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Autore: SilviAngel    07/08/2014    9 recensioni
Dal testo:
“Ascoltami bene Scott perché te lo dirò solo una volta. Ancora. Io non voglio mettermi con lui” strillò al limite dell’esasperazione Stiles, mentre a passo veloce i due studenti attraversavano il parcheggio della scuola dopo aver terminato le lezioni pomeridiane.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Come tutto cominciò...'
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So che dovrei continuare le fic in corso... lo so...
Piccolo avviso: Derek potrebbe risultare un po' OOC, ma ho voluto immaginarlo un po' impacciato.
Buona lettura

Non ti voglio

 
“Ascoltami bene Scott perché te lo dirò solo una volta. Ancora. Io non voglio mettermi con lui” strillò al limite dell’esasperazione Stiles, mentre a passo veloce i due studenti attraversavano il parcheggio della scuola dopo aver terminato le lezioni pomeridiane.
“Senti” iniziò Scott con il suo solito tono fintamente dimesso e accomodante, ma capace di farti sentire in colpa come nessun altro era in grado di fare “Non ti sto dicendo di sposarlo o roba simile, ma solo di andare con lui a prendere un caffè”
“Solo prendere un caffè? Dimmi che tua madre ha condito l’arrosto della domenica con lo strozzalupo e quindi non sei ancora lucido, ti prego. Perché tu non puoi davvero pensare che io e il mio fragile corpicino possiamo uscire indenni da un qualunque tipo di incontro con quel lupo da strapazzo”
“È cambiato, lo hai visto anche tu. Ora, di tanto in tanto, parla, tenta di socializzare”
“Sì l’ho notato, soprattutto osservando il viso stravolto di Isaac dopo essere stato un intero sabato pomeriggio con lui affrontando i suoi vari approcci umani e tentativi di confidenze. Fidati, c’è qualcosa che non va in lui” insinuò il figlio dello sceriffo, strizzando un poco gli occhi e serrando le labbra.
“Certo che c’è qualcosa che non va! Sembra un cucciolo bastonato perché tu neanche gli parli e tu parli a tutti, anche con chi non conosci”
“Ora non farmi passare per il mostro che non sono Scott, cerca di capirmi”
“Ti capisco, ma cosa ti costa vedervi da soli almeno una volta e parlarci? Gli dici a chiare lettere, ma gentilmente, che non ti piace, che non ti piacciono i maschi. Così se ne farà una ragione. Non ne posso più, anzi non ne possiamo più di vederlo ciondolare con il muso fino a terra. Non riesce più neppure a combattere. Figurati che ieri pomeriggio Malia è riuscita ad atterrarlo in un paio di mosse. Questo è un periodo tranquillo, ma non possiamo rischiare che ci lasci le penne se dovesse presentarsi un nuovo problema”
“Un caffè. Solo un caffè, non più di mezz’ora e poi non ne parleremo più. Mai più” si arrese alla fine Stiles appena prima di sedersi alla guida della Jeep.
“Ok, grazie amico. Siamo tutti in debito con te. Ora lo chiamo e poi ti faccio sapere. Ci sentiamo più tardi” e sorridendo Scott si allontanò dall’auto, dirigendosi verso la moto armeggiando con il cellulare.
Il castano sospirò affranto stringendo con entrambe le mani il volante, sperando di non aver preso l’ennesima decisione sbagliata della sua breve, ma intensa vita.
 
Anche impegnandosi e ragionandoci seriamente, il figlio dello sceriffo non riusciva a comprendere quando esattamente quel qualcosa di assurdo fosse nato.
Si ricordava solo che, a un certo punto – indicativamente tra il disastro numero mille e il cataclisma numero centodieci – Derek aveva iniziato ad ascoltare i suoi consigli, i suoi avvertimenti e, non da ultimo, i suoi accuratissimi piani.
Ed esattamente in quel frangente, tutti, licantropi e non, avevano sentito qualcosa mutare nell’aria.
Derek, ovunque si fosse riunito il branco, non appena entrava nella stanza cercava Stiles e solo dopo averlo trovato, rilassava le spalle e riprendeva a respirare.
Derek costringeva Scott a organizzare le ricerche o gli appostamenti sempre in modo che con Stiles ci fosse un licantropo e non un altro semplice umano, così da scongiurare, per quanto possibile, ogni reale e grave pericolo.
Derek – anche se questo era un fatto sconosciuto a tutta le cricca – non si accontentava di vedere Stiles tornarsene a casa accompagnato dall’amico o da Isaac o addirittura dallo zio – ma era solito anticiparli, arrampicarsi fino alla finestra della sua camera e accertarsi di persona che quel ragazzino, il suo ragazzino, arrivasse a casa sano e salvo e si mettesse a letto.
Erano occorsi un paio di mesi di tutti questi strambi comportamenti abilmente mescolati tra loro prima che i nervi di Derek iniziassero a risentire della tensione accumulata, portando il liceale ad accorgersi finalmente di quanto stesse accadendo attorno a lui.
E quando aveva collocato in ordine perfetto uno accanto all’altro tutti i tasselli, soprattutto dopo aver avuto conferma che anche Scott se ne fosse accorto – prova del fatto che gli indizi fossero grandi almeno quando un cetaceo – Stiles si concesse il lusso di farsi cogliere dal panico.
“Non è possibile Scott, lui mi odia. No, davvero Scotty, la mente mi sta giocando un brutto scherzo, un enorme bruttissimi scherzo. Lui mi taglia sempre fuori da tutto ciò che accade, potesse mi avrebbe già abbandonato nel bosco sperando che non ritrovassi più la strada di casa”
Questa era stata la reazione del figlio dello sceriffo alla faccetta buffa messa su dall’alfa quando aveva esposto la sua strampalata teoria sul comportamento di Derek.
“Smentiscimi, ti prego Scott smentiscimi”
“Mi spiace amico” tutto ciò che quel lupo inutile fu in grado di dire.
 
A questo stava pensando il castano guidando tranquillo verso casa, così concentrato sulle proprie riflessioni da non accorgersi neppure dell’anonima utilitaria a noleggio che aveva iniziato a seguirlo non appena aveva abbandonato il parcheggio della scuola.
Arrivato sotto casa, Stiles spense il motore e uscendo dall’auto sovrappensiero, andò a sbattere contro un muro, o almeno questo pensò.
“Ciao” lo salutò il muro che tale evidentemente non era, rivelandosi essere null’altro che il rampollo di casa Hale.
“Derek” rispose Stiles facendo un passo indietro e guardandolo in viso.
Il moro, nel vedere quello sguardo fisso su di sé, rimase per un attimo incapace di ricordare il motivo per il quale lo aveva fermato invece di continuare semplicemente per la sua strada dopo averlo scortato a casa come d’abitudine ogni pomeriggio, ma stringendo tra le dita il cellulare, ricordò immediatamente lo scambio di sms avuto con Scott.
“Ciao”
“L’hai già detto”
“Hai ragione. Io ho sentito Scott e” iniziò il lupo cercando di non soffermarsi troppo nello sguardo dell’altro.
“Domani dopo la scuola. L’allenamento di lacrosse e un  paio di lezioni sono state annullate quindi potremmo vederci al centro commerciale verso le sedici. Cerca di essere puntuale”
Derek annuì e, sorridendo, se ne andò.
Il figlio dello sceriffo alzando gli occhi al cielo rovistò nello zaino alla ricerca delle chiavi di casa, senza rendersi conto di rimuginare sul fatto che era stato strano e bello vedere Derek sorridere così.
 
Un venerdì con un orario ridotto e senza allenamento sarebbe stato un giorno fantastico per Stiles, se non fosse che ogni attimo la sua mente gli ripresentava il dannato incontro di metà pomeriggio e quasi saltellò dalla gioia quando, con un sms, Scottlo avvisava di aspettarlo a casa, perché c’erano stati dei cambi di programma.
Forse Derek era rinsavito o era partito per l’Alaska, qualunque cosa sarebbe andata bene.
Purtroppo la notizia portata dall’alfa non era quella sperata, ma solo uno slittamento di un paio di ore.
Così i due amici si ritrovarono nella camera del figlio dello sceriffo a chiacchierare per smorzare ansia e attesa.
Quando giunse l’ora di prepararsi, Stiles si portò davanti all’armadio spalancato cercando di infilarsi una anonima T-shirt per accompagnare un altrettanto anonimo paio di pantaloni.
“Amico, credo che dovresti indossare qualcosa di diverso”
“E perché mai dovrei mettermi in tiro per andare a prendere un caffè?” borbottò attraverso la stoffa della maglietta che al momento gli copriva interamente il viso.
“Ecco, sai in realtà non sarà solo un caffè” confessò l’alfa facendosi piccolo piccolo in un angolo della camera del compagno di scuola.
“Che diavolo stai dicendo?” strillò il liceale sbucando dal colletto.
“Io e Kira ne abbiamo discusso e”
“Tu e Kira?”
“Avevo bisogno di metabolizzare la cosa e lei mi è stata d’aiuto e comunque dicevo, ne abbiamo discusso e siamo arrivati alla conclusione che almeno avreste dovuto vedervi la sera. Così il centro sarebbe stato meno affollato di ragazzi della nostra età e forse ti saresti sentito più a tuo agio”
“L’orario dovrebbe mettermi a mio agio?” ripeté con tono irritato e meravigliato dall’ottusità del moro, di certo l’ora del giorno in cui avrebbe dovuto dividere il suo spazio vitale con il mannaro non era il primo dei suoi problemi.
“Pensavamo di sì, ma poi Peter ha detto” riprese a parlare Scott.
“Peter? Scusa cosa centra lui in questa storia?”
“Beh, sai è il primo ad aver notato i cambiamenti in Derek e quindi quando ha captato una parola qui e una mezza frase lì, ha fatto due più due e ha voluto essere informato di ciò che stavamo combinando. Dicevo quindi che Peter dopo aver sentito la nostra proposta di spostare l’ora dell’appuntamento”
“Caffè. È solo un caffè. Non è un appuntamento. Non sarà mai un appuntamento” prese a gesticolare Stiles avvicinandosi rapido all’amico.
“Ok, l’idea di spostare l’ora è stata ben accolta da lui e addirittura ha proposto di cambiare il caffè con incontro alla tavola calda in centro, ma a quel punto è intervenuta Lydia”
“Lydia? Anche Lydia è contro di me?” mugugnò il figlio dello sceriffo sedendosi sul letto.
“Lydia ha iniziato a sbraitare che non avrebbe mai permesso che il vostro primo appuntamento”
“Non è un primo appuntamento. Come diavolo te lo devo dire? Io e quel lupo misantropo non ci frequentiamo, ok? E mai lo faremo”
“Ok, comunque Lydia ha detto che mai e poi mai avrebbe permesso una cosa del genere. La tavola calda è da poveracci, ha sbraitato prima di proporre un ristorante all’ultima moda che hanno aperto in centro pochi mesi fa”
“No, niente ristorantino costoso e di tendenza”
“Infatti, abbiamo concordato tutti sul dire che un posto del genere non era da te e né tanto meno da Derek, quindi eravamo in stallo fino a quando a Chris è venuta un’idea geniale”
“Anche Chris?” gemette lasciandosi cadere di schiena sul letto, oramai esausto e arreso all’evidenza che il tutto si fosse oramai trasformato in un complotto su scala globale.
“L’appuntamento è per questa sera alle otto. Abbiamo prenotato noi in un piccolo locale appartato e tranquillo. È un ristorante italiano appena fuori Beacon Hills e dicono faccia la pizza più buona di tutta la contea. Non è un posto di lusso, è un ambiente famigliare, a detta di Chris, ma ciò non toglie che, tornado a monte, dovresti indossare qualcosa che, beh qualcosa che non sia ciò che hai addosso ora” concluse Scott sorridendo colpevole.
Stiles stava cercando di concentrarsi solo ed esclusivamente sul proprio pensiero, ma le parole dell’amico non mutavano e continuavano a mantenere il loro significato.
Appuntamento. Ristorante. Derek.
“Me la pagherai, anzi me la pagherete tutti, sia ben chiaro. Non so ancora come, ma avrò la mia vendetta” sancì il figlio dello sceriffo, agguantando senza sbirciare e senza riflettere la borsa che l’altro gli stava porgendo, fulminandolo con lo sguardo prima di sparire in bagno.
 
Si concesse una doccia, una lunga e rigenerante doccia, prendendosi tutto il tempo necessario e solo quando si sentì almeno vagamente in grado di affrontare il suo destino, usci dal box, inondando di vapore l’intera stanza.
Asciutto e profumato in piedi al centro della piccola prigione di mattonelle candide, Stiles si fece coraggio e aprì la busta. I primi a vedere la luce furono i pantaloni. Stoffa elegante di un grigio scuro venne stretta per alcuni attimi tra le mani, prima che queste catturassero ciò che ancora era stato per lui acquistato.
Poté così osservare una camicia bianca con bordini, impunture e bottoni dello stesso colore dei calzoni anche se di un tono molto più chiaro.
In silenzio – oramai non aveva molta possibilità di scelta – il liceale indossò tutto e dopo aver cercato di sistemarsi i capelli nel miglior modo possibile, aprì la porta, tornando così mestamente nella sua camera, dove quello che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico lo stava pazientemente aspettando.
“Eccomi qui. Soddisfatto?” ironizzò il padrone di casa.
“Wow, sei molto elegante” ammise sinceramente Scott porgendogli una seconda busta.
“Cosa c’è ancora?”
“Non puoi di certo indossare le scarpe da ginnastica” convenne l’alfa con tono ovvio.
“Gli accessori, certo. Lydia mi ha preso per la sua Barbie personale decidendo di vestirmi da capo a piedi?” sbottò Stiles scoprendo gli ultimi pezzi del suo abbigliamento: scarpe nere lucide, cintura abbinata e un paio di calzini scuri “Calzini?”
“Conoscendoti, aveva il terrore che ne avresti indossati un paio di colore chiaro e così”
“Sì, sì. Ok”
Completato l’outfit e aprendo teatralmente le braccia improvvisando una piroetta su se stesso, il castano, completamente in balia del suo destino, domandò “Ora cosa devo fare?”
 
“Sono quasi le diciassette e trenta e ho avuto il compito di farti da autista, quindi direi che possiamo andare” finse un inchino Scott dirigendosi verso il pianerottolo e poi verso le scale.
“Scusa ma con cosa hai intenzione di accompagnarmi, con la moto? E poi perché mai? Sono in grado di guidare e”
“Useremo la Jeep. Ti porterò al luogo dell’appuntamento”
“Non.È.Un.Appuntamento” disse a denti stretti Stiles seguendo l’amico e arrivando alla porta d’ingresso.
“Ok, ti porterò al luogo X e poi riporterò qui la tua piccolina” spiegò Scott.
“Aspetta un attimo. Saluto mio padre e ci vediamo fuori”
 
Salutato lo sceriffo e sinceratosi che avrebbe cenato con ciò che gli aveva con cura preparato, Stiles uscì di casa, trovando Scott intento a messaggiare.
“Allora” iniziò il mannaro non appena sentì il compagno di scuola avvicinarsi “la prenotazione è a nome Hale”
“Ora spiegami perché non posso prendere la mia auto, altrimenti io da qui non mi muovo”
Scott si ritrovò con le spalle al muro. L’idea era stata di quel demonio di Lydia e l’elemento centrale consisteva nel far sì che i due piccioncini – come la ragazza amava definirli – avessero un unico mezzo di trasporto, cosicché Stiles sarebbe stato obbligato ad accettare un passaggio da Derek a fine serata.
“Amico, lo abbiamo fatto per te” borbottò Scott, non sicuro di dove sarebbe andato a parare “sai se dovessi bere”
“Scott ti prego, tutti sanno chi sono, credi che darebbero alcool al figlio minorenne dello sceriffo?” lo prese in castagna Stiles, attendendo pazientemente la verità.
“Oh dannazione! È colpa di Lydia. Ha detto che se tu fossi stato a piedi avresti dovuto per forza farti accompagnare a casa da Derek e”
“Dammi le chiavi e vai a casa Scott”
“No. Mi ha fatto promettere che lo avrei fatto e lo sai che è tremenda. Mi fa paura, ti prego” lo scongiurò l’amico e Stiles, chiudendo gli occhi e prendendo un lungo sospiro, girò attorno alla Jeep, accettando in silenzio anche quello.
Il viaggio durò circa venti minuti e quando l’auto si fermò nel piazzale di un solitario caseggiato, il figlio dello sceriffo andò incontro al suo destino e salutò il suo carceriere.
 
Un leggero tintinnio preannuncio il suo ingresso nel ristorante e il liceale non ebbe neppure il tempo di richiudersi la porta alle spalle che già un cameriere era di fronte a lui.
“Dovrebbe esserci una prenotazione a nome Hale”
“Sì, certo, mi segua. Il suo amico è già qui” rispose l’uomo indicandogli di seguirlo.
Stiles, tentando di non perdere di vista il suo personale pinguino, serpeggiò tra alcuni tavoli giungendo in una piccola sala dove ogni tavolo era racchiuso da divisori ricolmi di edera capaci di creare vere e proprie aree separate le une dalle altre.
Superata una di queste pareti, il cameriere si fermò, indicò lo spazio che si apriva alla sua sinistra e in un baleno sparì, lasciandolo solo.
Stiles raggiunse il punto in cui l’altro si era arrestato e trovo Derek ad attenderlo.
“Ciao” questa volta fu il liceale il primo a parlare, sedendosi senza attendere alcuna reazione da parte del licantropo “Scusa il ritardo, ma Scott”
“Non sei in ritardo, sono io che ero già pronto, ma poi mi ha telefonato Peter e”
“Non parlarmi di lui, anzi non parlare di nessuno di loro” lo bloccò immediatamente il castano.
“Immagino che tutto questo abbia sorpreso anche te”
“Diciamo che sorpreso forse non è la parola esatta” non riuscì a trattenersi Stiles, disfando il ventaglio di stoffa e adagiandosi il tovagliolo sulle gambe.
“Senti” sospirò, deluso, Derek “se vuoi andare a casa, va bene. Cioè, so che non”
“Lascia stare, ora siamo qui, tanto vale andare avanti, anche perché altrimenti tutti gli altri mi darebbero il tormento chissà per quanto tempo” a queste parole, dette con tono asciutto e duro seguì l’apertura del menù e la temporanea scomparsa di Stiles dietro di esso.
Derek era consapevole che il tempo che avrebbero passato insieme sarebbe stato un evento unico e pur storcendo il naso alla consapevolezza che non fosse desiderato da entrambe le parti, era più che deciso a giocarsi il tutto per tutto.
“So che preferiresti di gran lunga essere a casa a fare i compiti per lunedì” iniziò il maggiore sperando di carpire l’attenzione del più piccolo “ma, che ne dici di goderci la cena e fare due chiacchiere? Hai carta bianca: puoi chiedermi tutto quello che vuoi. So che ci sono mille domande lupesche a cui Scott non è in grado di rispondere”
Gli occhi di Stiles lasciarono finalmente l’elenco dei piatti che era possibile ordinare e gustare e Derek capì immediatamente di aver fatto centro: aveva ottenuto su di sé l’attenzione del ragazzo e avrebbe fatto di tutto per tenerla esattamente lì.
“Davvero risponderai a tutto ciò che ti chiederò?”
“Sì, sempre che siano cose di cui sono a conoscenza e non riguardino persone per le quali non ho il diritto di parlare”
Prima che la serata prendesse realmente piede, il cameriere tornò al loro tavolo pronto per ricevere le ordinazioni.
“Io prendo” iniziò il figlio dello sceriffo “un risotto agli scampi”
“Per me, filetto al pepe verde e verdure grigliate”
Rimasti nuovamente soli, Stiles iniziò il suo interrogatorio.
“Quanti anni hai?”
“Davvero questa è la prima cosa che vuoi sapere? La mia età?” si sorprese Derek, convinto che sarebbe stato surclassato da domande molto più tecniche o mistiche e, abbassando lo sguardo alla candida tovaglia, rispose “Non è facile rispondere. Tu quanti anni pensi io abbia?”
“Non lo so, ogni ragionamento che ho provato a fare cercando di richiamare alla mente tutti i miei ricordi, non reggono. Anche perché, ad esempio, Peter è il padre di Malia che ha la mia età, suppongo, quindi lui dovrebbe averne almeno il doppio e a me invece sembra molto più grande e”
Le parole di Stiles vennero coperte da un piccolo trambusto e si sentì distintamente il rumore di vetri infranti, forse qualcuno a uno dei tavoli vicini aveva avuto un incidente, ma passando oltre, il figlio dello sceriffo tornò a concentrarsi su chi aveva seduto di fronte.
“Ho lasciato Beacon Hills quando avevo diciassette anni e sono stato via per sei anni, quindi quando ci siamo visti nel bosco la prima volta avevo ventitré anni. Parlando di anni umani”
“Quindi devi compiere venticinque anni?” lo interruppe il liceale.
“Sì”
“Quando?” chiese Stiles giocherellando con i denti della forchetta.
“Davvero ti interessa?” chiese curioso e con speranza il mannaro, ricevendo come risposta solo un’alzata di spalle e nulla più “Il 25 dicembre”
“Compi gli anni il giorno di Natale? Che tristezza! No, scusa, non volevo dire questo”
“Oh, hai ragione. L’ho pensato per anni, ma nessuno pareva dargli peso” gli diede corda Derek, rabbuiandosi solo per un attimo nel ricordare ogni capriccio fatto durante la sua infanzia perché riceveva i regali una sola volta a differenza di ciò che accadeva alle sue sorelle, incurante delle spiegazioni che ogni volta suo padre e sua madre tentavano di propinargli “e poi semplicemente a un certo punto, ha smesso di essere importante”
Fortuna volle che le loro ordinazioni arrivassero proprio in quel momento, togliendo entrambi dall’imbarazzo che aveva iniziato a serpeggiare attorno a loro.
Entrambi si concentrarono per alcuni minuti sulle prelibatezza che avevano davanti, quando ad un tratto il tintinnio della forchetta di Stiles sulla porcellana non costrinse il licantropo a sollevare di nuovo lo sguardo.
“Aspetta, hai detto anni umani. Prima hai detto queste esatte parole, cosa intendi dire?”
Derek sospirò, pronto ad affrontare un discorso complicato, o almeno difficile da spiegare a un non mannaro “Non è facile. Come posso farti capire, ecco, per la società un ragazzo di circa vent’anni è molto giovane, spesso ancora intento a studiare, dipendente dalla sua famiglia. Nel mondo animale invece ci sono fasi o tappe più nette e semplici: cucciolo, giovane, adulto. Non so se mi sono spiegato”
“Ho capito. Per gli umani noi siamo dei ragazzini, ma per un branco di lupi avremmo già incombenze e responsabilità maggiori. È questo che stai dicendo? Quindi la tua età anagrafica non corrisponde al peso sociale. Tu sei già completamente un adulto”
“Sì” gli diede conferma Derek gustando la sua carne.
“Wow. Deve essere frustrante” continuò Stiles, riprendendo a mangiare.
“Perché dici così?”
“Beh, è come se fossi spaccato a metà”
“Ci si fa l’abitudine alla fine. Prendi Scott ad esempio, a male pena ha l’età per guidare e dall’altro lato è un alfa responsabile in toto del suo branco”
“Non avevo mai pensato a questa possibilità”
“Cosa pensavi? Che fossimo esseri centenari come i vampiri di Twilight?” rise prendendo un sorso dal calice di vino che aveva ordinato assieme al filetto.
Dopo alcuni attimi di silenzio, Stiles si rese conto dell’enorme ammissione appena fatta dall’altro “Tu conosci Twilight?”
Gli occhi di Derek si spalancarono all’inverosimile, avendo realizzato di aver parlato troppo e cercando di correre ai ripari, rise “Chi non conosce almeno a grandi linee quei libri”
“Libri? Hai letto i libri? Speravo almeno ti fossi limitato ai film, invece no, hai dedicato tempo alla saga”
“Davvero vuoi parlare di questo? Tra tutte le cose che puoi chiedermi, vuoi sapere questo?” sperò di convincerlo a mollare l’osso.
“Va bene, per questa volta passi, ma dovrai confessare prima o poi. Allora, ok, passiamo ad altro: Deaton” sganciò il nuovo argomento, ripulendo con cura il piatto dall’ultima forchettata di riso.
“Cosa vuoi sapere?”
“Lui era l’emissario del branco di tua madre, adesso è l’emissario di Scott”
“No. Deaton non è l’emissario di Scott. È semplicemente l’unico che al momento può aiutare e consigliare un alfa” lo corresse Derek prima di permettergli di continuare.
“Ok, allora se non è lui, chi è l’emissario di Scott?”
“La domanda esatta è chi sarà l’emissario di Scott”
“Non capisco” borbottò Stiles guardandolo in attesa di spiegazioni.
“Di solito i druidi vengono arruolati da altri druidi e da quello che ho visto in questi anni, Deaton si è trovato un valido apprendista” convenne guardandolo sogghignando in modo sfacciato.
“Scott non può essere di certo l’emissario di se stesso” obiettò il liceale non capendo fino in fondo ancora le parole del lupo.
“Stiles, non sto parlando del lavoro di Scott alla clinica. Perché credi che nessuno di noi – e parlo di me soprattutto, Peter e lo stesso Deaton – non ci siamo impegnati poi molto a cercare di tenerti fuori dai nostri casini?”
“Stai dicendo che io”
“Sì, se vorrai imparare. Hai già dimostrato di avere le capacità di interagire con gli elementi mistici. Loro ti obbediscono, inoltre hai voglia di capire come funzionano le cose e faresti di tutti per levare ciascuno di noi dai pasticci. Quindi sì, è il tuo destino, se lo vorrai”
Il ragazzo rimase in silenzio a riflettere su quell’informazione del tutto inaspettata, quando dal tavolo vicino giunse un intento e concitato vociare. Tendendo le orecchie pur non potendo contare su alcun super potere, giurò di aver riconosciuto almeno un paio di voci e inspirando così forte da allargare le narici quasi dovesse sputare fuoco da un momento all’altro, piantò i suoi occhi, ridotti a una fessura, in quelli colpevoli e bassi di Derek.
“Tu lo sapevi”
“Li ho sentiti pochi minuti fa. Tra la chiacchierata e l’odore del cibo prima mi è stato impossibile accorgermene” ammise osservando Stiles alzarsi e aggirare il separé per fermarsi davanti al tavolo accanto.
“Allora” Derek lo sentì iniziare mentre lo raggiungeva, affiancandolo “volete spiegare?”
Di fronte a lui l’allegra combriccola formata da Scott, Kira, Lydia, Peter e Chris lo guardava senza saper come rispondere e aspettandosi che uno degli altri avesse infine il coraggio di rispondere.
Il primo a tentare di buttare lì una scusa fu l’alfa “Ecco noi, beh, volevamo solo essere sicuri che”
“Sicuri di cosa? Che mangiassi a sufficienza?” lo interruppe Stiles prendendolo in giro.
“No, cioè noi speravamo che”
“Oh, smettila Scott” si intromise la loro banshee di fiducia “la verità è che volevamo essere certi che non scappassi dal retro dopo che il tuo amico ti ha lasciato qui davanti e poi, a dirla tutta, io ero curiosa” ammise candidamente prima di sorridere e posare il mento su una mano.
“Siete pessimi, davvero pessimi” scattò il figlio dello sceriffo evidentemente innervosito da quella scoperta “Adesso noi ce ne andiamo e guai a voi, non vi voglio vedere in giro, ok?”
“Noi?” ripeté Derek guardandolo con sorpresa, ma contento al tempo stesso, dato che l’ipotesi che si era immaginato come la più plausibile prevedeva che Stiles, ottenute indietro le chiavi della Jeep, se ne andasse.
“Sì, noi. Vuoi restare qui con loro che origliano ogni parola?” e senza attendere risposta afferrò il mannaro per un polso e se lo trascinò dietro.
Coperti solo un paio di passi, però il castano fece dietro front e, tornato accanto al tavolo dei cospiratori impiccioni, chiarì “Ah, sia chiaro, pagherete voi la nostra cena”
 
“Che caratterino” esordì Peter “prevedo sesso selvaggio tra quei due”
“Peter” si tirò indietro Scott coprendosi le orecchie.
“Non fare il puritano, hai messo tu il tuo migliore amico tra le amorevoli grinfie di mio nipote, quindi scendi a patti con il fatto che queste saranno le conseguenze se siamo fortunati, se invece Stiles gli rifila un due di picche, preparatevi al peggio”
“Non voglio stare qui a sentirti e dato che non abbiamo più nessuno da controllare, io e Kira ce ne andiamo. Lydia vuoi un passaggio?”
“Certamente. Devo finire un paio di saggi per lunedì” e alzandosi afferrò la sua borsa e sparì dietro ai due compagni di scuola, lasciando indietro i membri adulti del complotto.
“E così siamo rimasti noi” buttò lì Peter, puntando il gomito sul tavolo e lasciando cadere la guancia sul palmo della mano.
“Noi e il conto di tuo nipote” lo corresse il cacciatore.
“Tanto vale approfittare della deliziosa cucina di questo locale. Vuoi essere mio ospite?”
Chris rifletté rapido, osservando l’espressione chiaramente maliziosa del lupo e nonostante fosse consapevole di essere uscito di casa disarmato, alla fine, accettò l’invito.
 
Appena uscito dal locale, Stiles si guardò attorno alla ricerca dell’auto di Derek e non trovando ciò che cercava, si voltò indietro, trovando il maggiore che osservava in silenzio qualcosa in basso e seguendo l’inclinazione del suo capo, scorse le sue dita ancora avvolte attorno al polso dell’altro e aprendole di scatto, lo lasciò andare.
“Dove è la tua macchina?”
Derek si riscosse a quelle parole e senza rispondere si incamminò verso sinistra, dove, dopo pochi passi, il liceale vide apparire il profilo del SUV.
“Devo ammettere” iniziò Stiles allacciandosi la cintura di sicurezza “che non ho mai capito come tu possa aver abbandonato la Camaro”
“Non l’ho abbandonata. L’ho lasciata a Cora” puntualizzò il lupo uscendo dal parcheggio e imboccando la statale.
La conversazione languiva miseramente e nessuno dei due sapeva come tornare – e neppure se fosse possibile farlo – alla tranquillità e familiarità raggiunta nel locale solo pochi minuti prima.
Tutto parve però dipanarsi da solo, quando a un bivio, Stiles si accorse che Derek stava per scegliere la strada che li avrebbe condotti verso la casa di suo padre.
“Dove stai andando?
“Ti accompagno a casa” si limitò a spiegare il guidatore.
“E perché? Hai detto che avresti risposto alle mie domande, sei già stufo?” chiese tra il dispiaciuto e l’offeso il minore.
“No. È che ritenevo fosse ciò che desideravi”
“Ora io desidero un dolce, possibilmente enorme. Conosci la gelateria di fronte alla libreria in centro? È vicina al parco, così non dovremmo preoccuparci di sconvolgere poveri avventori con i nostri discorsi soprannaturali”
“Ok” e con un’azzardata inversione a U, che costrinse Stiles ad afferrarsi saldamente al maniglione della portiera per non essere sballottato nell’abitacolo, la destinazione venne mutata.
 
Con, tra le mani, la cialda ricolma di gelato più grande che Derek avesse mai visto, Stiles lo guidò all’interno del parco fino a raggiungere un classico: le altalene.
Accomodatosi con cura sulla seduta, il figlio dello sceriffo prese a lamentarsi sonoramente “Che schifo! Questi pezzi di gomma molliccia che usano adesso per i seggiolini fanno davvero schifo. Ma che male hanno fatto quegli spessi pezzi di legno che usavano una volta?”
Il mannaro si scoprì incapace di trattenere una piccola risata alla strana affermazione del ragazzo mentre leccava con gusto il suo cono.
“Allora, hai altre domande?” domandò d’un tratto Derek guardando il cielo scuro dove erano piuttosto visibili i grossi nuvoloni che si stavano assiepando minacciosi.
“Certo che ne ho, ma al momento sono troppo concentrato sulla delizia che ho tra le mani” borbottò ripulendo con cura una cucchiaiata di dolce “Per anni mi sono privato di questa meraviglia”
“Perché? Cercavi di mantenere la linea?” scherzò il lupo.
“No, è che” iniziò facendosi immediatamente serio “ogni volta che uscivamo dall’ospedale, mio padre mi portava in gelateria, sperando che così mi sarei distratto abbastanza da non chiedergli per l’ennesima volta perché non portavamo a casa la mamma”
“Scusa, non volevo riportarti alla mente”
“Non ti preoccupare, alla fine non è questione di portare alla mente. In un certo senso è come se il pensiero di mia madre fosse sempre lì, nel fondo della mia mente, solo che a volte ci sono cose più urgenti da gestire e affrontare, penso che tu sappia ciò di cui sto parlando”
Il silenzio di Derek gli diede la risposta immaginata e i due continuarono per qualche minuto a gustarsi la quiete del parco.
“Allora” spezzò il mutismo il liceale “passiamo alla domanda scema che mi preme da tutta la serata: com’è la casa di Peter?”
“Cosa?” bofonchiò Derek masticando un pezzo del cono “Perché lo vuoi sapere?”
“Sono curioso. Su dai racconta. È un loft spoglio come il tuo o è più un pied a terre alla Brian Kinney?”
“E chi è questo Brian?” chiese visibilmente alterato Derek. Come poteva quel dannato ragazzino essere lì con lui, interessarsi a suo zio e parlargli addirittura di un altro uomo? “Quando hai visto la casa di questo Brian?”
“In TV. È il protagonista di un telefilm ed è un figo che conquista con uno schiocco di dita – a volte anche meno, a dirla tutta – e casa sua ha visto più sesso di un set porno. Scusa, ma tu sei voluto uscire con me, quindi sei quanto meno bisex e non conosci Queer As Folk?” si stupì Stiles guardandolo come se avesse appena compiuto il peggior oltraggio possibile.
“Secondo te ho il tempo per guardare la televisione?” obiettò con voce compita il licantropo, voltandosi a fronteggiarlo.
“Forse non molto e a ben pensare, non c’è neppure la TV a casa tua” convenne con fare ovvio il figlio dello sceriffo.
“C’è la TV a casa mia”
“E dov’è?”
“Dove nessuno di voi è mai stato” lo punzecchiò ghignando Derek.
“Oh. Beh, ciò non toglie che casa tua sia spoglia”
“Non è spoglia, è semplicemente funzionale”
“Funzionale per chi? Per i ratti?” lo prese in giro Stiles e reggendo con una sola mano ciò che restava del gelato, iniziò a elencare “Da ciò che so, nel loft ci sono: un tavolo, un vecchio divano, sempre lo si possa ancora definire tale, una scala a chiocciola e un buco nel muro e ah, sì, un po’ di cavi sparsi lungo i muri”
Il silenzio di Derek denotò che il mannaro si era sentito punto nel vivo. Purtroppo dovette ammettere che era vero il suo loft pareve più un rifugio, un mero tetto sulla testa che una vera casa.
“Per questo motivo ti ho chiesto di Peter, potrebbe avere gusto per l’arredamento e darti una mano” Stiles si fermò di botto, perché il cellulare che aveva in tasca aveva appena emesso una leggera vibrazione “È Scott vuole sapere se… Cosa? Ma che diavolo di amico ho? Vuole sapere se sei ancora vivo e di me non si preoccupa”
Pigiando un paio di tasti, avvicinò il telefono al volto di Derek “Forza digli che sei ancora vivo” e rilasciando il simbolo per il messaggio vocale di WhatsApp attese che il moro compisse quanto richiesto.
 
Dopo alcune ulteriori chiacchiere senza senso, Stiles e Derek, terminati i loro dessert, si alzarono e si diressero in un imbarazzante silenzio verso il SUV.
Un clima teso e difficile da gestire prese posto esattamente in mezzo a loro e non se ne andò per tutto il viaggio di ritorno. Solo quando l’auto si fermo sul ciglio della strada, a pochi metri dalla porta della casa dello sceriffo, improvvisamente i due ragazzi parlarono all’unisono, biascicando mormorii privi di senso e così, sorridendo e senza dire nulla, Stiles scese dalla macchina, mentre Derek si affrettava a compiere lo stesso gesto per raggiungerlo sul vialetto.
“Grazie” disse con sincerità e dolcezza disarmante il lupo “So che se avessi potuto scegliere non avresti mai passato del tempo con me, quindi grazie, davvero”
“Non è stato così male. Se non fossi sempre così burbero e orso, non avrei dovuto farmi incastrare da tutti gli altri in un’uscita per scoprire che non sei così male come pensavo”
“Mi spiace non aver potuto rispondere a tutte le tue domande” ammise Derek guardando l’altro dritto in viso.
“Beh, a quello potremo rimediare la prossima volta” rispose con ingenua spontaneità Stiles alzando le spalle e beandosi della sorpresa e incredulità che rivestirono in un attimo il viso di Derek.
“Prossima volta?” ripeté il licantropo.
“Certo, penso tu avessi in programma di offrirmi la cena, ma ad essere pignoli me l’ha offerta, credo, tuo zio e non ritengo che questa cosa vada bene” ironizzò il figlio dello sceriffo e compiendo il passo che, unico e ostile, li separava, si portò esattamente di fronte al maggiore e, con un sorriso leggero e sincero, si spinse in avanti.
Posando un piccolo bacio sulla guancia del mannaro, Stiles bisbigliò, ancora vicino alla sua pelle, così dannatamente e pericolosamente vicino, un semplice “Buonanotte Derek”
   
 
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