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Autore: beat    17/09/2008    3 recensioni
Non importava chi fosse stato.
Non importava quello che aveva fatto.
Non importava più niente.
Niente o nessuno della sua precedente vita aveva più importanza in quel luogo.
[...]
“Zabusa, che ci fate qui?!”

Ormai nell'altro mondo, due persone indissolubilmente vincolate da un tenero legame si incontrano di nuovo...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haku, Zabuza Momochi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa fiction non è stata scritta a scopo di lucro.

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Questo è il tuo posto.


Il cielo grigio si stagliava tutt'intorno a lui.
Non riusciva a vedere altro che il grigio.

Il grigio del cielo.
Il grigio perlaceo della nebbia.
Il grigio delle acque del fiume. (*)
Il grigio dei sassi che stava accumulando.

La piccola montagnola di sassi davanti a sé stava diventando sempre più alta.
Un triste sorriso di vaga soddisfazione si dipinse sul suo tenero viso.

Ma sapeva che non sarebbe durato molto.

La sua pila di sassi era la più alta lì intorno.
Nessun altro bambino ne costruiva di alte come lui.
Ma non serviva.
Niente di quello che faceva serviva.

Una leggera brezza, tanto sottile che quasi non se ne accorgeva, passò tra i suoi lunghi capelli, scuotendoli.
E la montagnola cadde.
Quella brezza tanto insignificante fece crollare su se stessa quella inutile costruzione.

Risa argentine si sparsero per l'aria.
Risate di crudele divertimento, sfacciata sbeffeggiatura.

Haku alzò un poco il viso.
Una leggera nebbiolina si spostava davanti a lui.
Pallida immagine di uno spirito, un fantasma.
Un eco dispettoso che faceva crollare tutti i giorni la sua costruzione.

Attorno a lui sentì decine e decine, centinaia forse, di mesti sospiri.
Alzando gli occhi vedeva tutti gli altri bambini che, come lui, stavano guardando sconsolati le pietre sparpagliate ai loro piedi, quando pochi attimi prima erano accatastate le une sulle altre, in cumuli più o meno alti.
I sospiri però non era di tristezza.
Piuttosto di rassegnazione.

Lo aveva capito anche Haku, nonostante fosse solo da poco in quel posto.

Non serviva lamentarsi e nemmeno dispiacersi.
Non serviva più nulla.
Nulla aveva più importanza.

Quello che contava era solo raccogliere ed accatastare le pietre.
Ancora e ancora e ancora.
Per tutte le volte che gli spiriti buttavano giù un cumulo, un altro ne dovevano costruire.

E così per sempre.

Solo quello doveva fare.
Quello che era stato non importava.
Non importava chi fosse stato.
Non importava quello che aveva fatto.
Non importava più niente.
Niente o nessuno della sua precedente vita aveva più importanza in quel luogo.
Ora contava solo continuare ad accumulare i sassi.

In silenzio, e per sempre.
Per sempre circondato da quel grigio che permeava ogni luogo.

"Haku"

Un sussurro portavo dal vento.
Forse gli spiriti dispettosi aveva trovato altri modi per infastidirlo.

"Haku"

Il ragazzino non alzò nemmeno la testa per guardare.
Se proprio doveva distruggere il suo cumulo, che lo facessero e poi se ne andassero.
Così che lui avrebbe potuto riprendere in pace il suo lavoro.
Ancora e ancora.

"Haku, mi senti?"

Quella voce.
Per un attimo sembrò risvegliare qualche cosa dentro Haku.
Che cos'era?
Cos'era quella sensazione oramai dimenticata?

"Haku, sono qui..."

La mano che reggeva il sasso vacillò un attimo.
Tremava, e Haku non sapeva spiegarsi perché.
Non riusciva a capire perché il braccio non riuscisse a distendersi; perché non riusciva a posare quella pietra in cima al mucchio delle altre.

"Haku"

Era forse per quella voce?
Sì, era colpa di quella voce.
Quella voce troppo insistente per appartenere ad uno spiritello dispettoso.
Troppo nervosa.
E al contempo così dolce.
Alzò il viso.
Il viso candido si sollevò lentamente.
E i suoi stanchi occhi poterono incrociarne un paio che...

Gli sembrava secoli con non vedeva quegli occhi.

Quel viso.
Quelle labbra che gli stavano sorridendo.
Haku tremò.
La mano che ancora stringeva la pietra si aprì di scatto, all'improvviso.
Aveva sentito come una scossa lungo tutto il corpo.
Sbatté la palpebre più volte, velocemente.
Era come se si fosse appena svegliato da un sonno lungo anni.
Si guardò attorno, nervoso e perplesso.
Tutto quel grigio lo colpì come una pugnalata al cuore.
Vedeva gli impassibili volti di migliaia di bambini, che accatastavano senza sosta i sassi lungo la riva del fiume.

“Haku”

Di nuovo quella voce.
Quella voce che lo riportò alla realtà.
Il piccolo Haku non poté che sorridere, felice come non gli sembrava di esserlo da un sacco di tempo.
Un tempo infinito.

“Zabusa...”

Un sussurro, poco più che un sospiro.
Impregnato di un'infinita dolcezza.
E di un'incommensurabile felicità.

Poi, una dolorosa consapevolezza.
Frenò a forza l'istinto di andare ad abbracciarlo.
Le braccia penzoloni, tornarono come senza vita di fianco al suo esile corpo.

“Zabusa, che ci fate qui?!”

Il tono di voce era triste.
Molto triste.
L'uomo in piedi davanti a lui se ne accorse.

“Che ti succede, Haku?”

Il bambino esitò.
Sentì l'eco martellante del suo cuore.

“Siete morto anche voi..?”

“Sì”

“Quindi...è colpa mia, vero? Ho fallito...”

Un'affermazione, più che una domanda.
Il volto di Haku si rattristò infinitamente e il bambino non poté fare a meno di spostare lo sguardo a terra.
Si vergognava profondamente.

“Haku...perché dici questo?!” chiese stupito Zabusa.

“Ho fallito...”

“Fallito cosa?” chiese, perplesso.

“Vi ho fatto morire...non sono stato in grado di proteggervi...ho fallito..!”

Zabusa fissò con uno sguardo penetrante il ragazzino che se ne stava in ginocchio di fronte a lui.
Triste, sconsolato.
Definitivamente sconfitto.
Lentamente, si inginocchiò egli stesso, per poter essere alla stessa altezza.
Voleva guardarlo negli occhi.
Voleva che lui lo guardasse negli occhi.

“Tu mi hai salvato”

Pronunciò questa frase in un sussurro.
Gli occhi di Haku sgranarono, non sapendo gestire le reazioni del suo corpo.

“Io...vi ho salvato...? No...non...non è possibile...!”

Balbettò confuso.
Non capiva.
Zabusa era morto.
Se Zabusa era in quel luogo, doveva essere morto.
Non era stato il grado di proteggerlo.
Aveva fallito.

Come poteva Zabusa dire che lo aveva salvato?

Senza rendersene conto, portò una mano al petto, all'altezza del cuore.
Il suo ultimo ricordo era Kakashi che gli trapassava il petto.
Gli aveva trapassato il cuore.
Il cuore che aveva smesso di battere in quell'istante.
Spezzato.
Le sue tremule dita percepirono lo spazio vuoto lasciato da quel colpo mortale.
Perché era morto, e quella voragine nel petto ne era la prova.
Aveva fatto del suo meglio per proteggere Zabusa.
Ma non era bastato.

“Haku” lo richiamò per l'ennesima volta Zabusa “Sei morto, salvandomi da Kakashi”

“Ma...allora perché....?”

Haku non capiva.
Perché Zabusa era lì?!

“Tu sei stato bravo. Hai svolto alla perfezione il tuo compito. Sono io che non sono stato in grado di rendere giustizia al tuo sacrificio..”

“Zabusa...non vi capisco...”

Ma Zabusa non gli dette modo di esprimere i suoi dubbi.
Lo abbracciò.
Come mai aveva fatto.
Anche se spesso l'aveva voluto.

Lo abbracciò stretto, come a trasmettergli tutto il calore che oramai quei corpi non avevano più.

Haku era immobile, una statua di sale.
Non capiva.
Perché Zabusa lo stava abbracciando?
Perché stava mostrando così apertamente i suoi sentimenti.
Non capiva.
Haku non capiva.

“Non c'è bisogno di capire, Haku” gli sussurrò ad un orecchio l'uomo.

Zabusa aveva capito perfettamente lo stato d'animo di Haku.
Era una cosa in cui era sempre stato bravo.
Nonostante il suo piccolo compagno fosse sempre imperturbabile, lui lo riusciva a comprendere in ogni situazione.
Haku era morto per proteggere la sua vita.
Per tutta la vita aveva svolto impeccabilmente il suo compito.

Era orgoglioso del suo piccolo, obbediente strumento.
Ma mai una volta che si era azzardato ad apprezzare Haku.

In cuor suo lo ammirava.
Lo stimava.
E gli voleva bene.
Ma non glielo aveva mai detto.
E quando era morto, non era riuscito più a frenare quei sentimenti che così ferocemente premevano per uscire.

Aveva pianto.

Per la prima volta da quando era nato, aveva pianto.
Per Haku.
Per lui aveva abbandonato la maschera del Demone.
Per difendere il suo onore e la sua memoria si era gettato in uno scontro che sapeva gli sarebbe stato fatale.

Era morto per Haku.
Era morto per poter di nuovo stare con lui.
E questa volta per sempre.

Lentamente Zabusa si staccò dal ragazzino, che ancora aveva gli occhi sbarrati, non sapendo che cosa pensare.
Gli prese il volto fra le mani.
Una dolce carezza.

“Haku, tu mi hai salvato.” ripeté, con il tono di chi non ammette repliche.

Spostò la mano destra in una carezza che si concluse sul petto del ragazzino.
All'altezza del cuore.
Haku tremò involontariamente.
Lo squarcio sembrò come pulsare.
Zabusa vi posò sopra la mano.

“Questo è il mio posto...” delicatamente prese una mano di Haku e gliela fece posare all'altezza del suo cuore, nella medesima posizione in cui era lui “...e il tuo posto è sempre stato qui.”

L'intero corpo di Haku prese a tremare.
Non capiva perché.

Perché stava tremando?
Perché sentiva come un groppo in gola?
Perché gli occhi gli pizzicavano in quella maniera?
E perché sentiva le guance bagnate?

Haku si era messo a piangere.
Non aveva saputo frenarsi, e senza essersene reso conto le lacrime avevano cominciato a scendere copiose, lasciando umide righe di sale sulle sue guance candide.
Zabusa vide quelle lacrime lucenti e con un soffice gesto le asciugò.

“Non piangere. Non ce n'è motivo!”

E di nuovo lo abbracciò.
Questa volta Haku non ebbe dubbi e ricambiò il gesto.
Le sottili braccia che si aggrappavano spasmodicamente alle larghe spalle del suo compagno.
Un irrefrenabile bisogno di sentirlo con tutto il suo essere.
Zabusa lo strinse protettivamente tra le sua braccia.

“Non ti lascerò mai più!”



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Nota: (*) Il fiume, presso la cui sponda i bambini accumulano i sassi, è il Sai.
Questo fiume fa parte del mondo del morti secondo la tradizione buddista,
e precisamente è il luogo dove risiedono i bambini morti che hanno perso i genitori.
E rimangono lì per l'eternità, ad accumulare i sassi che ogni sera gli spiriti distruggono.
Mi sembrava un'ambientazione perfetta per Haku.


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Angolo dell'Autrice:

Salve a tutti! ^_^
Ecco qua con una piccola One-shot che a mio parere è tanto tenera!
Sì, perché questi due personaggi scomparsi troppos prematuramente sono l'emblema della tenerezza.
E mi sembrava giusto onorarli in qualche modo, visto che su Haku e Zabusa
viene scritto molto poco.


Per favore, fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche!

Grazie a chi vorrà lasciare una recensione e a quanti leggeranno e basta.

Beat



   
 
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