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Autore: Fonta_S18    07/08/2014    2 recensioni
Raccolta di lettere e pensieri indirizzati a persone diverse senza le quali nulla sarebbe com'è.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Marko,
Oggi sono entrata in casa sua.
Dovevo decidere cosa portare via e cosa lasciare lì.
La verità è che avrei voluto portare via tutto, perfino le pareti.
Sono andata subito in camera sua, ho aperto tutti i cassetti con dentro i vestiti e mi sono seduta sul letto tenendo in mano una delle due camicie.
Ho provato a stringerla forte al petto, sperando di sentirmi come quando mi abbracciava, l'ammetto.
Non ha funzionato.
Quando ho riaperto gli occhi c'ero solo io che abbracciavo una camicia in una stanza vuota.
Allora mi sono sdraiata ed ho cominciato a respirare.
C'era ancora il suo odore nell'aria, era ovunque.
Ho accarezzato le coperte e, non mi vergogno di dirlo, ho canticchiato quella che ormai era la sua canzone.
Ho continuato il giro della casa come una caccia al tesoro.
Una parte di me pensava di trovarlo sempre nella prossima stanza che avrei aperto, pensava di trovarlo lì seduto nell'accendere la luce.
Ma non c'era nessuno.
Non c'era più nessuno.
Sono poche le immagini che riesco a ricordare senza morire dentro: quando seduto accanto a me a tavola rideva, e quando si grattava la testa con fare nervoso.
Ma vedi, caro lettore, quando è sera e provo a chiudere gli occhi per dormire io vedo altro.
Lo vedi ancora sdraiato nel letto numero 4 con il camice bianco, la mascherina verde e i capelli spettinati.
Mi vedo ancora lì a tenergli la mano, a giocare con la sua fede ed a stringere un po' la presa sperando in una sua reazione.
Ma anche lì non funzionava.
Quando tutto attorno a me diventa buio e sono sola io rivedo ancora la bava che gli esce dalla bocca, e che aumenta ogni volta che tentiamo di pulirlo.
Lo sento ancora tossire, sento ancora tutte le mie preghiere e tutte le cose che gli raccontavo di me.
Sento ancora i gemiti che faceva nel respirare.
Mi sento ancora implorarlo di smetterla, di lasciarsi andare perché eravamo stanchi...eravamo tutti così stanchi di stare lì a piangere.
"Io sono proprio qui, non me ne vado, non sei solo...quindi puoi lasciarti andare, puoi finirla." Gli ripetevo con il cuore in gola.
Ma lui non voleva finirla, non voleva morire.
Rivedo quando lo baciai sulla fronte e mi sentii triste ancora una volta, quando lo chiamai per la prima volta in modo affettuoso, sul letto d'ospedale.
E per finire, quando la sera provo a dormire, mi appaiono due scene strazianti: quando ha cominciato a respirare a tratti, quando la sua faccia si è deformata, quando le sue vene sono diventate nere e la sua pelle sudava. 
Quando, poco dopo, è morto; ed io ho soltanto sentito un gran peso togliermisi dentro, ma non sentivo sollievo, anzi.
Ora dentro avevo il vuoto.
E poi, come ultima immagine, vedo lui, bello ed abbronzato, che mi sorride.
  
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