«Forse
avremmo dovuto essere più delicati»
mugugnai
tra me ad alta voce, rannicchiando le ginocchia contro il petto e
stringendomi
nelle spalle. Non riuscivo proprio a combinare qualcosa di buono, in
quel
periodo.
Appollaiato
accanto a me sul materasso, Edward si limitò a scuotere il
capo con un
movimento quasi impercettibile: lo catturai a malapena, con la coda
dell’occhio.
Alzai lo
sguardo in cerca di una qualche conferma e sul suo volto perfetto si
aprì una
smorfia, a metà tra il rassegnato e il divertito.
«…Che
c’è?» chiesi, in attesa di una sua
risposta: la leggera tensione delle sue
labbra tradiva la sua impazienza.
Fece un
sospiro. «Anche se avessimo usato tutti i giri di parole
possibili, dubito che
avrebbe reagito in modo diverso».
Non potei
che dargli ragione: in effetti Charlie era piuttosto prevedibile.
«Sei
preoccupata?» mi chiese poi, dopo avermi osservata
attentamente per un lungo
secondo. Probabilmente stava cercando di esaminare la mia espressione,
di cui
io ero pressoché ignota.
«No»
risposi, «è solo che…ecco, sapevo che
sarebbe andata così, ma proprio per questo avrei dovuto
cercare di attenuare il
colpo!».
«Sarebbe
comunque venuto a saperlo, prima o poi». Gli angoli della sua
bocca si
curvarono in un sorriso comprensivo.
«Oh, certo,
ci mancava solo che non lo mettessimo al corrente del nostro matrimonio
e
scappassimo via come due amanti in fuga!» sbottai,
sarcastica; la voce uscì,
mio malgrado, più acuta di quanto avessi sperato.
Matrimonio…
Oddio.
«Amanti
in fuga» mi citò lui sfoderando
un’espressione falsamente solenne, per
scherzare. «Suona davvero bene».
«Smettila»
lo redarguii io con un mezzo sorriso. Fortunatamente il mio accenno di
nervosismo non aveva intaccato il suo buonumore. Finchè
quell’oro caldo avesse
vegliato su di me, anche il mio tormento sarebbe stato
senz’altro meno
insostenibile.
«Comunque
ormai è inutile tornare a rimuginarci su»,
concluse infine sfiorandomi la
guancia con la punta delle dita, nell’innumerevole tentativo
di confortarmi. «Non
dovresti essere così dura con te stessa, migliaia di ragazze
hanno già
affrontato questa prova prima di te». Sogghignò
beffardo.
«Sì, ma
detto…in quel modo!»
piagnucolai,
improvvisamente preda dei sensi di colpa. Strinsi tra le mani un angolo
del lenzuolo
e lo torturai, torcendolo ed attorcigliandolo su se stesso.
Che
rabbia.
Forse
quello non era stato il momento
più
opportuno per informare mio padre della celebrazione che sarebbe
avvenuta di lì
a poche settimane.
E pensare
che durante il tragitto dalla nostra radura alla villetta Swan ero
perfino
riuscita a riordinare le mie idee e ad elaborare una piccola arringa
per
l’occasione! Ero pronta ad affrontare la situazione a testa
alta, un leone concentrato
esclusivamente sulla propria preda.
Stando
alla mia solita fortuna, ovviamente nulla
era andato come avevo accuratamente previsto.
Forse
sarà stata l’ansia, la preoccupazione, la mia
smania di levarmi quell’impiccio
il prima possibile…fatto sta che, non appena ebbi messo
piede al di là della
soglia di casa, le mie labbra si scollegarono dal cervello e si mossero
per
conto loro, senza che io riuscissi a controllarle. Ero andata
inesorabilmente in tilt, con tutte
le conseguenze del
caso.
Un lieve
calore alle gote mi stordì e mi annebbiò la
mente, assorta nel ripercorrere le
fatidiche tappe che avevano preceduto il mio sfortunato annuncio.
No, non “sfortunato”:
è un termine troppo riduttivo.
Ecco, la
definizione giusta è disastroso.
Insomma,
quando mai si è vista una ragazza che piomba nella cucina di
casa sua in
compagnia del proprio fidanzato ed esclama così, di punto in
bianco, di fronte
al proprio padre che non aspetta altro che un’occasione per
bandire il proprio
genero dalla città: “Papà,
io e Edward
stiamo per sposarci!”?!
E senza
nemmeno uno straccio di preambolo, un’introduzione, o cose
del genere! Io e la
delicatezza appartenevamo a due sfere differenti. Purtroppo non
appartenevo
nemmeno al mondo dei telefilm – anche se, tecnicamente, da
due anni a quella
parte era impossibile affermare che appartenessi ancora al mondo reale - , in cui le eroine delle serie
non mostrano mai un briciolo di insicurezza ed annunciano il loro
matrimonio con
così tanta tranquillità che se le riprendessero
nel sorseggiare un caffè al bar
non sarebbe possibile notare alcuna differenza.
E come se
non bastasse, la prima cosa che mi chiese fu la più
ridicola, prevedibile ed
imbarazzante che potesse mai uscire dalle sue labbra: «Sei
incinta, non è
vero?!»
Avevo
negato con tutte le mie forze, ovviamente, ma non sono del tutto sicura
di
averlo convinto. A quanto pare la nostra piccola parentesi sullo stato
della
mia verginità non aveva avuto i risvolti che avevo sperato.
Scossi
freneticamente la testa e strizzai gli occhi per reprimere
l’episodio, che non
la smetteva di fare perfidamente capolino nella mia mente.
L’espressione
sbigottita che si era andata stampando pian piano sul viso di Charlie
era
ancora talmente vivida nei miei ricordi che mi nascosi istintivamente
il viso
tra le mani e gemetti, mentre l’imbarazzo provato poco prima
al piano di sotto
riaffiorava con una violenza a dir poco sorprendente.
A quel
gesto, Edward mi accarezzò delicatamente i capelli e mi
strinse un poco a sé.
«Bella»
mi sussurrò all’orecchio, «vedrai che
gli passerà ancor prima di quanto tu
possa immaginare».
Sospirai
a fondo, appoggiando il capo contro il suo petto e stringendo il lembo
della
manica della sua camicia, mettendoci più forza del solito: a
differenza di me,
durante tutta la durata dell’annuncio lui
non aveva battuto ciglio. Uffa.
«Parli
bene, tu», borbottai imbronciata.
Lui soffocò
una risata. «Non devi preoccuparti, sento già la
sua furia omicida
placarsi…anche se a un ritmo piuttosto lento,
certo». Mi baciò la punta del
naso. «Comunque, stanotte potrai dormire sonni
tranquilli».
Fortunato
lui, a non aver bisogno di fronteggiarsi con un genitore per questioni
del
genere.
A
proposito di genitori…
«…come la
mettiamo per la sua richiesta?» alzai gli occhi per cercare
il suo sguardo, ma
lui osservava la parete al di là di me. Sembrava pensieroso.
«Edward?»
lo richiamai, incuriosita. Chissà cosa l’aveva
distratto…
Lui
abbassò lentamente lo sguardo su di me, l’ombra di
un sorriso sul viso
serafico. «Bè…non credo ci siano
difficoltà» rispose tranquillo dopo aver abbassato
appena le palpebre. «Del resto, mi pare più che
naturale che voglia scambiare
quattro chiacchiere con la famiglia del suo futuro genero».
Ridacchiò
malizioso.
Rabbrividii
appena, nel tentativo di scacciare via la negatività che mi
stava assalendo.
Scambiare
quattro chiacchiere con la famiglia del
suo futuro genero. Se in quel momento fossi stata
più lucida – e
soprattutto se la diretta interessata non fossi stata io
– avrei perfino potuto mettermi a ridere per
l’assurdità della
situazione.
Charlie
conosceva i Cullen.
Chi non
li conosceva, in quella piccola contea il cui unico vanto era di
ospitare una
serie di persone che sapevano a menadito ogni più piccolo
dettaglio della vita
dei propri concittadini?
Solo che,
dal momento che io ed Edward eravamo, a quel punto, fidanzati ufficialmente, aveva ritenuto che fosse
arrivato il momento, per lui, di conoscerli di
nuovo. Per questo ci aveva chiesto di organizzare un piccolo
incontro tra
le nostre famiglie per “approfondire il rapporto e discutere
delle varie
faccende”.
Quali
fossero le faccende di cui avrebbe
voluto discutere con i Cullen…bè, a dire il vero
non avevo indagato, ma
supponevo si trattasse delle solite cose di cui ci si dovrebbe
preoccupare
nell’organizzazione di un matrimonio, come gli abiti o la
prenotazione del
ristorante.
Avrebbero
avuto ben poco di cui discutere: Alice non avrebbe rinunciato al suo
piccolo,
terrificante divertimento per nulla al mondo.
Ovviamente
avevo provato a dissuaderlo dal voler mettere in piedi una cerimonia
troppo
sfarzosa – particolare che anche Edward aveva rimarcato con
insistenza – prima
che avesse il tempo di avanzare qualsiasi proposta, ma in quel momento
sembrava
talmente perso nei suoi pensieri che dubito ci abbia ascoltato.
Anzi, più
che immerso nei suoi pensieri…boccheggiava come se qualcuno
gli avesse
improvvisamente rifilato un ceffone e borbottava con insistenza cose
che non
ero riuscita ad afferrare - se non il nome di mia madre, in un
minuscolo e
fugace frangente.
«Sei
sicuro? Nessun problema?» mormorai, vagamente preoccupata:
non riuscivo
minimamente ad immaginare come avrebbe potuto svolgersi la dinamica
dell’incontro. Mi sembrava ancora tutto così
assurdo… Come se stessi osservando
tutto da dietro un pannello di vetro.
«Nessun
problema» ribadì lui alzando una mano.
«Se solo Emmett si azzarderà a fare
troppo lo spiritoso, do la mia parola d’onore che lo faccio a
pezzi». E scoppiò
in una vera risata, il cui suono argentino colmò le mie
orecchie.
D’un
tratto mi sentii ancora più in disagio: il mio broncio era
proprio fuori luogo,
rispetto alla gaiezza che traspariva dalle sue parole. Era totalmente
entusiasta, glielo si leggeva in ogni sua piccola attenzione a me
rivolta.
«Sei al
settimo cielo, non è vero?» mugugnai incerta,
tentando comunque di tirare fuori
un mezzo sorriso e di mantenerlo per più di due secondi.
«Cosa te
lo fa pensare?» rispose lui ironico, sfoderando un sorriso a
trentadue denti,
talmente magnifico da mozzare il fiato.
Rimasi ad
ammirarlo per qualche secondo, in silenzio. Le mie guance assunsero
automaticamente una delicata sfumatura porporina.
E poi,
prima che potessi aprire bocca per ribattere, fu lui a riprendere la
parola.
«Sei pentita di averlo fatto?», sussurrò
dolce al mio orecchio.
«No!»
ribattei subito io… forse troppo in fretta, ma ormai era
tardi per riparare al
danno: lo vidi aggrottare le sopracciglia.
«Avresti
preferito aspettare ancora qualche giorno» concluse per me.
«No…davvero»
risposi io a bassa voce. «È stato molto meglio
così: se avessimo aspettato
ancora non mi sarei mai decisa, mi conosco».
«Mmm»
Edward mi si avvicinò con fare indagatore. I suoi occhioni
color caramello mi
fissavano intensamente, come se cercassero di penetrare il fitto
intreccio dei
miei pensieri e, inconsciamente, mi chiesi se in quell’attimo
stesse provando
la solita frustrazione che lo assaliva di fronte al fallito tentativo
di
setacciare la mia mente. «Io invece penso che, se fosse
dipeso da te, avresti
rimandato quel momento all’infinito».
Trasalii:
non mi aspettavo tanta schiettezza.
Il primo
pensiero spontaneo che affiorò nella mia mente negava quella
constatazione, ma
non mi fu di grande aiuto: sapevo già di non poter mentire
né a me stessa…né a
Edward.
Sentii le
guance avvampare di rossore ed evitai accuratamente di incrociare il
suo
sguardo mentre cercavo di mettere insieme una risposta accettabile.
«Ti
sbagli, ora che l’abbiamo detto a Charlie mi sento, come
dire…sollevata». E
questa non era una bugia. «E poi mi pareva che ne avessimo
già parlato più
volte, sai…tutta quella storia dei compromessi, i punti di
vista...e…»
Sentii un
nodo in gola e fui costretta ad interrompere la mia penosa filippica.
Semplicemente non trovavo le parole per costruire un discorso logico.
La verità
era che non c’era modo di spiegare il turbamento che provavo
in quel momento
senza ferire Edward: nonostante alla fine avessi ceduto alla sua
richiesta e mi
fossi mostrata così ben disposta ad assecondare i suoi
progetti, mi occorreva
ancora del tempo per digerire l’evento che di lì a
poco sarebbe accaduto.
Renèe e
le sue fisime sul matrimonio! Era solo colpa sua se mi trovavo in
quello stato!
Però,
tutto sommato, l’aver dato la notizia a mio padre mi aveva davvero fatto sentire meglio, come se mi
fossi levata un macigno
dalle spalle. Se non altro, non avrei dovuto pensarci più.
«Bella».
Edward mi strinse una mano tra le sue e scatenò tutta
l’intensità del suo
sguardo su di me. «Non voglio che tu ti senta costretta a
fare qualcosa
controvoglia, non è giusto che l’unico ad essere
felice sia io. Sei terrorizzata, te
lo si legge in faccia,
in ogni gesto che fai da quando siamo tornati a
casa…». Poggiò una mano sulla
mia guancia e la carezzò con il pollice, come per
confortarmi.
«Edward».
Portai la mia mano destra al viso e la sovrapposi alla sua.
«Se non fossi felice non
avrei mai accettato di…sposarti.
Non preoccuparti di quello che
penso, se sei felice tu…bè, sono felice anche
io».
Mai, mai più
l’avrei fatto soffrire. Avevo
fatto una promessa a me stessa e intendevo mantenerla.
«Dalla
tua espressione non si direbbe che tu lo sia»,
obiettò lui cupo.
«Senti».
Distolsi lo sguardo per volgere il viso al lembo di lenzuolo che ancora
stringevo tra le mani, ormai sgualcito. «Non voglio voltare
le spalle al mio
impegno, ho detto che ti sposerò e lo
farò». E sapevo di suonare decisa.
Chissà…forse mi stavo abituando
all’idea.
E poi
avevo già constatato di persona che portare un anello al
dito non era così male
come temevo. In fondo, poi, anche sposando Edward non sarebbe cambiato
granchè:
cercavo di vederla come uno degli infiniti modi per rendere il nostro
rapporto
veramente ufficiale – come se poi ce ne fosse stato bisogno!
Ultimi eventi a
parte, credo che nessuno che ci veda insieme possa dubitare di quello
che c’è
tra noi.
Certo, se
quell’atto di generosità non avesse richiesto
chilometri di strascico bianco e
un paio di insidiosi, terrificanti tacchi
a spillo…
Rabbrividii
involontariamente. Cercai di convincermi che si sarebbe trattato solo
di
qualche ora. Una volta terminata la cerimonia non avrei più
indossato nulla del
genere.
Per
mascherare il mio orrore tornai a concentrarmi su Edward, il suo viso
ancora
contratto in una smorfia di rimorso. Non mi andava che si tormentasse
ulteriormente: sfoderai un ghigno e gli lanciai un’occhiata a
metà tra il
divertito e l’esasperato.
«Mi
dispiace davvero deluderti, ma se speravi di andare
all’altare da solo ti
conviene non contarci troppo». Feci una linguaccia.
«Anzi, sai cosa? Credo
proprio che ti anticiperò di qualche ora e mi
farò trovare subito lì, così
quando arriverai ti avrò colto completamente di
s…»
Non mi
permise di concludere il discorso: mi prese rapidamente il viso tra le
mani e
premette le sue labbra sulle mie, con foga. Rimasi spiazzata e confusa,
ma
ricambiai con lo stesso entusiasmo.
«Grazie» sussurrò,
una volta scostatosi da me e aver fatto aderire la sua fronte alla mia.
Liscia,
perfetta, senza increspature. Meno male.
«Di cosa
dovresti…» cominciai io col fiato corto, ma la sua
bocca mi impedì per la
seconda volta di proseguire ulteriormente. Senza allontanarsi di un
centimetro,
guidò le mie mani dietro la sua schiena e con le sue mi
cinse i fianchi. E un
attimo dopo, senza nemmeno essermene resa conto, mi ritrovai con la
testa sul
cuscino.
Quando
interruppe il bacio per fissarmi negli occhi, gli restituii uno sguardo
curioso
e riconoscente. Non mi ero accorta di quanto stress mi avesse procurato
la
dichiarazione di quel pomeriggio: la morbidezza che aveva accolto la
mia nuca
era un vero toccasana e mi rilassai istantaneamente.
«È tardi»
mormorò lui dolce, avvolgendomi nel lenzuolo stropicciato e
sistemandone i
lembi sotto il materasso, sollevandolo appena. Tirai un sospiro
profondo e mi
aggrappai al colletto della sua camicia, per trascinarlo accanto a me.
Non tardò
ad assecondare le mie intenzioni: si sdraiò al mio fianco,
sopra la coperta, e
mi abbracciò stretta, cullandomi sul suo petto.
Per qualche
minuto ci beammo l’uno del contatto con l’altro,
ascoltando il suono regolare
dei nostri respiri.
«A
proposito», disse poi Edward all’improvviso,
avvicinando il viso al mio
orecchio. «Oggi pomeriggio sei stata davvero
fantastica».
«Credi?»
bofonchiai incerta.
«Hai
sostenuto lo sguardo di Charlie fino alla fine, sembravi
sinceramente…determinata», spiegò lui,
soffocando una risata che fece tremare
il letto.
«Davvero?».
Non me ne ero minimamente resa conto. A quanto pare il mio spirito di
adolescente si era impossessato di me un’altra volta.
«Quando
vuoi sai essere veramente testarda», scherzò lui
baciandomi sulla guancia.
Avvertii sulla pelle le sue labbra distese in un ampio sorriso e non
potei che
esserne lieta.
Mi lascia
sfuggire uno sbadiglio e lui mi strinse a sé ancora
più forte.
«Cerca di
dormire, Bella, domani avremo un bel po’ di cose da
fare», mormorò in tono
musicale; aveva preso a canticchiare la mia ninna nanna ancor prima che
avesse
terminato la frase.
Annuii,
mi accoccolai contro di lui e affondai il viso nel suo petto.
«Mi dici
una cosa, prima che mi addormenti?», azzardai.
«Chiedi
pure».
«Poco fa,
quando avevi quell’espressione assorta…a cosa
stavi pensando?».
Esitò un
attimo, ma si riprese subito dopo. «A dire il vero, ecco,
stavo…ascoltando».
«Origliando»,
lo corressi io.
«Quello
che è». Nel suo tono di voce c’era una
punta di imbarazzo, ma allo stesso tempo
pareva divertito. «Ecco, a quanto pare Charlie sta cercando
di escogitare un
modo per bandirmi dalla città una volta per tutte. Non che
sia così difficile,
in effetti, ma…»
«Stia
attento a quello che fa, signor Cullen», lo ammonii io,
divertita a mia volta
per la sfacciataggine di mio padre, «l’ispettore
Swan non aspetta altro che la
prima occasione per mandarla via da Forks a forza di calci nel
sedere».
«Starò
attento», promise lui ridacchiando. «Ah, inoltre
continuava a bofonchiare in
continuazione cose del tipo: La mia
bambina, è ancora troppo presto!, oppure: Quel Cullen è un teppista, ne sono
sicuro!. Tu ne sai qualcosa?»,
chiese malizioso.
«Tu non
sei un teppista», farfugliai io, ormai ad un passo dalle
braccia di Morfeo. Avrei
dovuto dirlo anche a Charlie e rassicurarlo una volta per tutte. Voltai
ancora
la testa e, ad occhi chiusi, gli sfiorai la clavicola con la punta del
naso.
«Grazie
per la smentita», rispose lui ridendo. Il mio suono preferito.
«E adesso
cosa sta pensando?» biascicai lentamente, trascinando le
parole con mente
annebbiata.
«Non
farmi ripetere cose che ho già detto».
«Mmm».
Qualcosa mi diceva che quei pensieri avrebbero accompagnato mio padre
per un
bel po’ di tempo.
Intonò di
nuovo la mia ninna nanna e a quel punto non fui più in grado
aprire bocca.
Inspirai a pieni polmoni il dolce profumo della sua pelle, percepibile
anche al
di là della stoffa della sua camicia, e gioii in segreto per
il fatto che avrei
goduto di quell’irresistibile fragranza per
l’eternità ed oltre.
A quel
punto il torpore avvolse anche le ultime delle mie membra e mi
abbandonai ad un
sonno ristoratore, protetta e coccolata dall’abbraccio di
Edward, conscia che
ad aspettarmi ci sarebbe stata una notte limpida e senza incubi.
[…]
Per chi non
avesse ancora sostenuto
gli esami di maturità…ecco, questo
è quello che viene fuori quando hai
bisogno di svagarti un po’ dallo studio! :D Una piccola fic
senza pretese su
una delle serie che più mi hanno coinvolto ed emozionato
nell’arco di pochi
mesi! Molto semplice e breve, che del resto è
l’unica cosa che puoi scrivere
quando non ne puoi più di piani Marshall e leggi della
termodinamica… XD Visto che
ho cominciato a scriverla a giugno non ci saranno spoiler di
“Breaking Dawn”
(che sono ansiosissima di leggere nonostante mi sia già
bruciata la trama sul
dannatissimo Wikipedia, sigh…), tutto è puro
frutto della mia immaginazione (:
E…ehm…visto che è il mio primo
tentativo su “Twilight”, mi farebbe piacere sapere
cosa ne pensate! Un
commentino? :D
Nel frattempo vi ringrazio molto
per aver letto il primo capitolo, spero che vi sia piaciuto! (:
Oh Edward… XD
A presto!
Alessandra