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Autore: afterhour    13/09/2008    12 recensioni
Si può scendere così in basso per amore. Ci si può fare così male per amore.
"Oggi compiva gli anni pensò mentre entrava nella doccia, e ricordava perfettamente quel memorabile compleanno di quattro anni fa:allora aveva giurato a se stessa che mai più, mai più..."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Niente dura per sempre

I

Sakura aprì gli occhi pesanti.

Una debole luce filtrava dalla finestra e si alzò a fatica, ancora piena di sonno, per trascinarsi letteralmente fino al bagno, a tentoni.
Avrebbe tanto, tanto voluto dormire qualche minuto in più, ma aveva bisogno di una doccia, un estremo bisogno di una doccia per l'esattezza, e non ci sarebbero stati altri momenti.
Aprì l'acqua e prima di infilarsi sotto il getto si guardò distrattamente allo specchio, che orrore.
Come aveva potuto arrivare a tanto, come aveva potuto ridursi così?
I capelli, già di quel colore assurdo e difficile, erano ora troppo lunghi, incolti, sciupati, e gli occhi gonfi si perdevano in due occhiaie profonde ormai permanenti, e questa era solo la faccia.

Oggi compiva gli anni, 26 anni, pensò mentre entrava nella doccia, e ricordava perfettamente quel memorabile compleanno di quattro anni fa: allora aveva giurato a se stessa che mai più, mai più si sarebbe trascurata così.
…e allora, come mai lo aveva permesso?


QUATTRO ANNI PRIMA

Sakura si guardò allo specchio di sfuggita prima di uscire, non si era neppure pettinata e si passò svelta le dita tra i capelli per renderli presentabili.
Si trascurava proprio, come le aveva fatto notare anche Naruto (e se lo aveva notato lui era grave), e in quel preciso istante decise che sarebbe stata l'ultima volta che non si prendeva cura del suo aspetto esteriore.
In fondo si trattava di una coda della decisione che aveva maturato durante quest'ultima settimana, la decisione di lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare da zero.

Non era una estremamente decisa di natura, di solito lasciava andare le cose come andavano, ma quando decideva, quando finalmente decideva non aveva più dubbi, nè paure, e agiva.

Per questo quella notte aveva dormito bene come non le capitava da un paio d'anni, per questo finalmente si sentiva sicura, e si sentiva bene, relativamente bene ovviamente… diciamo molto meglio di come si sentiva da mesi e mesi, forse anni.

Arrivò davanti alla porta dell' ufficio dell'hokage e bussò, ma entrò senza aspettare risposta.
Il nuovo hokage l'aspettava.
Era solo, circondato da carte e Sakura sorrise suo malgrado: se sperava che lo aiutasse quando era tornata solo ieri da una missione di una settimana, bè... stava fresco. Eppure non le dispiaceva sbrigare scartoffie per lui, anzi, era una delle poche cose che la rilassavano ultimamente.

 - Cosa c'è? -  gli chiese, curiosamente di buon umore.

Naruto sollevò la testa dalle scartoffie e la guardò con affetto.

 - Ah! Sakura!  Senti questa… Sasuke è stato qui - arrivò diritto al punto - Ha detto che non vuole, anzi… aspetta… che gradirebbe non essere... insomma, non vuole più fare missioni con te. E' la cosa più stupida che abbia mai sentito - sbuffò - …si può sapere il perché di questa stronzata visto che non sono riuscito a cavargli altro di bocca? -

Lei abbassò gli occhi per non far vedere quanto era stata colpita.
Eppure non era una vera e propria sorpresa, anzi, era prevedibile, e non era quello che aveva desiderato, in fondo?

 - Allora? -

Silenzio.

 - Andiamo Sakura! Si può sapere cosa sta succedendo! Stai facendo un sacco di stupidaggini ultimamente! Non negarlo! - esclamò ad una Sakura che arrossiva - ...sei tu quella con la testa sulle spalle di noi! Sei TU quella che ha buon senso! Ce lo dici sempre! Dici sempre che Sasuke ha problemi con le mezze misure e che io sono… cioè...in realtà non ho tempo! Se mi ti ci metti anche tu a far cazzate... TU!? Non riesco neanche a crederci! Cos'è che succede? Non sei mica tu! Dov'è finita Sakura? -

Lei, che era ancora in piedi, si sedette alla scrivania, di fronte a lui, e sospirò.

 - A parte il fatto che dico che sei zuccone, non che non hai tempo - spiegò - non è che possa raccontarti cose così… personali -

 - Perché scusa? Non siamo una specie di famiglia noi tre? -

Lei si allungò e gli strinse la mano per un attimo.

 - Immagino di sì... ma non posso lo stesso, mi dispiace… però ti assicuro che non devi più preoccuparti per me - gli sorrise - perché ho deciso, e quando dico ho deciso intendo che HO DECISO, che da domani torna la vecchia Sakura, la vera Sakura, quella forte e pericolosa! Per cui sei avvisato… attento a come parli! -

Naruto la guardò dapprima perplesso, poi il sorriso gli si allargò.

 - Bene! Mi hai convinto! - esclamò picchiando il pugno sul tavolo - Non ne potevo più di quella Sakura musona! Allora… - continuò - adesso sistemiamo tutto -

Lei sospirò per la seconda volta appoggiandosi allo schienale della sedia... no Naruto, pensò, alcune cose non si possono sistemare.

 - Allora - proseguì lui - ..è tutta colpa di Sasuke giusto? -

 - Ma no! -

 - Va bene... non è colpa sua ma lui c'entra, no? E poi è solo quando c'entra lui che tu sei così debole... Che dici, staresti meglio se gli spaccassi la faccia? -

 - No Naruto! - cominciava ad arrabbiarsi - non starei meglio! -

 - Strano,  perché farebbe stare meglio me -

 - Basta per favore...non è divertente... -

 - Ma sì, scherzavo! Bene... facciamo così… oggi vai da Sasuke, parlate, chiarite, e domani vi aspetto qui tutti e due - dichiarò tranquillamente lui.

 - Cosa!? - quasi gridò lei - NO Naruto, mi dispiace… alcune cose non sono "sistemabili"! Dovrai frequentarci separatamente, rassegnati -

Naruto si raddrizzò sulla sedia e la guardò improvvisamente serio.

 - Senti Sakura, non hai capito... non era un consiglio, questo è un ordine – le fece con il tono autoritario che usava a volte con gli altri, mai con lei - Voi due non siete solo la mia famiglia – le spiegò – siete anche due persone che dovranno lavorare insieme… per cui… dovete chiarire, e basta. E tocca a te andare a parlargli  - aggiunse con un ghigno - perché... bè lo sai come è lui… chiaro? Quindi basta discutere e vai -

 - Non posso - asserì lei con fermezza, e davvero non poteva.

 - Va bene! - le fece l’altro esasperato - dovrò sistemare tutto io, come al solito! Ho già un'idea grandiosa… troverò fuori qualche legge che obbliga gli ultimi possessori di abilità innate a fare figli, lo costringerò a sposarti... che ne dici? -

 - MA SEI SCEMO!? - urlò lei arrossendo violentemente.

 - Scherzavo, non so se esiste una legge così... però mi informo - fece finta di proteggersi da un pugno che non arrivò  - Fortuna che la vecchia Sakura torna solo domani, o sarei morto! -

 - Puoi dirlo -

La guardò con un ghigno - Basta scherzare, vai e chiarisci… domani vi voglio qui tutti e due, e non costringermi a sistemare ancora le cose io… capito? vai e comportati da adulta! -

Sakura si alzò di colpo.
Naruto che le diceva di comportarsi da adulta.
Era il colmo.
Aveva la mano alla maniglia della porta quando lui la richiamò - Ah... Sakura - la fermò - non è oggi il tuo compleanno? -

 - Sì -

 - Auguri! Festeggeremo domani… noi tre... e con Sasuke… fatti un regalo! -

- Idiota - borbottò lei tra i denti aprendo la porta.

- Senti chi parla! Tu e quell'IMMENSO IMBECI... -

Sbatté la porta dietro di sè, arrabbiata, e scese in strada nervosa.

E adesso?
Doveva farlo davvero?
 E soprattutto, poteva farlo?
Non voleva neppure pensare a cosa avrebbe potuto combinare Naruto altrimenti.

Si avviò verso casa sempre più agitata.
E dire che non voleva pensarci più! Chiarire poi era… come poteva chiarire, avrebbe dovuto spiegare, raccontare, e si vergognava!
Come poteva raccontargli la sua ossessione, come spiegare un groviglio di pensieri confusi, di paure e desideri incontrollabili, un susseguirsi di tentativi di fuga, di perdere lucidità?
Arrivò a casa e si preparò del tè.

Quando, esattamente, era iniziato tutto questo?
Non quando Sasuke era tornato a casa... no.
Si sedette a tavola a sorseggiare il suo tè, ricordando.
Era iniziato con quella missione.

Dovevano scortare la moglie di un ricco signore durante un viaggio di un paio di giorni: il marito non badava a spese, aveva ricevuto delle minacce e non voleva farle correre alcun rischio.
Sasuke e Sakura, benchè fossero liberi, non erano per niente entusiasti all'idea di andare, la missione era semplice e non c'era bisogno di loro, ma l'uomo aveva pagato profumatamente ed aveva chiesto espressamente i ninja migliori.
Così alla fine erano andati, con Kiba come terzo membro.

Sakura aveva incontrato l'uomo quella volta che era venuto a parlare con l'hokage, ed era restata sorpresa quando aveva visto la donna.
Anche se era ovvio il perché, si era chiesta come facesse quella donna, bella e raffinata, a sopportare quell'orribile idiota grasso e pelato che era suo marito... per quanti soldi avesse. D'altronde se lo era sposato, quindi se lo meritava.
Era davvero bella, l'aveva osservata bene durante il viaggio, ammirata suo malgrado anche lei: lunghi e morbidi capelli castani ed enormi occhi verdi, più scuri e sicuramente più belli dei suoi, labbra carnose e indubbiamente sensuali, ma quello che l'aveva affascinata di più era il corpo di lei, ben poco nascosto dalla scollatura generosa, perché non c'erano muscoli né tantomeno cicatrici in quel corpo morbido e aggraziato, pieno e affusolato.
Kiba non poteva evitare di sbirciare non appena poteva.
E Sasuke... be’... ovviamente Sasuke non aveva battuto ciglio, neppure quando Sakura aveva notato lo sguardo di quella soffermarsi per un lungo momento su di lui.
La cosa non l'aveva preoccupata, c'era abituata.
Da quando lui era tornato a casa, bello di fama e di sventura come si suol dire, le donne lo corteggiavano anche più di prima, perché era bello, perché era forte e famoso, perché era tenebroso e pericoloso... Dio... perché siamo così sceme?

Sakura aveva passato diversi stadi e si era posta un'innumerevole serie di domande da quando era ritornato nelle loro vite.
Certo non intendeva e neppure poteva essere come un tempo, una ragazzina petulante e insistente che lo perseguitava, pateticamente innamorata, però lo era ancora, pateticamente innamorata, non poteva farci niente.
Così aveva fatto l'unica cosa che poteva fare, che era in grado di fare, aveva continuato ad aspettarlo, ad aspettare che lui imparasse ancora a fidarsi, ad aspettare che lui la lasciasse entrare pian piano nella sua vita, sforzandosi di prendere le cose come venivano e riaccettandolo nella sua di vita senza chiedergli nulla, dimostrando con i fatti di non aver mai smesso di credere in lui, anche quando tutto era sembrato contro di lui, anche quando sembrava lei stessa essere contro di lui. Accettando di rimanergli accanto, tenacemente, faticosamente, come una presenza discreta, defilata, accessoria.
Solo quello.
Nel frattempo aveva imparato a leggere anche dietro a quella sua nuova maschera, aveva imparato a notare i più piccoli dettagli, i pugni che si stringevano, gli occhi che si abbassavano o si chiudevano per un attimo, le labbra che si serravano, il sorriso appena accennato, la diversità dei suoi silenzi: irritato, impaziente, inquieto, indifferente, relativamente sereno, e anche il significato della sua fredda ironia.
La presenza di lui pian piano aveva perso quell'alone di irrealtà ed era diventata quotidiana, naturale, e piccoli, piccolissimi frammenti di barriera venivano abbassati... ancora troppo pochi, ancora troppo di rado.
Sentiva quando camminava con lui, o parlava con lui o semplicemente gli stava accanto, gli sguardi invidiosi delle donne. In quei momenti provava una piccola, risibile soddisfazione, perché sapeva che lui le voleva bene (anche se non come voleva lei), e di essergli molto più vicina di quanto avrebbe potuto essere qualcun'altra, anche fisicamente visto che lui si lasciava toccare, abbracciare, stringere da lei, e quando dovevano passare qualche ora di attesa lasciava che lei gli si accoccolasse addosso in cerca di calore.
Non che questo le bastasse, non le bastava per niente, ma era ancora disposta ad aspettare, come sempre.

Quella sera, la seconda ed ultima sera della missione, avevano deciso di dividersi la notte in turni di tre ore, giocandoseli a sorte.
Il primo turno (e il migliore) era toccato a lei, mentre quello in mezzo (il peggiore) era capitato a Kiba, che aveva brontolato a lungo convinto che lei avesse imbrogliato. L'ultimo era andato a Sasuke.
Finalmente Kiba aveva smesso di brontolare e si era messo a dormire le sue tre ore con Akamaru acciambellato di fianco, e Sakura, prima di cominciare il suo turno, si era messa a passare le dita sull'avambraccio di Sasuke per cancellargli dei piccoli e innocui graffietti che si era fatto spostando un ramo.
Ebbene sì, ogni scusa era buona per toccarlo.
Aveva quasi finito, purtroppo, quando si era avvicinata a loro una servetta per chiedere a Sasuke se per favore poteva seguirla che la sua padrona voleva parlargli.

Parlargli un cavolo, aveva borbottato Sakura tra i denti mentre si arrampicava sull'albero che aveva scelto per controllare il piccolo agglomerato di tende in cui dormiva la "padrona" e la sua corte: una tenda esageratamente grande per lei (tutto quello spreco di tempo e di energie per preparare una tenda che sarebbe servita per una sola notte!) circondata da tende più piccole che la proteggevano, ma ad una certa distanza per non disturbare.
Be’... si disse poi lei cercando di essere giusta, visto che Sasuke era ufficialmente a capo di quella missione forse la "padrona" voleva effettivamente chiedergli qualcosa... già.. chissà cosa, eh!?
Mi dispiace per te signora padrona, pensò sogghignando, la bellezza a volte non basta e i soldi non comprano tutto.

Due ore dopo non aveva più quell'aria sogghignante: Sasuke non era ancora tornato e lei non riusciva a capire perché ci mettesse tanto.
Va bene, doveva esserci qualche buon motivo che lui le avrebbe spiegato l'indomani.
Ma i minuti non passavano mai e il nervosismo non se ne andava, anzi aumentava e aumentava mentre lei se ne stava lì ad aspettare, e le pareva che in nessunissima veglia di nessunissima missione o notte in ospedale il tempo fosse passato così lento.

Un'altra ora.

Ormai il suo turno era finito, ma che senso aveva svegliare Kiba e restare svegli in due, visto che lei non avrebbe chiuso occhio?
Scese dal suo albero decisa a non svegliare Kiba e si avvicinò invece in assoluto silenzio alla tenda centrale, inutile continuare a passare da un dubbio all'altro, da una supposizione all'altra mentre magari quella era una trappola e Sasuke era in pericolo in quel momento (una supposizione valida quanto un'altra, no!?).
Era arrivata all'entrata della tenda, non filtrava luce da lì e non sentiva parlare, non si sentiva niente.
D'altronde la tenda era così assurdamente grande che doveva farci il giro attorno per farsi un'idea di quel che succedeva all'interno.
Ne seguì il perimetro ed era ormai vicina al retro quando le era parso di distinguere dei suoni: dovevano provenire proprio dal retro, filtrava anche una luce soffusa dall'interno.
Si avvicinò come in sogno alla fonte dei rumori, erano dei suoni soffocati, dei... gemiti?
Si sentiva le gambe di piombo mentre si avvicinava lentamente, una gamba pesantissima dopo l'altra, al punto preciso da cui provenivano i suoni, e proprio come in sogno, con movimenti lenti che non si riconosceva, aveva preso il kunai ed aveva aperto un piccolo squarcio sulla stoffa, sufficiente a farle vedere quello che sapeva già che c'era dall'altra parte, due corpi nudi avvinghiati e ansimanti.
Era stata una frazione di secondo, poi era ritornata indietro e si era arrampicata ancora una volta sul "suo" albero.

Aveva passato il resto del tempo a cercare di concentrarsi su tutti i rumori della notte: sarebbe stato il colmo se qualcuno avesse attaccato proprio in quel momento, prendendoli di sorpresa perché quello che doveva essere a capo della missione era troppo impegnato a fottersi la donna che avrebbe dovuto protegge (pagato profumatamente per questo dal marito di lei, molto poco professionale Sasuke Uchiha) e… e quella che faceva da sentinella era troppo impegnata a pensare al suo collega che si fotteva quella troia.
Perché non riusciva a togliersi dalla testa quell'immagine intravista per meno di un secondo, i muscoli della schiena di lui che si flettevano alla luce della candela.
E perché una domanda continuava a girarle per la testa: perché lei, perché quella donna tra tutte... sì... era bella… ma c'erano state altre donne belle che lui non aveva neppure guardato due volte, cos'aveva di diverso questa, cosa la faceva speciale?
Perché lei?
Perché non aveva scelto... me?

Sasuke si era presentato puntuale per il suo turno di guardia e lei era scesa dall'albero.
Si era avvicinata e lo aveva osservato con attenzione, gli occhi abituati alla mancanza di luce.
E in fondo era questo che l'aveva sconvolta di più, qualcosa di indefinibilmente più leggero nello sguardo di lui, come se anche solo per poco la tensione che sempre lo accompagnava si fosse sciolta.
Quella donna, quella sconosciuta che lei aveva deriso, che aveva giudicato con disprezzo, gli aveva fatto dimenticare se stesso, lo aveva fatto felice, reso libero, anche se solo per qualche ora, cosa che non era mai riuscita a lei.

Lui si era avvicinato tanto da permetterle di sentire il suo profumo, l'amatissimo profumo del suo corpo, mischiato ad un altro odore, che lei non conosceva per esperienza personale, ma che doveva essere odore di... sesso?
E poi lui aveva allungato una mano e le aveva sfiorato il viso con le dita, quelle dita che avevano appena toccato un'altra donna.

 - Va a dormire, adesso... Sakura - le aveva sussurrato con tenerezza.

Lei si era scostata bruscamente lasciandolo così, con il braccio ancora alzato, e si era messa a dormire di fianco a Kiba, a far finta di dormire per l'esattezza, gli occhi pieni di lacrime.

Il giorno dopo tutto era come prima all'apparenza e Sakura avrebbe pensato che fosse stato solo un sogno, se non avesse saputo che non era così, che era vero, che era accaduto davvero.


II

Dopo che erano tornati a casa Sakura aveva cercato in tutti i modi di far tornare tutto com'era prima, avrebbe dato qualsiasi cosa perché tutto tornasse come prima, e mai più si sarebbe lamentata sostenendo che non era abbastanza!
Mai più.
In realtà non era cambiato niente all'apparenza, tantomeno il comportamento di Sasuke, era solo lei che era cambiata.
Ora quando una donna si avvicinava  a lui, o solo lo guardava, una sottile inquietudine la invadeva, come una morsa allo stomaco, e visto che la cosa capitava abbastanza spesso, ormai viveva in uno stato di ansia perpetua.
E col senno di poi avrebbe potuto anche andare bene così, visto che comunque l'ansia era ingiustificata.

Quella sera si erano ritrovati tutti e tre, lei Sasuke e Naruto, dopo una decina di giorni che non si vedevano, ed erano andati insieme a mangiare fuori.
Dopo cena erano arrivati anche Kiba, Hinata, Rock Lee, assieme ad un paio di ragazze che non conoscevano. Si erano seduti tutti insieme a scambiare qualche osservazione su una curiosa missione cui aveva partecipato Rock Lee, o almeno credeva... in realtà non riusciva a seguire molto perché una delle due ragazze si era seduta, guarda caso, vicino a Sasuke, e lei aveva passato tutto il tempo a controllarla, rispondendo a monosillabi quando qualcuno cercava malauguratamente di coinvolgerla nella conversazione e le chiedeva qualcosa. Quanto stupida era!
La ragazza era carina, ma niente di speciale secondo lei, faceva colpo, ecco, anche se era tutta apparenza grazie a quella massa di capelli color rame e quegli occhi da gatta.
Non sapeva cosa l'avesse messa in allarme visto che Sasuke si comportava come al solito, ossia indifferente per il resto del mondo, infastidito e imbarazzato sotto lo sguardo attento del suo occhio esperto (odiava che gli si invadesse lo spazio vitale).
Solo che poi era successo qualcosa.  
La ragazza aveva detto che se ne andava a casa e aveva salutato tutti, ma mentre si alzava aveva sussurrato qualcosa all'orecchio di lui, e poco dopo si era alzato anche lui e se ne era andato.
Sakura non sapeva cosa le fosse preso.
Aveva detto che era stanca ed era uscita in fretta, e una volta fuori si era messa a seguirlo.
Aveva visto la ragazza che sbucava da dietro l'angolo, gli andava incontro e cominciava a parlargli, e non contenta li aveva seguiti da lontano mentre camminavano affiancati senza toccarsi, lei che chiacchierava e lui che si limitava a rispondere, finchè non erano arrivati in quella che doveva essere la casa di lei, erano entrati in un portone e non aveva potuto vederli più.
E poi... e poi... cosa le fosse preso non lo capiva neppure lei.
Invece di andarsene aveva aspettato che una luce si accendesse nell'edificio, si era arrampicata fino a quella finestra ed era rimasta lì, senza spiare all'interno perché le avrebbe fatto troppo male, ad ascoltare i suoni indistinti attutiti dal vetro, continuando a ripetersi che doveva andarsene.
E invece era rimasta, per quella che le era parsa un'eternità, non un'ora o poco più.
Infine lui era uscito e ancora lo aveva seguito fino a casa, e non se ne era andata fino a quando lui non aveva spento la luce della camera.

Così era cominciato un periodo di pura ossessione e follia.
Di giorno tutto sembrava continuare come prima: lei gli parlava, rideva, solo non gli stava più così vicino perché era diventato tutto troppo difficile, perché le sembrava che non le sarebbe più bastato.
Perché lo amava, e lo desiderava così tanto... e non poteva averlo.
 Di notte, ogni notte, lo seguiva, e non andava a dormire finchè non aveva visto la porta chiudersi dietro di lui e la luce della sua stanza accendersi e poi spegnersi.

A volte passavano ore tra quando lui si chiudeva la porta alle spalle e quando accendeva la luce in camera e cosa facesse Sasuke nel frattempo, Sakura lo sapeva benissimo: se ne stava seduto da qualche parte al buio.
Lo sapeva perché a volte lui non andava a casa subito, ma si sedeva su una panchina, o sull'argine dell'acqua, o con la schiena appoggiata al tronco di un albero, e se ne stava lì a pensare a chissà cosa, da solo… quando avrebbe potuto appoggiare il capo sul suo seno e lasciarle assorbire tutto il suo dolore, tutti i suoi pensieri, ed essere libero.
Quando lui spegneva la luce della sua stanza, lei ritornava a casa e si addormentava di colpo, di un sonno pesante e senza sogni, buttata giù dal letto dalla sveglia dopo quelli che le parevano pochi secondi: ma se a lui bastava dormire quattro cinque ore per notte, se le sarebbe fatte bastare anche lei.
E comunque quello era l'unico modo in cui riusciva a dormire.

Ogni tanto, non tanto spesso per fortuna (era passato un po’ di tempo dopo la rossa, e quasi lei si era illusa che si trattasse di, un altro, caso isolato), c'era una donna.
Sakura aveva sviluppato un sesto senso che l'avvertiva, serrandole la gola in una stretta che le permetteva di respirare a fatica, quando arrivava quella "giusta".
In realtà a freddo, ragionando, non riusciva a trovare un denominatore comune tra quelle donne, a parte che erano tutte carine (una sola molto bella, le altre niente di speciale a suo parere) e tutte spregiudicate (conoscendolo, dovevano fare la prima mossa, e anche la seconda)... per il resto.. non avevano niente in comune e non riusciva a capire cosa ci trovasse in loro, cosa le rendesse diverse dalle altre.
Non era più stata una cosa evidente come quella volta con la rossa, e se non lo avesse seguito ogni sera non lo avrebbe più beccato.
Ormai rideva tra sè e sè pensando che almeno a qualcosa tutto ciò era servito, a diventare una maestra del pedinamento.
Di regola Sasuke finiva a casa loro, mai nella sua, e se ne andava dopo alcune ore. Solo una volta era rimasto tutta la notte (non voleva neppure cercare di capire perché a volte restava di più, cosa lo facesse restare di più).
Lei aspettava fuori, senza mai guardare ( già quell'unica immagine infestava le sue giornate e le sue notti), aspettava abbastanza vicino da poter sentire dei suoni attutiti, abbastanza lontano da non distinguerli, e solo ogni tanto qualche parola urlata giungeva fino a lei, di solito il nome di lui… una vera e propria coltellata.

Sempre, aspettava che tutto questo finisse, piena di paura perché magari una volta, magari una di queste, un giorno, lo avrebbe fatto restare.
 
Più ci pensava, meno capiva come fosse arrivata a questo punto, ma in qualche modo tutto questo era diventato una routine, una nuova routine: sicuramente morbosa, ma a suo modo rassicurante.
Ovviamente non poteva durare per sempre.
E infatti, lentamente, tutto degenerava sempre più, e lei non ce la faceva più e non reggeva più quella personale, delirante ossessione, non resisteva più.
La sua mente e il suo corpo reclamavano sonno… e sollievo.
Fino a quando la semplice presenza fisica di lui, anche intravista da lontano, di nascosto, le faceva male.
E il desiderio di essere toccata, baciata... amata, era una necessità fisica.
Era malata, malata, cos'altro poteva essere quella follia?
E non c'era niente che potesse fare, poteva solo andare da lui e chiedergli di guarirla.
Ma naturalmente non poteva.

E così, finalmente, aveva cominciato a farsi strada la percezione che era ora di cambiare, che era necessario cambiare.

Quella sera aveva incontrato Ino.
Erano mesi che non si vedevano e non si frequentavano più come una volta: l'ultima volta che si erano parlate avevano quasi litigato.
 
"Ancora persa dietro a Sasuke, eh Sakura?" l'aveva presa in giro, dopo che lei aveva appena salutato il sopraddetto.
 Aveva fatto un salto, non si era neppure accorta di lei.

 "Siamo amici" aveva risposto, piccata.

"Sì, appunto… solo amici, dovresti essertela messa via ormai!"
 Lei si era trattenuta, sapeva che Ino non lo faceva per cattiveria, semplicemente si faceva un vanto di dire sempre quello che pensava, senza capire che a volte questa diventava cattiveria.
 Sakura sapeva bene come stavano le cose tra lei e Sasuke, non occorreva che glielo dicessero gli altri, il resto erano cavoli suoi, no?! Che ne sapeva Ino?  

"Vuoi morire vergine?" aveva continuato l'altra. 

Prima che potesse rispondere male era arrivato il suo nuovo ragazzo, un tipo carino e totalmente insignificante.
Ino lo aveva stretto forte "Vedi" aveva ammiccato "Questo è un uomo! ..chiaro?" 

E se ne erano andati abbracciati, lasciandola lì a chiedersi cosa diavolo volesse dire, anche se capiva che era qualcosa di sgradevole nei suoi confronti, e anche nei confronti di Sasuke.

Quindi si era sorpresa quando Ino aveva deviato apposta per andarle incontro.
 
 - Come va? -

 - Bene, sto aspettando Naruto, deve consegnarmi un rotolo per domani -

 - Ah… senti… sono a casa da sola stasera, Rio sta via per un paio di giorni... ti va se beviamo un bicchiere e ricordiamo i vecchi tempi? -

 - Se non fai i tuoi soliti commenti -

Avevano ridacchiato e in quel momento era sopraggiunto Naruto, con Sasuke.
Erano rimasti lì solo per qualche minuto ma a lei non era sfuggito lo sguardo di apprezzamento che l'altra aveva lanciato a Sasuke.
Non hai un "uomo" tu? Aveva pensato velenosamente.
Avevano bevuto un bicchiere tutti assieme (Ino almeno due) e Sakura aveva osservato sbalordita i poco discreti tentativi di seduzione di quella... lasciamo perdere... gli sguardi, i sorrisi eccessivi, la mano allungata a toccargli la spalla con una scusa, tutto il repertorio di smancerie.
Sentiva la rabbia che saliva... saliva...
Poi i due se ne erano andati e Sakura era rimasta lì con Ino, fumante di rabbia, a perdere tempo tra l'altro, visto che non poteva seguire Sasuke e compiere il suo rito serale.

 - Ti sei asciugata la bava? - le aveva chiesto alla fine, pronta a scattare se riceveva la risposta sbagliata.

 - Dai Sakura! Non puoi essere ancora gelosa! -

Cercò di calmarsi, respirando a fondo: ovviamente non era gelosa, non di Ino almeno.

 - Mica te lo mangio, mica si consuma! - continuava l'altra facendola respirare di nuovo con rabbia: odiava profondamente i suoi stupidi e ambigui doppi sensi.

 - Se va bene al tuo ragazzo... quando torna a proposito? - aveva chiesto con aria innocente.

 - Il mio ragazzo sta al suo posto, lo faccio stare al suo posto - aveva risposto Ino sorridendo orgogliosa - Senti Sakura... sai che dico quello che penso, no? -

Sì, lo sapeva bene, e questo a volte era irritante... mooolto irritante.

 - Dovresti imparare a pensare di più allora - le aveva risposto con sincerità.

 L'altra era rimasta zitta per un lungo momento.

 - Colpita - aveva ammesso infine.

 - Sai - aveva continuato poi - non ci vediamo più molto spesso, e non per causa mia... sei tu che mi tieni a distanza... e non ci crederai eppure mi dispiace. Ti voglio bene, e davvero mi dispiace che tu... voglio dire... Sasuke è terribilmente bello, ed emana un'aria così... eccitante! A stargli vicino, prima, mi veniva voglia di leccarlo... e non guardarmi così!  Oh Sakura! Guardati! Ti si legge in faccia che lo ami... e in una maniera assurda e fuori dal tempo, non del tutto normale se vuoi il mio parere -

 - Non sono sicura di volerlo, il tuo parere - l'aveva interrotta lei.

 - E io te lo dico lo stesso, perché ti voglio bene... se non fossi così persa ti direi di saltargli addosso e toglierti lo sfizio. Ma mi sa che non puoi, troppo pericoloso... per cui devi togliertelo dalla testa, definitivamente. Non fa per te… e lo sai anche tu... uno così ti annienterebbe, ti succhierebbe la vita a poco a poco... te la sta già succhiando! Non lo vedi? Devi. lasciarlo. perdere… e cominciare a vivere -

 - Dio Ino! - aveva risposto lei, gli occhi lucidi - Non pensi che la gente a volte semplicemente non voglia sentirsi dire la verità, che magari possa volere, solo, illudersi ancora un po’? -

 - Non tu Sakura, non tu... sei più forte, più dotata, più determinata di me... ti invidio in tutto... com'è che solo per quanto riguarda lui devi essere così debole? Svegliati! Trovati qualcuno che ti faccia sentire viva, che ne so... ubriacati se non ce la fai da sobria... ma prova il piacere di sentirti tra le braccia di qualcuno, di sentirti desiderata -

Ognuna di quelle parole l'aveva colpita come una pietra, e non aveva maschere, non aveva più ripari dietro cui nascondersi: era vero, era vero... tutto vero... tutto stramaledettissimamente vero... eppure, in un certo senso, era anche falso, come se scalfisse solo la superficie, come se sotto, all'interno, ci fosse un nucleo puro e profondo che Ino non poteva vedere, non poteva neppure intuire... ma era solo una sensazione, anzi, forse era solo l'ennesima scusa che accampava con se stessa per tirare avanti ancora un po’ senza aprire gli occhi.

 - Non so se riesco a vivere - ammise tristemente - non quel vivere che intendi tu, almeno -

Ino aveva sorriso - Ti aiuto io se mi vuoi, sono un'esperta... in vivere senza pensare -

E queste semplici parole avevano lasciato Sakura stranamente grata.

Erano rimaste ancora un po’ lì a chiacchierare, di stupidaggini ora.

 - Ascolta - l'aveva salutata Ino alla fine - passo a prenderti una di queste sere... ok? -

Le aveva stretto la mano prima di allontanarsi, lasciandola lì, un po’ con la voglia di ridere, un po’ con la voglia di piangere.

Era uscita lentamente all'aria aperta e si era avviata lentamente lungo la strada, lasciando che il fresco della notte le asciugasse gli occhi.
Pian piano si era avvicinata a casa.
 Alla casa di Sasuke ovviamente… giusto per dare un'occhiata, per abitudine.
Si era fermata di colpo.
Sasuke era sulla soglia, appoggiato allo stipite della porta con noncuranza, eppure con eleganza, quell'eleganza innata che traspariva da ogni suo gesto, anche il più insignificante, e che la lasciava ammirata a guardarlo.
Davanti a lui c'era Ino, che gli parlava ridendo.
Subito Sakura aveva pensato che l'altra fosse andata a parlargli di lei, a perorare la sua causa o chissà cosa, facendola diventare color aragosta per l'imbarazzo, e fortuna che nessuno la vedeva.
Poi quella gran troia aveva cominciato a toccargli la base del collo con un dito, e a scendere giù, ridendo e ammiccando, sussurrandogli chissà cosa all'orecchio.

Sakura si era girata e si era allontanata: non voleva vedere altro.
In qualche modo quello era stato troppo, era arrivata al suo limite, non avrebbe tollerato altro.

Aveva perso la verginità quella sera, in maniera vergognosa, seguendo il consiglio di Ino.
Era entrata in un locale e aveva bevuto, bevuto fino a non capire più niente.

Il giorno dopo stava da schifo.

Ricordava che dopo qualche tentativo di camminare si era seduta ed aveva appoggiato le braccia sopra il tavolo, la testa le scoppiava... fortuna che poteva restare a casa, perché non aveva neppure la forza di provare a guarirsi da sola.
Aveva solo dei vaghi ricordi di quello che era successo la sera prima, non ricordava neppure bene la faccia del tipo, ricordava di averlo seguito in un vicolo e poi c’era la vaga sensazione di essere toccata... che squallore...
Che squallore...
Era sicura di averlo fatto solo perché aveva trovato del sangue mischiato a... cosa diavolo era tra gli slip.

Che schifo che schifo che schifo.

Almeno non aveva sentito male, cercava di dirsi nel disperato tentativo di trovare un lato positivo.
Già, una gran bella fortuna.
E mentre lei non sentiva male, non sentiva ...niente... in quello stesso momento Ino veniva toccata da Sasuke, baciata da Sasuke.
Aveva abbassato la testa sulle braccia e aveva iniziato a piangere, e piangere, e piangere, senza riuscire a smettere, il corpo scosso da singhiozzi.
Non era mai stata peggio, no... vivere non faceva per lei, non vivere come Ino almeno.

A quel punto avrebbe dovuto capire, avrebbe dovuto raccogliere tutta la lucidità, il buon senso e l'intelligenza che sapeva di avere, da qualche parte, e capire di aver toccato il fondo.
Invece era stato solo l'inizio di quello che sicuramente era stato il periodo peggiore della sua vita, i mesi peggiori della sua vita, quelli di cui aveva parlato Naruto, quelli per cui Sasuke non voleva più vederla.
Mesi in cui aveva cercato con tutta se stessa di non pensare, di non capire, di non vedere… terrorizzata all'idea di fermarsi, di doversi trovare davanti se stessa.
Di giorno si comportava come sempre, forse solo in maniera più meccanica, forse perfino meno assente di prima, quando non dormiva la notte.
La sera beveva, a volte solo pochi bicchieri, a volte fino a ridursi ad una specie di larva, incapace di stare in piedi, di capire bene quello che faceva, di pensare... fino a finire da qualche parte a vomitarsi addosso.
A volte finiva a letto con qualcuno: senza divertirsi, senza provare niente, rimanendo con un senso di schifo, la nausea che la prendeva ogni volta che metteva a fuoco un particolare.

Sasuke era rimasto a guardarla una sera, ne era sicura perché aveva sentito lo sguardo di lui su di sè... e quella probabilmente era stata la volta in cui aveva bevuto di più, in cui si era comportata ancora più da cretina del solito.
Ad un certo punto lui si era avvicinato, aveva afferrato il tipo che le stava addosso e gli aveva detto qualcosa che lo aveva fatto scappare. Lei lo aveva guardato e quell'immagine le si era stampata in mente, chiarissima, spiccava netta in mezzo alla nebulosità di tutto il resto: l'immagine del suo volto bellissimo e corrucciato.

 - Vattene a casa! Perché ti fai trattare cosi?! - le aveva detto.

E poi se ne era andato, e non l'aveva portata con sè, non l'aveva abbracciata, aiutata, salvata, l'aveva solo giudicata... e in quel momento, in quel preciso, breve momento, lo aveva odiato.

Non si era più ubriacata da quella volta, ma non aveva ancora toccato il fondo.
Quello lo aveva toccato durante l'ultima missione e Sasuke ne era stato testimone.
Non aveva neppure la scusa dell'alcool.
Era solo che ormai Sasuke la evitava apertamente e stava riuscendo ad evitarla anche quando erano in missione assieme, per quanto sembrasse impossibile.
Ma lui riusciva ad ignorarla anche quando le parlava, era un maestro nell'ignorare le persone, nel farle sentire come se non esistessero.
Non sapeva neppure perché si fosse messa a fare la cretina con Kiba, e come fossero riusciti a farsi beccare da Sasuke seminudi appartati poco lontano: era un vago desiderio di sentirsi considerata, apprezzata, desiderata... amata.
Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo di Sasuke, uno sguardo improvvisamente carico di una variegata gamma di espressioni: sorpresa, fastidio, dispiacere, ed un'altra che non riusciva a determinare ma che doveva essere disprezzo, non poteva che essere disprezzo.
Era comprensibile, era quello che sentiva lei per se stessa.

Si era risistemata i vestiti alla svelta ed in quel preciso istante aveva capito che era arrivata al limite anche di questo, anzi, che questo era un punto di arrivo definitivo.
Al diavolo l'alcool, al diavolo gli uomini, tutti... al diavolo anche Sasuke.
Avrebbe ricominciato da zero, da se stessa.

Il semplice fatto di aver preso la decisione l'aveva fatta sentire meglio, l'aveva fatta sentire se stessa, come non si sentiva da tempo.
Non avrebbe più potuto guardare in faccia Sasuke dopo quella volta, ma anche questo poteva essere utile.

E poi Sasuke era andato da Naruto, e lei ora era qui... e avrebbe dovuto parlargli.
Parlargli? Chiarire? E cosa?
Dirgli che lo aveva seguito, che si era ridotta così perché pensava a lui, perché era ancora pateticamente innamorata di lui come una stupida, patetica ragazzina?
 E poi?
Rassicurarlo dicendogli che ora aveva deciso, finalmente, di dimenticarlo?

Passò il resto del giorno in uno stato di tensione simile a quello che provava alla vigilia di qualche missione particolarmente difficile.
Doveva decidere.
Che fare, cosa era giusto fare... forse doveva effettivamente chiarire, forse era la cosa giusta da fare per poter chiudere tutto, per non lasciare niente in sospeso.

A sera aveva finalmente deciso, si era finalmente convinta che sarebbe stata la cosa migliore da fare: chiarire, per chiudere.
Ora doveva solo trovare il coraggio... e le parole.

Dopo aver vagato per un po’ senza meta ed aver pensato a mille diversi modi per cominciare il discorso, si decise: qualcosa le sarebbe venuto in mente, meglio non programmare, ma agire.
Si ritrovò davanti alla casa di Sasuke.
Era buio e non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe detto.


III

Sasuke se ne stava seduto in poltrona, al buio.
Aveva fatto finta di guardare la televisione per un po’, fino a che non aveva cominciato a provare fastidio anche per quel sottofondo indistinto e non l'aveva spenta.
Ora avrebbe dovuto andare a dormire.
Visto che sapeva perfettamente che quella notte non avrebbe chiuso occhio, tanto valeva evitare di fare una cosa così priva di senso.
Sasuke non era mai stato un gran dormiglione, da quando era un bimbo, da quando era rimasto da solo, da un giorno all'altro, nel quartiere di famiglia, i passi che rimbombavano tra gli edifici vuoti, i fantasmi che sembravano aggirarsi ovunque. Da allora il momento di andare a dormire era sempre stato il peggiore della giornata, ed ogni tanto, quando non ce la faceva più, si riposava appisolandosi per mezz'ora durante il giorno.
Ma ultimamente le cose erano peggiorate, ulteriormente peggiorate visto che dormiva veramente male da qualche anno ormai: da quando Itachi era morto, un'eternità fa.
Però con il tempo, lentamente, si era abituato a portare anche quel peso, gli incubi erano diminuiti e dormiva meglio, e a volte gli pareva anche di stare bene.
Non ricordava neppure più il volto dei suoi genitori ed ogni tanto andava a riguardarsi qualche foto che aveva nascosto dentro ad un armadio, assieme a tutte le cose che ci aveva relegato per non vedersele sempre intorno.
Un giorno avrebbe dimenticato anche il viso rigato di sangue di suo fratello, e il suo ultimo addio.

Chiuse gli occhi e riprese a pensare a Sakura.
Era tutto il giorno che ci pensava, dapprima suo malgrado, nonostante tutti i tentativi di cacciarne il pensiero, poi con rassegnazione, e infine si era arreso, deciso a riflettere su tutto fino a venire a capo dei suoi pensieri, dei suoi... sentimenti? E comunque fino a poter riuscire a razionalizzare ogni cosa, per metterle al loro posto e potersi almeno illudere di avere tutto sotto controllo.

Sakura gli era estremamente cara, era una delle poche persone a cui teneva veramente. E questo era un dato di fatto.

Sasuke aveva provato e provato ad essere indifferente a tutti quelli che gli erano vicini, anche contro ogni evidenza, anche quando si ritrovava per l'ennesima volta sopraffatto da qualche emozione.
Aveva negato, e negato, e bluffato fino a che aveva potuto, fino a quando non era diventato impossibile, fino a quando non era diventato ridicolo continuare a mentire a se stesso.
Esteriormente il bluff era continuato lo stesso ovviamente, ormai era una sua seconda pelle: lui stesso era un bluff, tutta la sua vita era un bluff.
Con Sakura però era diventato sempre più difficile: il suo affetto evidente, il suo prendersi cura di lui, il suo stargli vicino così discretamente...
In un modo lento, impercettibile, che non gli aveva permesso di difendersi, di barricarsi dietro ad un muro, gli era diventata indispensabile.

E poi c'era quella sensazione che provava vicino a lei, all'inizio senza nome, indefinibile, poi sempre più chiara, evidente, urgente: il desiderio di toccare, baciare... fare l'amore.
Sapeva che Sakura gli voleva bene, tutto in lei lo dimostrava, le sue parole, il suo sguardo, il suo sorriso, le sue carezze, ma lei non sembrava volere qualcosa di più, o meglio, non lo mostrava più come una volta, e lui nel caso specifico non riusciva a ragionare con lucidità.
O almeno questo era quello che si raccontava, a volte.
Così poteva continuare a non fare niente, non che sapesse cosa fare... ma poi cosa avrebbe dovuto fare, corteggiarla?
Non sapeva neppure da che parte cominciare.

O forse era solo... paura?
Paura di ricevere un rifiuto, o forse, o peggio, che lei gli dicesse di sì?
La solita vecchia paura: paura che un legame così forte potesse renderlo troppo debole, troppo vulnerabile, perché non voleva dare ostaggi alla sorte, proprio ora che non viveva male, che era relativamente in pace con se stesso?
Forse... e in fondo era così semplice da capire, perché, benchè sapesse che si sopravviveva a tutto, se non aveva niente non poteva perdere niente.

E poi le cose erano cambiate.
Sasuke sapeva che sarebbero cambiate prima o poi, ma pensava a qualcosa di completamente diverso, per l'esattezza pensava che lei si sarebbe innamorata di qualcun'altro e tutto sarebbe stato chiaro, chiuso, finito.
Invece tutto si era complicato in quella maniera assurda.
Era iniziato dopo quella missione, dopo quella donna.

Era stato fatto chiamare da lei (non si ricordava come si chiamava, cosa che gli seccava enormemente) proprio mentre Sakura lo stava... guarendo? accarezzando? ...torturando? Ed era in uno stato di vaga insoddisfazione che si era presentato alla sua tenda.
Lei lo aveva invitato a sedersi, poi, visto che lui palesemente rifiutava l'invito e se ne stava in piedi in prossimità dell'entrata, aveva iniziato a parlare.
Evidentemente si trattava di pretesti, ed aveva risposto infastidito alle futili questioni che gli venivano languidamente poste.

Non aveva una spiegazione razionale sul perché fossero finiti a letto insieme.
Erano state le mani di lei mentre gli parlava a colpirlo: due mani affusolate, curate, bellissime, in quel momento straziate dalle loro stesse unghie che penetravano nella carne in maniera convulsa, quasi disperata.
Le mani erano subito scomparse sotto il tavolino apparecchiato per lui, che neppure si era avvicinato.
Lui aveva alzato gli occhi e l'aveva guardata, il volto bellissimo e perfettamente curato in quel momento frantumato dall'interno, e un volto molto più vivo, molto più interessante che prendeva forma dietro la maschera.
Non era riuscito a trattenere un sorriso perché, in un certo senso, l'aveva riconosciuta.
E quando lei si era alzata senza preavviso e si era avvicinata, la cinta del kimono allentata, a rivelare la pelle nuda e perfetta, negli occhi un abisso di solitudine, non era riuscito ad andarsene.
Si era lasciato guidare all'interno della tenda e si era lasciato avvolgere da un incantesimo che gli aveva permesso, per la prima volta dopo anni, di scordare se stesso, di liberarsi per qualche ora del peso enorme che lo schiacciava sempre, il peso delle scelte degli altri sulla sua vita, il peso delle sue stesse scelte, e delle loro conseguenze.

Quando era tornato per il suo turno di guardia, aveva trovato Sakura ad aspettarlo.
Era scesa dall'albero e gli si era avvicinata con uno sguardo ferito, per causa sua, come sempre, che lo aveva fatto sentire un verme.
L'aveva guardata negli occhi, ed era così bella. Trasparente, onesta, semplice... pulita.
Così enormemente migliore di lui.
Avrebbe voluto parlarle, consolarla, cancellarle il dolore che le aveva causato, che le causava, ma non poteva, semplicemente perché non ne era capace.
In fondo sapeva, come aveva sempre saputo, che non potevano amarsi, che non poteva dare a Sakura quello che lei desiderava, quello che meritava: una vita serena, una vita felice.
Le aveva detto di andare a dormire, ed era come dirle, dimenticami, sii felice tu che puoi.
L'aveva accarezzata con la mano con cui aveva appena toccato un'altra donna, ed anche se era tutto sbagliato, quello era un gesto d'amore.

Sasuke sapeva che le cose sarebbero cambiate da quel momento in poi.
Sakura gli faceva tenerezza per come cercava disperatamente di far finta che non fosse successo niente, di far tornare tutto come prima, mentre era evidente la sua tensione quando si trovava vicino a lui, il dolore sotto il viso sorridente, l'insicurezza nello sguardo.
Non c'era altro però, non disprezzo, nè odio, e aveva bisogno di odiarlo almeno un po’ se voleva smettere di amarlo, e poi dimenticarlo.

Poi tutto si era evoluto in maniera così imprevedibile.

Quella ragazza si era rivelata uno sbaglio dall'inizio alla fine.
Innanzitutto era stata una cosa troppo evidente, mentre lui voleva che la sua vita privata restasse privata, e poi neanche gli piaceva un granchè, parlava continuamente e non essendo un genio faceva discorsi stupidi e irritanti, e in più anche fisicamente non era niente di speciale, l'odore della sua pelle non lo prendeva affatto.
Era solo che aveva avuto una giornata di merda e Sakura era l'unica che si accorgeva sempre di quando lui stava male, per quanto cercasse di nasconderglielo, e lui aveva pensato che forse non sarebbe stato così sbagliato, che forse avrebbe potuto, egoisticamente… ma non poteva farle così tanto del male, non poteva usarla.

E quella ragazza (di quella non gli importava di non ricordare il nome, anzi, si era rifiutato di farselo entrare in testa anche se glielo aveva ripetuto continuamente), quella ragazza, per un momento, mentre si alzava e gli chiedeva di seguirla fuori, lo aveva guardato con gli stessi occhi trasparenti di Sakura.
Era stato un momento, un abbaglio, quella non ci assomigliava per niente, era così evidente mentre gli si avvicinava con quell'aria trionfante, eccessivamente allegra, eccitata, e poi preoccupata e seccata quando lo aveva visto titubante.
Aveva accettato di accompagnarla a casa, a condizione che non gli si appiccicasse, perché aveva avvertito la presenza di Sakura, e non gli andava di affrontarla.
Così erano arrivati a casa di quella e lui l'avrebbe anche mollata lì e se ne sarebbe andato, ma era entrato invece, perché Sakura li aveva seguiti fin lì, e non era sicuro del motivo per cui li avesse seguiti. E in quel momento non aveva voglia di trovarsela davanti e scoprirlo.
Aveva pensato che in fondo era solo sesso, non poteva essere così male.

Se l'era filata non appena aveva potuto farlo senza essere stronzo, non eccessivamente almeno, perché un po’ stronzo aveva dovuto esserlo: quella era appiccicosa, il peggio del peggio.
Era stato uno stupido.
Non si sarebbe mai più ficcato in una situazione simile.

Con sua sorpresa aveva scoperto che Sakura  era ancora lì fuori, e lo aveva seguito fino a casa.
Aveva fatto una lunga doccia e lei era ancora lì fuori.
Cosa avrebbe fatto se lui le avesse chiesto di entrare?
Si sarebbe rifiutata indignata o gli avrebbe permesso di cancellare il ricordo dell'odore dell'altra, lasciandogli assaporare il profumo del suo corpo?
Era rimasta lì fuori finchè lui non aveva spento la luce della camera. Era rimasto ancora un po’ in terrazzo a guardare la notte e poi era andato a letto.

Così era cominciato quel gioco morboso e surreale.
Di giorno lui e Sakura si parlavano normalmente, anche se senza più l'intimità di prima ( gli mancava il contatto fisico, per quanto fosse una tortura in meno).
Di notte lei lo seguiva di nascosto (o almeno così credeva) e a dire la verità alla fine era diventata davvero brava a nascondersi, se non fosse stato che sapeva che lei era lì avrebbe avuto molti dubbi.

Lui non aveva cambiato di una virgola le sue abitudini, di proposito non faceva niente di diverso da quello che faceva prima, dicendosi che non voleva farsi condizionare da qualcosa che sarebbe presto finito.
Ma sapeva che lei c'era e questo gli dava, stranamente, un sottile conforto.

Non negava che ci fosse qualcosa di morboso, insano in tutto questo, e l'insania raggiungeva l'apice quando lui andava a letto con una donna che per qualche motivo lo aveva colpito (chiarendo apertamente e brutalmente prima, per lavarsi in qualche modo la coscienza, che dopo non avrebbe voluto rivederle più), sapendo che lei era lì fuori ad aspettarlo.

Sapeva perfettamente che tutto questo non poteva durare a lungo, che era durato anche troppo.
Ed i cambiamenti erano arrivati, inizialmente impercettibili, poi sempre più evidenti, fino a quando Sakura non era più riuscita a nascondere in alcun modo il disagio che provava in sua presenza.
Gli faceva male vederla così, lei così solare, ora così tormentata, fragile, palesemente infelice.
Sapeva che in qualche modo era colpa sua, come sempre, ma non poteva fare niente, o meglio, non sapeva cosa fare se non aspettare l'inevitabile fine di tutto questo, perché nessuno poteva volontariamente farsi del male troppo a lungo, o almeno nessuno così ‘sano’ come Sakura.
Sapeva anche che lei avrebbe dovuto cancellarlo per questo, e anche se non negava che la cosa gli faceva male, lo accettava come inevitabile... e giusto.
Sarebbe sopravvissuto, e la solitudine non gli faceva paura, era qualcosa che conosceva molto bene.

Certo ancora una volta non si era aspettato che le cose cambiassero così, all'improvviso, e in quel modo, che riuscissero a peggiorare ulteriormente invece di migliorare.

La sera in cui Sakura era rimasta a chiacchierare con Ino, lui sapeva che ovviamente non lo avrebbe potuto seguire, ed era così abituato a quella presenza nascosta e silenziosa che non poteva evitare di provare una punta di tristezza le rare volte in cui lei non c'era.

Non era molto che era arrivato a casa quando aveva bussato Ino.
Gli aveva chiesto di entrare con uno sguardo pieno di promesse.

Non gli interessava e non aveva voglia di farla entrare, non a casa sua.
Era rimasto fermo ad ascoltarla solo perché ad un certo punto gli aveva detto quella frase.

 - Povera Sakura, la stai uccidendo -

Per un momento aveva visto rosso (cosa voleva dire, di cosa lo stava accusando?), ma una parte di lui sapeva di essere colpevole, lo aveva sempre saputo.

Aveva chiuso la porta di casa lasciandola fuori, avvertendo un improvviso e totalmente irrazionale senso di vuoto.
Dov'era lei? Perché provava quell'assurda sensazione? Perché si sentiva improvvisamente solo? Che assurdità... una cosa davvero stupida e illogica, ma per la prima volta dopo mesi e mesi aveva passato la notte da solo, completamente solo, circondato da tutti i suoi fantasmi.

Da allora aveva cercato di evitare Sakura.
Aveva assistito da lontano al suo maldestro tentativo di cambiare, di essere diversa da quello che era, di negare se stessa.
L'aveva vista ancora più insicura, sofferente, infelice.
Sapeva che sarebbe passato anche questo, che non avrebbe potuto vivere senza essere se stessa, non troppo a lungo almeno.
Ma questa volta faceva male, male davvero, e a volte arrivava ad essere un dolore fisico che gli prendeva lo stomaco e gli faceva chiudere gli occhi.
Era stata così male anche lei quando lo aveva visto con altre donne?

Sicuramente era stata male, ma lui non stava male perché lei si faceva toccare da altri uomini.
Bugiardo… stava davvero male per quello, ma non solo per quello: era vederla così, vederla che si annullava e brancolava, era questo, soprattutto questo, vederla soffrire così.
Come diavolo erano arrivati a tutto questo?
Perché non erano riusciti a fermarsi prima, perché non era riuscito ad impedirlo?
Ed ora era troppo tardi.
Doveva accettare quella scelta, quell'assurdo e doloroso sistema che aveva trovato per dimenticarlo? A pensarci bene un sistema tipicamente da Sakura: non fare del male agli altri, solo a se stessa.

Ancora una volta non aveva fatto niente, ma questa volta non poteva fare niente, non ne aveva più il diritto.
Doveva solo aspettare che tutto questo passasse.

Una sera, solo una sera era restato a guardarla mentre si riduceva ad una mera ombra di se stessa, e quando quel cretino le si era appiccicato non aveva resistito e li aveva raggiunti. Aveva afferrato quel tipo e gli aveva spiegato che gli conveniva sparire, aggiungendo che se lo trovava a molestare un'altra ragazza ubriaca lo uccideva.
Poi l'aveva guardata, così devastata, lottando contro la tentazione di gridarle, scuoterla, stringerla... portarla via, invece le aveva detto le prime due cose che gli erano passate per la testa, e se ne era andato.

Da quella volta l'aveva evitata accuratamente e quando era costretto a parlarle lo faceva freddamente, il più sbrigativamente possibile.

E poi quell'ultima missione, che lui da stupido non aveva rifiutato.

In missione era più difficile stare distanti, e per quanto si limitasse a ridurre i contatti al minimo questi erano sempre troppi; però non andava così male, sembrava tutto sotto controllo.
Perché lo avesse così sconvolto trovarla con Kiba non lo sapeva dire con esattezza.
Non se lo aspettava, tutto qui.
Forse era un bene per lei, in fondo aveva fatto diverse missioni con lui e si conoscevano discretamente, forse effettivamente si piacevano, si volevano bene. Forse andava bene così, forse alla fine era la cosa migliore per Sakura, magari lui non se ne era accorto ma era nato qualcosa tra loro.
Non lo sapeva e non voleva saperlo, non voleva proprio pensarci, e soprattutto non voleva vederlo.
Per quello aveva detto a Naruto che non voleva più fare missioni con Sakura, almeno non per i prossimi dieci anni... sì... dieci anni potevano essere sufficienti.


IV

Sakura era rimasta solo per pochi secondi davanti alla porta di Sasuke e poi aveva bussato, prima di cambiare idea.
Lui aveva aperto e lei era entrata senza aspettare di essere invitata, superandolo.
Sasuke aveva chiuso la porta e aveva acceso la luce.

Rimasero lì in piedi a guardarsi come due idioti.

Com'era bello.
I capelli nerissimi, dai riflessi blu (come sempre soffocò la tentazione di allungare la mano e toccarli) si stagliavano netti, come nastri di velluto nero sulla pelle del suo viso pallido, il suo bel viso. Ne incontrò gli occhi neri, quegli occhi che la tenevano legata in una sorta di incantesimo, più forte delle illusioni che lui sapeva creare, si affrettò a distogliere i suoi, di occhi, e continuò a scendere con lo sguardo, immaginando la pelle bianca e liscia sopra i muscoli.
Sono pazza, pensò, sono qui per chiarire, tagliare, e avrei voglia, anch'io, di... leccarlo, anzi, di fondermi con lui e diventare un solo essere.
Era stato un grosso errore venire.
E lui, lo stronzo, se ne sta qui a guardarmi tranquillo e niente lo sfiora, il bastardo.

Accolse con gioia quel principio di rabbia irragionevole e cercò di farsene avvolgere, di alimentarlo, perché le avrebbe dato forza.
Non ci voleva molto: bastava guardarlo mentre se ne stava lì senza dire un parola, indifferente, come se la cosa non lo riguardasse, come se niente lo riguardasse, tantomeno la persona che gli stava davanti.
Che voglia di spaccargli la faccia, aveva ragione Naruto, l'avrebbe fatta stare meglio, e magari dopo avrebbe potuto starsene lì a guardarlo per un'ora senza sentire niente.

 - Cosa vuoi? - le chiese infine lui, solo così.

E la guardava lontano, distaccato.

 - Sei uno stronzo - sibilò.

Lui abbassò lo sguardo per un momento.

Che cosa vuoi, mi chiede, e con quella faccia da schiaffi oltretutto.  

 - Niente Sasuke, non voglio niente da te, non preoccuparti! Non turberò la tua falsa, misera quiete, non ti strapperò dal tuo piccolo mondo chiuso e meschino! Sta lì indifferente e lontano come sempre, a far finta di niente... magari non farai danni come una volta... ma lasciatelo dire forte e chiaro… tu adesso credi, ti lavi la coscienza credendo di passare come un fantasma nelle vite degli altri ma non è così. Fai del male lo stesso, sei uno stronzo lo stesso... è colpa tua lo stesso! -

 Lui l'aveva guardata con una delle sue migliori facce di bronzo e lei non riusciva a leggere niente, niente, attraverso quel muro, quel maledetto muro invalicabile.
Non era riuscita nemmeno a farci una crepa sopra, mai... di cosa si era illusa!
Come aveva potuto illudersi così! Lei non era Itachi, non era neppure Naruto, non era niente.
Ed era terribile quella sensazione di impotenza, le faceva venir voglia di urlare come una pazza, di scuoterlo fino a fargli male, di odiarlo con tutte le sue forze.

- …di cosa, è colpa mia? - le chiese infine.

 Lo aveva guardato incredula.
Ma non capisci niente, non capisci proprio niente?

- Di cosa... di cosa? di tutto! DI TUTTO! TI VA BENE? -

- Tutto, mi sembra troppo anche per me – le rispose lui tranquillamente, un mezzo sorriso.

Il sangue le era andato alla testa.

 - Stronzo! – urlò senza avvicinarsi, dando un pugno alla parete, lasciando che tutta la frustrazione che aveva accumulato per anni uscisse fuori di colpo - Vuoi che ti dica di cosa è colpa tua? Vuoi che te le elenchi una per una le tue colpe? E' colpa tua se sono ridotta così! Ti basta? E' colpa tua bastardo se la mia prima volta ha fatto così schifo! e poi... e poi... di tutto, tutto quello che ho fatto!! TUTTO! Colpa tua se sono... se mi sento così SPORCA!! E' colpa tua! TUA E DEL TUO EGOISMO! DELLA TUA FOTTUTISSIMA PAURA DEI SENTIMENTI! - ormai urlava e urlava, appena cosciente del groviglio di pensieri incoerenti che gli stava scaricando addosso - E non mi diverto neanche poi! Se mi va bene non sento niente!! NIENTE! Mentre tu... perfino con Ino! Cazzo! Cazzo! Mi dici perché sei COSI' VIGLIACCO? MI DICI COSA CAZZO HO IO CHE NON VA!?.. .e adesso… NON TOCCARMI! - urlò perché lui si stava avvicinando e se era pena quella che vedeva, se era pena quello che gli si leggeva negli occhi, allora lo uccideva
 - Non toccarmi! Non voglio niente da te! HAI CAPITO! NON TOCCARMI!! -

Lui si era fermato e la guardava, la guardava... e lei si sentiva debole e per questo si infuriava ancora di più.

 - E non guardarmi così! Voglio solo capire... lo capisci questo? - e ora purtroppo le venivano gli occhi lucidi – Quella... quella della missione... tu dovevi proteggerla! Non scopartela! Me lo dici che cosa aveva di speciale? Dimmelo! Perché lei? Perché lei? -

 - Devo... rispondere? - mormorò lui.

 - Te lo sto chiedendo! Voglio sapere perché lei... e la rossa... e le altre! Perché ti ho visto sai! Ti seguivo! Ti pensi che scema!? Ti seguivo! -

 - Lo so -

 - Lo sapevi?! Lo sapevi e lo stesso... lo stesso... con quelle... -

Ormai non riusciva più a trattenere le lacrime, le scorrevano copiose sulle guance. Patetico... patetico.
Gli si avvicinò furiosa, con lui, con se stessa, e cominciò a picchiarlo sul petto con i pugni, ritmicamente: una, due, tre volte.

 - Lo sapevi - la voce ormai un sussurro - e… e… andavi a letto con quelle sapendo che io ero lì... e io... io... perché, perché... perché? Perché loro, perché non hai voluto me? Io che ti aspettavo, da sempre... quando facevi il cretino in giro per il mondo... e cretino è una parola generosa... e io aspettavo... aspettavo... che stupida! Aspettavo che tu ti accorgessi di me, che ti ero sempre vicino... me ne stavo a distanza... per non essere invadente, ma ti aspettavo... ti aspettavo sempre, e poi arriva una... una stronza qualsiasi... e tu... e tu... che stronzo… che stupida, stupida, stupida.. -

C'era sempre meno forza nei suoi pugni, singhiozzava.
Lasciò che lui la stringesse tra le braccia ed appoggiò il capo sul suo petto, continuando a piangere, bagnandogli tutta la maglietta.

 - Scusami Sakura - le sussurrò lui – scusami, perdonami... pensavo... non ero sicuro, pensavo che tu saresti stata meglio senza di me... pensavo di... non essere capace -

 - Pensavi... - riuscì a dire lei tra i singhiozzi - non pensare Sasuke, quando ci pensi.... fai le cazzate più grandi -

Poi pian piano lei aveva smesso di piangere e si era staccata dal suo petto.

 - Hai un fazzoletto? -

Sasuke si allontanò e subito tornò porgendole un fazzoletto.
Si soffiò poco elegantemente il naso e si asciugò gli occhi, dovevano essere tutti rossi e gonfi, come il naso, doveva essere sfigurata.

 - Devo essere orribile - mormorò.

 - No, sei bellissima - e la cosa assurda era che lo pensava davvero, gli si leggeva in faccia.

Lei lo abbracciò forte forte, con tutta la sua forza.

 - Non puoi... per una volta, darmi un bacio? - gli sussurrò alzando il viso a guardarlo.

E lentamente, incredibilmente, lui si chinò, e lei posò le labbra su quelle, così tanto desiderate, di Sasuke.
Si baciarono, con tenerezza, e poi con passione, e Sakura sentiva un calore diffondersi su tutto il suo corpo e sapeva come si chiamava, era desiderio.
Si staccò, a fatica, non avrebbe voluto staccarsi mai.

 - Ti amo. Tanto, tanto, tanto... purtroppo - ammise.

 - Eh! Non è una gran fortuna -

 - No, immagino di no... ma mi passerà prima o poi, in qualche modo passerà... io… è meglio che me ne vada ora - gli accarezzò la guancia.

Non voleva andarsene, ma non voleva neppure restare solo perché era lei a volerlo,  non voleva chiederglielo lei, non poteva chiederglielo lei. Non poteva cadere così in basso, non dopo tutti i proclami che si era fatta fino a poco prima, non dopo che aveva ritrovato un minimo di ammaccata dignità. Toccava a lui sbilanciarsi un po’, se voleva, se effettivamente gli interessava almeno un poco.

Fece per allontanarsi, neppure sicura di riuscire ad andarsene davvero, proprio io che odio recitare, fare finta. E se davvero mi lascia andare via? Ne avrò la forza?
Ma lui la trattenne per il braccio.

 - Ti prego - le chiese - resta qui questa notte, nel mio letto, nella mia vita… resta. Non voglio rimanere solo, ho …bisogno di te -

Lasciò che lui la stringesse ancora, che la baciasse ancora.

 - Hai bisogno di me?- non riuscì a trattenersi mentre lui le baciava il collo.

 - Mm... sì -

 - Per una sola notte? -

 - Mm... - aveva risposto quel grandissimo stronzo, senza staccare le labbra dall'attaccatura del suo collo, le mani che scendevano lungo la sua schiena, sui suoi fianchi.

Lei gli afferrò i capelli con una mano, l'altra sul suo collo.
Sapeva che non le sarebbe bastata una sola notte, ma voleva fare l'amore con lui, voleva fare l'amore una buona volta, e forse, forse non sarebbe stata una sola notte.
Perché cominciava a pensare che forse era lei quella che sarebbe riuscita a farlo rimanere.



OGGI

Sotto il getto della doccia sentiva che la stanchezza, la tensione, si scioglievano.
Stava decisamente meglio quando uscì.
Indossò l'accappatoio ed aprì la porta, appena in tempo, si stava svegliando. Si avvicinò e rimase a guardarlo per un attimo, i pugnetti che si alzavano, gli occhi che si aprivano pian piano... e lei era lì.

 - Sssh... cucciolo - lo prese in braccio - Non svegliare il tuo papà, è tornato da poco -

Scese le scale con il bimbo in braccio che cercava disperatamente il suo seno.

Arrivò in sala e si accomodò sulla sedia a dondolo, il posto che amava di più.
Cominciò a dondolarsi lentamente, il piccolo che finalmente succhiava, le manine che si stringevano ritmicamente sul suo petto.
Il suo bel cucciolo, pensò orgogliosa guardando quel ciuffetto di capelli scuri che tanto avevano infastidito sua madre, abituata com'era a vedere solo neonati pelati.
In dormiveglia cambiò seno e si svegliò poco dopo, di colpo, col bimbo in braccio che ora dormiva beatamente.
Si alzò a fatica e lo sistemò sulla culla che lasciava sempre lì vicino, ormai era piccola, avrebbe dovuto cambiarla presto.
Non svegliarti, non osare, pensò.
Lui sembrò ascoltarla e continuò a dormire beatamente sulla schiena, i pugnetti stretti appoggiati ai lati della testa, un'aria soddisfatta e le labbra che si muovevano a tratti come se stesse sognando di ciucciare.

 - Ti credi il padrone del mondo, eh?! - mormorò, un'ondata d'amore intenso che l'avvolgeva, intenso come non pensava di poter provare, come quello, uguale ma diverso, che provava per suo padre.

 - Devi lasciarmi dormire di più, sai? Guarda come sono ridotta... e tu non lo sai, ma tuo padre è moolto affascinante... e ci sono un sacco di signore che aspettano solo che io abbassi la guardia. Il mondo è pieno di donnacce, cucciolo... e lo scoprirai anche troppo presto visto che sei un Uchiha... e che quando dico che speravo tanto che tu non assomigliassi al tuo papà, non mi riferisco all'aspetto fisico, anzi, quello va bene... è lui il bello della famiglia... è che la natura si è concentrata troppo sul suo aspetto esteriore... non aveva più tempo per il cervello mi sa, così ragiona in maniera un po’ distorta, aggiungi che è solo un maschio... -

Uno sbadiglio le fece interrompere quello sproloquio. E’ il sonno, si disse, e non è neanche tutta colpa tua cuccioletto, devo smetterla di voler fare tutto, ha ragione Sasuke, anche se non lo ammetterò mai.
"D'altronde tuo figlio me lo devo sciroppare tutto io, e non posso tralasciare il resto, in fondo non sono neanche una donna sposata!" gli aveva risposto sarcastica non molto tempo fa.
Avvicinò la culla alla sedia a dondolo e si dondolò un poco fissando un punto indefinito davanti a sè.
Pensava.
Dovrò fare io anche questo, appena mi sarà ritornata un po’ di forza, se mai tornerà, dovrò organizzare tutto e limitarmi a comunicarglielo.
Sapeva che lui si sarebbe adattato, ma onestamente almeno questo, almeno questo avrei voluto che me lo chiedesse lui! Essere sicura che lui voglia sposarsi quanto me! Va bene, so che mi ama, lo conosco bene... il resto è pura formalità, no?!
 Però un po’ di gratificazione ogni tanto...

Le tornò alla mente il giorno in cui aveva deciso, lei, di andare a vivere con lui.
Era la cosa più ovvia, passava più giornate, e notti, da lui che a casa sua. Aveva provato ad intavolare il discorso più volte ma lui continuava a rimandare, a dire che era presto, e non si decideva, o meglio, secondo lei l'idea proprio non gli passava neanche per l'anticamera del cervello.
Così un giorno si era stufata e si era decisa lei, aveva preparato valigie e scatoloni, e si era trasferita da lui.
Lui l'aveva vista arrivare con due valigie enormi, l'aveva guardata perplesso, senza dire una parola, mentre lei pian piano invadeva la casa di lui con le sue cose, eliminava soprammobili ed anche qualche mobile per far posto ai suoi, liberava armadi pieni di cose appartenenti a gente morta, per far spazio alle cose di gente che viveva ora in quella grande casa, nella fattispecie lei.
Non aveva buttato via niente, per carità, aveva solo trasferito tutto in soffitta. Una faticata mostruosa ma ne era valsa la pena, ora la casa era anche sua.
E Sasuke... Sasuke si era aggirato per la casa con un'aria smarrita per una settimana, le faceva una tenerezza! Non che potesse dirglielo.
Ma poi si era abituato.

Per il figlio era stato diverso, a dire il vero era capitato un po’ per caso.
Sakura aveva comunicato da qualche mese che non avrebbe più preso precauzioni per evitare di restare incinta e lui non si era scomposto.

  - Lo farò io - aveva risposto tranquillamente, impassibile.

La tentazione di lanciargli contro il primo oggetto che le capitava tra le mani era stata forte.

Sapeva perfettamente quando era stato concepito il figlio.
Avevano litigato di brutto e Sakura era arrabbiatissima con lui (com'era che non si ricordava esattamente come era cominciato il litigio?).
Era così arrabbiata che da una settimana aveva relegato Sasuke a dormire nella stanza accanto.
Non era qualcosa che faceva abitualmente, francamente era una cosa assurda e sproporzionata alla causa.
Non era neppure da lei: di solito dopo poche ore si stancava di essere arrabbiata, a volte se ne dimenticava addirittura, ma quella volta si era rifiutata di farsela passare, infuriata perché lui le aveva detto che era una perfettina, sempre attenta a rispettare tutte le regole, incapace di fare qualcosa che fosse anche appena fuori dagli schemi... come osava! Proprio a lei che stava con lui, uno che se ne sbatteva allegramente di tutto e di tutti! Solo questo bastava a compensare se qualche volta, effettivamente, lei ci teneva che tutto fosse fatto secondo la norma... e poi proprio lui parlava! Con tutti i suoi milioni di difetti!

Incredibilmente era passata un'intera, frustrante settimana di attesa in cui si sentiva anche ridicola visto che in realtà neppure era più arrabbiata ma fingeva solo.
Si era chiesta perché diavolo avesse dato ascolto a Ino, con cui aveva solo di recente riallacciato i rapporti. Ino le aveva spiegato come si doveva impostare una relazione, con pugno di ferro, senza dar la possibilità all'altro di prendere il comando (cos'era, un'operazione di guerra?), e lei per un momento, da perfetta idiota, si era sentita inadeguata e aveva voluto almeno provare. La verità era che l'idea di Ino era assolutamente cretina e oltretutto forse poteva andare bene con gli insulsi ragazzi di lei, non certo con Sasuke, che per quanto gli riguardava poteva rimanere a dormire nell'altra stanza per tutta la vita.

Alla fine si era infilata, lei, nell'altra camera, di soppiatto, e avevano fatto l'amore furiosamente... una scopata memorabile, una delle migliori, e avevano continuato per tutta la notte.
Era stato in quell'occasione che lei aveva pronunciato la storica frase, e, giurava, in assoluta buona fede (sul suo eventuale pensiero inconscio non garantiva).

 - Non occorre che stai attento, non posso assolutamente restare incinta oggi -

E lui le aveva anche chiesto se ne era sicura.

 - Assolutamente sì - era stata la recisa risposta.

Non sapeva esattamente quando le fosse venuto il primo dubbio, sicuramente molto prima di poter avere un ragionevole dubbio.
Era stata una sottile sensazione, o forse, semplicemente, una speranza.
Razionalmente aveva accantonato l'idea, era così improbabile da risultare praticamente impossibile: avrebbe dovuto sballare completamente il ciclo.
Anche più tardi aveva pensato che probabilmente si trattava di un semplice ritardo, inutile allarmare Sasuke, ma in realtà sperava, sperava.

Aveva aspettato ancora per paura di illudersi, poi, quando la leggera nausea non se ne era andata per due, tre, quattro giorni, si era decisa ed era andata in ospedale, sempre senza dire niente a Sasuke.

Le erano scese due lacrime di gioia quando aveva letto il risultato del test, ma aveva anche sentito un brivido di paura, al pensiero di doverlo dire a lui.

Era tornata a casa e lo aveva aspettato, decisa a togliersi subito quel peso.

 - Devo parlarti - aveva esordito non appena era entrato in casa.

Aveva visto un'ombra di allarme nel fondo degli occhi di lui, qualcosa che solo lei era in grado di vedere.

 - Che c'è? - le aveva chiesto, apparentemente indifferente.

 - Credo... forse sono incinta - di più non era riuscita a dire.

 - Credi... o sei? - aveva replicato lui, perché la conosceva, la conosceva bene.

 - Lo so... lo sono... -

Sasuke l'aveva guardata apertamente sconvolto, e non aveva detto una parola.
Si era girato e se ne era andato, sempre senza dire una parola.

Era ritornato dopo molte ore, lei che lo aspettava angosciata seduta in poltrona: l’aveva ignorata apertamente ma andava bene così, e lacrime di sollievo le erano scese sulle guance, perché era tornato, e aveva avuto paura, per un momento aveva avuto tanta, tanta paura, che non tornasse più.
Non le aveva parlato per diversi giorni quella volta, ma poi tutto era tornato normale, si era abituato anche a questo.
E quando era stato il momento del parto lui era lì accanto a lei, ed era stato con tenerezza e fierezza che aveva preso in braccio il suo bambino per la prima volta.

E ora eccomi qui,senza una vita mia, senza la forza, nè il tempo di fare una doccia, figuriamoci un pensiero coerente.
E poi non aveva tempo per se stessa, figuriamoci per Sasuke.
Fece un rapido calcolo: tenuto conto che l'ultimo mese di gravidanza lei non se la sentiva di far sesso ora erano più di quattro mesi che non facevano l'amore, e il mondo lì fuori è pieno di troie pronte a saltare addosso al mio non marito... non che avrebbero smesso se si fossero sposati, però lei si sarebbe sentita meglio.

Vagò con lo sguardo su tutta la stanza e gli occhi le si posarono su un oggetto sopra il tavolino... com'è che non lo aveva notato prima?
Si alzò, ben sveglia ora: c'era una scatolina che teneva fermo un biglietto con scritto sopra Buon Compleanno, se ne era ricordato? Incredibile.
Prese il biglietto e lo aprì impaziente.

"Mi manchi, vuoi sposarmi?"

Senza neanche un "ti amo", per non smentirsi, lo stronzo!
Ma sorrideva, e con il cuore che le batteva forte forte aprì la scatolina. Dentro c'era l'anello di platino, con diamanti ed una perla al centro di un' elaborata lavorazione.
Glielo aveva indicato ammirata lei una vita fa, non pensava che lui si ricordasse!
Lo provò immediatamente, era bellissimo, solo appena un po’ largo, si girava un pochino: niente che non si potesse fermare con un altro anello, una fede ad esempio.
La piccola peste intanto piangiottava, non lo aveva cambiato... dove aveva la testa?
Lo prese in braccio prima che cominciasse ad urlare e svegliasse tutto il villaggio, cosa di cui era assolutamente capace, ed andò in bagno a cambiarlo.

Al ritorno Sasuke era lì, con un'aria terribilmente assonnata, che si dondolava sulla sedia e la guardava.
Incontrò il suo sguardo, i suoi occhi, quegli occhi scuri così profondi, senza una fine, in cui ancora poteva perdersi, ancora si perdeva.

 - Vieni qui - le fece.

Lei si sedette sulle sue ginocchia e si appoggiò a lui, la testa sulla sua spalla, il piccolo ancora in braccio.
Lui li cinse con le braccia.
Si dondolarono tutti e tre per qualche minuto.

 - Anche tu mi manchi - ruppe il silenzio lei.

Quel pomeriggio non sarebbe andata in ospedale, e neanche da Naruto, dove si rifugiava portandosi appresso il bambino,quel pomeriggio avrebbe dormito, e poi si sarebbe fatta bella per il suo uomo.

Rimasero così ancora per diversi minuti.
Sakura chiuse gli occhi, decisa ad assaporare quel momento di perfetta felicità.
Avrebbe voluto che durasse per sempre.
Ma niente dura per sempre.
 

    



FINE
   
 
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