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Autore: A li    11/09/2008    8 recensioni
Bella, c’era scritto. E poco più sotto un’altra frase. La rilessi con l’ansia in ogni mio gesto.
I’ll Be Waiting (Io aspetterò).
Mi morsi il labbro inferiore, per non permettere alla paura inspiegabile di invadermi il petto. Di cosa, avevo paura? Di cosa?
E poi capii. Sotto la frase c’era un’altra parola incisa.
Il tuo Jake.
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Swan, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Poco tempo fa ho riletto Twilight, New Moon ed Eclipse

NdA: Poco tempo fa ho riletto Twilight, New Moon ed Eclipse. Lentamente mi sono accorta che, se fossi stata al posto di Bella, inevitabilmente, io avrei scelto Jacob, al contrario di ciò che pensavo prima. Per questo motivo ho scritto questa ff, che è un tributo al pairing BellaxJacob. Naturalmente è scritta senza le informazioni che potrebbero essere ricavate da Breaking Down, dato che non l’ho ancora letto (aspetto la copia italiana!)

Spero vi piaccia.

La canzone utilizzata è I’ll Be Waiting di Lenny Kravitz. Bellissima, tra l’altro. E perfetta per la trama!

Buona lettura!

---

 

As long as I'm living, I'll be waiting
As long as I'm breathing, I'll be there

 

Finché vivrò, io aspetterò

Finché avrò respiro, ci sarò

 

*Please, Come Home*

 

- No, Edward -

Mi lanciò un’occhiata, per studiare la mia espressione, poi annuì. Mi prese la mano e la strinse con forza tra le sue, poi mi lasciò un lieve bacio sulle labbra.

- Grazie – bisbigliai.

Aprii la portiera della Volvo grigio metallizzato e scesi con calma, cercando di impedire alle mie gambe di tremare. Smisi quasi subito di provarci. Del resto andavo a dire addio a mio padre: la paura era comprensibile. Mi allontanai dall’auto chiudendo gli occhi e cercando di regolarizzare il respiro.

Pregai mentalmente che Edward non si accorgesse di nulla.

Arrivai di fronte alla porta di casa mia e restai un istante a studiarla. Dietro di me, il motore della Volvo emise un debole ruggito e se ne andò. Sapevo che Edward sarebbe stato all’uscita del vialetto. Sapevo che mi avrebbe aspettata con calma e mi avrebbe dato tutto il tempo che volevo. Esattamente come mi avrebbe aspettata per l’eternità.

Con un dito sottile, percorsi il profilo della porta di legno. Dentro di me sentivo che non l’avrei più rivista, anche se era una cosa assurda. Forse, non l’avrei più sfiorata come umana.

Sentii un groppo premermi in gola. Lanciai un’ultima occhiata alla facciata familiare della casa, poi entrai.

- Bella… Sei tu? -

A quella voce il mio stomaco ebbe un sussulto. Perché oggi ogni più piccola cosa mi metteva le vertigini? Perché tremavo ad ogni sguardo dei miei amici e dei miei genitori?

Perché non riuscivo a staccarmi dalla mia vita?

- Sì… - risposi, con un filo di voce – Sono io. -

Appoggiai la giacca all’appendiabiti ed entrai nel salotto, dove Charlie stava guardando tranquillamente la televisione. Lo invidiai: anch’io avrei voluto essere così calma e serena.

Quando feci un passo verso di lui, si voltò.

- Oh, Bells… - sussurrò – Oggi non sei con Edward? -

La sua voce era strana, aveva una nota malinconica che non riuscii ad identificare. Sembrava che pronunciare quelle poche parole gli costasse un enorme sforzo.

- Beh… - replicai, cercando di tenere a bada il tremore che minacciava d’invadermi – Domani parto per l’università, così pensavo di salutarti come si deve. -

Tentai di sorridere, ma ne venne fuori solo una smorfia.

Lui non cercò neanche di sorridere. Sul suo viso potevo leggere una tristezza che sconfinava nella disperazione: un sentimento inadatto ad un padre che saluta la figlia che sta per andare all’Università.

Senza sapere perché, mi sporsi e lo abbracciai. Sentii il suo corpo rigido, impacciato: né io né lui eravamo molto bravi nelle dimostrazioni d’affetto. Ma ben presto si lasciò andare e ricambiò con spontaneità quella stretta, che forse significava molto di più per me, che per lui.

Mentre appoggiavo il viso sulla sua spalla, cercai di assaporare il suo profumo: era un aroma così particolare: era quello che sentivo tutti i giorni qui a Forks; era l’odore della cittadina. Mi stupii di quanto mi fosse familiare. Lo inalai come se fosse il mio ultimo respiro: probabilmente la prossima volta che lo avrei abbracciato, il mio olfatto avrebbe percepito solo il dolce sapore del sangue.

Rabbrividii e Charlie lo scambiò per freddo.

Mi allontanò da sé e mi squadro un momento pensieroso.

- Hai freddo? -

Scossi la testa, incapace di parlare. Se l’avessi fatto, sicuramente mi sarebbe uscito un rantolo incomprensibile.

- Ah. -

Restammo qualche secondo in silenzio a guardarci. Ci studiammo, incapaci di capire perché lo facessimo.

Ero sicura che non avrei mai dimenticato i suoi occhi: forse il suo spirito capiva la verità, forse poteva percepire il profumo di addio nell’aria, perché il suo sguardo era perso, lontano.

- Sai, Bells… - bisbigliò – Questa mattina mi è tornato in mente quando sei arrivata qui. – sospirò e scosse la testa, sorridendo triste – Eri così disperata: te lo si leggeva negli occhi… -

Cercai di tirarlo un po’ su, mentre il cuore mi si stringeva a quelle parole.

- Sì, ma alla fine sono rimasta, no? – sorrisi, - Sono qui, adesso. -

Non appena ebbi pronunciata quella frase, me ne pentii. Sono qui. Non era la migliore cosa che potessi dire, visto che l’avrei lasciato quel giorno. Non ero forse venuta a dirgli addio?

Improvvisamente, la vita trascorsa a Forks mi passò davanti, come in un film. C’ero io, c’era Charlie… E poi, la prima volta che avevo visto Edward; Jessica, Mike, Angela, con tutto ciò che avevamo passato insieme. E infine c’era lui.

Jacob.

Scacciai all’istante quel filmato mentale che minacciava di farmi esplodere. Avevo giurato, no? Avevo promesso a Edward che non avrei versato più una lacrima per Jacob Black.

Mi sentii mancare l’aria, come quando Edward mi aveva lasciata nel bosco, quasi un anno prima. C’era qualcosa, nella casa, in quei ricordi, che non mi lasciava respirare, che mi costringeva a boccheggiare.

Charlie mi guardò un momento, preoccupato.

- Papà… - sussurrai, mentre le lacrime stavano per scendere.

- Bells…? -

Nei suoi occhi leggevo una strana inquietudine, come se avesse capito quello che stavo per dirgli. Ma non potevo tirarmi indietro. In quella casa, in tutta Forks, dappertutto trovavo una parte di me che mi costringeva a ricordare e a soffrire. Se volevo sopravvivere al dolore, sarei dovuta andarmene all’istante.

- Io parto. – dissi, ferma, sperando irrazionalmente che comprendesse la verità dietro quelle parole, che ne capisse il vero senso: sarei partita per sempre.

Ci fu un attimo di silenzio.

Non rispose, forse capì, ma non lo seppi mai.

- Addio. -

Corsi fuori velocemente, pregando che Charlie non mi seguisse, pregando ogni dio esistente che non mi cercasse e che quella sarebbe stata la nostra ultima conversazione.

Le mie gambe si muovevano da sole e prima che potessi capirlo, mi ritrovai sul retro, dove iniziava il bosco di Forks.

Avrei dovuto raggiungere Edward e invece mi lasciai cadere sull’erba e piansi.

Le lacrime scesero incontrollabili, mentre la mia mente, contro la mia volontà, rivangava ogni mio ricordo degli ultimi due anni, di quelli più belli e terribili della mia vita.

Quando smisi di piangere, avevo gli occhi gonfi e le labbra arrossate e umide. Mi ressi in piedi a fatica e rimasi ferma di fronte alla foresta.

Immobile, penetrai con lo sguardo quelle piante messe lì da secoli, cercai di sentire il loro respiro, ma tutto ciò che percepii fu un enorme silenzio. Un silenzio tetro e ostile, che sapeva di abbandono, di rifiuto.

Di addio.

Posai gli occhi all’entrata del sentiero e mi si fermò il cuore. Cominciai a respirare affannosamente, mentre correvo verso la pianta gigantesca che delimitava l’entrata. Rischiai d’inciampare più volte, ma non me ne curai.

Raggiunsi l’albero velocemente e vi appoggiai le mani sopra. Sulla corteccia, un’incisione, quella che aveva richiamato la mia attenzione, percorreva dall’alto al basso il tronco e sembrava fosse stata fatta dalle unghie di un animale.

No, non di un animale. La mia mente giocò contro di me e comprese quello che io invece cercavo disperatamente di non capire, per il mio bene: di un lupo.

Passai la mano sul legno intaccato dalla rabbia di quelle zampe enormi. Se mi sforzavo, potevo ancora sentire il calore e la furia che l’avevano inciso. Per un attimo, provai il desiderio irrefrenabile di percepire quel calore sulla mia pelle, in un abbraccio che non sarebbe mai più arrivato.

Bella, c’era scritto. E poco più sotto un’altra frase. La rilessi con l’ansia in ogni mio gesto.

I’ll Be Waiting (Io aspetterò).

Mi morsi il labbro inferiore, per non permettere alla paura inspiegabile di invadermi il petto. Di cosa, avevo paura? Di cosa?

E poi capii. Sotto la frase c’era un’altra parola incisa.

Il tuo Jake.

Il mio…? Il mio? Il cuore fu attraversato da una fitta. Il mio. Certo, quella parte di Jacob che avevo capito troppo tardi di amare: era quella che mi avrebbe aspettato. Per sempre, compresi, con dolore. Perché io, non sarei mai tornata da lui.

Feci per voltarmi e andare via, ma qualcosa attirò la mia attenzione. Nascosta dalle felci, in modo che solo qualcuno che avesse voluto vederla l’avrebbe vista, c’era un’ultima incisione.

Vai avanti, ti prego.

Per un attimo, pensai che si riferisse alla mia vita. Aveva capito che non sarei tornata da lui e voleva che mi lasciassi lui stesso alle spalle? Voleva che fossi felice anche se sarei stata con Edward?

Mai poi capii. Parlava in senso letterale. Era come dire: prosegui. Voleva che entrassi nella foresta?

Le mie gambe stavano già decidendo per me, quando mi riscossi. Non volevo più soffrire. Forse Jake era nascosto in mezzo agli alberi e mi aspettava. Forse voleva dirmi addio, o forse cercare ancora una volta di convincermi. Ma non volevo che lo facesse. Mi faceva stare malissimo pensare che avrebbe sofferto, ma avevo fatto una promessa.

Basta, non volevo più piangere. Avevo preso la mia decisione.

Tornai verso casa e imboccai il vialetto, pensando alle parole di Jacob. Perché, per quanto mi sforzassi di dimenticarle, loro erano lì, incise nella mia mente esattamente come lo erano nella corteccia dell’albero.

Arrivai alla macchina di Edward e qualcosa nella sua espressione mi trattenne dall’aprire la porta. Era triste, ma non riuscivo a spiegarmi perché. Forse mi aveva visto piangere? Forse…?

Spalancai la portiera, ma non salii. Lui mi lanciò un’occhiata che non capii.

- Perché hai pianto, Bella? – mi chiese, la sua voce era affranta.

Abbassai lo sguardo. – Mi spiace, Edward… - sussurrai.

- Non ti dispiacere, non è colpa tua. – disse – Volevo solo sapere per cosa hai pianto. -

Mi sentii sprofondare: non volevo proprio dirglielo. Sapevo quanto Edward stesse male a vedermi piangere per il mio passato e avrebbe sicuramente tentato ancora una volta di dissuadermi. Non volevo. Ormai eravamo sposati e non avrei fatto un solo passo indietro.

Ma come potevo evitare la sua domanda?

La risposta mi balenò in mente così chiara, che ne fui spaventata. Ma era l’unica soluzione.

- Edward… - tentai – Ho dimenticato di fare una cosa. -

Lui mi guardò con un’espressione indecifrabile, ma io capii che non voleva lasciarmi.

- Farò veloce… - bisbigliai, mentre mi sentivo così meschina a cercare di evitare le sue domande. – Tu vai a casa e torna a prendermi fra un’ora o due. Sarò qui. -

Si rabbuiò, ma poi sorrise.

- Bella, - bisbigliò dolcemente – Ho aspettato cent’anni che arrivassi… Saprò aspettare due ore. -

Mi morsi un labbro, ma annuii. Non avrebbe fatto differenza. Sperai solo che nel frattempo si scordasse della domanda a cui non avevo dato risposta.

Velocemente, corsi verso la casa, ma tenendomi su un lato del vialetto in modo che Charlie non potesse vedermi. Giunta alla porta, cambiai direzione sicura che Edward non mi avrebbe visto e arrivai sul retro. Corsi fino all’inizio del sentiero e mi fermai. Le parole scritte da Jacob erano ancora lì, esattamente come prima.

Avevo dimenticato di fare una cosa, come avevo detto ad Edward? Forse era questo che il mio cuore sentiva. Dare ancora una possibilità a Jake. Solo una di più.

Sfiorai la corteccia dell’albero ed entrai nella foresta. Era pomeriggio e le radici erano in bella vista. Cercai di evitarle facendo del mio meglio, mentre proseguivo nel folto del bosco. Mi addentravo sempre di più, ma non vedevo nessuna altra scritta di Jacob. L’unica cosa che m’impediva di pensare di aver frainteso le sue intenzioni erano le frequenti unghiate che vedevo sulle cortecce ai lati del sentiero.

Man mano che avanzavo, una strana sensazione di ansia s’impadronì di me. Sentivo di essere già stata in questa parte del bosco, il che era vero. Ma tutto, ogni albero mi era familiare in un modo particolare, come se lo avessi visto in un sogno ricorrente.

Quando giunsi dove Jacob voleva che arrivassi, capii perché tutto fosse così conosciuto. Ero arrivata nella piccola radura in cui Edward mi aveva lasciato l’anno prima. Quante volte avevo ripensato a quel tragitto fatto insieme a lui? E quante volte lo avevo rivisitato piena di angoscia nei miei incubi?

Mi inginocchiai per terra, strappando l’erba rabbiosamente. A che gioco stava giocando, Jacob? Voleva farmi stare male? Voleva farmi soffrire come io avevo fatto soffrire lui?

O forse faceva tutto parte di un suo disegno?

Alzai la testa e vidi che, dalla parte opposta a quella in cui ero accovacciata io, appesa ad un albero, c’era una foto sovrastata da una scritta come quella all’entrata del sentiero.

Mi avvicinai e cercai di riconoscere la figura raggomitolata che la foto ritraeva. La scrutai un momento e trattenei a stento un’esclamazione sorpresa.

Ero io, riversa a terra e raggomitolata su me stessa, infangata e bagnata. Ero io, in quella stessa radura, un anno prima. Ero io, dopo che Edward mi aveva lasciata.

 

He broke your heart (Lui ti ha spezzato il cuore)
He took your soul (E ti ha preso l’anima)
You're hurt inside  (sei ferita dentro)
Because there's a hole  (Perché c’è una voragine)

 

Lessi quelle righe trattenendo il respiro. Era vero. Quelle parole descrivevano esattamente come mi ero sentita dopo l’abbandono di Edward. Sola, disperata. E vuota. Quella voragine si apriva dentro di me ad ogni ricordo, come se volesse divorarmi.

Le lacrime mi minacciarono di nuovo. Ero così facile da leggere? Come aveva fatto Jacob a capirmi così bene? Come aveva potuto vedere la voragine che si apriva dentro di me ogni giorno e che solo lui era riuscito almeno per un po’ a curare?

Sfiorai quelle parole con le dita, come avevo fatto per quelle prima e sorrisi, lasciando che le lacrime scendessero libere. Del resto ero sola. Potevo sfogarmi finchè avessi avuto il cuore in pezzi.

Quando ebbi di nuovo la forza di muovermi, avanzai faticosamente in mezzo agli alberi, ansiosa di sapere cosa mi attendesse. Ogni parola sarebbe stata una pugnalata, lo sapevo, ma non potevo andarmene.

Dovevo sapere.

O forse volevo.

Avanzai per un buon quarto d’ora prima di scorgere la scritta e la foto successive. Erano su un ramo che pendeva pericolosamente sul sentiero. Quasi non le vidi.

Alzai gli occhi per puro caso e me le trovai davanti.

La foto mi ritraeva in cucina. Il mio viso mi fece venire i brividi. Ero più pallida del normale, scavata. Avevo lo sguardo spento e vuoto. Guardavo la mia scodella di cereali, ma sapevo che non la stavo guardando.

 

You need some time (Hai bisogno di tempo)
To be alone (Per stare da sola)
Then you will find (E allora scoprirai)
What you always know (Quello che hai sempre saputo)

 

Mi chiesi come avesse fatto a scattare quella foto, o ad averla. Era stato Charlie? Non lo sapevo, ma in realtà non mi interessava. Lessi le ultime due righe, ma non le capii. Cos’era che avevo sempre saputo?

Proseguii senza fermarmi. Quelle parole mi risuonavano in testa come una canzone ascoltata per troppo tempo. Ormai erano mie e sentii che non le avrei più scordate.

Il tempo passava, ma non me ne accorgevo. Ripetevo le frasi di Jacob tra me e me, studiandole e cercando di capire come facesse a conoscermi così.

Rinchiusi le mie emozioni al fondo del cuore, per evitare di piangere. In ogni scalfittura potevo percepire il dolore di Jacob. Mi sembrava persino di più di quello che lo aveva afferrato quando gli avevo detto addio. Che avesse saputo del matrimonio?

Probabilmente sì.

Arrivai ad un punto in cui il sentiero si biforcava. Una pianta enorme faceva da divisione tra le due direzioni. Proprio sul tronco di quella era incisa la frase seguente.

 

I've seen you cry (Ti ho vista piangere)
Into the night (Nella notte)
I feel your pain (Ho sentito il tuo dolore)
Can I make it right (Posso fare qualcosa per alleviarlo?)
I realized there's no end inside (Ho capito che non avrà fine)

 

Sotto c’erano alcune foto che mi attirarono come una calamita. Vi poggiai le dita sopra, le accarezzai, cercando di capire se fossero recenti o fossero quelle più vecchie, di quegli incontri pazzeschi che portavano me e Jacob fino agli scogli. Ci ritraevano insieme a La Push. In una eravamo nel garage con le moto (forse l’aveva scattata Quil), in un’altra c’ero io sulla moto e nell’ultima eravamo seduti sul nostro tronco. Nonostante tutto, riflettei, nonostante le nostre scelte, quel posto alla spiaggia sarebbe rimasto nostro per sempre.

Cercando di ignorare le fitte al petto che mi colpivano sempre più violentemente, avanzai per il sentiero sulla destra, guidata dai segni di Jacob.

Cercai di ignorare quella specie di canzone che il licantropo stava disegnando nella mia mente, ma non ci riuscii. Pensai alle ultime parole. Mi aveva davvero vista piangere nella notte? Forse quando era diventato un licantropo aveva vegliato sul mio sonno durante la notte. Ma i miei pensieri rotavano continuamente sulla penultima riga. Posso fare qualcosa per alleviarlo? Mi sentivo sempre peggio. Era come se lo avessi semplicemente usato. Quando soffrivo infinitamente per Edward, lui aveva cercato di aiutarmi, di farmi ritrovare la speranza e la voglia di vivere. E infondo c’era riuscito.

Il mio ringraziamento era stato un addio.

Proseguii sulla strada, respirando profondamente e cercando d’impedire ai ricordi più felici di penetrare attraverso il muro che avevo costruito. Non potevo permetterlo. O sarei scoppiata a piangere ancora una volta. E così non sarei stata in grado di proseguire. Ma io desideravo andare avanti. Anche se mi avrebbe fatto male, anche se alla fine il mio cuore sarebbe stato più straziato di prima.

Lo dovevo a Jake.

Assorta nella riflessioni e concentrata nello sforzo di non piangere, non mi accorsi di quanta strada stessi facendo e del tempo che passava. Il sole continuava il suo arco con noncuranza e mi illuminava solo in alcuni momenti, come per ricordarmi della sua esistenza. Come Jacob.

Arrivai ad una nuova radura e mi fermai. Al suo esatto centro si ergeva un’enorme quercia che era intrecciata ad altri due alberi più piccoli. Sembrava che formassero un catena. A loro piedi vi era una cavità naturale grande abbastanza da ospitare due persone.

Vi entrai senza riflettere. All’interno, sulla parete di legno opposta all’ingresso, erano appese solo due foto. In una c’ero io insieme ad un enorme lupo fulvo, al limitare di un campo da baseball. Nell’altra eravamo io e Jake con l’aspetto umano. Ridevamo per qualcosa che non riuscii a ricordare.

E poi, sotto, solo poche righe.

 

As long as I'm living, I'll be waiting (Finchè vivrò, aspetterò)
As long as I'm breathing, I'll be there (Finchè avrò respiro, ci sarò)
Whenever you call me, I'll be waiting (Ogni volta che mi chiamerai, aspetterò)
Whenever you need me, I'll be there (Ogni volta che avrai bisogno di me, ci sarò)

 

Ogni volta… Ci sarò… Finchè vivrò… Mi ripetei quelle parole più volte nella testa, per capirle, ma non riuscivo a mettere insieme un pensiero coerente. Le lacrime che avevo a lungo trattenuto scesero tutte insieme all’improvviso. 

Sorpresero anche me che pure sapevo di averle dietro le palpebre. I miei occhi scorrevano sulle lettere come impazziti.

Mi avrebbe aspettato per sempre? L’avrei condannato ad un’esistenza infelice e sola?

Mi presi la testa fra le mani e corsi all’esterno. Non sarei potuta rimanere un minuto di più davanti a quella promessa d’amore eterno che mi faceva solo soffrire.

Tra i singhiozzi, correndo, continuai, contro ogni logica, a seguire la canzone di Jacob tra gli alberi. E quasi mi sembrava di udirne la dolce melodia risuonare da corteccia a corteccia, tra i rami e persino cantata dagli uccelli.

Mi lanciai per il sentiero, con la sola forza della disperazione, ad occhi spalancati, come se fossi inseguita da qualcosa di orrbile.

Ma tutto ciò che poteva sembrarmi orribile, adesso, ero io stessa.

Mentre avanzavo, vidi che su molti tronchi erano state incise altre frasi. E dappertutto c’erano le nostre foto, mie e di Jake. In ognuna eravamo felici, vivevamo e pensavamo di avere un futuro.

Lessi le parole con il cuore in gola per lo sforzo della corsa e per quelle confessioni che, pian piano, venivano inevitabilmente alla luce.

 

You are my only I've ever known (Tu sei l’unica che io abbia mai conosciuto)
That makes me feel this way (Capace di farmi sentire così)

Couldn't on my own (Non potrei farcela da solo)

I want to be with you until we're old (Voglio rimanere con te finchè saremo vecchi)

 

I miei singhiozzi si accentuarono. Mi strinsi ancora la testa tra le mani, mentre la preghiera che leggevo tra le righe di quella canzone rischiava di farmi impazzire. Resta con me… Era questa, la preghiera. Chiedeva solo di rimanere con lui. Solo questo, in cambio di tutto ciò che lui aveva fatto per me.

E io non potevo farlo.

Arrivai alla fine del bosco, senza accorgermene.

Sull’ultima pianta, prima di uscire lessi un’ultima frase. E finalmente capii cosa voleva dire.

 

Then you will find (E allora scoprirai)
What you always know (Quello che hai sempre saputo)
I'm the one who really loves you baby (Sono il solo che ti ama davvero, tesoro)
I've been knocking at your door (E ho bussato alla tua porta)

 

Corsi più forte che potevo fuori da quella prigione che mi avrebbe distrutto presto. Guadai davanti a me e ciò che vidi mi fece fermare i battiti del cuore. I singhiozzi rischiavano di strozzarmi.

- Bella… -

Ero alla spiaggia di La Push. Non mi ero accorta di aver fatto tanta strada.

Davanti a me, seduto su quel tronco, c’era lui.

Jake.

Mi gettai a terra e pregai di rimanerci per l’eternità. Pregai che Dio, se esisteva, mi fulminasse in quel momento o mi portasse velocemente all’inferno. Che mi punisse per tutto il dolore che avevo causato.

Ma le braccia che mi afferrarono non erano quelle di Dio.

Mi mise in piedi e tornò a sedersi sul tronco d’albero. Mi guardò un momento, ma non lo avevo mai visto così bello come in quel momento.

Sentii che intonava una canzone. Quando la riconobbi, le lacrime scesero ancora di più, ma i singhiozzi si placarono lentamente. Erano le frasi che aveva lasciato nel bosco insieme alle foto. Mentre cantava, notai per la prima volta che aveva una bella voce.

Le note leggere accompagnarono le lacrime che mi scavavano le guance.

Sul finire, si fermò un istante e mi guardò negli occhi. Poi sussurrò gli ultimi due versi che non aveva appeso agli alberi. Perché sapeva che me li avrebbe detti i persona.

Incatenò il mio sguardo con il suo e cantò.

 

You have the love you need right in front of you (Hai l’amore di cui hai bisogno proprio davanti a te)
Please come home (Ti prego, torna a casa)

 

Tacque all’istante.

La sua canzone continuò a sussurrare nella mia mente.

Torna a casa… Torna a casa…

Come era successo poco tempo prima, ma in un altro luogo, la vita che avrei potuto avere con lui mi si srotolò davanti. Vidi Charlie che presenziava ad un altro matrimonio, non molto tempo dopo; vidi Billy sorridente prendere in braccio un bambino ricciolo e paffuto; mi vidi in braccio a Jake nella nostra casa; mi vidi sorridente insieme a lui, mentre saremmo invecchiati uno accanto all’altro e avremmo spento la nostra vita felici.

Non ce la feci più. Le gambe mi cedettero.

Poco prima che toccassi terra, le braccia di Jake mi afferrarono saldamente. Sentii che si sedeva di nuovo e mi cullava al suono di quella melodia che aveva scritto per me. Ben presto il calore mi avvolse e desiderai restare lì per sempre, mentre percepivo che il corpo di Jacob s’ingrandiva e diventava morbido e confortante.

Per la prima volta davvero, mi sentii al sicuro.

 

La notte calò sulla foresta.

Edward Cullen accese il motore e partì.

In mezzo alla foresta, molto lontano, un lupo ululò.

 

FINE

 

---

Lascio decidere a voi come è andata a finire! Io ho la mia idea, ma ognuno può pensare quello che vuole.

Spero davvero che vi abbia fatto piacere. Io la adoro… ^^

Sotto vi lascio il testo completo, con mia traduzione della canzone di Kravitz…

Bene… Lasciate un commentino, ok?

 

Alla prossima!

 

Aki

 

I’ll Be Waiting – Lenny Kravitz

 

He broke your heart
He took your soul
You're hurt inside
Because there's a hole
You need some time
To be alone
Then you will find
What you always know

I'm the one who really loves you baby
I've been knocking at your door

As long as I'm living, I'll be waiting
As long as I'm breathing, I'll be there
Whenever you call me, I'll be waiting
Whenever you need me, I'll be there

I've seen you cry
Into the night
I feel your pain
Can I make it right
I realized there's no end inside

Yet still I'll wait
For you to see the light

I'm the one who really loves you baby
I can't take it anymore

As long as I'm living, I'll be waiting
As long as I'm breathing, I'll be there
Whenever you call me, I'll be waiting
Whenever you need me, I'll be there

You are my only I've ever known
That makes me feel this way
Couldn't on my own
I want to be with you until we're old

You have the love you need right in front of you
Please come home

As long as I'm living, I'll be waiting
As long as I'm breathing, I'll be there
Whenever you call me, I'll be waiting
Whenever you need me, I'll be there

 

Traduzione:

 

Lui ti ha spezzato il cuore

E ti ha preso l’anima

Sei ferita dentro

Perché c’è una voragine

Hai bisogno di tempo

Per rimanere sola

E allora scoprirai

Ciò che hai sempre saputo

 

Sono il solo che ti ama davvero, baby

Ho bussato alla tua porta

 

Finché vivrò, io aspetterò

Finché avrò respiro, sarò qui

Ogni volta che mi chiamerai, aspetterò

Ogni volta che avrai bisogno di me, ci sarò

 

Ti ho vista piangere

Nella notte

Ho sentito il tuo dolore

Posso fare qualcosa per alleviarlo?

Ho capito che non avrà fine

 

E io ti aspetterò ancora

Per vedere la luce

 

Sono il solo che ti ama davvero, baby

Ma non ce la faccio più

 

Finché vivrò, io aspetterò

Finché avrò respiro, sarò qui

Ogni volta che mi chiamerai, aspetterò

Ogni volta che avrai bisogno di me, ci sarò

 

Sei l’unica che io abbia mai conosciuto

A farmi sentire così

Non potrei rimanere solo

Voglio stare con te finché non invecchieremo

 

Hai l’amore di cui hai bisogno proprio davanti a te

Per favore torna a casa

 

Finché vivrò, io aspetterò

Finché avrò respiro, sarò qui

Ogni volta che mi chiamerai, aspetterò

Ogni volta che avrai bisogno di me, ci sarò

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