A Tya.
Perché non le ho fatto nessun regalo di compleanno.
Perché mi capisce quando dico che Sasuke
mi piace ma lo vorrei uccidere.
Perché la sto portando al lato oscuro del NaruSasu.
Anche se lei non lo sa.
Perché (attenzione, parentesi melensa) le voglio bene
<3
Tokyo - City of Blinding Lights
.City of Blinding Lights.
I’ve seen you walk unafraid
I’ve seen you in the clothes you made
Can you see the beauty inside me?
What happened to the beauty I had inside of
me?
And I miss you when you’re not around
I’m getting ready to leave the ground
Oh you look so beautiful tonight
In the city of blinding lights
Ti ho vista
camminare senza paura
Ti ho vista
nei vestiti che ti sei fatta
Puoi vedere la
bellezza dentro di me?
Cosa è
successo alla bellezza che avevo dentro di me?
E mi manchi
quando non sei qui
Sono pronto
per lasciare la terra
Sei
così bella stanotte
Nella
città delle luci accecanti
[City of Blinding Lights - U2]
Hinata se n’era andata.
Nel senso letterale del termine.
Neji
arrestò la sua corsa e si appoggiò al muro, ansante.
Istintivamente si portò una mano alla milza, maledicendo mentalmente se
stesso, Hinata, tutta la famiglia Hyuuga,
Tokyo, il Giappone e tutto il resto del mondo. Si morse le labbra e per qualche
secondo non sentì altro che il vuoto rimbombare della disperazione.
Doveva trovarla, doveva farlo presto.
Dei cupi rintocchi in lontananza gli ricordarono l’ora: le
ventitré.
Dannazione.
Era fuori di casa da più di quattro ore e di lei nemmeno
l’ombra. Non solo quella stupida ragazzina aveva firmato la condanna per
la propria morte, ma l’aveva trascinato con sé, senza
possibilità di redenzione.
Digrignò i denti irato e con movimenti nervosi riprese la sua
ricerca. Stupida mocciosa, si ripeteva, dovevi proprio andartene in
quel modo?
Rabbrividì al solo ricordo di Hiashi
che, furente, spalancando la porta non aveva trovato la figlia in camera.
La finestra aperta e un biglietto:
“Me ne vado”. Lapidario, chiaro ed esaustivo.
Suicidata. Questo fu il primo pensiero che gli aveva attraversato la
mente, ma si era visto costretto a scacciarlo. Dall’armadio mancavano dei
vestiti, dal cassetto soldi e documenti. No, non era morta.
Neji aveva tirato
un sospiro di sollievo, pensando che lo zio avrebbe chiamato la polizia o
qualcosa di simile. Beata ingenuità.
Pochi istanti dopo Hiashi si era voltato
verso di lui, livido e con il volto trasfigurato dalla rabbia.
“Trovala”. Non una richiesta: un ordine che non ammetteva
replica.
Il rispetto di Hiashi era un’arma a
doppio taglio; quando gli oneri superavano i dolori difficilmente non ci si lasciava
schiacciare.
La sola idea gli fece tornare l’amaro in bocca, insieme ad un
sapore ferruginoso terribilmente simile a quello del sangue.
Tokyo era sconfinata, caotica. A Tokyo ci si perde, ci si confonde, si
rimane abbagliati dalle sue luci e sopraffatti dalla sua unicità.
Lui non avrebbe mai trovato Hinata, non
aveva alcuna speranza.
Svoltò nell’ennesimo vicolo, superando le lampeggianti
insegne dei negozi aperti ventiquattr’ore su
ventiquattro, oltre a quelle di alcuni locali di dubbia moralità. Si
disse che non sarebbe stato quello il posto dove avrebbe ritrovato la cugina,
ma non poteva tralasciare nulla.
Si fermò esausto al primo incrocio, sentendo i capelli
sfuggirgli dalla fascia e ricadergli sulla faccia scompostamente. Li
spostò con un gesto sbrigativo e prese in mano il cellulare.
Selezionò il numero di Hinata dalla rubrica ed
avviò la chiamata.
Naturalmente avrebbe avuto il cellulare spento. Naturalmente non
sarebbe stata raggiungibile.
Naturalmente.
Segreteria telefonica. La informiamo che il telefono della persona
chiamata potrebbe essere spento o momentaneamente non raggiungibile. La
preghiamo di riprovare più tardi, grazie.
Neji
imprecò coloritamente scaraventando il telefono a terra, esasperato.
Rimase in silenzio a contemplare le componenti elettroniche sparse lungo il
marciapiede, passandosi entrambe le mani sulla faccia. Sto impazzendo,
fu il suo primo pensiero, sto proprio impazzendo.
E perché diavolo stava facendo tutto quello, poi?
Si focalizzò sull’immagine della cugina. L’aveva
odiata, un tempo. Ancora prima aveva pensato che fosse molto carina.
…e ora?
Ora la malediva.
Nonostante tutto non biasimava il suo gesto, ma nemmeno la
giustificava. Poteva solo lontanamente immaginare come si fosse sentita per tutta
la vita: una famiglia talmente prestigiosa da opprimerla, un padre pieno di
pretese, una sorella ambiziosa, un cugino scontroso. Neji.
Ed ora Hinata se n’era andata.
Più la lancetta dei secondi correva nel quadrante
dell’orologio, più quella questione, per Neji,
diventava personale. Doveva trovarla.
Si guardò attorno febbrilmente, in cerca di una persona
apparentemente sobria a cui chiedere indicazioni. Tutti sembravano aver fretta
-o fin troppa calma- e nessuno sembrava accorgersi della sua presenza.
Fermò un passante, cercando di non apparire troppo scortese.
“Scusa” disse sbrigativo, nascondendo l’avanzato
stato di esasperazione “sto cercando una ragazza carina, mediamente alta,
con lunghi capelli neri e occhi bianchi, dovrebbe indossare un abito
elegante di color-”.
L’uomo rise sguaiatamente, interrompendo la sua descrizione. Neji aggrottò le sopracciglia, perplesso.
“Beh, se la trovi chiamami!” lo prese in giro “non
sei l’unico a cercare una ragazza, sai moccioso?”.
Neji strinse
violentemente i pugni, mormorando stizzito un poco gentile “cazzone”. Fece per attraversare la strada, quando
sentì la mano dell’uomo sul braccio. Si voltò.
“Che cosa hai detto?” gli chiese, dimostrandosi
così più sveglio delle apparenze.
Il ragazzo valutò in silenzio il da farsi.
“Ho detto che sei un cazzone”
decretò infine con veemenza “e a quanto pare sei anche
sordo”.
La prima cosa che vide fu il pugno destro dell’uomo colpirlo
sullo zigomo, esperienza che classificò come ‘mediamente
dolorosa’. In un istante si ritrovò a terra, con una mano si
teneva lo stomaco e con l’altra controllava lo stato del proprio labbro.
Sanguinava.
La folla li aggirava, fingendo di non vederli, al massimo
lanciava qualche sguardo schifato al liquido rossastro finito
sull’asfalto, nulla più.
Si alzò traballante, assottigliando gli occhi. Tutta la
faccenda si stava facendo surreale.
Hinata. Non era
lì, ma tutto l’universo gravitava intorno a lei. Hyuuga ma non come loro, reale e irreale.
Senza pensarci due volte Neji si
avventò sull’uomo, scaricando tutta la frustrazione accumulata nel
corso della sua vana ricerca. Lo colpì ripetutamente al volto fino a
farlo cadere a terra, poi lo prese a calci. Si fermò soltanto quando
udì qualcuno urlare un disperato “chiamate la polizia!”.
L’uomo giaceva a terra, dolorante. Assalito da un senso di
nausea e vertigine Neji si portò una mano
sporca di sangue -…suo?- alla bocca, cercando
di non vomitare. Poi, districandosi tra la folla che si era improvvisamente
creata lì attorno, ricominciò a correre, questa volta in preda al
panico.
Corse disperatamente, più di quanto aveva fatto fin ora, per
poi accasciarsi senza forze sul fondo di quella che pareva una strada a fondo
chiuso. Non seppe dire per quanto tempo rimase lì, seduto a terra con le
palpebre abbassate e le labbra sanguinanti, ma credette
di aver definitivamente mandato a puttane la sua ricerca…
almeno fino a quando una voce non lo riscosse da quello strato di trance
auto-indotta.
“Neji”.
Un mormorio, poco più di un sussurro, ma comunque riconducibile
ad una sola persona.
Alla fine era stata lei a trovare lui.
Neji alzò
la testa, fino ad incontrare lo sguardo della ragazza. Due paia di occhi
bianchi si fissarono a lungo.
Hinata era di fronte
a lui, i capelli neri leggermente scomposti, l’elegante abito color lavanda
che indossava quella stessa mattina e un pesante borsone a tracolla.
“Ti stavo cercando” annunciò deciso, rialzandosi e
spazzolandosi via la polvere dai pantaloni in un'ultima, disperata ricerca di
dignità. “Hiashi-sama vuole che ti
riporti a casa. Forza, seguimi” detto questo la
superò, precedendola.
“No” fu la semplice risposta di Hinata.
“Non essere stupida” sibilò Neji infastidito, afferrandola per un polso e trascinandola
sulla via principale.
“Io non tornerò a casa con te, Nii-san”
protestò Hinata pacatamente “queste… queste non sono decisioni soggette a
ripensamenti”.
“Perché?” ringhiò il ragazzo, rafforzando la
stretta sul polso “perché devi fare così?”.
Hinata
abbassò gli occhi, forse per paura, forse per non vedere il volto
tumefatto del cugino.
“Tu sai il perché”.
Neji tacque,
ignorando il sapore amaro che gli tornava prepotentemente alle labbra.
“Non importa” rispose atono “semplicemente non ha
importanza”.
“Si che ne ha!” esclamò Hinata
guardandolo dritto in volto con gli occhi lucidi e la voce spezzata
“quando il tuo cognome è talmente splendente da eclissare il tuo
nome, da eclissare te… a me importa.
Hanno sempre detto che non sono degna di far parte della famiglia: avevano
ragione. Io non voglio far parte della famiglia. Gli Hyuuga
sanno solo nascondersi dietro una facciata di ipocrisia e risolutezza”.
Un dolore acuto lo colpì, probabilmente il senso di colpa, alla
bocca dello stomaco. Aveva quella domanda sulla punta della lingua, voleva
uscire a tutti costi, ma da ore Neji lottava per
trattenerla. Aveva digrignato i denti, li aveva stretti, si era morso le labbra
fino a farle sanguinare. Ma la domanda era ancora lì.
È anche colpa mia?
“Nii-san, non è colpa
tua” lo rassicurò, rispondendo così alla domanda che non
era andata oltre le sue labbra.
“Cos-?”.
“Come ti sei fatto quei lividi?”.
Neji si
portò istintivamente la mano sotto l’occhio. Sembrava stupido, ma
aveva quasi finito per dimenticarsene.
“Non è niente” biascicò evasivo “non
importa”.
“Non importa, non importa… possibile che tu sappia
dirmi solo questo?” mormorò Hinata
avvicinandosi al cugino. “S-so di essere
l’ultima persona al mondo autorizzata a dirti una cosa simile, ma penso
che tu debba r-reagire”.
“Reagire?” le domandò perplesso. “Reagire?
Hai idea del tempo che ho perso per cercarti? Tokyo non è esattamente il
luogo più facile per trovare qualcuno, se non te ne fossi
accorta”.
“Ma perché l’hai fatto?!” ribatté
aggrappandosi alla sua maglietta. “Sei qui perché te l’ha
chiesto mio padre, o perché eri sinceramente preoccupato?”.
“Questo non-”.
“Sì che importa!” urlò
improvvisamente Hinata, sentendo le lacrime scorrere
lungo le guance. “Tu non sei come loro… io
non sono come loro!” continuò “e abbiamo sempre dovuto
sopportare tutto questo, perché?”.
“Quali prove hai per affermare che io non sono come loro?”
le chiede amaramente. “Tu sei diversa, è vero. Sai cosa ti dico?
Sei fortunata. Io invece non posso dire altrettanto, mi spiace”.
Hinata scosse il
capo, asciugandosi gli occhi.
“Io lo so. Certe cose si sentono e basta” aggiunse con un
filo di voce.
Entrambi tacquero, immobili su quel marciapiede.
“Che cosa mi è successo, allora? Perché mi sento così?”
domandò Neji stringendo i pugni, conficcandosi
le unghie nella carne. “Io voglio che tu torni, ti rivoglio indietro,
capisci?”.
Fece un profondo respiro.
“Sono come loro perché sono egoista. Vedo il tuo disagio ma… non voglio che tu te ne vada”.
“N-Nii-san…”.
“Tu credi che anch’io sia diverso” aggiunse
distogliendo lo sguardo. “Sei l’unica a crederlo, per questo ho
bisogno di te”.
“…e se venissi con me?”
gli propose.
“Non posso” rispose Neji
categorico “Hiashi-sama…”.
“Lascia perdere mio padre, per una volta” lo
supplicò, stringendosi a lui. “Ti prego Nii-san.
Ti prego”.
Istintivamente la cinse con entrambe le braccia e affondo il volto nei
suoi capelli, sentendo svanire l’angoscia che lo attanagliava da ore.
Cosa doveva fare?
“Sì” mormorò dopo qualche istante.
“Sì”.
“Sì cosa?” gli chiese Hinata
dubbiosa, rimanendo immobile.
“Io resto con te”.
Luci al neon e insegne luminose turbinavano intorno a loro in un folle
caleidoscopio.
Hinata sorrise.
C’erano loro e c’era Tokyo, la città delle luci
accecanti.
______
Bene, eccoci qui <3
Questa sarà una raccolta dedicata di oneshot che avranno come comune denominatore Tokyo
–la città delle luci accecanti- e le canzoni dei mitici U2. Ho
iniziato a scriverla per un concorso, ma settimana scorsa mi si è rotto
il pc e ho potuto collegarmi soltanto la sera, con il
portatile di mio padre L (faccina orrenda)
ergo la pubblicherò ora, molto lentamente perché incompiuta ^^
Spero vi piaccia!
Hasta luego!
Mela