Salve ^^ Stavolta ho tentato di
cimentarmi in un campo che decisamente non mi compete, ma chissà! Magari
funziona (Mi scuso per le note tipo "chitarrista dei tokio hotel, erano per chi ha letto questa storia senza conoscerne effettivamente i personaggi).
Come avrete capito dalla
presentazione, questa vorrebbe essere una parodia de “I promessi sposi” di A.
Manzoni, un libro che personalmente ho amato, ma che a molti risulta ancora
indigesto. Naturalmente il tutto è nato solo per divertimento, precisamente in
un’afosa mattina di fine agosto, in compagnia di due amiche un po’ svitate che
mi hanno aiutata a maturare l’idea di adattare il mondo tokiohotelliano al
famoso romanzo. Per questo le ringrazio (Vale e Lory siete grandi!) e spero di
riuscire a strapparvi qualche risata.
I promessi sposi
Personaggi
Renzo: Tom Kaulitz [chitarrista dei TH]
Lucia:
David Jost [manager (gay)
dei TH]
Agnese: Simone Trümper [madre dei gemelli
Kaulitz]
Don
Abbondio: Gustav
Schäfer [batterista dei TH]
Don
Rodrigo: Andreas [migliore amico dei Kaulitz]
Monaca
di Monza: Bill Kaulitz [vocalist dei TH]
Innominato: Georg
Listing [bassista dei TH]
Fra’
Cristoforo: Saki [bodyguard dei TH]
Studenti
italiani: Tutti i lettori che sentono di appartenere a
questa frustrata categoria (molti, immagino dunque)
≈
Su quel ramo del lago di Como, dove… no,
aspetta. Che volge a…
Un
attimo.
‘azzo
era che volgeva a mezzogiorno? Che poi era mezzogiorno o mezzanotte?
Oh,
al diavolo. Non esistono più le mezze stagioni e non ci si capisce una sega,
inoltre siamo certi (noi, gli Autori o, se preferite, i Redattori) che voi
lettori non siate poi così ansiosi di complicarvi la vita con quisquilie come
questa.
Voce fuori campo: «Le zucche!»
Ehm
ehm… Siate caritatevoli con il nostro protagonista. Spesso e volentieri si
serve di espressioni non propriamente del… beh.
(Gli Autori picchiano il
colpevole con un mazzetto di ravanelli)
Dunque
dunque, lettori: cominciamo con questo splendido e modernissimo racconto!
Considerando
che il ramo del lago di quel che è può tranquillamente sottrarsi alla vicenda,
c’era una volta un bellissimo ragazzo di nome Tom Kaulitz, che a vederlo non
aveva neanche il più piccolo difetto. Figuratevi che era lombardo fino
all’osso, a partire dal nome!
Codesto
fanciullo altri non era che un modesto filatore di seta proveniente da una
modesta famiglia dei bassifondi urbani e fornito di un modesto ma assai
colorito linguaggio personale. Il suo intercalare preferito era infatti «Ohibò!»,
le sue scarpe sempre tirate a lustro, che a vederle non c’avreste dato più di
dieci o undici annetti di vita, e i suoi gusti sopraffini riguardavano anche e
soprattutto il guardaroba. Dovete infatti sapere che il suo capo
d’abbigliamento preferito era un cappello ornato di quelle che qualcuno è
ancora convinto fossero delle bellissime piume d’oca, ma in realtà altro non
erano che profumatissimi (infatti nessuno osava toccarli, per paura di
rovinarli, s’intende) ed elegantissimi cosi chiamati dread, che nel Seicento
nessuno sapeva che cavolo fossero però lui ce li aveva perché era sempre
aggiornato sulle ultime tendenze.
C’è
da dire che Tom Kaulitz aveva vent’anni e dunque, essendo nel pieno della fase
post-battaglie ormonali da cui era rimasto irrimediabilmente scombussolato,
s’innamorò di una bellissima fanciulla di nome David Jost: una ragazza dalle
dubbie origini ma dalle ottime maniere. In realtà nessuno seppe mai a che età i
due caddero preda del famoso colpo di fulmine: si pensa che questo li abbia
colpiti direttamente nella culla, provocando danni cerebrali che costarono ore
di studio superfluo a milioni di studenti italiani e la completa distruzione di
un numero ancora non accertato di vite più o meno innocenti.
Ad
ogni modo, David Jost aveva una madre di nome Simone, una vecchietta
estremamente simpatica quando la si vedeva a trenta metri di distanza da dietro
una siepe e si aveva la fortuna di svoltare prima di essere intercettati.
Questa signora era infatti così riservata e discreta che sapeva dirti quanti
capelli avevi in testa (e si vantava pure di saperlo già da qualche mese) e
così intelligente e pronta di spirito che negli archivi della Polizia di Stato
risulta ancora latitante per le infinite disgrazie che addusse alla sua pupilla
e al suo futuro genero nel tentativo di prestare il suo preziosissimo aiuto… per
una buona causa, dunque. Si pensa che la ragione dell’infinita pudicizia della
figliola, David Jost per l’appunto, derivasse dalla perfetta educazione
ricevuta da Simone: infatti, in oltre trentotto capitoli di romanzo, non si
riuscì mai a sapere chi fosse il padre della fanciulla, e solo oggi si comincia
a sospettare dello zampino di un certo curato della zona che meglio non avrebbe
potuto contribuire al proseguimento della storia.
Tale
curato rispondeva al nome di Gustav Schäfer ed era un uomo un po’ pienotto ma
estremamente affascinante e soprattutto molto coraggioso. Superò infatti
indenne l’orda di studenti italiani (sempre loro, uff!) che tentarono più volte
di affogarlo nel sonno per aver acconsentito al fatidico “Questo matrimonio non
s’ha da fare” dei bravi che tutti conoscono.
Il
curato era molto intelligente, infatti propinò in risposta una serie di
improbabili frasi pseudo-latine che ottennero di far incazzare ancora di più i
bravi già non molto bendisposti. Dato che con il latinorum non risolse
niente, preferì calare la testa e andare a sfogare tutta la propria
frustrazione su una povera signora, tale Perpetua, che altro di male non aveva
fatto se non assecondare le picchepperpetue (studiatissimo tempo latino, ci
ricordano i nostri cari studenti italiani) paturnie del sacerdote.
Bisogna
sapere che i bravi erano stati mandati dall’astuto e fascinoso signorotto del
paese, don Andreas, che faceva continuamente strage di cuori grazie ai suoi
capelli più pisciati che ossigenati. Era talmente assediato dalle
corteggiatrici che ideò un piano per rapire la bella David Jost, che era così
pudica da essersi fatta abbordare lungo una stradina deserta con la scusa che
le sue compagne l’avevano lasciata indietro (e questo non è difficile da
credere, se consideriamo il carattere amabile ed estremamente socievole della
Promessa Sposa). Immaginate dunque la bellezza mozzafiato di questa fanciulla,
eternamente contesa tra un filatore dalle strane tendenze e una sottospecie di
celenterato che non era manco capace di tornare sulla famosa stradina e
prendersela con le sue mani (dato che, come dimostra il racconto delle
compagne, la ragazza non era dotata di capacità motorie da dieci e lode).
David
Jost era spesso tormentata da dubbi esistenziali (“Oh cielo! Uno sconosciuto mi
ha rivolto uno sguardo amichevole! Non avrò mica perso la verginità?”) e si
rivolgeva spesso al suo più intimo confidente. Questi era quel che si dice un
uomo di mondo, per cui la fanciulla trovava sempre conforto nei suoi
apocalittici verdetti: il suo nome era Fra’ Saki e, sebbene fosse ormai un po’
vecchiotto (cinquant’anni, ci credereste? Ormai era prossimo alla tomba), era
un tipino che sapeva come farsi valere. Infatti, una volta che Tom Kaulitz aveva
declinato educatamente con un appena accennato «Le zucche!» una delle sue ricette
su come salvare l’anima, era stato mandato in castigo dietro la lavagna a
scrivere “Non devo essere blasfemo” cento volte sul suo quadernone a quadretti
nuovo di zecca. Fra’ Saki aveva un aspetto molto rassicurante ed era amato da
tutti, tanto che don Andreas ottenne di spedirlo a Rimini dopo qualche
settimana per levarselo finalmente dalle palle.
Ma,
ahimé, in tutte le favole c’è qualche momento lacrimoso e infatti il famoso
Addio ai Monti di David Jost costò molte lacrime ai nostri affezionati studenti
italiani. Troppo presi dalle loro paturnie, tali studenti non arrivano mai a
comprendere quanto grande fu il dolore della separazione per i Promessi Sposi.
Tom
Kaulitz, che era molto sveglio, si dedicò subito all’attività più redditizia
del mondo: la latitanza. Si mise infatti a capo di una rivolta (e, per quanto
lui giuri e spergiuri, noi Autori non abbiamo mai creduto alla sua innocenza) e
presto poté errare per i campi in tutta tranquillità, facendo illudere il mondo
della sua tanto agognata dipartita.
David
Jost, invece, che non sembrava sveglia come il fidanzato ma in realtà lo era
molto di più, pensò bene di farsi ospitare a scrocco in un convento di Monza.
Pensava infatti di dover cominciare a istruirsi su come condurre una vita
mondana dopo aver sposato Tom Kaulitz. Ah, che fiore di ragazza! Dopotutto
aveva appena diciotto anni.
La
fanciulla pianse calde lacrime quando dovette separarsi dalla madre, ma trovò
subito consolazione grazie alla compagnia della famosa Monaca di Monza, il cui
nome di gioventù era Bill Kaulitz (la Monaca era infatti ormai venticinquenne,
dunque già bell’e stagionata, anche se la sua straordinaria bellezza non era
mai sfiorita). Questa tizia era molto conosciuta all’epoca, anzi, era conosciuta
già prima di nascere, ma naturalmente David Jost non ne aveva mai sentito
parlare. Però rimase estremamente affascinata dalla personalità di Bill
Kaulitz.
La
Monaca di Monza aveva avuto una storia tormentata e difficile, la sua esistenza
era così infelice che, quando si era ritrovata incinta, aveva dovuto stilare la
lista dei trentadue uomini con cui era stata negli ultimi tre mesi per essere
sicura al momento di attribuire la paternità. Nel suo percorso canonico si era
ritrovata costretta a uccidere e seppellire una conversa perché, in seguito a
scottanti dichiarazioni da lei rilasciate, era stata assalita dal dubbio che
gli elementi in lista dovessero diventare trentatrè e lei non era così immorale
da lasciar credere alla gente di aver avuto una relazione con una religiosa.
Insomma, Bill Kaulitz era un’amabile personcina dal carattere mite e David Jost
dovette rivedere tutta la propria esistenza, chiedendosi se non fosse il caso
di farsi suora (di certo si sarebbe divertita molto di più senza dover necessariamente
condurre una vita mondana).
Nel
frattempo, su un’alta collina alloggiava un certo Innominato di cui tutti
conoscevano il nome, e cioè Georg Listing, un simpatico malandrino che di
meglio non aveva da fare che tagliare qualche testa a destra e a manca quando
si stufava di giocare a freccette. Don Andreas, conoscendo i suoi metodi di
persuasione, gli aveva chiesto aiuto per quanto riguardava la questione di
David Jost (sebbene nessuno abbia mai capito il motivo di tutto
quest’interessamento per una cozza come quella).
I
metodi di persuasione di don Andreas non erano da meno, infatti riuscì a
convincere l’Innominato con la sola forza della parola: sta a significare che,
pur di fargli chiudere il becco e spedirlo a giocare con il suo pallottoliere,
l’uomo senza nome dal nome conosciutissimo acconsentì a rapire David Jost.
Nel
frattempo, tra la fanciulla e Bill Kaulitz era nata un’amicizia profonda, tanto
che, quando il suo ultimo fidanzato (il trentaquattresimo), che non era
propriamente un inviato della Provvidenza, le propose un succulento affare, la
Monaca non esitò a depositare David Jost fuori dal convento e mandarla via a
pedate con una scusa davvero mediocre. La fanciulla, che era votata
all’avventura, partì dal convento con quindici minuti di ritardo, impiegati per
attutire la nuova somiglianza con un fascio di nervi, poi s’incamminò
coraggiosamente per la strada. Siccome era anche molto astuta (non ve l’avevamo
detto?), si lasciò trarre in inganno dagli inviati di Georg Listing, che, con
la scusa di essersi persi e di non saper ritrovare la strada in una via a senso
unico di dieci centimetri di larghezza dove al massimo passava qualche
cavalletta, acciuffarono la fanciulla per i capelli, le diedero una botta in
testa e se la caricarono in carrozza.
David
Jost si fece subito conoscere al castello dell’Innominato. Anzi, per la verità
dovremmo dire che costui aveva creduto che i suoi fidi bravi avessero sbagliato
persona, perché la Promessa Sposa era stata descritta da don Andreas come una
creatura estremamente pacifica, mentre quella sottospecie di broccolo
trascinato a viva forza dai bravi sembrava più una scimmia urlatrice che un
pulcino implume (sia per le sembianze che per la forza dell’ugola d’oro).
A
questo punto della storia, non ci sono molte versioni su come sia andata avanti
la vicenda, anzi, a dire il vero ce n’è solo una. Si parlerebbe di un’alquanto
dubbia crisi spirituale di Georg Listing che, mosso a compassione, decise
improvvisamente di liberare David Jost dopo sei decenni di sanguinosi delitti.
Beh, effettivamente una crisi ci fu (a quell’età, tra il cuore e il sistema
nervoso si comincia ad accusare qualche malessere) e l’Innominato fu pure mosso
a compassione verso i suoi poveri timpani, ma siccome la pistola era scarica e
i suoi bravi se l’erano data a gambe, decise di rimettere in libertà la
bellissima fanciulla, che poté finalmente ricongiungersi con l’amata genitrice.
Bisogna sapere che, durante l’unica notte che David Jost passò nel castello di
Georg Listing, fece in tempo a far voto di castità, ma questo fatto sa molto di
una montatura, considerando che la ragazza era più che consapevole dei propri
metodi di persuasione. Risulta dunque ineccepibile il collegamento con la
rimorchiata di don Andreas: è evidente che la fanciulla, tra conventi e
scappatelle, non sentisse l’impellente necessità di sposarsi.
Il
dopo è piuttosto incerto. Gira voce che le donne siano state ospitate da un
sarto e da un altro illimitato numero di famigliole convinte di cavarci
qualcosa di buono, ma che poi le misero alla porta senza neanche dar loro il
tempo di dire «Provvidenza».
Anche
il lungo errare di Tom Kaulitz presenta tutt’oggi qualche buco nero (beh, la
galera non la si può evitar per sempre), ma l’Autore, pur di non confessare che
a quel punto si era anche un pochettino scocciato di seguire le vicissitudini
di questi due sfigati (dunque per qualche mese li lasciò a briglia sciolta, e
questo spiega l’assenza di feste di addio al nubilato e al celibato, dopo),
decise di tirar fuori dal nulla un’epidemia di peste che mise in mezzo (o
meglio, tolse di mezzo) circa un milione di innocenti che di questa storia ne
avrebbero fatto volentieri a meno. Come i nostri affezionatissimi studenti
italiani, d’altronde.
In
quel periodo, David Jost si rese conto che il volontariato era la sua vita e
così decise di mettersi ad aiutare gli appestati, ma, dato che un pochino
sprovveduta lo era, naturalmente cadde ammalata. Nessuno, neanche noi Autori e
gli studenti italiani, ha mai capito l’utilità di questo avvenimento, considerato
che la ragazza non ci lasciò le penne. In realtà, tutti gli avvenimenti
riguardanti il Lazzaretto comportano un mistero. Non si sa, ad esempio, chi
cavolo abbia portato Tom Kaulitz fin lì, considerato che il fanciullo aveva
girato il mondo in lungo e in largo (pensate, era arrivato addirittura a
Venezia con un volo low cost!). Non si sa neanche chi ci portasse Fra’ Saki,
che a Rimini poteva rimanerci benissimo senza che nessuno sentisse la sua
mancanza.
Comunque,
come in tutte le brave favole, ora che finalmente i Promessi Sposi si erano
ricongiunti e che avrebbero potuto mettere fine alle loro disgrazie, David Jost
si ricordò all’improvviso del suo voto di castità e fu lì lì per mandare tutto
a monte, ma naturalmente si mise in mezzo Fra’ Saki che, senza chiedere niente
a nessuno (magari Tom Kaulitz, dopo il lungo vagabondare, era rinsavito e
avrebbe fatto voto di castità anche lui), pronunciò uno dei suoi apocalittici
verdetti con cui sciolse l’impegno. Si pensa che ormai entrambi i giovani avessero
ripensato seriamente a tutta la situazione, perché non esiste al mondo una sola
illustrazione in cui, stipati del Lazzaretto ai lati del buon frate che
pronunciava la formula, essi non avessero su un’espressione di chi cerca di
ricordare il codice Bancomat, consapevole delle conseguenze di tale
dimenticanza. Si sa solo che Fra’ Saki morì qualche giorno dopo in circostanze
misteriose e che nessuno pianse per lui.
Come
tutti sappiamo, “I Promessi Sposi” è anche il romanzo della cosiddetta
“maturazione di Tom Kaulitz”, anche se era già da un po’ di anni che il
giovanotto era maturato, cascando da un albero e battendo pesantemente la
cucuzza. Il ragazzo mostrò infatti le infinite riserve della propria pietà
quando la sua strada si riincrociò con quella di don Andreas. Considerato
brevemente che il signorotto, dopo essere stato aggredito, derubato e
abbandonato dai suoi bravi, era ormai bell’e consumato dalla peste, quindi
totalmente inoffensivo, Tom Kaulitz lo perdonò delle pene d’inferno che gli
aveva fatto soffrire. Solo che, nel momento esatto in cui pronunciò tali
caritatevoli parole, don Andreas schiattò e il giovane non poté mai levarsi di
dosso la fama di iettatore. Cosa spaventosamente ingiusta, data l’infinita
bontà di Tom Kaulitz: chi altri avrebbe avuto il coraggio di perdonare il
proprio nemico nel momento esatto in cui la peste bubbonica gli succhiava via
le viscere? Suvvia, non è una notizia da tutti i giorni.
Fu
anche grazie a questo particolare che il giovane dovette adoperarsi con tutte
le proprie forze per convincere la bella David Jost a tornare in paese e
sposarlo. Alla fine, però, approfittando dei postumi della malattia, riuscì a
portarsela dietro.
Da
quel momento, tutto andò più che bene: da Promessi Sposi, i due diventarono
Promessi Divorziati, ed ebbero presto notizia che mamma Simone aveva trovato un
nuovo punto d’accordo con l’Innominato Ma Nominatissimo Georg Listing (altro
motivo per cui si spiega la sua attuale latitanza) e che il curato don Gustav
Schäfer aveva dato una svolta decisiva alla propria vita e al proprio sangue
freddo imbastendo una promettente relazione con Bill Kaulitz, la Monaca di
Monza, che nel frattempo era stata accusata di omicidio colposo e murata viva,
ma che era riuscita a liberarsi minacciando i suoi carcerieri con una boccetta
di smalto nero e una lima per le unghie. Ben presto, i Promessi Divorziati
ebbero una popolazione di figli che non aspettarono la maggiore età per
disperdersi in giro per il mondo. Tom Kaulitz non riuscì mai a divorziare da
David Jost perché era diventata così bella, ma così bella che nessuno osava più
tentare di rapirla (a dire il vero, nessuno osava neanche avvicinarsi a lei…
sempre per paura di profanarne la magnificenza, s’intende). Però, quando maturò
per la seconda volta e batté di nuovo la testa con la caduta dall’albero,
ricordò tutta la storia e gli piacque così tanto che ritenne opportuno
infilarla in trentotto capitoli di un romanzo tuttora amato e osannato,
adducendo così a un tale detto Alessandro Manzoni qualche fastidio circa dei
panni che fu costretto a sciacquare nell’Arno.
Tom
Kaulitz risulta tuttora ricercato. Ma in compenso David Jost non ha ancora del
tutto abbandonato l’idea di un secondo voto di castità (nessuno ha ancora avuto
il coraggio di spiegarle che è arrivata un po’ tardi).
Anche
perché adesso non c’è più nessun Fra’ Saki a tentare di scioglierlo: aveva
causato già abbastanza danni facendolo per la prima volta.
Fine