La ragazza, infatti, sgranò gli occhi.

-Vuoi lasciarmi morire, Rapunzel?- chiese dolorosamente la donna.

-Non hanno più poteri, non puoi tornare giovane- ribatté la ragazza.

-Hanno il potere che mi serve, ed ora, dammeli!- porse la mano, decisa a prendere l’ultimo ingrediente.

-Vuoi distruggere tutti noi, io non posso permetterlo- la ragazza si guardò intorno, prese una padella dal comodino più vicino e la sollevò davanti a se, pronta a difendersi.

-Non so cosa “lui” ti abbia detto, ma voglio rendervi tutti immortali, non voglio distruggere niente, vuoi davvero lasciarmi morire, fiorellino?- chiese, in tono addolorato.

Rapunzel non sapeva che fare, le sua mani tremavano, era totalmente indecisa, là, davanti a lei, c’era la donna che l’aveva tenuta schiava nella torre per quindici anni, che l’aveva sfruttata per essere immortale, che l’aveva allontanata dal mondo e dalla sua vera famiglia per vendetta e per egoismo.

Eppure, per quei quindici anni, era stata sua madre, e lei, nonostante tutte le cose orribili che aveva fatto, non poteva lasciarla morire, non poteva.

Abbassò tremante la padella, poi portò una mano ai capelli, Gothel la fissava incredula, come se non riuscisse a credere di essere riuscita a convincerla.

Rapunzel, con le lacrime che iniziavano a rigarle le guance, si staccò un capello, e chiudendo gli occhi e voltando la testa in modo da non osservare ciò che stava facendo, tese il braccio, porgendolo alla strega.

Gothel, prese, come fosse il tesoro più prezioso del mondo, il capello in mano, poi sorrise, soddisfatta e malevola.

Rapunzel ritirò il braccio, e iniziò a singhiozzare.

Si sentiva debole, stupida, sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma non era riuscita a rifiutare.

In quel momento la porta si spalancò, e tre figure si riversarono all’interno della stanza.

Edward e Kristoff davanti a tutti, che si precipitarono verso la vecchia donna.

Poi Anna, che subito andò da Rapunzel per accertarsi delle sue condizioni.

-Gothel, non hai modo di scappare- gli urlò contro re Edward -I confini del castello non permettono il teletrasporto- le ricordò, ma lei osservava il capello con trionfo, e nessuno, neanche re Edward, glielo avrebbe portato via.

-Oh, lo so bene, ma avete perso- mostrò il capello alle tre nuove comparse, che sgranarono gli occhi, poi, prima che il re potesse gettarsi contro la donna, ella indietreggiò, e si buttò giù dalla finestra, usando l’ultimo incantesimo per teletrasportarsi a casa, nel suo castello.

-NO!- esclamò il re, con rabbia.

-Mi dispiace, papà- Rapunzel era sopraffatta dai singhiozzi, mentre Anna la stringeva a sè, cercando di calmarla.

-Ti ha fatto qualcosa? Stai bene? Quella maledetta strega!- il re si avvicinò alla figlia rinfoderando la spada, per controllare le sue condizioni.

Rapunzel annuì.

-Sto bene, è solo colpa mia, gliel’ho dato io- si prese la testa tra le mani, il re era incredulo.

-Sarebbe morta se non glielo avessi dato, non potevo ucciderla- continuava a piangere.

-Non preoccuparti, Rapunzel, hai fatto ciò che è giusto, vero zio?- provò a consolarla Anna, rivolgendosi poi a Edward

Il re si arrese.

-Anna ha ragione, non potevi fare altrimenti- ma lo disse solo per consolare la figlia, non lo credeva davvero.

***

-Roxanne, fatti trovare qui davanti per le cinque e mezza precise, io devo andare al Vampire’s Café per parlare con il signor Davis, e ricordati che non voglio che tu prenda nessun libro- le rammenta, Roxanne annuisce convinta, prende la borsa con il necessario per la “ricerca” e si avvia in biblioteca, felice coma una pasqua.

La signora Goth, però, non è ancora molto convinta dalla situazione, e si avvia verso il Vampire’s Café per beccare la professoressa Donner, e chiederle la verità sulla ricerca.

Roxanne non è preoccupata da ciò che potrebbe scoprire la madre, dato che ha già la bugia pronta, perciò entra in biblioteca senza particolari pensieri negativi.

Per fortuna è un luogo abbastanza vuoto, ad eccezione di Greg il bibliotecario e di Harry.

Greg, che sta parlando con Harry e che tiene tra le braccia sette pesanti volumi, a vedere Roxanne sobbalza, e fa cadere tutto.

-Oh, santo cielo, la figlia del sindaco!- esclama, chinandosi per raccogliere i libri.

-Ciao Roxanne- la saluta Harry, non riesce a credere che sia venuta.

-Ciao Harry, allora, mi fai fare il giro?- chiede, lui sorride.

-Certo-

Passano una splendida mezz’ora a parlare e a cercare il libro giusto, finché non arriva un messaggio al cellulare di Roxanne.

“Non c’era nessuna ricerca, arrivo tra dieci minuti e facciamo i conti” il cuore della ragazza perde un battito.

-Mi dispiace, devo andare- sospira.

-Perché, che è successo?- chiede Harry, mentre riordina un libro nel settore praticamente vuoto delle fiabe.

-Per venire qui ho detto a mia madre che dovevamo fare un compito, beh, deve aver scoperto che non è vero- confessa, tristemente.

-Cavolo, mi dispiace, e solo colpa mia, non dovevo invitarti a venire. Sono stato uno stupido- si autocommisera il ragazzo, dispiaciuto.

-No, figurati, mi sono divertita come mai nella vita. Vorrei solo poter portare un libro a casa- si rammarica, ma non ha trovato il libro giusto, anche se ha il modo di portarlo a casa con una tasca segreta nella borsa.

-Sai, ne vorrei uno fiabesco e pieno di avventure, con personaggi buoni e cattivi, dove il bene trionfa sul male e i personaggi buoni hanno il loro meritato lieto fine- spiega a Harry.

Il ragazzo ci riflette un po’, il settore delle fiabe è praticamente vuoto, hanno solo un paio di libri, ma lui l’altro giorno ne ha iniziato a sfogliare uno che sembrava perfetto per lei.

Si arrampica sulla scala per arrivare allo scaffale più alto.

-Che stai facendo?- chiede confusa Roxanne.

-Bingo!- esclama per tutta risposta Harry, tirando fuori dallo scaffale un volume impolverato dal titolo semplice quanto banale: “Otherland”

Poi scende, tenendo stretto a se il volume.

-Cos’è?- chiede Roxanne, confusa.

-E’ un libro di fiabe, fiabe diverse, ne ho lette un paio l’altro giorno, sembra molto bello e ci sta perfetto nella tasca segreta- Roxanne prende in mano il libro, sembra vecchio ed è impolverato, come se nessuno lo leggesse da tempo.

Sente un brivido lungo la schiena al contatto con il cuoio freddo della rilegatura, e capisce che quel libro è giusto per lei.

-Grazie- gli sorride, aprendo la borsa per far scivolare il libro al suo interno, non sembra pesare molto di più.

-Mi dispiace ancora per quello che è successo- si rammarica Harry.

-Non è colpa tua, ma di mia madre- taglia corto Roxanne.

-Anzi, devo davvero ringraziarti, senza di te questo sarebbe stato un altro noiosissimo pomeriggio come gli altri- Harry sorride, felice nell'udire quelle parole.

-Allora, ci vediamo a scuola, ok?- la saluta, con una stretta di mano.

-A domani- e la ragazza, controllando l’orologio, esce dalla biblioteca.

Un minuto dopo l’auto della madre fa la sua comparsa, e Roxanne sale con la testa bassa.

-Roxanne, perché mi hai mentito, esigo una spiegazione- comincia la madre, mentre riavvia l’auto per tornare a casa.

-Non ti ho mentito, ho capito male io- mente nuovamente lei, sta iniziando a prenderci la mano -Quando sono entrata in biblioteca un ragazzo della mia classe mi ha detto che non c’era la ricerca- abbassa lo sguardo.

-E perché non mi hai chiamata subito?- chiede la signora Goth, che non sa se fidarsi o meno delle parole della figlia.

-Perché ho avuto paura che mi sgridassi per aver capito male, e poi dovevi parlare con il signor Davis, così ho deciso di aspettarti, per non farti perdere tempo, credo che come punizione possa bastare averti delusa- sua madre, però, non è ancora convinta.

-Apri la borsa, fammi vedere se hai preso qualche libro- Roxanne apre e il contenuto è lo stesso che all’andata: un quaderno, matite, penne e pastelli colorati, più il cellulare.

La signora Goth si arrende all’evidenza, sua figlia non ha fatto niente di male.

-D’accordo, fiorellino, ma la prossima volta chiamami subito, siamo intesi?- e dopo averle carezzato il capo come suo solito,  si concentra sulla strada.

Roxanne, silenziosamente, tira un sospiro di sollievo.

***

Gothel non riusciva a crederci, era fatta, il capello era nelle sue mani, ora bastava solo metterlo nella pozione, berla e tutto sarebbe stato perfetto.

Rise malvagia, non si era mai sentita così soddisfatta e potente in tutta la sua vita.

-Ti prepari al trionfo?- una voce severa la fece sobbalzare. 

Strinse con più forza il capello al petto, aspettandosi di vedere Pitch, o, in un’ipotesi molto negativa, “lui”.

Invece c’era solo…

-Divinatrice, cosa ci fa qui? non può fermarmi, ormai ho la vittoria in pugno- si avviò verso la cucina, dove il pentolone bolliva sul fuoco, pronto per ricevere l’ultimo ingrediente.

Ma la vecchia donna si teletrasportò proprio tra lei a la pozione.

-Non ho intenzione di fermarti, solo di avvertirti- Gothel la guardò scettica.

-Avvertirmi? Su cosa, esattamente?- chiese, alzando gli occhi al cielo.

-Il sortilegio funzionerà per molti anni, sarai la più potente della città, e avrai tutto ciò che il tuo cuore brama- cominciò la divinatrice.

-Continua- Gothel sorrise, bramosa di sentire altro sulla sua grandezza.

-Tuttavia… per la tua felicità hai preso qualcosa a quattro ragazzi innocenti, e loro decreteranno la fine di essa- continuò, in tono cupo, l’anziana donna.

-No, perché io lo impedirò- Gothel scansò da un lato la donna, e si avvicinò al pentolone.

-Rammenta solo le mie parole: quando l’orologio comincerà a funzionare, la tua fine sarà vicina, perderai tutto ciò che il sortilegio ti ha fatto guadagnare- la mise in guardia, ma Gothel non la volle ascoltare.

-Ciò non accadrà mai, avrò il mio “per sempre felici e contenti” e non finirà- mise il capello, e spense il fuoco sotto il pentolone.

-Beh, buona fortuna, Norma Goth- la Divinatrice scomparve, con espressione grave.

E Gothel, con una risata malvagia, si preparò a diventare la donna più potente della città.

***

Quando Roxanne torna a casa si precipita immediatamente in camera sua, chiude la porta, abbassa le tapparelle e prende il libro dalla tasca segreta.

-Otherland- legge il titolo, poi nota un sottotitolo che non aveva letto in biblioteca -Cronache dei cinque regni-

Lo apre, interessata.

Le pagine sono ingiallite dal tempo, ma le parole si leggono senza fatica.

Parte con l’introduzione:

“Queste storie sono realmente accadute, in un mondo diverso dal nostro ma ugualmente speciale.

Le storie contenute in questa raccolta sono tutte unite e importanti, e sono diverse dal solito.

Leggere per credere

Anonimo”

Roxanne sorride, poi sfoglia, e, dopo un’immagine con il titolo, ecco che parte con la prima storia: “Dragon”

Vorrebbe cominciare a leggere, ma sua madre la richiama per la cena.

Così, sbuffando, la ragazza nasconde il libro sotto il materasso, e scende le scale.

La signora Goth avverte uno strano formicolio alla base del collo, e si volta verso la finestra che da sulla piazza dell’orologio.

Osserva attentamente il grande orologio fermo da sempre sulla sommità della torre, e sgrana gli occhi.

Tic, tac, tic, tac, tic, tac, tic, tac.

Il respiro della donna si fa leggermente affannato, mentre si rende conto di una cosa: ha cominciato a funzionare.

E se ciò che ha detto la Divinatrice tanti anni fa è vero, la sua fine è vicina.

La donna scuote la testa, va alla finestra e chiude le tende.

Poi chiama sua figlia, per la cena.

Non accadrà, lei non non lo permetterà mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ed eccomi qui con il capitolo uno.

Spero davvero vi sia piaciuto e perdonatemi se l’immagine iniziale fa un po’ schifo, ma è il mio primo esperimento su photoshop.

Come potete vedere ogni capitolo ha delle parti al passato e delle parti al presente che si alternano.

Ci ho messo un po’ a fare il capitolo e il disegno, spero che il risultato vi piaccia, e non so quando aggiornerò il prossimo capitolo.

Spero davvero che questa idea strana piaccia e ribadisco che ho preso il sortilegio da C’era una volta, ma è l’unica cosa che ho preso.

Che altro… Madre Gothel non è morta come nel film (ci sono molte cose cambiate dal film, come anche l'età di Rapunze) e so che il padre di Rapunzel si chiama Thomas, ma l’ho cambiato volontariamente in Edward.

Le coppie saranno canon, vi dico solo questo, (ma anche no, muahahahahah)

Ma non temete, non saranno molto trattate nel presente, perciò spero che le Jackunzeliane e le Mericcupesi non smettano di leggere la fanfiction, perché ci saranno molte contraddizioni riguardo alle coppie, (insomma, sarà un macello totale)

Allora, al prossimo capitolo, e spero di aggiornare “I grandi quattro” nel weekend.

Baci a tutti, e alla prossima.

 

 

 

   
 
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