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Autore: Gondolin    18/09/2008    1 recensioni
La lavorazione del più importante santuario della Grecia...
Un grande artista ed un discepolo fedele...
Intrighi politici che minacciano l'armonia di Atene...
sono gli ingredienti di questa avventura. Leggete e commentate!!
Avevo scritto questa storia per una mia amica alla quale serviva come
tema per le vacanze ;-)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Intrighi all'ombra del Partenone


Olimpia, 430 a.C.

Sono Clearco, figlio di Macedonio del demo di Peania, di Atene. Ho diciotto anni. Sono dovuto fuggire dalla mia patria due anni fa. O meglio, ho scelto di fuggire, per seguire il mio Maestro ed il mio sogno.


Atene, 432 a.C.

Stavo lavorando al più bel tempio che Atene avesse mai visto. Ero un apprendista del grande Fidia, lo scultore addetto al frontone e alle metope che avrebbero adornato il Partenone. Si chiamava così perché Pericle aveva voluto dedicarlo ad Atena Parthenos, la vergine, la dea che ci aveva protetti nella guerra contro i Persiani. All’epoca del conflitto io non ero ancora nato, ma conoscevo bene la storia perché si sentivano ancora i vecchi parlarne. Sono molto fiero di appartenere a questa polis perché i miei concittadini sono stati in grado di resistere anche da soli alla forza gigantesca dei barbari. Mio padre diceva sempre che è stato così perché noi siamo liberi, mentre loro si inginocchiano davanti ad un re.

Per ora io dovevo solo sgrossare il marmo ed abbozzare le forme, mentre il Maestro creava le sculture vere e proprie. Rifiniva e ritoccava, faceva emergere dal marmo i corpi di dei e uomini. I cicli scultorei rappresentavano la vittoria dell’ordine sul caos e della civiltà sulla barbarie. Amavo guardarlo lavorare e sognavo che un giorno sarei stato come lui. Nel frattempo osservavo e imparavo. Mio padre era uno scalpellino e lavorava nelle cave a nord-est di Atene, ma il suo è un mestiere pesante, che spacca la schiena, e voleva per me un futuro migliore. Fin da piccolo ero stato un sognatore e mi fermavo incantato davanti alle statue, così lui ebbe l’idea di farmi prendere come apprendista da uno scultore. Fui fortunato: non uno qualunque, ma Fidia. Forse anche perché stava già lavorando a questo progetto grandioso ed aveva un gran bisogno di assistenti in gamba... non per vantarmi. Ero contento: entro breve gli ultimi ritocchi sarebbero stati terminati e finalmente le sculture del mio Maestro sarebbero state collocate al loro posto e tutti gli Ateniesi avrebbero potuto ammirare l’edificio completo. Mancavano solo quelle perché diventasse davvero il più bel tempio della Grecia; in particolare la più importante non era ancora terminata: la statua crisoelefantina di Atena, quella a cui Fidia aveva dedicato maggiore impegno. Speravo che vedendo una tale meraviglia tutti si ricordassero di cosa Pericle aveva fatto per la città. Infatti si iniziava a vociferare che avesse seguito solo i suoi interessi ed avesse commesso molti errori. Si diceva anche che sarebbe scoppiata una guerra contro Sparta e la lega peloponnesiaca, ma io non ci credevo. Pericle aveva reso Atene una potenza, a capo della lega delio-attica. Lo stimavo molto e l’avevo anche incontrato qualche volta perché il Maestro era un suo amico e collaboratore. Non avrei mai voluto che a qualcuno venisse la malaugurata idea di ostracizzare Pericle, con la scusa che potesse diventare un tiranno. Era pur vero che era al potere da prima che io nascessi ma aveva lasciato in vigore la costituzione di Clistene e non aveva mai richiesto una scorta armata, considerata segno distintivo dei tiranni.

Appena avevo un po’ di tempo libero me ne andavo nell’agorà: mi piaceva perdermi nella calca e ascoltare la gente che chiacchierava o faceva affari, sentire i richiami dei venditori e gli odori di cibo, o guardare gli artigiani a lavoro. Fu così che mi capitò di udire una conversazione che sarebbe dovuta rimanere privata... e che mi cambiò la vita.

Sì, sì, Epinico, ti dico che è vero. Anche per me scoprirlo... una delusione!-

-Già, avevo sempre sentito parlar bene di Fidia: un bravo artista, dicevano-

-Ma non molto onesto evidentemente- i due uomini si scambiarono uno sguardo d’intesa –si vede che aveva deciso che la statua di Atena non aveva bisogno di tutto quell’oro...-

Il primo aveva un naso adunco e corti capelli grigi. Portava una quantità spropositata di anelli e una tunica dal taglio elegante. L’altro, quello di nome Epinico, era enormemente grasso e si muoveva a fatica sbuffando e sudando quindi non mi fu difficile seguirli. –Sarò io stesso ad accusarlo pubblicamente- proseguì “l’inanellato”

-Sei una vera volpe, vecchi mio- si congratulò “il grassone” –ma sarà il caso di tacere ora: qualcuno potrebbe udire- io, comunque, avevo sentito abbastanza. Non mi era chiaro che cosa stesse succedendo, ma di una cosa ero sicuro: il Maestro non poteva aver rubato. Era un uomo pio ed onesto. Qualcuno poteva avere interessi ad accusarlo? Ma chi? Corsi su verso l’acropoli per avvertirlo più velocemente possibile. Urtai dei passanti, rischiai di inciampare, ma infine arrivai davanti al Partendone. Sapevo che avrei potuto trovarlo lì a quell’ora, probabilmente discutendo degli ultimi preparativi per sistemare al loro posto i frontoni e le metope con l’architetto Ictino.

Maestro!- volse verso di me il suo viso rugoso e lievemente imbronciato –Che c’è? Perché mi disturbi ora?-

-Chiedo perdono- ansimai, chinando il capo –ma è una questione della massima importanza-

-Scusate Ictino, sarò di ritorno in un momento- poi proseguì, rivolto verso di me –Spero tu abbia un motivo valido per essere così agitato. Finora mi sei sembrato un ragazzo ragionevole-

-E’ così, Maestro... io... è davvero terribile... un uomo vuole accusarvi...-

-Accusarmi? E di cosa? Cosa mai avrei fatto?-

-Diceva... io... non stavo spiando-

-Va bene ragazzo, ti credo, ma per Zeus, vai avanti!-

-Dicevano che voi avete rubato dell’oro... oro che sarebbe servito per la statua di Atena. Ma io non ci credo- Fidia mi fissava incredulo e allibito –E così...- mormorò tra sé –chi sarebbero costoro?-

-Non saprei, non li avevo mai visti prima.. Uno si chiamava... Epinico, ed era un uomo molto grasso. E l’altro... aveva un’aria sinistra...-

-Alto, magro, molti anelli e naso adunco?- mi chiese. Improvvisamente aveva cambiato espressione. Le sue labbra erano strette in una linea sottile ed i suoi occhi lampeggiavano

Forza,- esclamò scuotendomi per le spalle –è lui?-

-Sì, signore-

-Maledetto Zopiro! Così alla fine ha ottenuto quello che voleva. Con tutti i soldi che ha sarà facile per lui ottenere una falsa testimonianza. Mi odia, ma odia ancora di più Pericle ed è molto bravo a cavalcare gli umori della popolazione. Mi aveva detto che la sua amicizia mi sarebbe costata cara.- cominciavo a capire, e scoprivo il marcio dietro la politica –Grazie ragazzo. Posso chiederti un ultimo favore?-

-Quello che volete, Maestro-

-Io dovrò lasciare Atene- si guardò intorno come per imprimere nella memoria gli ultimi momenti nella sua polis –ma tu devi avvertire Pericle di quello che è successo. Potrebbero avere in serbo qualcosa anche per lui. Inoltre non vorrei mai che mi credesse disonesto. Finché l’accusa non sarà resa pubblica il mio nome ti servirà a qualcosa.- trasse dalla sua sacca una tavoletta di legno ricoperta di cera e vi tracciò veloce alcune parole –Ecco, tieni. Di’ che ti mando io. Parla solo con Pericle in persona. Sai dove si trova la sua casa? Corri!-

-Aspettate...- sapevo che forse stavo commettendo una follia –posso partire con voi?-

-Cosa?- Fidia era stupefatto –Non hai una famiglia?-

-Sì ma... vorrei davvero diventare un grande artista come voi, Maestro- mi guardò dritto negli occhi con espressione grave e disse: -Se sei certo di ciò che stai facendo sarò lieto di prenderti con me. Prima del tramonto sarò al Pireo, nel molo più ad est, lì ho un amico che di certo mi aiuterà. Se non ti troverò partirò senza di te, non posso rischiare-

-Ci sarò- ancora non ero sicuro se fosse un sogno, un incubo o se mi stesse accadendo davvero. Presi la tavoletta e corsi verso la casa di Pericle. Era piuttosto grande ma non molto diversa da una qualunque altra. Infatti non era una buona cosa ostentare la propria ricchezza. Bussai e venne ad aprirmi un servo che mi squadrò critico. In effetti avevo corso tutto il giorno e non avevo avuto il tempo nemmeno di sciacquarmi la faccia –Devo parlare con Pericle- dissi, cercando di darmi un tono –mi manda Fidia. E’ importante- aggiunsi vedendo che mi guardava scettico. Gli mostrai la tavoletta. Di certo non sapeva leggere, ma non volle ammetterlo e mi fece entrare. Mi condusse verso una stanza che dava sull’atrio, arredata semplicemente, con un tavolo coperto di papiri e un paio di sedie. Pericle era intento a dettare una lettera ad un segretario. Il servo spiegò che avevo insistito per vederlo di persona. Anche lui mi scrutò perplesso, ma io mi feci coraggio e gli chiesi di potergli parlare privatamente. Congedò il segretario ed il servo –Allora ragazzo, cosa vuoi?- gli mostrai la tavoletta –Qui dice “sono Fidia. Mi trovo in pericolo. Ti puoi fidare del ragazzo, lui ti spiegherà tutto. Si chiama Clearco ed è uno dei miei apprendisti” sei tu?-

-Sì, signore. Il mio Maestro voleva che voi sapeste che qualcuno lo accuserà di aver rubato l’oro che serviva per la statua di Atena, ma non è assolutamente vero. Si tratta di un certo Zopiro. E voleva avvertirvi che potreste essere in pericolo anche voi-

-Grazie, ragazzo, ma sapevo già di avere nemici potenti- si prese la testa tra le mani –e così ha davvero pagato cara la mia amicizia. Dov’è ora?-

-Ha detto che aveva un amico al Pireo che l’avrebbe aiutato. Partirà entro il tramonto ed io andrò con lui.-

-Davvero?- sembrò stupito. Un sorriso illuminò il suo volto stanco –E’ sempre un piacere sapere che ci sono giovani come te. Ma dimmi, come mai sai tutte queste cose?-

-Ecco... inavvertitamente ho udito una conversazione nell’agorà, così ho scoperto cosa tramavano contro il Maestro-

-Complimenti. Mi sembra che ci siamo detti tutto. Atene dovrà fare a meno di un buon cittadino come te, ma mi sembri molto deciso. Va’ a salutare la tua famiglia e poi corri al porto: ormai potresti avere molti nemici anche tu se si venisse a sapere qualcosa-

-Grazie, signore. Addio-

-Ah, dimenticavo, dove andrete?-

-Non lo so-

-E...- fece, aprendo un cofanetto sul tavolo –ti servirà qualcosa per il viaggio- mi porse alcune monete –Ma io non posso accettare-

-Oh, sì che puoi. Hai salvato un mio carissimo amico- ringraziai e corsi via. Non ne potevo più di correre, ma dovevo fare presto se volevo salutare i miei cari. Abitavamo a sud della città, lontano dal bel quartiere da dove ero appena uscito, in uno dove le case avevano pareti così sottili che i ladri preferivano forare quelle che scassinare le porte. Non che ci fosse molto da rubare, comunque. Sfrecciai per i vicoli tortuosi e maleodoranti e finalmente mi catapultai nella mia povera casa. Mia madre sembrò sorpresa –Figlio mio-

-Madre, temo che questa sia l’ultima volta che ci vediamo-

-Come? Cosa stai dicendo?-

-Non vorrei metterti nei guai, ma ho scoperto qualcosa a proposito di false accuse... devo andarmene- mia madre era sempre stata una donna di poche parole, e con lei non c’era bisogno di lunghi discorsi, mi capiva al volo. Mi abbracciò –Addio. Ti voglio bene-

-Anch’io, madre. Quando mio padre torna dalle cave salutalo con affetto da parte mia e saluta anche i miei fratelli- mi morsi il labbro per non piangere. Feci un fagotto con le poche cose che possedevo, al quale mia madre aggiunse alcune focacce –Sono certa che potremo essere fieri di te- così partii. Senza sapere dove sarei andato, né cosa sarebbe successo, ma con una sensazione nuova nel cuore. Mi sentivo libero: avevo fatto quello che ritenevo giusto e, ancora più importante, quello che sentivo. Mentre mi avvicinavo al porto, dopo aver molto camminato, un vento marino mi rincorreva. Il porto del Pireo era enorme. Ci ero stato solo poche volte e rischiai di perdermi, ma finalmente vidi Fidia e la nave pronta a salpare... e due guardie che si avvicinavano alle sue spalle. Gli feci segno di scappare e in un attimo fu sulla nave. Nel frattempo i due si erano voltati verso di me. Era quello che volevo ma non sapevo cosa fare. improvvisamente, mentre stavano per prendermi uno di due stramazzò al suolo. Io mi fermai allibito e così fece anche l’altra guardia. Errore fatale. Prima che avesse il tempo di girarsi fu colpita alla testa da una bastonata. Dietro di lui emerse un uomo basso e con le gambe storte che mi rivolse un sorriso sbilenco –Non preoccuparti ragazzo, stanno solo facendo un sonnellino. Penso che tu faresti bene a raggiungere al più presto il tuo maestro dopo questo bello scherzetto. Sulla mia nave c’è sempre posto per un così bravo ragazzo- mi affrettai a seguire il suo consiglio temendo che di lì a poco ne sarebbero arrivare delle altre. Il Maestro aveva assistito dalla nave, che salpò non appena fui salito, e mi ringraziò calorosamente.


Olimpia, 430 a.C.

Così fuggimmo da Atene e dopo un lungo viaggio fummo accolti ad Olimpia. Qui c’è un grandioso santuario dedicato a Zeus e i cittadini hanno voluto renderlo ancora più spettacolare commissionando a Fidia una grandiosa statua del padre degli dei... in oro e avorio, come quella che ci costrinse a fuggire due anni fa, ma sono certo che questa ci darà invece fama imperitura. Sta già prendendo forma ed è meravigliosa. Ora sarà meglio che torni al lavoro.

  
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