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Autore: Cinziart_96    09/08/2014    3 recensioni
Immaginate.
Immaginate di poter cambiare l'Universo. Di Tempo, Spazio e Materia avrete bisogno.
Immaginate che questi tre poteri fossero nelle vostre mani. Scorressero nella vostra mente.
Immaginate cosa potreste cambiare in meglio... tutto.
Però non tutti sono di buon cuore come voi, no.
C'è chi vuole rifare tutto a sua immagine.
C'è chi vuole il potere sopra ogni altra cosa.
C'è chi, non riuscendo a controllare i tre poteri, perde se stesso.
Ma immaginate qualcosa di ancora peggiore. Creare un intero Universo solo per porgli fine.
* * *
--->Seguito della FF: "Dottore, abbiamo un problema."
NON è strettamente necessario averla letta per la comprensione dell'attuale storia.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Nuovo personaggio, TARDIS
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Non ti muovere...- sussurrò Damos a Niki. -Non muoverti...-
Il ragazzino blu annuì impercettibilmente, chiudendo gli occhi, sperando con tutto sé stesso che quella cosa finisse. E subito anche.
-... Niki... apri gli occhi.- sillabò il bambino bianco, la coda forzatamente rilassata a terra.
Lui alzò piano una palpebra guardandosi intorno, sperando di trovare qualcun' altro nelle sue stesse condizioni: una fila pressoché infinita di ragazzini dalle forme più strane e i colori più vivaci si disponeva in una stanza rettangolare grigio chiaro, completamente spoglia. Tutti loro sembravano terrorizzati da qualcuno che, lentamente, procedeva lungo la fila, soffermandosi su ogni bambino con maniacale attenzione.
Tutti in piedi, tra pareti di terrore e disperazione, aspettando che quell'orrore finisse una volta per tutte.
Man mano che quell'essere si avvicinava, alla destra dei due amici, le mani iniziavano a tremare, gli occhi a percorrere la stanza, in cerca di una via per scappare.
E intanto l'essere si avvicinava sempre di più, sempre più lentamente, per farti soffrire e contorcerti lo stomaco dalla paura.
A poca distanza da Damos, Niki poteva intravedere il corpo massiccio della figura incappucciata, completamente nero come il catrame, terribile solo a vederlo avvicinarsi. A mano a mano che superava i bambini, Niki poteva scorgere sempre più particolari. Gli era sempre piaciuto osservare le persone. Lo tranquillizzava e poteva dire di conoscerle un po' di più; ma ora avrebbe fatto volentieri qualsiasi altra cosa pur di non vedere quell'essere avvicinarsi pericolosamente a lui. Mancavano quattro bambini e poteva già vedere il cappuccio del mantello ben calcato sulla testa in modo che nessun raggio di luce gli bagnasse il volto; un passo trascinato e ne mancavano solo tre. Il mantello era trattenuto, all'altezza del petto, da una catena metallica nera lucida, come l'ossidiana, ma agli occhi del bimbo pareva iniettata di sangue. Fece un altro passo e ora solo Damos lo divideva da quella figura nerovestita, carica di morte e dolore. L'unica impressione che emanava era vuoto. La più totale assenza di qualsiasi cosa, come poteva essere un odore o una consistenza. Questa volta si fermò davanti al suo amico e Niki gli vide gli stivali di cuoio nero, i pantaloni appena visibili, coperti dal mantello, e due 'Z' ai lati del cappuccio come fermagli per la catena.
Mancava poco. Pochi secondi e si sarebbe fermato proprio di fronte a lui. Stava impazzendo. Il cuore non la smetteva di pompare e le gambe tremavano, pronte a cedere di lì a pochissimo. Alla fine, si mosse scivolando verso di lui.
Fu allora che vide ciò che fino ad allora non era riuscito a vedere: il volto. Una maschera di orrenda e totale disperazione, rabbia, terrore e furia, pronta a esplodere appena ce ne fosse stata l'occasione.
Niki si sentì morire sotto quello sguardo di fuoco scaturito da un paio di occhi così neri da riuscire ad inghiottire ogni cosa.
Poi con un fruscio appena accennato la figura lasciò posto al grigio chiaro del muro e il bimbo riprese a respirare. Voltò impercettibilmente la testa verso destra per guardare Damos e sentì le vertebre scricchiolare pericolosamente. Voleva muoversi ma sapeva che se lo avesse fatto quell'essere che era appena passato al ragazzo successivo gli avrebbe tagliato via tutte le dita. E a lui servivano le dita.
-Tu...-
Per un momento Niki pensò di esserselo immaginato, tant'è vero che la figura ripeté la parola, sempre sussurrando maligna.
-Tu... verrai con me.-
Il ragazzino alla sua sinistra iniziò a piangere sommessamente, scuotendo la testa.
-No... Vi prego... Vi imploro... Non...-
-Non mi servi più.- annunciò arretrando di un passo l'essere, non prima di aver applicato una capsula grigia sulla mano del bambino che alcuni secondi dopo scomparve, asciugandosi una lacrima.
La selezione riprese imperterrita e Niki vide molti altri fare la stessa fine tra lacrime e pianti disperati, lasciando la fila con alcuni spazi vuoti là dove avrebbero dovuto esserci altre persone.
I bambini non sapevano mai quanto duravano queste procedure. Ore? Minuti? Il tempo sembrava bloccato in quei momenti terribili.
I bambini scomparivano. Lasciavano per sempre la stanza, senza possibilità di tornarci in futuro. Ma del resto... cos'era il futuro se già nel presente si vedeva la morte?
 
*      *      *
 
-Niki, lo dico per il tuo bene, mangia qualcosa.-
-Non ci riesco. Hai visto cosa ha fatto? Lo ha ucciso! Senza pensarci nemmeno per... E'...morto.-
Damos sospirò spingendo verso l'amico una tazza di latte bianco con una spruzzata di cacao sopra.
-Lo so. Ma tu sei vivo, è questo che conta. Non preoccuparti di troppe persone altrimenti diventerai un pazzo e Zeta ti ucciderà ancora prima di diventare grande.-
Niki fissò il latte senza vederlo realmente.
Perché era questo che succedeva. Quando i bambini crescevano, Zeta il mostro se li mangiava. O meglio, questo era ciò che dicevano i bambini nel poco tempo di libertà che avevano. Damos non ci credeva e Niki, che era arrivato da poco, non voleva nemmeno pensarci se quelle voci fossero vere o no. Di fatto, quel ragazzino che aveva avuto di fianco non sarebbe mai più tornato.
Il bimbo blu fece appena in tempo a bere tutto il latte che gli aveva dato l'amico prima del suono assordante di una campana.
Le voci forzatamente allegre e false delle donnine iniziarono a sopraggiungere da più punti della sala da pranzo, richiamando su di sé l'attenzione.
-Forza bambini! Andiamo.-
-”Forza bambini!” Quanto mi fate schifo.- sputò Damos accendendo la coda bianca in una luce abbagliante. -”Andiamo forza! Che tanto non vi succederà niente!”- biascicò sottovoce. -Quando in realtà...- 
-Cosa?- sussurrò Niki spaventato. -Cosa succede adesso?-
-Adesso? Adesso si lavora.-
-Ma... io non so lavorare!-
-Tutti imparano a fare questo lavoro, cosa credi?-
Il bambino blu afferrò la mano di Damos, cercando di non perdersi in quel fiume di ragazzini accompagnati dal personale di servizio, che imperterrito continuava a infondere false speranze.
-Posso stare vicino a te?- chiese Niki.
-Ma certo che puoi!- rispose con un sorriso il bambino bianco. -E poi ti ho scelto come amico per la vita ieri sera, ricordi? E gli amici non si abbandonano mai.-
Il bimbo aumentò leggermente la stretta sulla mano del compagno, un momento prima di varcare la soglia di una stanza immensa, riempita da lunghe tavolate piene di schermi sottilissimi in vetro.
-...L'hanno ingrandita...- sussurrò un bambino verde e rosso con aculei in tutto il corpo, mentre si guardava intorno. -Vuol dire che sono arrivati altri bambini...- scosse la testa, prendendo posto su uno sgabello circolare. -... poverini.-
Damos spinse via Niki, cercando un posto sia per sé che per l'amico, in modo da poter stare vicini.
-Lui... ha detto che...-
-Sì. Lo so, ho sentito.- rispose duro Damos. -E io ti ho detto di preoccuparti solo di due, tre bambini, altrimenti impazzisci quando li vedi morire. Ecco, sediamoci qua.-
Niki si accomodò su uno sgabello, le mani infilate nelle tasche della vestaglia bianca, cercando di non farle tremare troppo dalla paura che aveva.
-Puoi... dirmi cosa ci succederà?- chiese leggermente all'amico, che fissava qualcosa sopra di sé.
-Ssh. Sta per cominciare.-
Solo allora il bimbo blu alzò lo sguardo sulla balconata proprio di fronte a lui, notando la figura nerovestita che li fissava attentamente. Zeta mise le mani sul metallo del corrimano, attivando in quell'istante la connessione con loro. Centinaia di bambini collegati simultaneamente con quell'essere oscuro che sembrava mangiargli l'anima.
Niki gemette a quel contatto troppo forte, troppo cattivo e arrogante, prepotente oltre ogni dire. Gli stava corrodendo tutto ciò che c'era dentro di lui, lo stava bruciando partendo dal cuore. Con un singulto il bimbo blu premette una mano sul petto e una lacrima gli rigò la guancia.
-Niki... va tutto bene...-
Il bambino vide la mano bianca di Damos prendere la sua e stringerla forte, mentre le code si attorcigliavano insieme, sempre più strette. Fu allora che lo schermo trasparente di fronte a loro si accese.
Comparve una schermata nera, opaca, capeggiata al centro da una grande figura verde-gialla, piena di simboli in continuo movimento. Moltiplicazioni, addizioni, simboli di dubbia esistenza vorticavano senza sosta, facendo gli occhi con la loro assurda e insensata velocità. Appena sopra, il titolo dell'equazione da risolvere a caratteri microscopici, quasi a volersi confondere con il resto: Paradigma di Skasis.
 
*     *     *
 
Non fa bene essere cattivi.
La cattiveria è un'emozione incontrollabile che, come un virus, ti infetta e ti droga, chiede, pretende sempre più sacrifici che non sempre sei disposto a compiere.
Ma una volta non era così.
La vita non era l'Inferno che hai deciso di scendere per trovare la morte.
Perché è a quella che ambisci fin da quando l'essere è atterrato sul tuo pianeta.
Non desideri altro che quello, eppure un bisogno che non puoi soddisfare, una sete che non si potrà mai placare, un fuoco che brucerà il tuo cuore in eterno.
 
 
Lentamente, quasi con rammarico, la figura nera alzò lo sguardo sulla distesa nera di fronte a sé. Solo alcuni punti luminosi segnavano la presenza di stelle e galassie che ancora non avevano provato la sia ira. La sua sete e la sua fame implacabile. All'uomo bastò pensare di avanzare nel tessuto dell'Universo che la forza invisibile che lo proteggeva lo sospinse verso quei pianeti che ancora brulicavano, fremevano di vita e di esseri meravigliosi.
Ancora per poco, si ritrovò a pensare lui scuotendo piano la testa coperta dal cappuccio nero. Per mesi quella debole traccia di lucidità, che ancora resisteva nella sua mente, lo spronava a opporsi con tutto sé stesso al male che il suo Padrone gli obbligava a compiere. Ma cos'era lui? Un corpo vuoto. E cosa potrebbe fare una nullità come lui contro un potere che poteva solo aumentare?
Per un momento, avrebbe tolto il campo di forza eretto per proteggerlo, in modo da rimanere ucciso dalla pressione dei ricami dell'Universo. Ma non gli fu concesso nemmeno questo dal suo Padrone.
-Cosa credi di fare, Zeta? Ucciderti per non servirmi più? Morire senza vedere il frutto di tutti i nostri sforzi?-
Era così che il Padrone si imponeva sulla sua marionetta: domande retoriche. Una dopo l'altra, senza pause o interruzioni, con quella sua voce gracchiante e maligna che arrivava direttamente nel cervello.
-No, Padrone. Non potrei mai compiere un oltraggio simile.-
La voce rise, irradiando brividi su tutto il corpo dell'uomo.
-E allora cos'era quello? Rispondi.-
-Solo... un mancamento, Padrone. Imploro la vostra misericordia.-
-Bugiardo...-
Zeta spalancò gli occhi e un dolore lancinante gli bloccò la testa in una morsa. Cercando di soffocare i gemiti di dolore, l'uomo si inginocchiò, piegato in due dalle fitte insopportabili che accusava tutto il suo corpo.
-Non tentare mai più di nascondermi al verità, Zeta! Non potresti mai riuscirci! Non dalla misera situazione in cui ti ritrovi!- urlò la voce sempre più forte, sempre più crudele e spietata.
-S... sì, Pad... Padrone... lo prometto...- balbettò lui, ponendo fine alle sue sofferenze.
L'essere si ritrasse un poco dalla sua mente per lasciargli lo spazio di ritirarsi in piedi e recuperare fiato. Solo per quei pochi e brevi momenti di 'assenza' il suo Padrone si considerava più che magnanimo.
Si era impossessato con la forza della sua mente e del suo corpo, fino a renderlo incapace di fare alcunché se non obbedire. Obbedire sempre e comunque al suo creatore.
-Qual è la prossima galassia? Quanto dista?-
-Non molti pianeti da qui e lungo il percorso incontrerete anche un buco nero. Sarà una comodissima crociera.- rispose l'uomo nerovestito abbassando il capo in segno di ossequioso rispetto.
La voce vibrò emozionata da quella notizia ma si astenne dal complimentarsi in alcun modo con il suo sottoposto. Si preoccupò invece di umiliarlo prima di abbandonarlo del tutto.
-Buon pranzo Padrone.- la frase risuonò nel vuoto della sua mente, prima di disperdersi tra i ricordi dell'uomo che ricominciarono ad affiorare.
Non si ricordava tutto. La gran parte dei suoi preziosi ricordi erano stati bruciati dal suo Padrone per impedirgli di reagire contro di lui. Gli erano rimasti solo quelli di vecchia data ma danneggiati.
Tanto corrosi dal suo odio e dalla sua fame che, per la maggiore, erano solo sensazioni di amicizia o amore, forse anche per una donna, ma questo non poteva dirlo con certezza. Forse ciò che maggiormente gli era rimasto era la diligenza e il rispetto per le promesse, qualunque esse siano.
Ed essendo questa l'unica cosa che lo spingeva a non crollare, su questa basava tutta la sua vita.
Se vita poteva definirsi quell'inferno. 
Sospirando, Zeta si voltò indietro, verso il suo Padrone.
A pensarci da un altro punto di vista, la sua situazione sarebbe parsa alquanto bizzarra. Un' enorme nuvola grigia, a tratti giallo elettrico e viola avanzava lenta su un pianeta, ormai ridotto a un ammasso nero carbonizzato e sterile che scompariva tra le sue fauci.
Letteralmente, veniva controllato da una nuvola assassina.
Ma questo non era nemmeno lontanamente divertente per l'uomo che, impassibile, guardava la scena da una certa distanza. A tratti alcune parti del defunto pianeta esplodevano, liberando dell'energia e del calore subito assorbiti dall'essere mostruoso.
-Glom... deceduto.- disse tremando, mentre scompariva completamente nella nuvola grigia, provocandone un leggero ingrandimento.
Al suo interno si svolgevano complesse reazioni per mantenere insieme tutte quelle molecole di fame e disprezzo, odio e dolore. Ne valeva la pena? No. Ma lui continuava.
Continuava perché non poteva scegliere, continuava con la speranza di far finire tutto al più presto, anche se niente lo avrebbe fermato ormai.
Appena del pianeta non furono rimaste altro che briciole alla deriva dell'Universo, Zeta distolse lo sguardo dal suo Padrone indirizzando l'occhio verso la galassia più prossima a loro: la Via Lattea.
Quanto avrebbero vissuto quei poveri pianeti? Poche settimane con tutta la probabilità.
Zeta sapeva a memoria, grazie all'incredibile intelligenza del Padrone, ogni singolo pianeta dell'Universo del tempo corrente anche se, a uno a uno, il suo database si stava svuotando.
Mancava poco e sarebbe stato vuoto. Comunque in quella galassia conosceva anche dell'esistenza di un pianeta giovane e inesperto che da poco iniziava a farsi strada nell'Universo circostante. Piccolo e chiassoso, lo definivano tutti con un sorriso sulle labbra. Ma lui non avrebbe riso. Non più. Non ora che sapeva che il destino della Terra era ormai segnato.
No. Non avrebbe riso. Come poteva ridere di fronte a un futuro completamente nero ed esanime?
Se avesse potuto avrebbe pianto, ma ridere no. Non più.

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Note Autrici:
 
Luogo: Mare! Montagna! Collina! Lago!
            …no, mi dispiace. Teatro-
 
Tempo: Direi caldo, con tutta la luce di questi riflettori.
 
*Incredibilmente il Dottore è già sul palco, seduto compostamente su uno sgabello dietro a una piccola scrivania in legno*
Dottore: Eh, già. Ancora io, sempre e solo io. *sospira, allentandosi il nodo alla cravatta* In questo capitolo mi hanno dato la possibilità di fare tutto ciò che mi pare. Decidere luogo, tempo, tutto quanto. E voi penserete, a buon ragione, che sia una qualche forma di gentilezza. Cose del tipo: “Dottore, ti propongo un affare per il prossimo capitolo! Potrai scrivere di tuo pugno ogni lettera delle note autrici! Non è fantastico?” :D
…no. >:(
Soprattutto se sai che le autrici in persona se ne sono andate in vacanza- Lasciandoti qui, da solo come un cane, a svolgere un lavoro che dovrebbero fare loro. *sospira di nuovo e scuote la testa* E’ proprio vero che ormai non ci sono più le ragazze di una volta. Prima almeno ti dicevano che avevano una buona ragione per farlo. Poi magari non era vero, ma questo è tutta un’altra faccenda.
*si guarda intorno, contemplando con tristezza il palco vuoto*
Ah, la vita…! Quei poveri bambini non hanno idea di ciò che li aspetta. Non ne hanno prorpio la più pallida idea.
*Si lancia un’occhiata alle spalle* E poi… il Padrone di Zeta… una nuvola. Una nuvola. *scuote la testa* Cercare di cambiare idea a quelle ragazze è come cercare di insegnare a un Dalek ad amare.
Comunque, come al solito, grazie mille per essere passati a leggere! :) So che probabilmente continuare questa storia sta diventando noioso/ monotono o altro, ma in fondo io faccio parte solo dello staff esecutivo. Componente DW10/8s, per essere precisi. Pertanto se ci sono domande o dubbi io sono qui apposta per risolverli! Non esitate! Nemmeno per segnalare errori o correzioni, mi raccomando. Ricordatevi che sono le cose più importanti!
Un grazie in particolare va a sarasmith11, wendy_candy e a MarriedwithJo. Grazie!
 
Un saluto a chi, al contrario di me, è in vacanza a spassarsela.
            Il Dottore


La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per nostro puro diletto.
  
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