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Autore: MissMeiko    23/08/2014    2 recensioni
[Dracula]
[Dracula][Dracula]È notte. Nel vegliare sul corpo di Lucy Westenra, Van Helsing ricorda il momento in cui anni addietro conobbe Dracula.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 “Dovremo attraversare acque amare prima di raggiungere quelle dolci”.

[Van Helsing – Capitolo XIII, Dracula – BRAM STOKER]

 

Lettera a me stesso, Abraham Van Helsing, dottore in medicina, dottore in filosofia, dottore in letteratura, ecc. ecc.

 

21 settembre

Butto giù queste righe per meglio imprimere nella mente ciò che il cuore non è riuscito a cancellare nel tempo. È con la forza della ragione che mi costringo a non lasciar assopire in me quell’amaro ricordo di gioventù.

È notte. Sono nella stanza dove giace la – per tutti noi – amabile Miss Westenra, ora bella più che mai.

Il solo star qui mi rattrista; il solo guardarla, mi sconvolge; il solo ricordarla, mi commuove. Dolore, turbamento e commozione che, ahimè, non mi sono nuovi.

Tutto mi riconduce a quell’estate di tanti anni fa, quando la mia famiglia, di comune accordo con i genitori della mia amata Constance, decise che saremmo dovuti partire per una vacanza nel cuore della Transilvania. “Per conoscerci meglio tutti quanti prima del matrimonio”, dicevano.

Mai considerata la possibilità di oppormi.

La locanda in cui alloggiavamo era immersa nella natura, lontana dalla vita mondana. I miei quasi suoceri avevano scelto un posto tranquillo, al che compresi il loro singolare interesse per i Carpazi, pur non condividendolo. Non che non gradissi quelle terre, ma sono ben altri i posti che prediligerei io per ossigenarmi.

La mia futura sposa non dava segni di dispiacersi della scelta. Pertanto, sin dall’inizio, optai per la condiscendenza.

Iniziammo a trascorrere un soggiorno gradevole, visitando luoghi a me ignoti fino a quel momento. Ammirai la bellezza architettonica dei castelli, così curati nei particolari estetici, senza che ciò potesse tradirne l’utilizzo per eventuali esigenze militari.

Rimasi affascinato dagli antichi racconti di battaglie memorabili raccontatici dal locandiere e dal personale di servizio. Ci raccomandarono circa il fatto di non parlarne con alcuno, giacché per la gente del posto certe leggende erano tabù. Loro però, essendo ungheresi, non si lasciavano travolgere dalle superstizioni.

Ciò che maggiormente mi colpì, fu la fondazione dell’Ordine del Drago ad opera dell’imperatore Sigismondo. Nato per perseguitare l’eresia hussita ma finito per soccombere nell’arco di una generazione.

Provavo diletto nel chiacchierare di guerre e conquiste, molto più che prendere parte a tutte quelle visite artistiche. Affascinanti, certo, ma alla lunga monotone.

Cominciai allora a essere meno presente nelle varie esplorazioni quotidiane. Se fossi riuscito, almeno in quell’occasione, a tenere a bada il fascino che la storia ha sempre avuto su di me – oggi ne sono certo – sarei stato più attento a notare ciò che condusse la mia Constance a una fine infausta.

Il cambiamento di Constance fu graduale. Non saprei riferire con esattezza quando il male la colpì per la prima volta, so soltanto che la mia ignoranza di giovane laureato mi condusse a perderla.

Parte del problema si manifestò dopo circa una settimana dal nostro arrivo. Inizialmente l’impercettibile pallore e la sporadica inappetenza, furono tradotti come indice di un cambiamento climatico al quale noi olandesi non eravamo avvezzi. Ci stupì che fosse solo lei a soffrirne, d’altronde quello era il suo primo viaggio, per cui non gli demmo peso.

Poi però si aggiunsero spossatezza e insonnia.

L’archiatra che mandammo a chiamare suggerì riposo e una dieta a base di carni rosse. Dubitai, e a ragione, che avesse compreso quale fosse il disturbo che aveva colpito la mia amata. Feci quindi delle ricerche per mio conto nella biblioteca universitaria di Târgovişte, dove mi recai per qualche giorno.

Non ebbi fortuna. Tutto combaciava con i miei freschi studi in medicina: quelli di Constance erano generali sintomi di debolezza.

Nel rivederla, al mio ritorno, rimasi sconcertato. Com’era possibile che si fosse sciupata in pochi giorni? La mia bella era scarna, flebile, non sembrava più lei.

Non potevamo riportarla in patria, non avrebbe retto al lungo viaggio, perciò stabilimmo, la sera del mio rientro da Târgovişte, che l’indomani ci saremmo mossi per portarla nell’ospedale più vicino.

Se l’errore fu l’avere atteso troppo, non saprei.

Quella sera mi buttai sul letto vestito. Non avevo sonno, nonostante la stanchezza del viaggio, e cominciai a pensare. In realtà i miei pensieri non avevano un soggetto preciso, erano solo un’accozzaglia di incubi e paure. Temevo potesse accadere il peggio, temevo potesse accadere in quel preciso istante.

 Persuaso da quel timore, decisi che un accademico come me poteva permettersi di entrare nella stanza di una fanciulla, allo scopo di assicurarsi che respirasse.

Giunsi di soppiatto davanti alla camera della mia bella, facendo attenzione a non far rumore, soprattutto quando aprii la porta.

La trovai seduta all’estremità del letto. Anche se l’unica luce era quella emanata da una fioca candela in procinto di consumarsi, capii che si trattava di Constance. Ma non era sola. C’era l’ombra di qualcun altro, giusto dietro di lei.

Qualunque cosa le stesse facendo, Constance la gradiva. Attraverso quei suoi spasmi, avvertii quanto fosse inebriata da quel contatto. La figura alle sue spalle la stringeva forte a sé, il volto del tutto immerso nel suo collo.

Lei tentava con le mani di raggiungere le di lui spalle, forse il collo. . . non saprei per l’esattezza, magari voleva accarezzargli il volto, senza successo.

Chi osava insidiarla?

Cosa potevo fare? Cosa avrei dovuto fare?

Fu una manciata di secondi.

Un lampo illuminò la stanza a giorno. Vidi il riflesso della mia amata nello specchio di fronte al letto. Vidi il riflesso di una fanciulla sempre più in estasi, mano a mano che la vita lasciava il suo corpo. Vidi il suo riflesso, ma non quello dell’altro.

Chiunque fosse, qualunque cosa fosse, si stava portando via una parte di me.

Mi avventai all’interno, ma quello fu velocissimo. In un attimo fu alla finestra e si lanciò di fuori. Mi affacciai, ma non vidi che pioggia battente e nubi oscure all’orizzonte.

Fremente, mi voltai di scatto. Constance giaceva immobile sul letto. Era di una bellezza ultraterrena, candida, serena. Prosciugata della sua vita fino all’ultima goccia, pregai perché la sua anima riposasse in pace.

Intuii che non sarebbe finita lì.

Quello era solo il principio.

   
 
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