Il treno volava veloce sulle rotaie e una pioggerella sottile picchiava sui finestrini. Angela, assieme ad altri pochi passeggeri, se ne stava raggomitolata sul proprio sedile, le ginocchia strette al petto e le cuffie nelle orecchie.
Non stava esattamente “scappando”, si stava piuttosto prendendo una pausa. Da cosa non lo sapeva esattamente. E non sapeva nemmeno quando o se sarebbe tornata indietro.
 
Sette mesi dopo.
 
«L’appartamento è all’ultimo piano. Niente ascensore, amico, ti dovrai fare un po’ di rampe. C’è tutto: mobili, acqua, luce, gas, tv via cavo, acari… un appartamento modello, insomma. I proprietari sono morti da tempo, mo non avendo figli non hanno…»
Tom seguiva pedissequamente il padrone su per le scale, mugugnando ogni tanto in segno d’assenso, giusto per fargli credere che lo stesse ascoltando. Non era molto interessato alle qualità dell’appartamento, tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento era un buco dove vivere. Possibilmente a buon prezzo e con un posto macchina.
Così aveva spulciato un paio di annunci su internet ed era incappato in una bettola polverosa, disabitata da tre anni, in una città dove pioveva sempre. Ma era proprio di fronte all’università, quindi aveva accettato, anche se, un po’ controvoglia.
Entrato in casa, congedò velocemente il padrone e chiuse la porta a chiave.
L’appartamento era più grande di quanto non sembrasse in fotografia e, tutto sommato, non era poi tanto brutto. Era luminoso e… essenziale. Un buon affare, dopo tutto.
Non si prese nemmeno la briga di curiosare in giro.
Era perfetto e, per la prima volta in vita sua, poteva dire di sentirsi veramente a casa.
Si distese sul pavimento e  restò lì ad osservare il pulviscolo danzare, illuminato dalla luce che filtrava fievolmente attraverso le imposte chiuse; finché non si addormentò profondamente.
 
Tom si svegliò che ormai era tardi. Il viaggio era stato lungo e debilitante. Si sentiva la mente annebbiata e gli occhi gli bruciavano terribilmente. Era come se fosse in uno stato permanente di jetlag, si sentiva davvero uno schifo e non aveva portato con sé nemmeno un’aspirina.
Grandioso.
Decise che una boccata d’aria fresca non gli avrebbe di certo fatto male.
Gironzolò un po’ per le vie del centro senza mai allontanarsi troppo dall’università; le parole “senso dell’orientamento” non facevano parte del suo vocabolario.
Ogni tanto qualcuno gli lanciava un’occhiata curiosa, ma era inevitabile; le facce nuove non passano inosservate nelle piccole cittadine e a Tom la cosa non dava fastidio.
Concluse che quel posto gli piaceva, sembrava tranquillo, e gli abitanti non davano l’aria di essere troppo invadenti.
Aveva il presentimento che lì si sarebbe trovato bene.